• Roberto Gramiccia – Una piccola, grande cosa

     

    di Roberto Gramiccia

    Provare e riprovare è una cosa piccola e grande insieme. E’ piccola perché scarse sono state le risorse a disposizione di chi l’ha pensata e realizzata e anche perché in essi non ha albergato e non alberga alcuna intenzionalità pomposamente celebrativa ma, piuttosto, il senso del limite e la modestia che la difficoltà obiettiva della fase impongono. Ma è grande perché l’entusiasmo del collettivo di lavoro che l’ha realizzata ha contagiato tutti: non solo i curatori, e l’architetto, Cristian Coniglio, che ha pensato l’allestimento ma anche i tecnici e gli operatori dell’Archivio di Rifondazione Comunista che hanno contribuito a tirarla su. Ha contagiato anche gli artisti che hanno lavorato per essa, scegliendo e/o realizzando appositamente un’opera ciascuno, in sintonia emotiva con le preoccupazioni ma anche con le grandi speranze e le energie di lotta che oggi percorrono le sale del Teatro d’oltremare di Napoli, in occasione dell’Ottavo Congresso del PRC.
    Sintonia emotiva non significa per niente abdicazione alla propria autonomia. Mai come in questa circostanza, gli artisti e gli altri hanno dato un’adesione laica e non fideistica, libera e insieme consapevole della bontà dell’occasione. Un’occasione scevra da condizionamenti di mercato ma anche sciolta da perimetri ideologici da rispettare. Antifascismo e amore per la democrazia (quella vera, che si alimenta a una idea di libertà sostanziale fondata sull’uguaglianza) sono le uniche discriminanti, quelle sì fondative, che hanno, naturalmente, selezionato il gruppo ampio ed eterodosso che ha prodotto quello che oggi potete vedere.

    Ma Provare e riprovare, di questo siamo orgogliosi, è grande anche per un altro motivo. Perché, per quello che ne sappiamo, è storicamente la prima grande installazione  in cui trovano forma estetica unitaria le immagini delle piazze e delle folle che hanno fatto la storia degli ultimi venti anni e i progetti creativi di dodici artisti più uno (poi spiegheremo perché dodici più uno). I preziosi materiali di archivio (video e cartacei), infatti, selezionati da Linda Santilli, responsabile dell’archivio di R.C. e figura centrale del progetto, oltre a documentare in modo rapsodico e rizomatico ciò che è succcesso negli ultimi venti anni, hanno fatto da pendant con quanto  di “futuro” è racchiuso nelle opere d’arte.
    L’arte quando è autentica è aperta nello spazio e nel tempo. A tutti si rivolge, in ogni luogo. E del tempo non ri-conosce i vincoli. Si alimenta del passato ma si proietta  nel futuro. L’arte è una cosa per fregare l’usura del tempo. Ecco perché pensiamo che l’altissima qualità delle opere esposte abbia dinamizzato l’intera operazione. Facendo sì che anche i reperti del passato venissero apprezzati togliendo via il velo di polvere che li ricoprirebbe ove fossero esposti nelle teche di un museo. Gli artisti, tutti di primissima altezza (alcuni dei quali ormai storicizzati) ai quali va il nostro ringraziamento più fraterno, hanno fatto sì che questa installazione vivesse e si proiettasse nel futuro. Contro la resa (provare e riprovare appunto). Contro l’idea (postmoderna) che ormai non c’è più niente da fare di grande e di nuovo.
    L’ ideologia della “rassegnazione programmatica” è quella che permea di sé il senso comune che ha preso oggi le sembianze del pensiero unico neoliberista. Le rovine economiche e sociali del neoliberismo sono di fronte agli occhi di tutti ma ancora grande è la forza del pensiero che cementa le enormi folle che lo sostengono o, più spesso, passivamente lo subiscono.

    È contro l’arroganza di questa forza culturale che Provare e riprovare si pronuncia per dimostrare che esiste una possibilità di riscatto dalla dittatura di una sottocultura, purtroppo tuttora egemonica, che tutto rinvia ad un’idea di vita risolta entro un misero orizzonte individualistico (patriarcale, familistico), fatto di egoismo, trivialità, risentimento e  impotenza. L’arte, quando è tale, per sua natura è obiettivamente progressiva. Ed è per far volare i nostri manifesti e le nostre piazze che oggi l’abbiamo chiamata qui. Per sorprenderci e per spiazzarci. Per interrogare e far riflettere. Per dimostrare la sua natura gratuita e la sua forza.
    Nell’attuale sistema dell’arte, essa è oggi semplicemente una merce. L’unico valore che le si riconosce è quello “di scambio”. Ebbene –  questa è un’altra qualità che rende grande questo evento – qui oggi l’arte è splendidamente autentica, generosa, libera, sfacciata e gratuita. Essa dimostra che il suo valore non può essere certificato dal suo prezzo. Qui non c’è prezzo. C’è semmai l’insolenza eretica e il coraggio di chi vuole andare contro corrente. Non solo gli artisti, evidentemente, ma tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa magnifica “cosa” di arte, di politica e di storia.

    Sulla qualità degli artisti si potrebbe a lungo parlare. Non lo faremo per motivi di spazio ma anche per ragioni di sobrietà. Solo poche parole allora. Su Lucilla Catania e la sua plastica (resistente) moderna classicità. Su Marilù Eustachio e la magia dei suoi volti. Su Paola Gandolfi e il suo scandagliare il profondo femminile. Su Adele Lotito e l’eloquenza del suo  fumo di candela.  Su Cloti Riccardi e il coraggio di indagare sulle anomie della vita. E ancora. Sulla poetica umanistica di Aurelio Bulzatti. Sulla spiazzante profondità di Stefano Di Stasio. Sull’enigma dell’intelligenza di Felice Levini. Sull’erotismo del colore di Giancarlo Limoni. Sul rigore e la spericolatezza di Luca Padroni. Sull’originalità e la sicurezza del sincretismo di Claudio Palmieri. Sulla sapienza plastica e la pietas umana di Tito. Ai magnifici dodici, si aggiunge Andres Torca che realizzerà un’opera in presa diretta. Sarà una sorpresa che il giovane arista spagnolo ci regalerà, fiutando gli umori e le atmosfere che questa situazione, assolutamente inedita, gli suggerirà. Un valore aggiunto per qualità e coraggio. Insomma tantissimo lavoro per tre giorni che speriamo di non dimenticare mai.

    Non ci fa difetto la consapevolezza, questa sì politica, che se vogliamo – come vogliamo – cambiare il mondo, fra gli strumenti da usare, l’arte ha un ruolo centrale. Scriveva James Hillman nel 2010: “Se i popoli si accorgessero del loro bisogno di bellezza, scoppierebbe la rivoluzione”. Ecco di questo bisogno di bellezza, oltre che di giustizia e di libertà (si tratta di un unicum) noi ci dobbiamo fare portavoce. Per cambiare la mentalità della gente. Fare controcultura. Riportare all’ordine del giorno il problema dell’egemonia. Con Provare e riprovare abbiamo fatto un tentativo in questa direzione. Per questo pensiamo che sia una piccola grande cosa.
    Un ultimo ringraziamento sincero va a chi ha deciso di sostenere questa impresa, nonostante le difficoltà del momento. Si è trattato di uno scatto di spericolata e illuminata consapevolezza. Ma senza rischi, si sa, non si fa nulla. Tanto meno la rivoluzione.