EMERGENZA ECONOMICA
CAMPAGNA SOTTOSCRIZIONE STRAORDINARIA
Tribuna XII congresso PRC - SE
Fabrizio Baggi
Care compagne e cari compagni,
quello che ci apprestiamo a celebrare è un congresso delicato, non certo semplice e di una grandissima importanza. Ci stiamo infatti apprestando a decidere il futuro del nostro Partito e, in una certa misura, anche il futuro della Sinistra di alternativa.
Arriviamo a celebrare questo XII Congresso nazionale con un Partito spaccato a metà rispetto alla visione di quale futuro vogliamo per Rifondazione Comunista:
Le compagne e i compagni che aderiscono al primo documento infatti affermano che il progetto politico della costruzione del terzo polo dell’alternativa ha fallito e sia ora impraticabile e, per le leggi della logica, se le proposte in campo sono due, se si decide di escluderne una non resta che la scelta obbligata della seconda e cioè, di un rientro di Rifondazione Comunista nel quadro del centrosinistra.
Le compagne e i compagni che hanno promosso il secondo documento, tra cui il sottoscritto, ritengono invece che il compito delle comuniste e dei comunisti sia quello di costruire un’alternativa agli schieramenti politici favorevoli alla guerra e alle politiche di austerità ad essa connesse e che guidano insieme le politiche europee. Schieramenti politici che non comprendono solo le destre visto che i fascisti di Fratelli d’Italia e il PD di Elly Schlein votano insieme in Europa su ogni cosa: Sono insieme al governo e insieme hanno dato via libera alla Commissione europea capitanata dalla Von Der Leyen e caratterizzata da politiche guerrafondaie liberiste e di austerità. Votano insieme a favore della guerra in Ucraina arrivando addirittura a votare a favore di usare i missili a medio raggio e quindi di arrivare alla terza guerra mondiale. Addirittura, hanno votato insieme la censura al cancelliere tedesco, reo di aver telefonato a Putin per cercare di aprire uno spiraglio alla trattativa. Mentre in Italia la Meloni e la Schlein litigano ogni giorno, in Europa governano insieme.
Le comuniste e i comunisti cosa debbono fare?
Cercare di tirare per la giacchetta la Schlein che vota con la Meloni o lavorare per costruire una alternativa a questo teatrino che oramai ha disgustato la maggioranza degli italiani e che vede l’assenteismo tra gli strati popolari vicino all’80%? Noi non abbiamo dubbi: il ruolo delle comuniste e dei comunisti è quello di costruire l’alternativa e non di fare i consiglieri non richiesti al PD.
Le compagne e i compagni che sostengono che la linea dell’alternativa sia impraticabile dimenticano di dire che, se fino ad oggi quella linea non ha “pagato” elettoralmente non lo ha fatto anche perché costruita quasi sempre unicamente in maniera politicista, a pochi mesi di distanza dalle scadenze elettorali e senza un lavoro a lungo termine di radicamento sociale e di internità delle nostre compagne e dei nostri compagni nelle lotte, nei conflitti e in quelle sacche di Resistenza che esistono in giro per il nostro Paese.
Non è un caso che dove ciò è invece avvenuto i risultati si sono visti e come esempio porto Firenze che è, tra le altre cose, l’unica città metropolitana dove abbiamo eletto un consigliere comunale e lo abbiamo fatto con una lista in chiara alternativa ai poli esistenti.
Dico questo in quanto credo che mai come in una fase come questa sia necessario costruire un progetto politico che, da sinistra, ridia fiducia alle tante e ai tanti che si sono visti “scippare” ogni diritto faticosamente conquistato attraverso le grandi lotte e i grandi movimenti di massa degli anni ’70, un progetto politico e sociale che partendo dal radicamento vada ad intercettare tutte e tutti coloro le e i quali oggi non hanno più nessuna fiducia nella politica e o non votano oppure votano a destra.
Un abbandono del progetto della costruzione del terzo polo dell’alternativa (come vorrebbe il documento 1) sarebbe a mio avviso un abbandono del motivo di fondo per cui è nata Rifondazione Comunista, quando non ci siamo piegati alla normalizzazione di chi voleva gettare alle ortiche il comunismo e significherebbe la fine di Rifondazione Comunista per come l’abbiamo conosciuta.
Lo dico da “figlio di Genova” da persona che in quel 2001 aveva 24 anni, credeva in quell’altro mondo possibile (oggi addirittura necessario) e che da non iscritto a nessun Partito vedeva Rifondazione Comunista come la sola organizzazione politica titolata a stare dentro quel movimento. Senza la rottura con Prodi non avrei visto Rifondazione nello stesso modo e infatti il PdCI di Diliberto a Genova non ha giocato alcun ruolo.
Dico ciò anche a fronte delle tante parole spese a proposito del primo congresso di Chianciano, quello dove il Partito ha (finalmente) preso atto dell’impossibilità rappresentata dal perseguire la linea delle “alleanze” – congresso citato da alcune compagne e da alcuni compagni come l’inizio della crisi di Rifondazione. È del tutto evidente che l’inizio della nostra crisi non possa essere attribuita a quel congresso ma che derivi da molto prima, dall’aver deciso di stare in un Governo che ci teneva con le mani legate e, tanto per dirla tutta, se uno sbaglio è stato fatto a mio avviso è stato di parteciparvi a quel governo.
Ora siamo ad un punto di svolta, siamo chiamate e chiamati a decidere cosa vogliamo da questo partito, e sinceramente credo che ciò che dobbiamo volere da noi stesse e da noi stessi è ripartire dai conflitti e dalle lotte e iniziare subito, il giorno dopo la conclusione del congresso, a lavorare seriamente alla costruzione di quell’alternativa che è ancora lì che aspetta di essere costruita, dal basso, nei territori, in maniera tale da farci trovare pronte e pronti alla prossima scadenza elettorale, le prossime elezioni politiche.
Tra le altre cose la decisione di Conte di portare il M5S dentro il Campo Largo apre la strada ad una vera possibilità di costruzione dell’alternativa con le tante e i tanti che non condividono dentro il Movimento questa scelta.
Ovvio, per fare ciò serve rafforzare e far funzionare il partito, non come è successo in questi anni dove l’assenza di democrazia interna, il non funzionamento degli organismi e dei dipartimenti ha contribuito non poco a passivizzare il partito. Il documento 1 propone di cambiare linea politica e confermare una gestione fallimentare e invece occorre fare il contrario: rilanciare e applicare la linea dell’alternativa e cambiare una gestione che ha portato il partito allo sbando e all’irrilevanza politica e sociale.