Le posizioni che si confrontano nel congresso vanno verificate negli avvenimenti convulsi di questi giorni e in quelli che si preparano. Berlusconi viene messo alla porta sotto la pressione del capitale nazionale e internazionale. Il Pd si mette a rimorchio e si sbraccia a garantire che farà la sua parte per sostenere l’ipotesi di governo Monti. Il programma è già scritto e ribadito dalla Bce, dal Fmi e dalle compatibilità imposte dai mercati. Si prepara un saccheggio che farà impallidire le misure lacrime e sangue dei primi anni ’90: privatizzazioni, libertà di licenziamento nel settore pubblico e privato, demolizione dell’articolo 18, aumento dell’età pensionabile, svendita del territorio comprese le aree protette… la realtà supera l’immaginazione. La svolta in atto deve precipitare nel nostro dibattito congressuale per farne scaturire proposte all’altezza.
Rivendicare le elezioni è cosa giusta, ma non certo risolutiva. Elezioni per fare cosa? L’urgenza del momento è una sola: deve scendere in campo un fronte di resistenza al massacro sociale che si prepara e il nostro compito, compito di partito, deve essere quello di promuovere la mobilitazione, ma anche di costruire un polo politico di opposizione intransigente. Questa è la proposta del polo di classe che avanziamo da tempo e che rinnoviamo nella nostra mozione congressuale. Sì: siamo “antisistema”, dobbiamo essere la sinistra che assume in modo coerente la difesa degli interessi dei lavoratori. Strategicamente, per l’oggi e per il domani, senza tentennamenti. E se l’unità nazionale lacererà il Pd e Sel, tanto meglio! Contro il partito unico delle banche e di Confindustria dobbiamo costruire il partito dei lavoratori, dei ceti popolari massacrati dalla crisi, di chi non può e non deve pagare il debito. Da soli non bastiamo, ma se abbiamo il coraggio necessario c’è un campo enorme che si apre davanti a noi.
Le finte opposizioni di destra (Lega) e di “sinistra” (Idv) sono un pericolo solo se noi abdichiamo al nostro compito e ci mettiamo a fare i movimentisti il sabato per poi cercare l’accordo con Bersani al lunedì.
La richiesta di elezioni ha senso se la leghiamo a un chiaro appello a costituire un fronte anche elettorale che dia voce alla resistenza contro il “golpe monetario”: o forse ci mettiamo a rivendicare elezioni per allearci con chi quel “golpe” lo ha condiviso se non addirittura preparato? Diventa carta straccia non solo la Mozione 1, ma un’intera linea politica: per due anni ci siamo attardati a proporre un “fronte democratico” che non aveva nessuna base, mentre sotto i nostri occhi si preparava questa svolta.
Dobbiamo rompere le alleanze equivoche che ci ingabbiano: il congresso del Pdci si conclude consegnandosi a Bersani (e implicitamente servendogli su un piatto d’argento anche la possibilità di scissione della Federazione della sinistra), sul “partito del lavoro”, meglio definibile “partito virtuale delle burocrazie sindacali”, taciamo per carità di patria. Le alleanze possiamo e dobbiamo stringerle col popolo del 15 ottobre, coi soggetti dell’assemblea dell’1 ottobre di Roma, ma soprattutto con milioni di lavoratori e di studenti che si dovranno mettere in moto per difendersi dalla catastrofe imminente. E’ solo su questo che il nostro partito può rilanciarsi, il resto sono solo tatticismi che evaporano in pochi giorni.
Claudio Bellotti direzione nazionale