EMERGENZA ECONOMICA
CAMPAGNA SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA

Tribuna XII congresso PRC - SE

Giovanni Barbera

Per un congresso che segni una svolta nel partito e nella costruzione dell'opposizione

Il punto dirimente della proposta politica indicata dal Doc. 1 non è quello di abbandonare l’obiettivo strategico della costruzione di un’alternativa di società, come ossessivamente e anche in malafede, viene indicato da chi sostiene il Doc. 2 (basta vedere alcuni interventi ospitati in questa tribuna congressuale), ma quello di modificare la strategia con la quale abbiamo perseguito tale obiettivo. Finora la strategia utilizzata è stata quella di costruire aggregazioni politiche con formazioni caratterizzate da una forte impostazione ideologica e minoritaria.

Tale strategia non solo non ci ha permesso di ottenere i risultati sperati, ma ha anche determinato un nostro forte indebolimento e la perdita di quell’insediamento sociale che avevamo costruito nel corso della nostra storia, facendoci diventare una forza del tutto residuale e di testimonianza, come si evince anche dai disastrosi risultati elettorali ottenuti alle ultime elezioni regionali.

Abbiamo, di fatto, interloquito solo con un’area militante che rappresenta oggi una piccola frangia della società, isolandoci da quei soggetti sociali di massa che vorremmo invece organizzare e rappresentare. Il dramma è che il fallimento di questa strategia politica rischia di cancellare definitivamente non solo l’esperienza del Prc, ancora oggi la forza più consistente a sinistra del Pd, ma anche la prospettiva di costruire un’alternativa sociale e politica in questo Paese.

Pertanto, il cuore della proposta politica del Doc. 1 è proprio quello di abbandonare quel recinto ideologico in cui ci siamo rinchiusi in questi anni, per aprire interlocuzioni con quelle organizzazioni di massa che condividono con noi, al di là delle loro contraddizioni e dei loro limiti, alcuni punti programmatici per noi fondamentali, come ad esempio il no alla guerra e all’invio delle armi ai paesi belligeranti, la contrarietà all’austerity e l’opposizione alla deriva autoritaria in atto. Tra queste forze ci sono sicuramente il M5s, Sinistra Italiana, la Cgil, l’Anpi, l’Arci. L’obiettivo è quello di costruire con queste forze un fronte popolare, sulla base dei contenuti indicati sopra, per tentare di disarticolare l’attuale schieramento del centrosinistra e spostare il baricentro delle forze di opposizione a sinistra, isolando e indebolendo il Pd.

E’ evidente che questo lavoro non può essere fatto rimanendo arroccati su posizioni ideologiche, coltivando rapporti solo con formazioni minoritarie e rinunciando a incalzare il resto delle opposizioni su quelle battaglie politiche che riguardano la guerra, l’austerity e la deriva autoritaria in atto. Sostenere, come è affermato nel Doc. 2, che le convergenze con altre forze di opposizione, siano possibili solo dopo una loro rottura definitiva con il Pd, significa rinunciare a priori a fare politica, per continuare a crogiolarsi nel proprio isolamento politico. Una strategia fallimentare che porta il Prc alla morte per consunzione e distrugge ogni possibilità di costruire un’alternativa nel Paese.

Insomma la proposta politica espressa dal Doc. 1 esprime una strategia politica completamente diversa dalla narrazione alimentata in malafede da coloro che promuovono il Doc. 2. Voler leggere nella proposta politica del Doc. 1 la volontà di fare accordi di governo con il Pd, rappresenta una falsità strumentale e inaccettabile che non fa certo onore ai suoi autori ​in quanto inquina il dibattito congressuale e contribuisce ad avvelenare il clima all’interno del Prc​, già esacerbato dalle pratiche divisive e ostruzionistiche poste in essere negli ultimi tre anni proprio da chi ha promosso il Doc. 2.

Stupisce, inoltre, il richiamo che nel Doc.2 si fa al rilancio del Prc, visto che i suoi autori sono gli stessi che circa un anno fa hanno maldestramente provato a realizzare una nuova “Bolognina” cercando di far approvare negli organismi dirigenti nazionali una bozza di statuto di Unione Popolare che avrebbe trasformato tale soggetto in un vero e proprio partito politico. Quella bozza prevedeva, infatti, una strutturazione di Unione Popolare, con la costituzione di organismi nazionali e territoriali sovrani, sovrapposti a quelli del Prc che, in questa maniera, avrebbe perso la sua autonomia e indipendenza.

Questo progetto è stato fortunatamente bloccato dal voto dei membri del Comitato politico nazionale firmatari del Doc.1, sulla base di un esplicativo parere del Collegio di Garanza Nazionale che ha considerato tale bozza di statuto del tutto incompatibile con quello del Prc. Questa inquietante ed emblematica vicenda, purtroppo poco conosciuta dai nostri iscritti, dimostra più di tante parole spese nel testo del Doc. 2 o nel dibattito congressuale quale sia il reale sbocco politico perseguito dagli autori del Doc. 2.

E’ evidente che l’assorbimento del Prc in un nuovo partito costituito da micro formazioni caratterizzate da un’impostazione minoritaria sarebbe non solo la fine del Prc, ma rappresenterebbe, per i ragionamenti espressi sopra, anche la pietra tombale per la costruzione di una alternativa di società nel nostro Paese, in quanto condannerebbe al solo ruolo di testimonianza quelle forze politiche che aspirano a una trasformazione della società. D’altronde è anche risibile pensare che tutto ciò possa trasformarsi in un polo alternativo, visti gli esiti fallimentari ottenuti nei diversi esperimenti prodotti in questi anni.

Per tutti questi motivi non è esagerato considerare il fatto che con questo congresso ci troviamo di fronte a uno snodo importante non solo per il futuro del Prc, ma anche per contribuire a rilanciare un movimento di opposizione di massa nel Paese che metta finalmente al suo centro, senza ambiguità, i temi dell’opposizione alla guerra, al liberismo e alla deriva autoritaria in atto. Se non ora, quando?

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