EMERGENZA ECONOMICA
CAMPAGNA SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA

Tribuna XII congresso PRC - SE

Marco Sironi

Una riflessione in merito alla frase "mai con i guerrafondai" partendo dalle ambigue parole di Melenchon sulla Siria

Queste le ambigue parole di Mèlenchon sulla Siria: "Sono felice al 100% della caduta del regime di Assad in Siria. Sono sospettoso al 100% nei confronti dei nuovi padroni del paese. Spero al 100% che libere elezioni sotto il controllo internazionale restituiscano ai siriani il loro potere democratico". Queste parole seguono l'atteggiamento ambiguo tenuto dallo stesso Mèlemchon sulla guerra in Ucraina. Per qualcuno anche Melenchon potrebbe rientrare tra coloro che non si oppongono alla guerra e in un certo senso la sostiene. Personalmente, pur ritenendo ambigue e non condivisibili le posizioni della principale forza della gauche francese sulla guerra in Ucraina e sulla Siria (diverso per quanto riguarda la Palestina le cui posizioni di Mèlenchon sono molto più radicali e condivisibili), in Francia non avrei avuto dubbi a votare il Nuovo Fronte Popolare.

Cosa voglio dire con ciò. Voglio dire che il giudizio sulla guerra, o meglio le guerre, dividono anche la sinistra radicale e perfino la sinistra moderata (prendete il socialista Josep Borrell che sull'Ucraina è per l'invio di armi ma sulla Palestina chiede l'arresto di Netanyahu).
La frase che sentiamo ripetere anche nei nostri congressi, in particolar modo dai compagni e dalle compagne del documento 2, "mai con i guerrafondai" parte da un principio giusto ma assolutamente astratto, fuori dal contesto e dalle contraddizioni reali e di fatto difficilmente applicabile in quanto ci porterebbe a rompere perfino con la nostra parte politica. Addirittura in settori che si ritengono molto più a sinistra di noi abbiamo compagni/e che appoggiano la cosiddetta "resistenza ucraina" e sono favorevoli all'invio di armi. Anche qui nella bergamasca, per non andare molto lontano.
Parlo in particolare di settori troskjsty e anarchici che magari troviamo con noi in piazza su altre battaglie tipo quella per il diritto all'abitare. Questi settori esprimono posizioni sbagliate, anzi sbagliatissime, ma che ci sono e non vanno esorcizzate ma combattute dialetticamente.

Il paragone che alcuni/e compagni/e fanno della situazione di oggi con quella della prima guerra mondiale non tiene. Nel 1914 si trattava di una guerra sola e a quella o ci si opponeva o la si appoggiava. Su questa divisione si ruppero i socialisti di tutta Europa e nacquero i partiti comunisti.
Sulla parola d'ordine "pane e pace" i Bolscevichi fecero la Rivoluzione in Russia. Oggi invece le guerre sono tante, potremmo dire infinite (se ne contano almeno 56), spesso sono guerre spurie a partire dal genocidio a Gaza che non può nemmeno essere definita una vera e propria guerra vista la sproporzione delle forze in campo (ragazzi che tirano le pietre contro una potenza nucleare che fa guerre in tutta l'area). Viviamo, per dirla con le parole del pontefice, una "terza guerra mondiale a pezzi" e quindi la situaziine è molto più confusa e meno decifrabole.

Pertanto sono convinto che Rifo, che sulle guerre, tutte le guerre, ha un'analisi giusta di forte contrarietà, dovrebbe avere l'ambizione di riuscire dialetticamente a cambiare le posizioni sbagliate degli altri, anche dei soggetti politici a lei più vicini, e non chiudersi a riccio rifiutando ogni interlocuzione con l'esterno in nome di un'astratta purezza, per paura di sporcarsi le mani. L'importante è mantenere la propria radicalità, che consiste nel mantenere la propria risoluta contrarietà a tutte le guerre, sapendola peró spendere per cambiare le cose non per lasciarle immutate.

Anche per questo ho deciso di sostenere il documento 1 che vede come primo firmatario il compagno Maurizio Acerbo. Perché non mi basta un partito che si limiti a gridare le proprie ragioni ma voglio un partito che le faccia valere queste ragioni spostando in avanti i rapporti di forza.

Saluti comunisti.

chiudi - stampa