EMERGENZA ECONOMICA Tribuna XII congresso PRC - SE Gianluigi Pegolo Non ho mai pensato che i risultati di un partito dipendano dal destino cinico e baro, ma piuttosto che siano la conseguenza della linea politica praticata. Se oggi il partito si è ridotto a meno di 10000 iscritti ed è stato sostanzialmente espulso dalle istituzioni, le responsabilità vanno cercate al nostro interno. È vero che la deriva inizia prima di Chianciano, ma la gestione del partito dopo Chianciano anziché invertire la tendenza al declino l’ha rafforzata. I compagni del documento 2 ci propongono di far finta di nulla e proseguire lungo quella strada. Che vi sia necessità di una svolta sfugge loro completamente. La tesi che sostengono è in soldoni che il centro sinistra è corresponsabile insieme alle destre dello sfascio del paese e del proseguimento della guerra in Ucraina e che quindi bisogna porci in alternativa sia agli uni sia agli altri. Alla fine saremo premiati. Si tratta di tenere duro. È invece le cose non stanno così, per alcune ragioni. La prima è che la situazione internazionale e nazionale è in rapida evoluzione. Si sta formando a livello internazionale uno schieramento reazionario. L'elezione di Trump ne è il corollario finale. Tale schieramento non solo fa propri gli assunti neo liberisti, ma dà alla protesta sociale una doppia risposta: da un lato una torsione securitaria e anti democratica (come ben si vede nel nostro paese), dall’altro spazza via conquiste di civiltà facendo regredire il senso comune. La situazione è quindi grave e va affrontata. La seconda ragione è che nella stessa opposizione si è aperta una nuova fase, ancora contraddittoria, ma che sarebbe stupido non cogliere. Organizzazioni di massa importanti come CGIL e ANPI guidano uno schieramento costituzionale che costituisce la principale forza di opposizione e vi è una ripresa d’iniziativa sociale. Oggi - e non domani - è il momento di unire l’opposizione. Un altro limite fondamentale del documento 2 è costituito dall’incapacità di comprendere il sentire di massa. La domanda di unità presente fra i nostri stessi referenti sociali non è espressione di qualunquismo, ignoranza o ingenuità. E’ l’espressione di una “razionalità di massa”. C’è la consapevolezza che bisogna unire l’opposizione, ma non per questo non si vedono le differenze che esistono. Molti anzi non condividono le posizioni del PD e vorrebbero un’opposizione che proponesse un’alternativa alle destre compiuta, con l'abbandono del neoliberismo, ma il punto è che considerano inutili, velleitarie e perfino irritanti posizioni declamatorie che antepongono al confronto di merito gli anatemi lanciati verso le altre forze dell’opposizione. L’esito disastroso delle elezioni in Liguria ne è la prova. Infine, l’idea di alternatività che viene proposta nel documento 2 è di una povertà estrema. Si riduce in sostanza all’interruzione di ogni rapporto politico col PD e con le forze che vi si alleino. L’offensiva sui contenuti, la partecipazione al dibattito nelle organizzazioni sociali di massa, il confronto sulle politiche delle amministrazioni locali, la capacità di tenere insieme battaglia politica e costruzione di convergenze possibili, fuoriescono dall’orizzonte del documento 2. E’ l’atteggiamento più “efficace” per estraniarsi dalle masse che si dice di voler rappresentare. Non vi è, insomma, una benché minima propensione egemonica. Nell’alternatività declinata come autoisolamento, non c’è peraltro spazio per l’egemonia. Il paradosso è che in questa fase il PD e il centro sinistra sono attraversato da evidenti contraddizioni. Ogni atteggiamento settario mette in ombra tali contraddizioni. Per converso sarebbe ora il momento più proficuo per un’offensiva politica che metta al centro la necessità di una collocazione pacifista e di un programma alternativo al neo liberismo. Per difendere una linea d’isolamento si semina poi nel partito l’idea che l'apertura di un confronto nell’opposizione sarebbero indice di cedimento, di propensioni compromissorie. Siamo alla riproposizione - con argomentazioni meno dignitose - del tradizionale argomentare di quelle componenti dei comunisti che, nella storia, di fronte al mutamento degli scenari politici e sociali, hanno scelto un ottuso arroccamento. Regolarmente sono stati sconfitti. Ma non tanto in un congresso, quanto dalla stessa storia.
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