Tribuna XII congresso PRC - SE

Silvio Keivan Nemati Fard

Dal clima nel Partito al Partito del clima. Una proposta di rifondazione

Uso la tribuna congressuale per una questione trasversale ai due documenti.

Tutto il partito ha un'analisi condivisa sulla guerra come elemento costituente di questa fase storica.
Le ragioni sono ovvie: non c'è posto per un'alternativa di società in un'Europa e in un mondo militarizzati. Per questo, in nome della lotta per la pace, abbiamo accettato contraddizioni importanti (es. certe candidature), pur portando il nostro punto di vista coerente, radicale e avanzato.
Non credo che abbiamo fatto bene ad accettare tutte queste contraddizioni, ma resta giusto il punto di fondo: quello della centralità della pace.

Constato, però, che il nostro Partito fatica a interpretare, nella stessa maniera, la crisi climatica. Al contrario, la fascinazione che molti compagni hanno per la proposta di Sahra Wagenknecht dimostra quanto la questione fatichi a essere riconosciuta come decisiva.
Eppure, le somiglianze e le connessioni tra conflitto armato e riscaldamento globale sono molte: entrambi sono prodotti del capitalismo e ne rappresentano il volto peggiore, entrambi sono fenomeni che mettono seriamente a repentaglio la vita umana, la democrazia e lo stato sociale con effetti irreversibili ecc.

Con la differenza che, mentre la guerra non rappresenta un'eccezione nella storia umana e, oggi, mette in pericolo un numero relativamente limitato di umani, il riscaldamento globale riguarda invece ogni essere vivente del pianeta. Di più: attualmente, il conflitto nucleare è una mera eventualità mentre la catastrofe climatica ha elevate probabilità di verificarsi.

In questo quadro, viene da chiedersi come mai, nei due documenti congressuali, nella maggior parte dei nostri interventi e nei programmi, la questione climatica venga rappresentata quasi sempre come “un pezzo” del ragionamento, un'articolazione tra le tante e non la questione del XXI secolo (come invece facciamo, correttamente, rispetto alla guerra).

La risposta che ho provato a darmi (forse sbagliando) è che il tema clima è, innanzitutto, nuovo: non ha oltre un secolo di storia pacifista alle spalle o categorie elaborate come quella di “imperialismo”. In secondo luogo, oggi, il tema è anche in parte divisivo perché molte soggettività progressiste si schierano, con una logica simile a quella con cui si contrastano le grandi opere, contro la transizione energetica in corso. Giungendo, però, a sostenere posizioni che, a mio parere, sono reazionarie e pericolose (il caso sardo ne è l'emblema).

Ritengo che se questo Partito vuole davvero fare sua questa lotta e non limitarsi ad aspettare che movimenti come Fridays for Future tornino a riempire le piazze (pur auspicando che ciò accada) dovremmo fare un salto di qualità nella nostra proposta.

In questo senso, sicuramente il seminario organizzato di recente è stato prezioso come lo sono tanti contributi che riscoprono il marx ecologista o approfondiscono concetti chiave come quello di decrescita.
Occorre però fare un passo ulteriore e calare nella realtà concreta e attuale queste analisi. Soprattutto, occorre essere in grado di formulare soluzioni percorribili nell'immediato, che intendano l'ecosocialismo come “movimento reale” e non mera utopia.

Di conseguenza, sarebbe utile, da un lato, tentare di applicare gli strumenti teorici che già abbiamo, rispondendo a domande complesse (ad esempio: esiste un conflitto interno alle classi dominanti sulla questione della conservazione del capitalismo fossile? Se sì, come dobbiamo porci a riguardo?). Dall'altro, è anche necessario affinare competenze cosiddette tecniche (es. è effettivamente applicabile, in Italia, un mix energetico 100% rinnovabile? In che tempi e modi?).

La proposta è quella che il congresso dia vita a un gruppo di lavoro trasversale sul punto che, nel proprio DNA, abbia l'autonomia dalle conte congressuali o dal dibattito sulla competizione elettorale. Un gruppo che produca un lavoro unitario su questo tema decisivo.

Chissà che la necessità di risposte urgenti a temi nuovi possa rappresentare un modo per rifondare la nostra teoria, le nostre azioni e anche il nostro modo di confrontarci.

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