Numero 54 - Ottobre 2001

Gli impegni di lotta del movimento

Patrizia Sentinelli

Mentre scrivo i missili americani sono stati lanciati sull’Afghanistan. E’ la guerra.
La minaccia della ritorsione che Bush aveva annunciato subito dopo l’orrendo crimine terroristico si è concretizzato. Non si conoscono ancora né il numero delle vittime né la durata di questo attacco bellico, ma l’ipotesi della guerra permanente necessaria a questo ordine capitalistico sembra divenire realtà.
Due torti non fanno una ragione. E’ ciò che avrebbe dovuto guidare la politica a le diplomazie. Invece, a violenza si sta rispondendo con la violenza, e non ci sarà fine né al terrorismo né alle ingiustizie.
Molte e molti, però, spontaneamente o chiamati per lo più dai social forum locali, sono scesi in piazza per chiedere che la guerra si fermi, che l’odio non divampi con ulteriori ritorsioni e vendette. La ricerca dei responsabili dell’attacco alle Twin Towers nulla ha a che fare con la guerra, né con l’operazione di polizia internazionale come la si sta ipocritamente chiamando a casa nostra.
Dopo l’imponente manifestazione pacifista della marcia Perugia-Assisi, con una piattaforma che respinge fermamente ogni forma di guerra, il movimento con la consapevolezza e determinazione che ha maturato, pur nelle drammatiche vicende che si succedono, spinge all’ azione per costruire una pace giusta. E conferma tutti gli appuntamenti di lotta già decisi.
Le manifestazioni per la pace che si terranno in tutte le città contro l’appoggio che il Governo del nostro Paese si è precipitato ad assicurare, in modo incondizionato e totale, alle azioni di guerra.
Costruire la pace vuol dire però anche trasformare i meccanismi economici che dominano il mondo, quelli che permettono che si muoia sempre più di fame e che cresca ovunque la povertà e l’ingiustizia mentre la ricchezza resta nelle mani di un numero di potenti sempre più ristretto.
Il movimento si è dato appuntamento a Roma a fine ottobre per un vertice antiliberista.
A settembre a Cuba 400 delegate/i di organizzazioni contadine, indigene, associazioni di pescatori, organizzazioni non governative e ricercatori di 60 Paesi di tutti i continenti, si sono riunite nel Forum mondiale per ricostruire dal punto di vista dei popoli e non da quello delle multinazionali alimentari, proposte e alternative percorribili e strategie d’azione per dare impulso a nuove impostazioni volte ad assicurare un futuro senza più fame ed ingiustizie.
Le politiche su pesca, agricoltura e commercio imposte da organismi quali le B.M., F.M.I., W.T.O, hanno reso più profonde le distanze tra paesi ricchi e poveri e all’interno di questi la distribuzione del reddito, mettendo in pregiudicato il diritto più elementare, quello ad alimentarsi.
La sostenibilità, sicurezza e sovranità alimentare è un problema politico di primo piano per tutti.
Perciò saremo anche alla manifestazione del 10 novembre a Roma in concomitanza del WTO che si terrà nel Qatar per denunciare la sua illegittimità e l’iniquità delle politiche che esso sostiene.

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