Numero 55 - Novembre 2001

La finanziaria dell'imbroglio

Russo Spena

I provvedimenti di politica economica del governo Berlusconi, all’interno dei quali si inserisce la legge finanziaria, sono una sfida seria, per noi, un tentativo di sfondamento del blocco sociale della sinistra, un colpo di maglio sulla stessa formazione economico-sociale.

Incide il contesto internazionale: la finanziaria di guerra aumenta a dismisura (in cifre non ancora definite) le spese militari a danno di quelle sociali; così come incide, con la forza di un vero e proprio mutamento di fase, la crisi recessiva mondiale (precedente all’11 settembre), simbolicamente indicata dal dramma di 450.000 licenziati in un mese in USA. Non a caso sono proprio i vecchi cantori del liberismo (“è il mercato l’unico strumento di riequilibrio economico e sociale”) che riscoprono, con arroganza, una politica neointerventista, un cosiddetto keynesismo di destra, che dà migliaia di miliardi alle imprese senza salvare l’occupazione.
Non a caso il nostro primo obiettivo è la rottura del patto di stabilità europea, per creare un contesto macroeconomico più favorevole ad una politica espansiva qualificata (che è la filosofia della nostra progettualità alternativa alla finanziaria del governo). Noi operiamo una grande operazione redistributiva, che proponiamo anche al centrosinistra. Il governo fa un operazione sofisticata di politica di classe (padronale) condita di elementi populisti. Dobbiamo essere attenti ad una mistificazione, come quella sulle pensioni, che può far guadagnare al governo un facile consenso, grazie anche ai varchi devastanti aperti dai governi D’Alema ed Amato. Mettiamo in rilievo che, oltre una politica di tagli, di reintroduzione di tickets sanitari, di blocco di assunzioni nel pubblico impiego, ecc., il modello governativo è quello di destrutturare e privatizzare lo Stato Sociale. Esso viene mercificato, esposto alla legge del mercato. È sufficiente pensare alla trasformazione degli ospedali in fondazioni (in aziende, cioè, che guadagnano dalla salute e sulla salute): il governo muove nell’ottica della sanità USA, che vede, oggi i 45 milioni di persone private di assistenza sanitaria pubblica.

Così come pensiamo alla scuola nella quale, all’autonomia come aziendalizzazione, si aggiunge una feroce concezione di scuola elitaria di classe, che prevede la scelta, ad undici anni, dell’avviamento al lavoro: sapere per pochi, destino di precarizzazione per tutti gli altri.

Scuole per ricchi e futuri dirigenti; scuole per poveri e futuri precari. Noi proponiamo una grande operazione politica di rinascita dello spirito pubblico; una sanità pubblica in cui ambiente, prevenzione, controllo della salute dei lavoratori (assumiamo la metafora dell’inchiesta sul prodotto; ad esempio, riferendoci alla scandalosa sentenza di Venezia, pensiamo al cloruro di vinile) siano gli assi fondamentali; una scuola pubblica come luogo di convivenza civile, di educazione alla mondialità di rapporti tra culture, civiltà, religioni, popoli. Ci battiamo per una nuova quantità e qualità della spesa sociale, intervenendo anche con la leva fiscale (a partire dalla Tobin Tax). Proponiamo l’obiezione fiscale alle spese militari.

Le nostre proposte emendative, insomma, indicano percorsi e progetti alternativi tesi ad una politica redistributiva della ricchezza a favore dei salari e contro profitti e rendite. Proponiamo la chiusura della forbice tra inflazione reale ed inflazione programmata, spezzando un meccanismo che attualmente agisce come una scala mobile alla rovescia.
Proponiamo che il meccanismo di ingentissimi trasferimenti di fondi dallo Stato alle imprese (che, come è certificato dai numeri, non creano lavoro) sia rovesciato, che venga finanziato, con parte di quelle risorse, un salario sociale per le ragazze e per i giovani.

Così come vogliamo evitare lo sfondamento delle condizioni di lavoro e salario verso il basso, in una disperata ”guerra dei poveri”, ponendo un vincolo interno, la fissazione di un salario minimo intercategoriale come diritto esigibile da tutte e da tutti. Ma, in Parlamento, nulla potremo ottenere se non partirà una grande stagione di lotta, di conflitto di classe. Le mobilitazioni attuali nelle fabbriche, nelle scuole, negli uffici fanno sperare in un buon inverno.

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