VIII Congresso Prc » Tribuna congressuale http://web.rifondazione.it/viii VIII Congresso nazionale del Partito della Rifondazione Comunista Mon, 05 Dec 2011 14:38:24 +0000 en hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.2.1 Documento 2 – Il Prc alla prova della giunta Pisapia. Sonia Previato http://web.rifondazione.it/viii/?p=195 http://web.rifondazione.it/viii/?p=195#comments Mon, 28 Nov 2011 09:33:19 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=195 Continua a leggere ]]> Sonia Previato*
Le primarie milanesi, a differenza di quelle napoletane, finite ingloriosamente, hanno dato l’illusione della vittoria della partecipazione popolare sul grigiore burocratico-affaristico del Pd lombardo e milanese.
La vittoria sulla destra becera ha parzialmente nascosto il grande fraintendimento. Chi ha vinto davvero le elezioni a Milano? I milanesi gioiosi che in piazza Duomo cantavano le canzoni delle lotte partigiane e della Liberazione dal fascismo o i poteri forti salutati da Romiti e dal Corriere della Sera?
Il nostro partito dovrebbe interrogarsi su questo punto per orientare la sua azione seppur, nel contesto, modesta.
Interroghiamoci anche sulle scelte politiche della Giunta. Assunzioni di dirigenti con compensi stellari, deroga al patto di stabilità richiesta solo per Expo (e ovviamente ottenuta), vendita di un primo pacchetto di Sea e Serravalle, proseguimento della politica di aumento di rapporti privatistici nei servizi (sport, educazione, civiche) e degli sgomberi delle case, oltre alla nota introduzione dell’addizionale irpef e dell’aumento del prezzo del biglietto del trasporto locale.
Esiste una banale contraddizione fra gli interessi tutelati dal senatore assessore Tabacci (Api) e da tutto il Pd (ricordiamo la presa di posizione della capogruppo in Comune a sostegno di una zona militare speciale in Valsusa per imporre la Tav) e quelli della gran parte di coloro che li hanno votati. Come possiamo impedire il dilagare della delusione? Come intercettare il dissenso?
I nostri due rappresentanti in Consiglio non hanno votato l’Expo, attirandosi le ire del Pd. Scelta giusta. Sotto il peso del ricatto sul bilancio, hanno poi votato la vendita della quota di Sea, e il nostro consigliere indipendente (Presidente del Consiglio comunale) ha anche sostenuto la successiva quotazione in borsa.
Dov’è la coerenza della nostra posizione? Su queste basi non si può essere punto di riferimento per intercettare il dissenso.
I precari del Comune sono impegnati in una disperata vertenza per rivendicare la loro stabilizzazione o almeno il rinnovo dei contratti a tempo determinato. Sono diverse centinaia e negli ultimi cinque anni sono migliaia i precari lasciati a casa. Chiedono di tagliare i costi della politica, di far pagare i ricchi, chiedono di sapere le vere dimensioni del lavoro precario in Comune, la più grande “azienda” della città. E, dopo aver contribuito alla vittoria di Pisapia, sono soli e ci domandano da che parte stiamo. La giunta assume nuovi dirigenti, introduce lavoro interinale e da cooperative, ma non rinnova i contratti ai suoi dipendenti. La nostra consigliera ha presentato un’interrogazione in Consiglio e ha chiesto ai precari di continuare la lotta, di rivolgersi ai sindacati, di promuovere il movimento. Non possiamo fare di più perché in Consiglio siamo pochi. Se non abbiamo istituzionali non siamo visibili, se li abbiamo, comunque possono fare poco o nulla. Domanda: a cosa ci servono questi istituzionali? E’ davvero ineluttabile tutto ciò? Dobbiamo anche noi contribuire all’idea che la politca è un teatro dove dietro le belle parole, alla fine sono tutti uguali? Penso proprio di no. Non sarebbe forse il caso di uscire da questa maggioranza e mettere tutto il nostro partito a disposizione del movimento e del conflitto?
*comitato politico nazionale

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Documento 1 – Un partito forte e coeso per ridare speranza ai più deboli. Arianna Ussi http://web.rifondazione.it/viii/?p=193 http://web.rifondazione.it/viii/?p=193#comments Mon, 28 Nov 2011 09:32:10 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=193 Continua a leggere ]]> Arianna Ussi*
L’VIII congresso del Partito della Rifondazione Comunista si inserisce in una fase cruciale per il paese, in cui la crisi economica internazionale si è sovrapposta ad una crisi politica che ha trovato il proprio sbocco nella caduta del governo Berlusconi e nella formazione del governo Monti. Ci troviamo di fronte ad uno scenario inedito, profondamente e repentinamente mutato rispetto a quello in cui sono maturate le tesi sostenute dai tre documenti congressuali e con cui il nostro Partito dovrà, d’ora in avanti, misurarsi.
E’ mia convinzione che, non solo il 1° documento sia l’unico a fornire una prospettiva politica credibile e a cogliere un’importante domanda di unità da parte di quella base militante che, in questi anni difficili, ha creduto e ha tenuto vivo il progetto della rifondazione comunista, ma che l’impianto analitico e l’orizzonte strategico in esso delineati mantengano intatta la loro validità anche alla luce del nuovo quadro.
Attraverso il governo Monti, i poteri forti italiani ed europei sono riusciti a dare uno sbocco di destra alla crisi del berlusconismo, evitando qualunque spostamento a sinistra dell’asse politico del paese.
L’unica strada alternativa al governo tecnico sarebbe stata quella da noi proposta, ovvero le elezioni anticipate, da affrontare attraverso la costruzione di un fronte democratico per battere le destre sulla base della difesa della Costituzione, minata dalla natura eversiva che queste ultime hanno in Italia.
La scelta del Presidente della Repubblica ha di fatto impedito l’espressione della volontà popolare su un tema tanto importante quale la scelta del governo, e ha spalancato le porte ad un governo iperliberista, espressione degli interessi lobbistici delle banche, del Vaticano, della Confindustria, delle università private, che si candida ad essere fedele esecutore delle direttive della Bce e ad attuare un programma di massacro sociale fatto di liberalizzazioni, privatizzazioni, tagli alla spesa sociale, ai salari, alle pensioni, ai diritti dei lavoratori.
Di fronte a questo scenario, emergono con ancora più forza l’attualità del comunismo come unica prospettiva di uscita a sinistra dalla crisi e la necessità di costruire un polo della sinistra d’alternativa capace di fare opposizione alle destre ed al liberismo e di avanzare una proposta economica e sociale alternativa al capitalismo. Occorre intercettare quella diffusa domanda sociale proveniente dai movimenti che, in questi ultimi anni, hanno animato le strade e le piazze del paese, dalle lotte dei lavoratori, dei precari e degli studenti, ai movimenti per la difesa del territorio, fino alla battaglia referendaria. Occorre far sì che tali movimenti non rimangano chiusi nella loro vertenzialità, ma trovino uno sbocco unitario nell’opposizione al neoliberismo, così come la manifestazione del 15 ottobre ha tentato di fare. La proposta di una “Costituente dei beni comuni e del lavoro”, avanzata dal 1° documento, va esattamente in questa direzione.
Ma, soprattutto, occorre costruire un Partito forte e coeso, che si sappia dotare di una linea politica chiara e coerente, che sia radicato nei territori, nei conflitti, nei luoghi di lavoro e di studio, e che abbia una rappresentanza istituzionale che possa ridare voce e speranza alle classi subalterne, un Partito che sappia valorizzare le proprie energie migliori e che sappia rendere attuale l’ideale gramsciano dell’ “intellettuale collettivo”.
*Prc Napoli

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Documento 1 – Ostacoli e opportunità. Caludio Grassi http://web.rifondazione.it/viii/?p=191 http://web.rifondazione.it/viii/?p=191#comments Mon, 28 Nov 2011 09:30:47 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=191 Continua a leggere ]]> Claudio Grassi*
Uno degli argomenti più dibattuto nei nostri congressi dopo la nascita del Governo Monti è la proposta del Fronte Democratico. Si dice che è stato un errore proporlo. La dimostrazione starebbe nella sua attuale improponibilità. Da ciò ne discenderebbe che la proposta politica contenuta nella mozione di maggioranza è sbagliata. Non condivido questo ragionamento e spiego il perché. Intanto non è vero che questa è l’unica proposta politica contenuta nella prima mozione. Il Fronte Democratico è inserito in un insieme di proposte che comprendono la costruzione della Sinistra di alternativa, la FdS e il rafforzamento di Rifondazione. Ma, al di là di questo, continuo a ritenere che nello scenario nel quale è stata formulata la proposta del Fronte Democratico (quando poteva determinarsi una competizione elettorale tra centrodestra e centrosinistra) questa era l’unica proposta sensata possibile. Non mi sfuggono i suoi limiti, ma le due ipotesi alternative erano assai più negative. Quella di una intesa di Governo ci avrebbe messo in una condizione ancor peggiore di quella già vissuta col Governo Prodi. Quella di una corsa solitaria, con questo sistema elettorale, con il meccanismo del voto utile e con degli sbarramenti per noi impossibili da superare, ci avrebbe messo in una condizione di totale marginalità. L’efficacia di una proposta politica va valutata nel contesto per cui essa viene concepita. E’ del tutto evidente che oggi, in presenza di un governo tecnico di “grande coalizione”, non ha alcun senso proporre il Fronte democratico. Adesso la proposta di fase diventa quella di costruire l’opposizione di sinistra al Governo Monti. Sarebbe veramente grave se l’unica voce contraria fosse quella della Lega Nord. Per quanto riguarda il nostro partito, la situazione resta molto difficile. La scissione che abbiamo subito ci ha indebolito e non mi sfuggono i nostri limiti soggettivi e gli ostacoli che frustrano il progetto di costruzione della FdS primo passo verso la costruzione unitaria della sinistra di alternativa. Tuttavia mi pare che si aprano anche delle opportunità. Le scelte politiche che abbiamo assunto in questi anni ci consentono di collocarci “naturalmente” all’opposizione del Governo Monti. In una situazione ben diversa si trova chi ha scelto strategicamente l’internità al Nuovo Ulivo, poiché, se si pronuncia contro il Governo, rischia di mettere in discussione la coalizione stessa, se lo sostiene entra in contraddizione con le proprie posizioni politiche. E’ il problema dell’Idv, ma soprattutto di Sel, che aveva puntato molte carte su uno strumento – le primarie – al momento, per lo meno, congelato. Anche il Pd andrà incontro a non poche difficoltà, come il caso Fassina emerso in questi giorni dimostra. Tutto questo ci dice che per la sinistra si apre un vasto spazio politico, e che occorre muoversi con intelligenza in un contesto dinamico, che vede moltiplicarsi le contraddizioni. Precisamente in questo consiste la sfida posta nella proposta politica contenuta nel primo documento: dobbiamo dimostrarci in grado di bandire dalle nostre valutazioni e dai nostri comportamenti qualsiasi approccio settario o di autosufficienza. Lo scenario politico e sociale accresce la concreta possibilità di riallacciare i fili dell’unità della sinistra di alternativa. Come mostrano i risultati dei referendum e l’esito delle recenti amministrative in alcune importanti città, ci sono tutte le condizioni per costruire una opposizione non minoritaria. I segnali che ci arrivano dagli altri paesi europei ci dicono che i comunisti e la sinistra di alternativa ce la possono fare. L’ottimo risultato di Izquierda Unida in Spagna, data per spacciata fino a pochi mesi fa, ci fa ben sperare.
*segreteria nazionale

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Documento 1 – Un salto di qualità nella costruzione della sinistra di alternativa. Roberta Fantozzi http://web.rifondazione.it/viii/?p=189 http://web.rifondazione.it/viii/?p=189#comments Mon, 28 Nov 2011 09:29:23 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=189 Continua a leggere ]]> Roberta Fantozzi*
In Grecia, impedito il referendum, si insedia un governo di “grande coalizione”. In Italia, impedite le elezioni, si insedia un governo “tecnico”, sostenuto da un “grande coalizione”. In entrambi i casi a capo degli esecutivi sono figure diretta espressione delle élite del finanzcapitalismo. La risposta alla crisi del neoliberismo nel segno della radicalizzazione di quelle politiche, produce la messa in discussione della democrazia nelle forme in cui l’abbiamo conosciuta. Già erosa dall’impianto neoliberista della costruzione europea, la democrazia è messa sotto scacco dall’Euro Plus Pacr e dall’uso della speculazione come vincolo esterno. Dal bipolarismo della II Repubblica si prefigura un’uscita nel segno della reductio ad unum. Il governo Monti tiene il paese all’oscuro dell’agenda che “impressiona” Angela Merkel, schierandosi concretamente con lei contro la sola proposta in grado nell’immediato di contrastare la speculazione all’attacco di tutti i paesi: la trasformazione della Bce in prestatore di ultima istanza con l’acquisto diretto dei titoli degli stati membri. Scelta che abbiamo sostenuto fin dall’esplosione della crisi greca, e che oggi trova consensi sempre più ampi. Ho richiamato tutto questo perché fin dall’inizio del congresso ho considerato centrali nel Documento 1 quelle parti che lo svolgimento del congresso ha relegato in secondo piano, in una discussione che ha visto troppe volte nuovamente dare preminenza alla proposta di alleanza elettorale. Una proposta che era giusto fare, nella stagione berlusconiana, per porsi in una qualche connessione con il sentire diffuso e data la legge elettorale, ma che non è mai stata l’asse strategico del documento. Ne è vero che la nascita del governo Monti sarebbe la dimostrazione di una scarsa capacità di previsione, giacché quella possibilità era chiaramente presente tanto da farci scrivere «I poteri forti stanno operando per dare uno sbocco politico di destra alla crisi del berlusconismo, in nome della salvezza della nazione. Il loro primo obiettivo è sostituire l’impresentabile Berlusconi, ricostruendo la sintonia con la leadership europea della Merkel e della Bce… Da qui nascono i tentativi di scalzare Berlusconi sostituendolo con un governo tecnico-istituzionale, evitando ogni spostamento a sinistra».
La sottolineatura di questi punti serve per indicare una necessità. Quella di usare le conclusioni del nostro congresso per recuperare fino in fondo il senso che avevamo voluto attribuirgli: una «cassetta degli attrezzi» per un partito che sappia farsi «portatore di una critica dell’economia politica del capitalismo attuale e individui i concreti obiettivi di fase», indispensabile a contrastare i processi di “naturalizzazione” della crisi che dobbiamo sconfiggere nel senso comune, perché la sofferenza sociale si trasformi in soggettività conflittuale. Quello di una ripresa della ricerca sulla rifondazione comunista, per uscire dalla resistenza e ricostruire un immaginario della trasformazione, perché un’alternativa di società viva come desiderio. E la necessità urgentissima di un salto di qualità nella costruzione della sinistra di alternativa, cuore vero del documento. Che abbia la capacità di vedere la difficoltà strategica che conosce oggi, non la nostra proposta politica, ma quella di chi ha investito tutto sull’internità al centrosinistra ed usare quella contraddizione per riaprire una discussione. Che investa con nettezza nell’opposizione al governo Monti, nella costruzione del movimento e di luoghi permanenti di connessione tra le soggettività.
*segreteria nazionale

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Documento 3 – Contro le destre, alternativi al centrosinistra. Sandro Targetti http://web.rifondazione.it/viii/?p=173 http://web.rifondazione.it/viii/?p=173#comments Mon, 21 Nov 2011 12:34:25 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=173 Continua a leggere ]]> Sandro Targetti*
Le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti rappresentano un passaggio rivelatore delle reali volontà dei poteri dominanti: cambiare “cavallo”per dotarsi di un governo “tecnico” bipartisan che garantisca con maggiore efficacia i diktat delle banche. In questo contesto le destre, PdL e Lega, sia pur in difficoltà e con diverse collocazioni rispetto a questo governo, cercheranno in modo demagogico di recuperare consensi, scaricando sul Pd e sul centro moderato la responsabilità dei provvedimenti più impopolari, in vista delle prossime elezioni. Con la fiducia a Monti, il Pd conferma peraltro quanto ormai sapevamo da tempo, ovvero tutta la sua internità alle compatibilità del capitalismo.
Ricostruire l’opposizione di classe, collegare e rafforzare le diverse lotte, prospettare un’alternativa di sistema ed uno sbocco politico fuori dal bipolarismo: solo così è possibile contrastare la macelleria sociale, agire sulle contraddizioni del centrosinistra e impedire una nuova deriva reazionaria che strumentalizzi la protesta popolare in mancanza di un credibile riferimento a sinistra.
Questo è il nostro compito, un ruolo che avremmo dovuto svolgere fin dal Congresso di Chianciano, praticando la svolta a sinistra e il radicamento nella società, proprio mentre avanzava la crisi economica, da cui il capitale potrà uscire solo con un grande massacro sociale.
E invece nel documento 1, accanto alla giusta riproposizione dell’attualità del comunismo e ad analisi anche condivisibili sulla crisi, mancano poi scelte conseguenti ed in particolare un bilancio rigoroso della esperienza di questi tre anni (come l’operazione politicista della FdS, l’ambiguità delle posizioni sindacali, gli accordi di governo locale col Pd), una esperienza di doppiezze che hanno ancor più logorato la nostra credibilità, il nostro insediamento sociale ed il rapporto con i movimenti più significativi. Le uniche indicazioni operative, il “Fronte Democratico” col Pd e le “primarie di programma”, che avevamo già definito sbagliate e fuori dalla realtà, vengono oggi spazzate via dagli ultimi avvenimenti. La Direzione Nazionale ha dovuto riaprire la discussione, registrando anche una spaccatura all’interno della maggioranza (vedi documento delle compagne Forenza e Barbarossa). Ribadiamo con chiarezza che non possono bastare piccoli aggiustamenti, ma serve una netta svolta di linea politica, per salvare il ruolo ed patrimonio di militanza del Prc. Questo significa: riaggregare su basi e contenuti diversi dalla FdS una sinistra anticapitalista che assuma come referenti i soggetti sociali, politici e sindacali che hanno caratterizzato il 15 ottobre e le diverse esperienze di resistenza alla crisi in tutta Europa, fino a quelle del 17 novembre, dunque con un chiaro profilo indipendente e alternativo al Pd ed al bipolarismo; riprendere, su questa linea e nel vivo delle lotte, il percorso della rifondazione-ricostruzione di un partito comunista per superare senza scorciatorie politiciste l’attuale frammentazione e ristabilire una sostanziale coerenza tra organizzazione e finalità del nostro agire politico, facendo tesoro degli errori e delle esperenze passate.
Questo, per noi, è il compito dell’VIII° congresso di Rifondazione Comunista ed il significato del sostegno al documento 3. Per l’opposizione di classe e l’alternativa di sistema! Contro le destre, alternativi al centrosinistra, fuori dai diktat della Bce e del Governo Monti!
*comitato politico nazionale

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Documento 1 – Convochiamo gli Stati Generali della sinistra di alternativa. Stefano Zuccherini http://web.rifondazione.it/viii/?p=169 http://web.rifondazione.it/viii/?p=169#comments Mon, 21 Nov 2011 12:32:31 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=169 Continua a leggere ]]> Stefano Zuccherini*
Proponiamo nel nostro documento una ambiziosa agenda composta da obiettivi programmatici e di questioni teoriche, in un percorso di ricerca intrecciato con la pratica politica; un cambio di lenti per guardare, alla società, ai soggetti che la popolano e alle contraddizioni che l’attraversano.
Per una strategia politica: quella che riconosce la necessità di ricostruzione di una cultura e di un senso comune diffuso come precondizione per una sfida ai poteri dominanti.
Tanto più si rafforza questa necessità nella fase acuta della crisi capitalista e del neoliberismo con il Paese sull’orlo del fallimento economico, sociale, politico.
La caduta di Berlusconi dovuta non già all’incalzare dell’opposizione, dei movimenti di massa, delle organizzazioni sociali, che difendono le condizioni di vita dei lavoratori e delle famiglie, ma dalla crisi dei mercati e dal ruolo del Presidente della Repubblica che assume su di sé, al limite dei compiti assegnati dalla Costituzione, nel vuoto di proposta politica, il ruolo di difesa degli interessi nazionali chiedendo alle forze politiche presenti in Parlamento di assecondare la sostituzione della politica con un governo “tecnico” una “casta” più presentabile in luogo di quella berlusconiana.
Il governo Monti è esposto al rischio che il morto, cioè il berlusconismo e i suoi apparati predisposti alla raccolta del consenso, afferri il vivo, cioè la possibilità di una uscita da sinistra dalla crisi e un rilancio delle forme di democrazia e partecipazione. Precondizione, evidente, ad una politica dei sacrifici che penalizzerà i ceti più deboli della società.
In questo contesto nessun governo, se non rimette in discussione le modalità e il ruolo dell’Europa e della Bce è in grado di offrire vie di uscita diverse da quella greca.
Per parte nostra dobbiamo lavorare alla ricostruzione della sinistra di alternativa che affronti il problema aperto di come una coscienza antagonista, anticapitalista, comunista possa formarsi e organizzarsi a partire dalle sue condizioni di vita e di lavoro per divenire soggetto della trasformazione. In altri termini del ruolo come e se, oggi, le nostre culture politiche siano adeguate ad interpretare la realtà e la necessità della rivoluzione come interpretazione del presente e come risposta alla crisi costituente in atto.
Abbiamo bisogno di un cambio di passo perché la necessità del cambiamento e l’acuirsi della crisi trovino il partito e i gruppi dirigenti adeguati all’impegno che la fase richiede e per dare una risposta al restringimento degli spazi di democrazia essendo consapevoli della degenerazione in atto nella società e nell istituzioni.
Da soli non ce la facciamo, per questo ritengo che, assieme ad altri, dovremmo definire la convocazione degli Stati Generali della sinistra di alternativa per affrontare le questioni drammatiche aperte nel Paese. Primo tra tutti il lavoro e i rapporti di dominio in questo nuovo modo di produzione. Il sindacato e il ruolo che parte di esso ha assunto, le difficoltà di risposta in assenza di un certo e forte riferimento politico anche delle organizzazioni sindacali che con coraggio resistono nella difesa delle condizioni di lavoro, normative e salariali.
Compiti difficili ma: “se non ora quando?”. Se non li affrontiamo noi che siamo poeti tanto da definirci, e voler restare, comunisti, questo grumo di questioni, nessun altro, possiamo starne certi lo farà.
*direzione nazionale

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Documento 1 – Costruiamo il luogo dell’unità della sinistra di alternativa. Simone Oggionni http://web.rifondazione.it/viii/?p=167 http://web.rifondazione.it/viii/?p=167#comments Mon, 21 Nov 2011 12:31:22 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=167 Continua a leggere ]]> Simone Oggionni*
La caduta di Berlusconi e la nascita del governo Monti aprono una nuova fase. Il nostro congresso non può limitarsi a recepire le novità in maniera passiva, ma deve provare ad interagire con esse, in maniera dinamica.
Il primo elemento che va colto è il cambio di scenario politico: l’obiettivo che, con brevi parentesi, ha occupato i nostri sforzi negli ultimi diciassette anni, e cioè la cacciata del governo delle destre, si è realizzato. E’ questo un fatto straordinario, perché mette in soffitta non soltanto anni di politiche classiste, ma anche un regime che ha cambiato in profondità la cultura del Paese, la sua etica, la sua estetica, la sua antropologia, rompendo i tabù del razzismo e del fascismo e trasformando in valori condivisi ed egemonici i prodotti peggiori del reaganismo e del craxismo. Guai a noi, da questo punto di vista, se non fossimo in sintonia con il sentimento di soddisfazione diffuso tra la nostra gente.
Il secondo elemento che va colto è la natura regressiva del processo che ha portato al governo Monti. Ciò determina l’obbligo, per il nostro partito, di fungere da coscienza critica nei confronti del nostro stesso popolo. Non soltanto perché le politiche economiche e sociali che il governo Monti metterà in campo sono già ampiamente segnate (il programma indicato dalla Bce è inequivocabile). Ma soprattutto perché in questa nuova invocazione dell’Uomo della Provvidenza, in questa esaltazione fideistica della tecnica contro la politica si staglia in pieno il dramma della erosione continua e inarrestabile della democrazia nelle società occidentali, la crisi della sovranità popolare.
Di fronte a questo scenario il primo documento contiene, in nuce, le risposte politiche più adeguate, che è compito di tutto il partito in questi giorni svolgere e sviluppare coerentemente.
Il cuore della nostra proposta risiede nella costruzione dell’opposizione politica e sociale al governo Monti. Un’opposizione intelligente, senza settarismi, che provi a parlare al popolo della sinistra, dei comitati, ai movimenti, a tutti coloro i quali hanno innescato nei mesi scorsi con le loro lotte e la loro partecipazione un processo vero di cambiamento nella società e nella politica italiana.
Un’opposizione quindi che provi ad incalzare l’Idv, Sel, mettendo queste forze di fronte all’illusorietà dei loro recenti posizionamenti; che provi ad incalzare la base del Pd, che a breve entrerà in conflitto con le scelte concrete del governo Monti; che provi ad incalzare la Cgil, che in un primo momento si era positivamente schierata per le elezioni immediate.
Infine, un’opposizione che sia pronta a giudicare giorno dopo giorno la realtà e che sia pronta, qualunque sia la data del voto, a raccogliere il massimo dei consensi scegliendo il posizionamento elettorale tatticamente più opportuno. Per questo non ha alcun senso oggi anticipare scenari che vanno costruiti e verificati nella complessità di questi mesi.
Così come non avrebbe alcun senso fare opposizione a Monti chiudendosi in un angolo e rinunciando alla nostra capacità di costruire le più ampie relazioni politiche e sociali. Quanto più forte e unita sarà la sinistra d’alternativa, tanto più efficace sarà l’opposizione al governo Monti.
Per questo è necessario riaggregare le forze sociali più dinamiche, rilanciando il movimento e i conflitti sociali in maniera non episodica. A questo scopo diventa centrale la costruzione di un luogo, che per noi è quello dell’unità della sinistra alternativa, che sappia fornire massa critica, respiro e credibilità alle nostre proposte e alle nostre aspirazioni.
*direzione nazionale

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Documento 1 – Per l’opposizione costituente. Eleonora Forenza http://web.rifondazione.it/viii/?p=165 http://web.rifondazione.it/viii/?p=165#comments Mon, 21 Nov 2011 12:30:09 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=165 Continua a leggere ]]> Eleonora Forenza*
E’ nato il Governo Monti, è nata la III Repubblica nel segno della Bce, del neoautoritarismo, del colpo di Stato monetario, della collisione fra capitalismo e democrazia. C’è un nesso causale fra la fine del Governo Berlusconi e la nascita di quello Monti, finalizzato a compiere il processo costituente nella gestione neoliberista della crisi. L’uomo austero dell’austerity, già fan di Gelmini e Marchionne, guiderà la ristrutturazione neoliberista, allergica a democrazia, rappresentanza, politica. Insofferenti alle mediazioni, le classi dominanti si autorappresentano, scendono in campo direttamente nella squadra di “Supermario”: Vaticano, Esercito, Banche, università private. Il Governo Monti nasce grazie a Giorgio Napolitano, già garante della guerra in Libia, artefice di un’inedita virata presidenzialista, e grazie al Pd, che ha contribuito alla sospensione della democrazia e al mancato ripristino dell’espressione della sovranità popolare attraverso elezioni anticipate.
Come si intreccia questa rapida accelerazione del quadro politico con la nostra discussione congressuale? Crediamo risultino confermate l’analisi e la proposta strategica del primo documento, cioè di «unire la sinistra d’alternativa» e «uscire dal capitalismo in crisi». Ma al contempo pensiamo siano ulteriormente evidenziate quelle contraddizioni che abbiamo ravvisato nel documento tra analisi e proposta politica di fase e che hanno indotto alcune/i di noi a contribuire al dibattito con degli emendamenti: ci riferiamo soprattutto alla proposta del fronte democratico – rivolta in primis al Pd (già disponibile a costituzionalizzare il pareggio di bilancio) e che non fa i conti con l’impossibilità di un’uscita da sinistra dalla crisi all’interno del vincolo monetario e nella cessione di sovranità alla Bce – e alla mancata contemplazione dell’ipotesi di governissimo che invece, purtroppo, si è verificata. In relazione a queste contraddizioni abbiamo scritto negli emendamenti dell’«aggravarsi del solco tra le due sinistre per l’internità sostanziale della sinistra moderata al partito unico della Bce», dell’«impossibilità di qualificare in senso programmatico, e finanche in senso democratico, un’alleanza col centrosinistra», della necessità di costruire l’«opposizione costituente alla gestione bipartizan della crisi» e «a qualsiasi ipotesi di “governissimo”». Abbiamo ribadito che «l’opzione strategica del Prc, da praticare anche nell’immediato sul terreno elettorale nel caso del prevalere di ipotesi neocentriste o di grandi coalizioni, è la costruzione di un polo autonomo, sociale e politico, della sinistra d’alternativa che sappia riannodare i fili delle rivolte di questi mesi, costruire consenso sul conflitto, ricomporre massa critica su una reale alternativa di programma». Abbiamo, dunque, sollevato questioni di merito, e una preoccupazione: il tatticismo talvolta rischia di rendere più difficilmente praticabile la strategia e inficia le capacità di previsione e la coerenza tra analisi e proposta di fase. E ci chiediamo ancora (dopo la Direzione) se consideriamo Monti e le scelte del Pd una “parentesi” dopo cui si riproporrà un fronte democratico o possiamo – ci auguriamo – considerare questa proposta definitivamente archiviata. Come vedi, caro Ramon, abbiamo posto questioni tuttora non inessenziali e assolutamente lontane dalla logica di risse intestine.
Perché pensiamo che ora tutto il Prc, unitariamente e senza ulteriori indugi, si debba prefiggere come obiettivi la costruzione del polo autonomo della sinistra d’alternativa e dell’opposizione costituente, radicale e partecipata, a Monti e alle forze politiche che lo sostengono, attraverso la connessione di soggetti politici, sociali, di movimento- a partire dal radicamento territoriale del comitato «No debito» – e dei conflitti per i beni comuni, per il diritto al lavoro e al reddito. E’ tempo di movimento reale.
*segreteria nazionale

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Documento 2 – Il nostro congresso e l’urgenza del momento. Claudio Bellotti http://web.rifondazione.it/viii/?p=151 http://web.rifondazione.it/viii/?p=151#comments Mon, 14 Nov 2011 11:37:06 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=151 Continua a leggere ]]> Le posizioni che si confrontano nel congresso vanno verificate negli avvenimenti convulsi di questi giorni e in quelli che si preparano. Berlusconi viene messo alla porta sotto la pressione del capitale nazionale e internazionale. Il Pd si mette a rimorchio e si sbraccia a garantire che farà la sua parte per sostenere l’ipotesi di governo Monti. Il programma è già scritto e ribadito dalla Bce, dal Fmi e dalle compatibilità imposte dai mercati. Si prepara un saccheggio che farà impallidire le misure lacrime e sangue dei primi anni ’90: privatizzazioni, libertà di licenziamento nel settore pubblico e privato, demolizione dell’articolo 18, aumento dell’età pensionabile, svendita del territorio comprese le aree protette… la realtà supera l’immaginazione. La svolta in atto deve precipitare nel nostro dibattito congressuale per farne scaturire proposte all’altezza.
Rivendicare le elezioni è cosa giusta, ma non certo risolutiva. Elezioni per fare cosa? L’urgenza del momento è una sola: deve scendere in campo un fronte di resistenza al massacro sociale che si prepara e il nostro compito, compito di partito, deve essere quello di promuovere la mobilitazione, ma anche di costruire un polo politico di opposizione intransigente. Questa è la proposta del polo di classe che avanziamo da tempo e che rinnoviamo nella nostra mozione congressuale. Sì: siamo “antisistema”, dobbiamo essere la sinistra che assume in modo coerente la difesa degli interessi dei lavoratori. Strategicamente, per l’oggi e per il domani, senza tentennamenti. E se l’unità nazionale lacererà il Pd e Sel, tanto meglio! Contro il partito unico delle banche e di Confindustria dobbiamo costruire il partito dei lavoratori, dei ceti popolari massacrati dalla crisi, di chi non può e non deve pagare il debito. Da soli non bastiamo, ma se abbiamo il coraggio necessario c’è un campo enorme che si apre davanti a noi.
Le finte opposizioni di destra (Lega) e di “sinistra” (Idv) sono un pericolo solo se noi abdichiamo al nostro compito e ci mettiamo a fare i movimentisti il sabato per poi cercare l’accordo con Bersani al lunedì.
La richiesta di elezioni ha senso se la leghiamo a un chiaro appello a costituire un fronte anche elettorale che dia voce alla resistenza contro il “golpe monetario”: o forse ci mettiamo a rivendicare elezioni per allearci con chi quel “golpe” lo ha condiviso se non addirittura preparato? Diventa carta straccia non solo la Mozione 1, ma un’intera linea politica: per due anni ci siamo attardati a proporre un “fronte democratico” che non aveva nessuna base, mentre sotto i nostri occhi si preparava questa svolta.
Dobbiamo rompere le alleanze equivoche che ci ingabbiano: il congresso del Pdci si conclude consegnandosi a Bersani (e implicitamente servendogli su un piatto d’argento anche la possibilità di scissione della Federazione della sinistra), sul “partito del lavoro”, meglio definibile “partito virtuale delle burocrazie sindacali”, taciamo per carità di patria. Le alleanze possiamo e dobbiamo stringerle col popolo del 15 ottobre, coi soggetti dell’assemblea dell’1 ottobre di Roma, ma soprattutto con milioni di lavoratori e di studenti che si dovranno mettere in moto per difendersi dalla catastrofe imminente. E’ solo su questo che il nostro partito può rilanciarsi, il resto sono solo tatticismi che evaporano in pochi giorni.

Claudio Bellotti direzione nazionale

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Documento 1 – Operare per l’unità politica della sinistra di alternativa. Alberto Burgio http://web.rifondazione.it/viii/?p=148 http://web.rifondazione.it/viii/?p=148#comments Mon, 14 Nov 2011 11:31:40 +0000 admin http://web.rifondazione.it/viii/?p=148 Continua a leggere ]]> Gli sconvolgimenti generati dalla crisi costituiscono un severo banco di prova per Rifondazione comunista impegnata nel suo VIII Congresso. Ci si deve chiedere, in particolare, se il documento sottoscritto dalla grande maggioranza del partito – decine di migliaia di compagne e compagni uniti nella consapevolezza che il Prc deve in primo luogo vincere la sfida della sopravvivenza – sia all’altezza di una situazione in movimento e profondamente mutata nel giro di poche settimane.
Stiamo agli eventi di queste ore, mentre si attendono le dimissioni di Berlusconi e la probabile nascita del primo governo Monti. Le cronache del Palazzo dicono che le opposizioni presenti in parlamento si dividono su un aspetto a prima vista marginale. Tutti vogliono Monti e plaudono alle decisioni del Quirinale (che ha compiuto un altro passo verso il presidenzialismo). Ma il Terzo polo lo vuole a capo di un governo politico, il Pd spera che formi un esecutivo “tecnico”.
Si direbbe puro tatticismo, a fronte di un’agenda del futuro governo (in buona sostanza, la ricetta di macelleria sociale dettata dalla Bce) condivisa dai partiti chiamati a battezzarlo già nei prossimi giorni. Invece si tratta di una differenza importante, che coinvolge il rapporto con il rispettivo elettorato. Casini e i suoi non hanno nulla da perdere entrando in un governo che affonderà il colpo, per l’ennesima volta, sul lavoro dipendente. Anzi, avranno buon gioco al cospetto della propria base sociale, ergendosi a salvatori della Patria e della Famiglia. Chi invece è nei guai, se Monti chiede il diretto coinvolgimento dei partiti, è il centrosinistra e in particolare il Pd, che si imbarcherebbe in un’impresa devastante per gran parte del suo blocco sociale.
Sembra di tornare a 25 anni fa (e non è un caso, perché da quelle lontane vicende nacquero il craxismo e la fine rovinosa della Prima repubblica). Allora il Pci si svenò per sostenere i monocolori Andreotti nel nome del bene supremo del Paese. Evitò di usare la sua grande forza sociale e politica per costringere la Dc a pagare il conto delle sue enormi responsabilità. E nel giro di quattro anni (tra il 1975 e il ’79) perse buona parte del consenso, milioni di voti di lavoratori e di giovani delusi da una prudenza che si sarebbe rivelata suicida.
Oggi il Pd si ritrova in una situazione simile. Non può dire di no a Napolitano, quindi deve sostenere un governo che imporrà lacrime e sangue (nuovi tagli a stipendi e pensioni, e nuovi attacchi ai diritti del lavoro) proprio a chi lo vota. L’unica, pallida speranza è che non sia costretto ad agire in prima persona, entrando direttamente nella “squadra” di governo.
Ma se le cose stanno così (chi ne dubita, legga la biografia di Monti), la situazione offre alla sinistra di alternativa la possibilità di riprendersi lo spazio sottrattole tre anni fa dallo sciagurato accordo stretto tra Berlusconi e Veltroni, e persino di ampliarlo. Vasti settori del Paese rimarranno delusi dalle scelte del Pd al quale hanno sin qui, nonostante tutto, dato fiducia. E starà allora a noi comprenderne le esigenze e conquistarne la fiducia.
A noi chi? Certo in primo luogo a Rifondazione comunista e alla Fds. Ma anche all’insieme della sinistra. Emerge dunque con più evidenza che mai la necessità di operare per l’unità politica della sinistra di alternativa: non è forse questo il cuore del documento di maggioranza?

Alberto Burgio direzione nazionale

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