EMERGENZA ECONOMICA
CAMPAGNA SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA

Tribuna XII congresso PRC - SE

Paolo Ferrero

La guerra aggrava la crisi sociale e politica:
compito dei comunist@ costruire una coalizione popolare per l’alternativa

In questa prima fase di congresso mi è capitato di sentir dire: “E’ vero che il documento 1 propone di tornare a fare accordi con il PD ma questa è l’unica strada per salvare il partito. Tu hai ragione che servirebbe il terzo polo ma non è nato e quindi è impossibile”. La scelta sarebbe cioè tra una via “giusta” ma impossibile e una sbagliata ma obbligata.

Penso che questo modo di vedere le cose sia frutto di una illusione ed a mio parere è vero l’esatto opposto: la costruzione del terzo polo in Italia ci sarà, con o senza i comunisti. Viceversa la ripresa dell’Unione con il centrosinistra tende a dissolvere il partito.

Il punto decisivo è capire cosa sta succedendo oggi. Io penso che la guerra stia determinando una condizione nuova, non solo a livello mondiale ma nel profondo della società, con sommovimenti maggiori di quelli che abbiamo avuto con l’affermarsi delle politiche liberiste nell’era di Monti e della Merkel. La guerra è povertà: morti e distruzioni, politiche di austerità e di riarmo, distruzione dei diritti sociali e della democrazia.
Questa situazione di guerra non è destinata a finire in qualche mese come ho sentito dire in un Congresso. La guerra non è un temporale ma la condizione in cui faremo politica nei prossimi dieci anni ed ha appena cominciato a fare disastri economici: i licenziamenti e gli scioperi in Germania sono solo l’inizio.

La guerra cambia la fase e ridefinisce amici e nemici ed è destinata a determinare in Europa due grandi sommovimenti:

In primo luogo l’aggravarsi della crisi sociale a tutti i livelli. L’enorme aumento delle spese militari è destinato a continuare e la conseguente distruzione del welfare si sommerà alla crisi produttiva dovuta alle sanzioni in Germania come in Italia. Si tratta di un salto di qualità che non lascerà nulla come prima e che chiede ad un partito comunista degno di questo nome di operare per trasformare il disagio e la sofferenza in conflitto sociale contro le politiche di guerra, per organizzare il conflitto con tutti coloro che sono disponibili a farlo, a partire dalle organizzazioni sindacali.

In secondo luogo l’appoggio alla guerra di centro destra e centro sinistra è destinata a diventare il calderone da cui emergeranno nuove proposte politiche. Non è un caso che in Europa nascano in vari paesi nuove forze politiche – per lo più di destra populista - che si definiscono a partire dal no alla guerra e alle sanzioni, la causa prima della crisi.

In Italia – paradossalmente – abbiamo una grande opportunità: da un lato la maggioranza della popolazione è contro la guerra e l’austerità; dall’altra il sistema politico - dal governo fascistoide al PD - è pienamente corresponsabile delle politiche NATO guerrafondaie e antipopolari. Il venir meno della fiducia del popolo italiano nel sistema politica – l’astensione tra gli strati popolari arriva all’80% – è destinata ad accentuarsi. Vi è quindi oggettivamente l’apertura di uno spazio per una diversa offerta politica, difficilmente egemonizzabile da governo e PD, che verrà occupato: il punto è se noi comunisti saremo protagonisti di questa costruzione oppure no. Le contraddizioni che agitano il mondo dei 5 stelle, non parlano solo delle nevrosi dei capi ma evidenziano questo problema: non a caso, al di la delle divisioni, dialogano con Sahra Wagenknecht.

In questa situazione, riproporre, in nome dell’antifascismo, il dialogo con i liberisti guerrafondai pensando di poterli redimere, è peggio di un errore politico, sembra il dramma del protagonista del deserto dei tartari: abbandonare la posizione tenuta per anni con fatica e sacrifici proprio quando quella posizione diventa centrale e depositaria di una domanda sociale diffusa. Qui dobbiamo cogliere l’occasione per costruire una coalizione popolare contro la guerra, il liberismo, la distruzione ambientale, il fascismo.

La paura crea illusioni

Vorrei inoltre far notare una cosa: sono due anni che dal centro nazionale del partito vengono spinte a fare accordi con il centro sinistra a livello locale. I risultati di questo cambio di linea sono inesistenti: abbiamo portato voti senza alcun risultato, eletti zero. Al contrario gli unici consiglieri eletti nelle ultime tornate sono stati in liste alternative al PD, come nel caso del compagno Palagi a Firenze. Gli unici. Anche perché il PD non è disponibile ad avere in coalizione le liste di Rifondazione Comunista ma solo a far si che nostri esponenti siano presenti in altre liste del centro sinistra: chi vuole costruire il campo largo non vuole falci e martelli ma solo i nostri voti.

L’abbandono della prospettiva del terzo polo rischia quindi di risolversi in un candidato o due ben posizionato in una qualche lista di centro sinistra alle prossime politiche.
Altro che rilanciare il partito: cercare, senza forza, di occupare uno spazio politico già ampiamente presidiato da Sinistra Italiana e Conte non porta alla salvezza del partito ma alla sua dissoluzione.

A questo proposito, mi permetto di far evidenziare anche un’altra questione. Le sottoscrizione dei documenti congressuali hanno evidenziato un partito diviso in due: addirittura nei comitati federali, su un migliaio di votanti i due documenti si equivalgono millimetricamente e probabilmente anche il Congresso finirà senza una grande differenza di voti. Anche per questo molti compagni e compagne temono possibili rotture.

E’ quindi necessario cercare la strada per evitare che la divisione politica porti a nuove spaccature. Sulla linea vedo poche mediazioni possibili, vista la divaricazione tra chi vuole ricominciare con le alleanze con il centro sinistra e chi ritiene necessario impegnarsi nella costruzione di un terzo polo alternativo ai partiti della guerra e della NATO.

Scegliere la linea politica senza rompere il partito

In un partito però anche il clima interno può favorire o meno la convivenza tra posizioni diverse. A questo riguardo penso sia necessario superare il clima di esclusione che regna nel centro nazionale: vergognoso che il secondo ciclo di incontri di formazione autunnale, organizzato guardacaso in parallelo al percorso congressuale, non abbia visto sin’ora la presenza di alcun sottoscrittore del documento 2 a fronte della decina di sottoscrittori del documento 1 chiamati a “fare formazione”... Così non si va distante. Per questo mi permetto di avanzare una modesta proposta.

Per quanto mi riguarda, qualora il Congresso approvasse la linea politica proposta dal Documento 2 - che come avrete capito sostengo con passione - ritengo necessario ed in ogni caso mi impegno a promuovere la gestione unitaria del partito ed a riservare a compagni e compagne della minoranza congressuale i ruoli che possono svolgere una funzione di garanzia e bilanciamento dei poteri: Il/la Presidente del Comitato Politico Nazionale e quell@ della Commissione di garanzia.

Penso infatti che in una situazione di divisione, la prima cosa da evitare è la cattiva abitudine di considerarsi padroni del partito nonostante pochi voti di differenza, gridando alla lesa maestà quando si viene contestati o peggio ancora di utilizzare metodi burocratici per forzare la dialettica democratica. Il partito è di tutte e tutti e tanto più in condizioni di divisione politica occorre garantire che tutt@ si sentano a casa propria. Parallelamente mi impegno ovviamente a restare nel partito e a non fomentare alcuna scissione nel caso in cui la tesi politica del Documento 2 dovesse risultare sconfitta dal congresso.

Auspico che questo orientamento, volto alla tutela del partito e al rasserenamento del clima interno, proprio mentre democraticamente siamo chiamati a scegliere tra due proposte politiche radicalmente diverse, possa essere condiviso da tutte e tutti i presentatori dei diversi documenti.

Buon congresso a tutte e tutti

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