EMERGENZA ECONOMICA
CAMPAGNA SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA

Tribuna XII congresso PRC - SE

Ezio Locatelli

Il cambiamento o è in opposizione al sistema di guerra e di sfruttamento o non è

Il mio sostegno al documento due

Ricordo di essere rimasto molto colpito dalla nota intrisa di sfiducia e di impotenza di un dirigente territoriale del Prc pubblicata sul suo profilo facebook qualche mese fa. Questa la nota: “Senza giri di parole il futuro di Rifondazione Comunista è nel campo largo. Se dopo più di dieci anni hai provato a costruire una linea alternativa rispetto al centro sinistra e questo non ti è riuscita … vuol dire solo una cosa che non sta spazio e non sta nulla di alternativo da costruire”. In pratica una presa d’atto della realtà che è nel senso dell’accettazione, in flagrante contraddizione con i presupposti di qualsiasi progetto di emancipazione sociale. Non tutti quelli che la pensano allo stesso modo sono così espliciti – meglio ricorrere a qualche giro di parole - ma è del tutto evidente che, se si teorizza l’abbandono dell’idea di costruire un terzo polo di alternativa, come fa il documento 1, non rimane che salire sul carro del centrosinistra, anche mimetizzandosi in liste civiche. Questo è quanto è già accaduto in tutta una serie di realtà, sia detto con zero risultati politici. In pratica una inversione a U rispetto a quanto sostenuto negli anni precedenti, la necessità di essere autonomi, di essere altra cosa dal centrosinistra sempre più schierato con le politiche di austerità, di smantellamento dei diritti sociali, con le privatizzazioni, con le grandi opere climalteranti, con la guerra.

Al di là della retorica di facciata questo cambio radicale di linea politica assume le gerarchie esistenti, i rapporti di forza dati non più come terreno di conflitto ma come principio di realtà. Si tratta di una scelta politica subalterna e parassitaria che mira dritto ad eleggere in qualsiasi modo – peccato che questo spazio interno al bipolarismo sia già presidiato da AVS –, che non ha nessuna ambizione di trasformazione della società, di modifica della ripartizione della ricchezza, di rimessa in discussione degli assetti di potere. Semplicemente agisce nel mercato della politica per accaparrarsi quel che offre il sistema con l’unico risultato di rafforzare il sistema stesso. Un sistema in cui i partiti che si alternano periodicamente al potere realizzano il medesimo programma con sempre minori significative varianti, lasciando immutati gli squilibri drammatici che squassano le nostre società. In questa situazione la peggiore attitudine possibile è pensare che sia possibile un ritorno ad una sorta di compromesso socialdemocratico, keynesiano senza realizzare che la dimensione dei problemi è cambiata, che le forze in gioco non sono più le stesse, che la globalizzazione del capitale ha distrutto alla base ogni possibilità di agire un compromesso del genere. Altresì senza realizzare che il centrodestra e il centrosinistra hanno fatto a gara in questi ultimi anni a smantellare solidarietà, politiche sociali, a disinvestire nei beni comuni, a uccidere l’universalismo dei diritti, a rinnegare persino una politica di pace che è sempre stata una componente essenziale dell’antifascismo. Non è certo un caso che in Europa queste stesse forze abbiano dato vita ad un esecutivo impresentabile, con dentro Fratelli d’Italia e Partito Democratico, fondato sull’agenda Draghi che fa dell’economia di guerra la propria bussola. In definitiva se non si compie un'analisi obiettiva delle trasformazioni compiute dal neoliberismo illiberale e da un centrosinistra a immagine e somiglianza dei dem Usa di sicuro non c’è possibilità di arrestare le attuali tendenze di una destra, rozza, violenta, e senza cultura.

Oltre che impraticabile il cambio di campo rappresenta un madornale errore di valutazione politica. L’errore di non vedere che la narrazione egemonica del capitale è finita con la guerra ad oltranza, la distruzione delle risorse del pianeta, il crescente impoverimento sociale. L’errore di non vedere che l’enorme crisi caratterizzata da disuguaglianza dilaganti sarà il detonatore di una grande trasformazione. La sinistra in questa situazione, forse come non mai, ha potenzialità grandi per fondare un progetto controegemonico di trasformazione ecosociale. L’impressione di stasi politica è sbagliata. Questa impressione si produce solo perché la politica viene ridotta alle attività del sistema politico. Se la si concepisce in modo più largo, allora si vede che la società si trova in un vortice di cambiamento, che il modello capitalistico è pieno di crepe, soggetto a smottamenti in più parti. È proprio in questa situazione che occorre ritrovare la capacità di articolare la protesta in un progetto di mutamento e di alternativa, un progetto che parli alle/agli operaie/operai sfruttati e sottopagati, alle nuove generazioni private del futuro, trascinate nel disagio e nella precarietà, alle/agli pensionate/i defraudate/i della possibilità di una vita dignitosa, ai settori popolari (la maggioranza) che un tempo votavano a sinistra e che oggi non si riconoscono in un sistema che non li rappresenta.

Il solo cammino praticabile è nella promozione immediata di forme di soggettivazione e di alleanze alternative alla gabbia di acciaio del sistema bipolare senza preclusioni che non siano di carattere programmatico e di collocazione politica. Questo mi porta a sostenere con convinzione il documento 2. Un cammino da intraprendere liberandosi dall’illusione di forme che siano, in un modo o nell’altro, già qui. Le potenzialità di queste forme di aggregazione e di alterità vanno attivate, stimolate, costruite a partire dal rilancio e dalla “rifondazione” di Rifondazione Comunista. Ciò che è mancato in questi anni. Bisogna tornare ad essere nei luoghi del mutamento radicale: la piazza, la fabbrica, le scuole, i movimenti di protesta, i focolai del conflitto. Per fare questo la speranza, non la presa d’atto della realtà, non il riflusso nell’alveo della normalità, è essenziale alla lotta politica e al cambiamento. Non la speranza del momento buono che si rifà alle promesse, alle profezie, alla retorica vuota. Ma la speranza insieme alla lotta come motore dell’azione a partire da ciò che è giusto e necessario fare nel presente in contrapposizione a un sistema di guerra e sfruttamento, di ingiustizia e irrazionalità che sta divorando la democrazia, minacciando le condizioni di esistenza sul nostro pianeta.

chiudi - stampa