EMERGENZA ECONOMICA Tribuna XII congresso PRC - SE Stefano Galieni Nel suo intervento in questa tribuna, Paolo Ferrero, dopo aver scientemente operato per tre anni per la spaccatura e averci imposto un congresso con documenti contrapposti, ha avanzato, rovesciando la frittata, una proposta apparentemente unitaria. Gli è chiaro che la conta voluta a tutti i costi ha suscitato fra compagne/i malumore e disaffezione. Non occorre Lenin per comprendere come, in caso di vittoria del documento 2, si proponga una gestione del partito nelle mani solo della sua corrente lasciando, all’altra metà del partito unicamente la presidenza, - elargizione magnanima - di CPN e Cng, ovviamente in inefficace minoranza. Il tutto in un’ottica che scambia un partito comunista per un parlamento ripartito in correnti. Cerco, con questo mio contributo, di uscire da quella che è già la dinamica congressuale, fatta di contrapposizioni cristallizzate e sovente di narrazioni caricaturizzate delle posizioni altrui. Sono fra i sostenitori del documento 1, primo firmatario Maurizio Acerbo, considero questo un punto di partenza per aprire – come dal testo – una riflessione e un bilancio della nostra storia che non può risolversi con la ricerca di un capro espiatorio. Ognuna/o di noi, con il diverso ruolo ricoperto nel passato, anche lontano e nel presente, ha contribuito a rendere il nostro partito più debole e mi auguro si parta da questo comune approccio, per uscire fuori dalla palude in cui siamo immersi da troppo tempo. Una palude che nasce da tanti fattori soggettivi (i ns errori) ma soprattutto oggettivi, una espropriazione neoliberista degli spazi di democrazia che ha prodotto un crescente distacco dalla politica (più del 50% degli italiani secondo il Censis ritiene inutile la protesta di piazza, figurarsi il voto), soglie di sbarramento e maggioritario volte a escludere le forze che si collocano fuori dal bipolarismo. Dall’ultimo congresso il partito è attraversato da una spaccatura perseguita con metodica costanza. Dopo che era saltata l’operazione per sostituire il segretario, promossa e rivendicata dall’ex-segretario, si è continuato a portarla avanti con una costante guerriglia interna. È imbarazzante ripensare a una Direzione nazionale in cui sistematicamente si è rovesciato quanto deciso dal CPN, il ns massimo organismo politico, è stato avvilente assistere, ad ogni CPN a tentativi di mettere in minoranza il segretario o a presentare mozioni di sfiducia, con documenti firmati anche da mezza segreteria – che del suddetto dovrebbe essere organismo di fiducia – senza avere poi la correttezza intellettuale di lasciare l’incarico per un legittimo dissenso. Tale impianto non potremo ripraticarlo nel futuro, qualsiasi scelta prevalga. Siamo, come sentii dire da un autorevole compagno catalano “condannati a comprenderci”. Nei nostri documenti esistono punti di analisi divergenti – anche a causa della cristallizzazione – che ha impedito di cercare sintesi più avanzate, in un clima creato strumentalmente ai fini di uno stremante scontro di potere. Penso ad un episodio come cartina di tornasole. Mi riferisco all’urgenza indifferibile di fare una Conferenza di organizzazione con il neanche recondito obiettivo, in nome di una “rigenerazione” di sostituzione del segretario. Dico questo condividendo la necessità di una riorganizzazione del partito. Era tale la determinazione a conseguire il risultato prefissato che l’esplosione del conflitto in Ucraina dopo l’invasione russa, venne da autorevoli esponenti del partito, considerato un pretesto del segretario per ritardare lo svolgimento della Conferenza. Oggi, vorrei ben vedere, ognuna/o di noi considera la questione “guerra” come prevalente per qualsiasi posizionamento politico e sociale. Ma il dato drammatico è che la CdO non ha prodotto gli effetti auspicati come testimonia il fatto che nessun piano regionale è stato attuato e che nemmeno si conosce il numero dei circoli attivi in occasione del Congresso. Non si è creato - e non unicamente per responsabilità del tesoriere - un gruppo di lavoro per avviare un piano di autofinanziamento, nonostante una situazione economica sempre più grave È prevalso un correntismo esasperato che ha indebolito la nostra capacità di iniziativa esterna e anche di interlocuzione tra di noi. Il partito che dovremmo ricostruire non può, a mio avviso, non tenere conto di tante criticità che andrebbero affrontate in un clima diverso e costruttivo. Va riprogettato, nei suoi spesso farraginosi meccanismi di funzionamento, perché oggi, il nostro, non è né un partito di massa né di quadri. Un cambio di marcia che deve riguardare ognuna/o di noi e che dovrebbe portare chi, da troppi anni, occupa ruoli di primo piano negli organismi dirigenti, a lasciare spazio. Va ricostituito, anche all’uopo un Comitato scientifico, capace di elaborare un necessario aggiornamento teorico, va pensata la realizzazione di “Un’inchiesta sulla Classe” di cui abbiamo estrema necessità, vista la frequenza con cui molte/i di noi continuiamo a guardare al presente con gli occhi del secolo scorso. In questo contributo ho polemizzato, su alcune questioni che ritengo nodali, ma non mi sono avventurato nella disamina delle ragioni per cui sostengo il documento 1. E non mi sono neanche avvitato nella grottesca polemica che vede l’alpha e l’omega nelle vicende elettorali, in accordi, alleanze eccetera. Credo fermamente che la linea politica di un partito sia un’altra cosa e non debba mai essere subalterna a quanto fanno gli altri soggetti all’approssimarsi del voto. Ci si condanna o all’inutilità o al codismo. Quanto ho scritto deriva dalla prospettiva di voler ricostruire un Partito della Rifondazione Comunista in cui, come accadeva 20 anni fa, diverse reali culture politiche si scontravano, confrontavano, elaboravano, si ascoltavano. Un partito che metta la propria autonomia al centro per proporre un’alternativa di società, una rottura radicale del conformismo che si respira tanto nei luoghi in cui lavoriamo, studiamo, socializziamo, quanto e spesso, anche fra le nostre file. Un progetto per rinascere e non per decidere la composizione da manuale Cencelli dei nostri organismi dirigenti o continuare a spingere fuori del partito compagne/i trasformandoli in nemici da battere distorcendone le posizioni. Dobbiamo decidere se preferiamo andare avanti stentatamente ripetendo i soliti schemi rassicuranti quanto inefficaci man mano che le nostre fila si assottigliano o, per poterci realmente definire comuniste/i, recuperare un’agile iniziativa sulla base di un’analisi della fase e di un’analisi della società del XXI secolo. La prima scelta ci porterebbe ad un inevitabile e definitivo, forse, dissolvimento o, come si è tentato di fare ripetutamente, nella confluenza dentro altre formazioni, tra l’altro, più piccole della stessa Rifondazione.
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