EMERGENZA ECONOMICA Tribuna XII congresso PRC - SE Francesco La Rocca Il contributo che, da comunisti, possiamo dare alla sinistra Noi siamo Rifondazione. Noi siamo comunisti, e comunisti restiamo indipendentemente da e con chi andiamo. Certo, la nostra forza elettorale è molto limitata e da soli non siamo incisivi. Questo lo riconosciamo. Ma dobbiamo riconoscere che, anche andando insieme ad altri piccolissimi, se non inesistenti, soggetti politici rimaniamo comunque privi di una capacità di far valere tanto le nostre ragioni quanto quella della sinistra più generalmente intesa. Noi siamo un partito comunista, e come tale dobbiamo agire: stando tra gli ultimi, tra i lavoratori precari, tra i sottopagatissimi nuovi schiavi moderni: dobbiamo rappresentare chi non viene rappresentato; noi abbiamo la presunzione di rappresentare qualcuno che forse (visibile dai nostri risultati) non rappresentiamo più. Secondo molti un voto dato al nostro Partito è un voto "inutile", un voto che, al lato pratico, non porta effetti tangibilmente concreti nelle istituzioni, nonostante ci venga riconosciuta una caparbietà degna di questo nome: ci ostiniamo ad esistere, anche se molti avrebbero voluto metterci in soffitta o in qualche archivio polveroso in odore di passato. Visto che "tanto non eleggiamo nessuno", risultiamo appunto ininfluenti almeno sul piano dell'intervento istituzionale. Eppure, laddove il partito supporta liste di coalizione (e dunque ha di fronte agli elettori più "chance" di avere eletti) riesce a strappare voti anche alle forze politiche che, nel tempo, si sono avvantaggiate dal vuoto che abbiamo lasciato nella politica rappresentativa italiana. Certo, non sempre è semplice la collaborazione e la convivenza con i soggetti che compongono il centro sinistra, ma sui temi comuni dobbiamo promuovere collaborazioni, accordi e non necessariamente alleanze. Queste si fanno solo se c'è una corresponsione oggettiva tanto programmatica quanto squisitamente politica (e quindi una visione di insieme che permette una comunanza di percorso molto più attenta e calibrata). In Liguria (ma anche in Umbria ed in altre realtà) assistiamo a politiche del centro destra stanno distruggendo la sanità regionale e noi, quando abbiamo l'opportunità di cambiare, realisticamente, le cose escludiamo a priori il dialogo con le altre forze della sinistra? Non vogliamo provare a condizionare questi processi? Non vogliamo essere i promotori di una nuova stagione di contraddizioni che facciano i conti con i rapporti di forza esistenti? Condividere tratti di strada con le altre forze progressiste non ci fà rende "complici" di scelte di carattere nazionale che, giustamente, avversiamo, criticando aspramente una indecisione tattica del PD nel barcamenarsi tra il pro e il contro su temi di primaria importanza: o dalla parte della pace o della guerra, ad esempio. Non esistono mezze misure in merito. Siamo sufficientemente maturi dal riconoscere che possiamo, vogliamo e sappiamo distinguere tra livelli locali e nazionali, tra temi e temi, tra problemi e problemi? Se davvero il nostro intento, tra gli altri, rimane quello del miglioramento delle condizioni della classe lavoratrice, da soli non andiamo molto lontano. Dobbiamo, per il bene dei lavoratori, mettere da parte (senza però dimenticarcene) le nostre differenze in difesa di quello che è lo stato sociale, ed in difesa di quelli che sono i diritti sociali. Se vogliamo costruire, come direbbe Bertinotti, un "alternativa di società" dobbiamo capire che da soli o accompagnati da soggetti ancor più piccoli irrilevanti rispetto a noi, che vorrebbero egemonizzare lo zero virgola cinque per cento, non ci possiamo oggettivamente riuscire. Perciò il nostro Partito, deve analizzare ogni scenario politico più opportuno per far avanzare le istanze sociali e valutare quale sia il migliore per la classe lavoratrice. Se ci autoescludiamo da qualunque possibile dialogo perderemo sempre un'opportunità.
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