Rifondazione mensile di politica e cultura
Ottobre 1998

VEDO ROSSO

GIUBILEO, IL PARCHEGGIO DI DIO di Marcello Vigli

Le grandi e le piccole opere che si preparano per il giubileo, i guai per la città e le risorse distribuite per tutto il territorio nazionale in maniera clientelare.
La prassi dei giubilei si iscrive nella storia del costituirsi e dell'evolversi della istituzione ecclesiastica cattolica come struttura centralistica e regime monarchico. Lo inventò papa Bonifacio VIII che di quel centralismo è stato tenace assertore contro le pretese delle nuove monarchie che si andavano costituendo in Europa all'ormai decrepito impero universale.
Da allora con cadenze sempre più ravvicinate (in questo secolo ogni venticinque anni con l'aggiunta di tre giubilei straordinari) i fedeli sono chiamati a Roma sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo per lucrare le indulgenze: quella remissione della pena che i papi si erano concessi il diritto di concedere in nome di Dio. Questa prassi è sopravvissuta al Concilio vaticano II che pure ne ha demolito le premesse teologiche nel quadro di modernizzazione strutturale da esso avviato. La gestione woytjliana di tale modernizzazione, pur introducendo significative innovazioni sul piano dei contenuti e nelle forme del giubileo, ne ha mantenuto la funzione originaria di strumento per rafforzare l'autorità papale e, alla sua ombra, la Curia romana.
In quest'ottica, il Grande giubileo indetto da Giovanni Paolo II per il duemila costituisce l'espressione più matura del ruolo che la Santa Sede si va ritagliando in questa fase di planetarizzazione dell'avventura umana. Da un lato servirà da vetrina per le innumerevoli e benemerite iniziative di solidarietà e attività sociali dei cattolici sparsi nel mondo, dall'altro le confermerà come base di quella piramide al cui vertice c'è il papa che in loro nome si riproporrà come punto di riferimento e guida spirituale non solo per i credenti ma per l'intera umanità. Chiederà, per essere credibile, perdono per le violazioni dei diritti umani perpetrate in passato dalle gerarchie ecclesiastiche, ma intanto avalla la restrizione della libertà di ricerca e di espressione dei suoi teologi e continua a demonizzare quanto nella sfera della sessualità non coincide con la tradizione morale cattolica. Proporrà la remissione del debito internazionale per i popoli oppressi dallo sfruttamento del capitale, ma intanto tratta con le autorità italiane per la gestione di quell'affare da cinquemila miliardi destinati dal nostro Parlamento alle spese per il giubileo.
Anche di questo aspetto del giubileo come affare conviene occuparsi. Del suo intreccio con gli affari e la politica indotto dalla spettacolarità, da kolossal lungo un anno, che il giubileo va assumendo per il carattere oceanico delle adunate, quasi un alternativa alle celebrazioni non religiose del passaggio di millennio. Inserito com'è nel circuito mediatico non può sfuggire alle regole del mercato e alla logica della politica. Sono molti i soggetti imprenditoriali e politici interessati non tanto a usare il giubileo per fare soldi con i pellegrini, quanto a trasformarlo in occasione di profitto economico, guadagnando sui lavori preparatori a Roma e in altre regioni, e politico, conquistando consensi grazie alla gestione delle risorse.
Che il giubileo sia un affare politico per la Curia, perché rafforza il suo potere interno e il suo prestigio esterno e un affare economico per le strutture ecclesiastiche centrali e periferiche impegnate nell'assicurare ai pellegrini tutti i servizi possibili in concorrenza con gli operatori del settore, cessa di essere quindi una questione interna alla Chiesa. E' una questione che interessa tutti perché diventa un affare per i politici italiani chiamati a diversi livelli a gestire in maniera sostanzialmente discrezionale il flusso delle risorse straordinarie - 3500 miliardi per Roma e Lazio e 1900 miliardi per il resto d'Italia - destinate alla realizzazione di opere pubbliche per migliorare i trasporti e all'incentivazione delle iniziative private per aumentare la ricettività alberghiera.
A Roma la campagna elettorale del '97 si è incentrata sul giubileo e, per vincerla, Rutelli non ha esitato a presentarlo come un'occasione di crescita per la città. Già dal 1995 aveva prospettato il Piano delle Grandi Opere alla Commissione per Roma capitale, chiamata in un primo tempo a gestire gli interventi previsti. Quel piano si è rivelato irrealizzabile anche dopo che il Sindaco stesso è stato nominato Commissario unico per la sua realizzazione a Roma. Nonostante lo smacco in termini di immagine, l'affare è rimasto, perché le somme stanziate, 1700 miliardi solo per Roma, sono state trasferite alla realizzazione di opere minori. Il Piano era un elenco di buone intenzioni, prevedeva il prolungamento di una linea della metropolitana fino ai musei vaticani, il sottopasso di Castel S. Angelo, l'allargamento di una galleria che facilitasse l'ingresso in Vaticano, il tunnel sulla via Olimpica e il completamento della terza corsia sulla Roma-Fiumicino e sul raccordo anulare. Mancava una grande idea guida, capace di affrontare la contraddizione tra la necessità di facilitare l'afflusso dei pellegrini a S. Pietro e il bisogno di decongestionare il centro storico di Roma. Si evidenzia in ciò l'incongruenza della tesi che individuava nei lavori un'occasione di sviluppo per la città. E' prevalso l'obbiettivo di facilitare l'accesso alle udienze papali, rendendo prioritari gli spostamenti dei pullman e si sono cancellati gli interventi per aumentare la mobilità su ferro. In quest'ottica le grandi opere previste sono restate quelle destinate a rendere fluido il traffico intorno a S. Pietro, tra queste la più importante era il sottopassaggio veicolare sotto il lungotevere antistante il Castel S. Angelo. Il progetto sembrò subito di difficile realizzazione, soprattutto per il rischio di minare la stabilità delle fondamenta del castello. Il sottopasso era però diventato una specie di simbolo e perciò venne accantonato, con la rimodulazione del Piano nel marzo 1998, solo dopo lunghe diatribe tra poteri interessati, interventi di associazioni, campagne stampa. Solo allora fu chiaro che quell'opera era funzionale a un altro progetto: il grande parcheggio sotto il Gianicolo, in area extraterritoriale di proprietà della Congregazione Propaganda Fide, la cui realizzazione era apparsa fin dall'inizio prioritaria. L'avvio dei lavori era stato infatti tempestivo, il costo di 80 miliardi si ripartiva in egual misura tra S. Sede e Stato italiano ma la proprietà resta della Congregazione. Naturalmente restano a carico dello Stato italiano tutti i lavori relativi alle vie d'accesso per un totale di 123 miliardi. Il parcheggio di cinque piani ospiterà 113 pullman e 810 auto, sarà dotato di un'area commerciale di 5000 mq destinata a offrire al pellegrino/turista acquisti di ogni genere, servizi e bar ben oltre il duemila. A conti fatti il costo di ogni posto auto sarà di 160 milioni, ben oltre i 20-25 previsti da altre città!
Sembra lecito ipotizzare che in realtà la costruzione dell'area commerciale sia l'opera più interessante per il Vaticano, proiettato nel tempo ben oltre il giubileo. Un parcheggio in centro, certo insufficiente per le esigenze giubilari, servirà invece come approdo sicuro ai partecipanti futuri alle udienze papali, ma anche come luogo per rifornirsi nell'area commerciale, affidata all'Ufficio distribuzione del Governatorato della Città del Vaticano che già oggi può vendere a prezzi più bassi per il suo carattere extraterritoriale. Ben merita quel soprannome di Parcheggio di Dio che gli era stato dato da quelle forze di sinistra ieri contrarie e oggi pronte a facilitarne la realizzazione.
Sprechi, problemi e ritardi
Il progressivo sfaldarsi del Piano delle grandi opere ha reso disponibili, nonostante il conseguente sperpero per la progettazione di opere non eseguite, le risorse dei progetti definanziati per opere di minor rilievo e non sempre veramente utili o pertinenti, in aggiunta a quelle già previste e ai 100 miliardi circa dovuti ai risparmi d'asta.
La crisi del sottopasso rivela anche la leggerezza e l'indifferenza verso i disagi della popolazione con cui si stanno affrontando i reali problemi concreti posti dall'afflusso dei 26 milioni di pellegrini in arrivo. Il primo riguarda l'ordine pubblico. Urgono sia i problemi del collegamento e dell'installazione delle strutture necessarie ad aumentare l'efficienza e il pronto intervento sia quelli delle strutture necessarie per la sistemazione delle forze di Polizia che confluiranno a Roma. Intanto però si fa appello ai 50 mila commercianti romani perché si trasformino da venditori in garanti della sicurezza pubblica in stretta collaborazione con le forze dell'ordine insieme ad associazioni, parrocchie, sindacati!
Ritardi ci sono nell'allestimento delle strutture recettive affidato in parte alla Regione Lazio che per dare attuazione alla parte di sua competenza del piano dei lavori, ha varato, nel giugno '97, una legge per regolare la distribuzione dei finanziamenti destinati alla riqualificazione e alla creazione di strutture ricettive, cioè soldi ad albergatori e strutture ecclesiastiche impegnate a risistemare i loro edifici. Sei mesi dopo la legge è stata emendata e si sono spostati i termini delle domande di ammissione ai contributi perché, è stato detto, gli adempimenti burocratici erano troppo onerosi. In verità perché il Consiglio di amministrazione della Società finanziaria regionale (Filas), incaricata inizialmente della selezione delle domande, al febbraio '98 aveva accolto solo 95 delle 1500 domande presentate per la ristrutturazione di piccoli alberghi e pensioni. Le competenze della Filas in materia sono passate alla giunta e il presidente della finanziaria, dimissionario dal luglio '97, non è ancora stato sostituito.
Né, a tutta l'estate '98, è stato ancora risolto il problema dello smaltimento dei rifiuti destinati ad aumentare paurosamente, né quello, in parte connesso, della costruzione di bagni pubblici in città.
Lo stesso vale per la sanità: l'aumento della ricettività delle strutture ospedaliere di prima assistenza non sembra adeguato a fronteggiare le normali esigenze sanitarie di milioni di persone e ancor meno per affrontare eventuali emergenze straordinarie (caldo, intossicazioni alimentari). Né meno drammatico è il problema del traffico: si prevede una presenza aggiuntiva di 50 mila auto e 2 mila pullman al giorno (3 mila in alcuni giorni). Il piano predisposto per bloccare i pullman alle porte di Roma e regolamentarne il flusso in città, per cui sono stati stanziati 80 miliardi, è contenuto in un volumetto di 70 pagine. Prevede un rigido contingentamento degli ingressi in città limitato a pochi prenotati, fortunati/raccomandati, che saranno controllati nei loro spostamenti attraverso l'assegnazione di strumenti di rilevamento continuo della loro posizione. Non è difficile prevedere che contingentamento e rispetto dei tempi saranno difficili da applicare con gli altri bus a premere per entrare almeno a lasciare i bagagli negli alberghi.
A denunciare tutte queste carenze è la stessa Agenzia romana per il giubileo creata nel 1995 e incaricata di preparare un piano di accoglienza con cui coordinare i servizi e gli interventi. Ad essa sono stati assegnati 85 miliardi, poi aumentati, all'aprile '98 contava 60 dipendenti più 9 distaccati e si prevede che nel 2000 verranno raddoppiati. Il suo compito in verità non è tanto quello di prevenire i disagi che saranno provocati agli abitanti quanto piuttosto quello di favorire la partecipazione dei pellegrini alle celebrazioni religiose. L'Agenzia coordina sia i servizi informatici e telematici che quelli dei servizi relativi all'accoglienza (trasporti, sanità, ecc.), sovrapponendosi così ai poteri pubblici. Questa sovrapposizione è tanto più grave in rapporto allo sconvolgimento della vita cittadina imposto da un'invasione così massiccia. Va ricordato che, oltre alle celebrazioni giubilari ordinarie, il calendario della S. Sede prevede ben ventuno eventi straordinari costituiti da Giubilei particolari suddivisi per professioni e fasce d'età - quello più preoccupante sembra essere il mega raduno dei giovani, previsto per agosto, che dovrebbe vedere l'arrivo di due milioni di pellegrini. A questo si aggiunga la partenza del giro d'Italia 2000 da piazza S. Pietro!
Molti hanno ricavato la convinzione che stia per esplodere su Roma una bomba ecologica i cui effetti nefasti si estenderanno a tutta la città, nonostante i messaggi rassicuranti di Rutelli che, nel frattempo, ha chiesto personale al Genio militare e ha istituito un gruppo ristretto che vede il generale Angioni assumere la carica di coordinatore dei cantieri.
Inoltre di questa occupazione indiscriminata di tempi e spazi risentirà sicuramente l'agibilità politica della città nello svolgimento di manifestazioni democratiche. Come sarà possibile conciliare con questo affollamento di eventi religiosi le iniziative politiche sindacali, e gli stessi eventi ludici e sportivi?
Soldi a pioggia
Né basteranno a risolvere i problemi di Roma le opere previste nel resto d'Italia dalla legge 2670 dell'agosto '97, sollecitata dal Polo per poter disporre di risorse da distribuire anche nelle zone amministrate dai loro rappresentanti. I 1900 miliardi stanziati sono destinati a lavori poco costosi, pur se di bassa qualità: sarà più facile articolarli in piccoli lotti da attribuire a trattativa privata con ampi margini di discrezionalità.
La disparità tra la cifra di 15 mila miliardi delle richieste avanzate e le risorse disponibili ha reso difficile il lavoro della commissione responsabile della selezione dei progetto presentati dalle Regioni. I metodi del suo presidente, il ministro dei lavori pubblici Costa, sono stati tacciati di autoritarismo e centralismo. Dei fondi possono beneficiare sia enti pubblici che privati, così, buona parte è stata destinata a strutture religiose per poco più di mille progetti. Dei fondi finiti a enti pubblici pochi hanno a che fare con il Giubileo - ad esempio i 100 miliardi destinati al restauro del duomo e del Palazzo reale a Torino. Certo i 16 miliardi concessi all'Ente italiano per il turismo e i 9 assegnati all'Ufficio per Roma Capitale per il monitoraggio sugli interventi sembrano pertinenti, in verità sono emblematici dei criteri lottizzatori con cui sono state distribuite a enti pubblici risorse che il grande affare del Giubileo consente di gestire in maniera discrezionale. Anche nel Lazio la Regione distribuisce risorse per opere non essenziali allo svolgimento del giubileo, dalla sistemazione del litorale di Ostia alla "mappa delle strade del vino" per promuovere i vini laziali. Aldilà di questi stanziamenti che con il giubileo hanno poco a che fare, la maggior parte dei fondi sono destinati ad enti ecclesiastici per il restauro di chiese, seminari, santuari e conventi in località sparse per l'Italia, spesso con la prospettiva postgiubilare di diventare luoghi per attività sociali e alberghi a basso costo. Nel futuro favoriranno convegni e ritiri spirituali ma anche turismo e vacanze. Le spese per il giubileo serviranno cioè ad incrementare il turismo religioso (4 mila miliardi nel '96) e le strutture ecclesiastiche che su di esso si stanno impegnando, superando anche divisioni e rivalità. La Peregrinatio ad Petri Sedem (Paps) e l'Opera romana pellegrinaggi (Opr), che avevano promosso programmi in contrasto tra loro, sono state costrette a coordinarsi in Progetto Italia, un pacchetto turistico che per 250 mila lire prevede il trasporto aereo di pellegrini alloggiati in altre città italiane e la visita in una giornata di S. Pietro, cappella Sistina e un'altra basilica. Quanto tale progetto sia applicabile su larga scala non è possibile dire, certo è che costituisce una giustificazione per la distribuzione di stanziamenti in tutta Italia. La commissione ha infatti creato alcune categorie che consentono di dare senso ai finanziamenti a pioggia: mete religiose, mete giubilari validate dalle Conferenze episcopali regionali, città d'arte. Assisi, Loreto, Pompei, Padova, rispettivamente hanno ricevuto 120 miliardi le prime due (88 per cento e 17 per cento a enti ecclesiastici), 73 miliardi la terza (57,5 per cento) e 84 all'ultima (77 per cento). Dietro questi stanziamenti apparentemente casuali si intravedono anche prevaricazioni e conflitti all'interno dell'istituzione ecclesiastica. Emblematico l'episodio della diocesi di Bergamo il cui vescovo, subito dopo l'annuncio dello stanziamento di un miliardo e mezzo per la sistemazione dell'abbazia di S. Egidio sotto il monte ne ha tolto l'agibilità ai padri Serviti, eredi dell'esperienza di padre Davide Turoldo. A Napoli, la provincia dei padri Scolopi ha ottenuto quasi otto miliardi per trasformare una scuola in albergo.
Questo programma di distribuzione a pioggia ha subito e subirà ancora modificazioni perché i fondi non utilizzati nei tempi previsti possono essere destinati ad altre opere. Resta inalterata comunque l'idea che si ricava da una prima lettura dei dati: il giubileo è un affare per le strutture ecclesiastiche che si rinnovano a spese dei contribuenti italiani che, con l'introduzione del sistema dell'otto per mille, pensavano di aver saldato il conto con la gerarchia cattolica. C'è invece tra le autorità pubbliche una gara a sostituirsi alla Cei perfino nella divulgazione dei temi e delle finalità del giubileo. Il Provveditorato agli studi di Roma ha invitato formalmente le scuole ad assumere il giubileo quale punto di riferimento per la programmazione didattica ed educativa, anche in una prospettiva pluriennale di intervento, e ha bandito un concorso tra le scuole superiori per la preparazione di schede illustrative delle mete artistico-religiose di Roma da far confluire in una guida da pubblicare, con il sostegno della Provincia, e da distribuire ai giovani che verranno a Roma nel duemila. Finanziato a spese pubbliche anche il lavoro del Gruppo ricerca e informazione Sétte che ha appaltato all'Università di Bologna uno studio sulle sètte religiose operanti in Italia. Bisogna poi ricordare il progetto per illustrare la storia del giubileo in multivisione per il quale la Giunta capitolina ha deliberato di impegnare 170 milioni.
A tal proposito sono interessanti le dieci domande sulle spese del Comune e dell'Agenzia per il giubileo avanzate dall'osservatorio laico, nato in ambito radicale, che fornisce un'informazione critica ma non anticlericale. Ci si chiede perché sono previsti 90 miliardi per "immagine e comunicazione", 6 per prevedere i flussi turistici, 80 "per la valorizzazione delle risorse umane", 6 "per il modello di supporto per la preparazione e gestione del giubileo". Ben più gravi sono le riserve avanzate dall'Osservatorio sulla trasparenza sulle nomine, sulla contabilità e sulla difficoltà di consultare documenti ufficiali concernenti le spese per il giubileo. Con l'estate di quest'anno si sono aggiunte le denunce della Camera del lavoro sulle attività lobbystiche in Campidoglio e della Camere di Commercio. Anche tra i sostenitori del sindaco serpeggia malumore: nel giugno di quest'anno il Ppi ha duramente attaccato l'Agenzia e a luglio, Rutelli, ha nominato una commissione sopra le parti che controlli la regolarità della gestione capitolina. Forse, conoscendo le debolezze croniche dell'apparato amministrativo romano si sarebbe potuto affrontare l'approssimarsi del giubileo con toni meno trionfalistici e con più attenzione ai disagi per la popolazione. C'è da chiedersi se, in previsione di tutto ciò, non si sarebbe meglio servito lo spirito giubilare rinunciando alla grande kermesse per decentrare pellegrinaggi e penitenze nelle chiese locali. E' questa la domanda che inquieta le coscienze dei cattolici scandalizzati dai profitti degli Enti ecclesiastici e per la copertura offerta da quest'occasione per affari privati e pubblici poco trasparenti e a lavori spesso inutili. Sono molti quelli che, in sordina o ad alta voce, proclamano l'inautenticità evangelica del giubileo e si uniscono ai tanti altri cittadini indignati per la subalternità delle autorità italiane, pronte a scaricare i costi dell'evento sul bilancio dello stato.
Né solo perché vedono dissipare il denaro di tutti per scopi di parte, né solo per i danni immediati che ne derivano agli interessi collettivi, ma anche perché vedono applicare la politica della lesina quando si tratta di accogliere ed assistere gli stranieri costretti all'immigrazione clandestina o di mettere mano al problema della disoccupazione.
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