Numero 54 - Ottobre 2001

Genova per noi

Dalla prefazione di Giovanni Palombarini al libro Genova per noi - Il documento di minoranza del Partito della Rifondazione Comunista presentato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera a conclusione dei lavori del Comitato di indagine sui fatti di Genova.

(...) Va sottolineata l’importanza del lavoro di Graziella Mascia, che ha ricostruito con paziente precisione e intelligente valutazione di quanto aveva a disposizione (le audizioni al comitato, i documenti e i filmati acquisiti, le testimonianze scritte di parlamentari e giornalisti) l’intera vicenda, a cominciare dal momento in cui, nel dicembre 1999, il presidente del cosiglio del tempo Massimo D’Alema, annunciò la sua intenzione davvero imprudente di scegliere Genova come sede della riunione del 2001 dei paesi del G7-G8.

Già la preparazione del vertice, con la creazione di un’apposita “struttura di missione”; l’attenzione a quanto era avvenuto prima a Seattle e poi in altre città per l’adozione delle opportune misure di sicurezza (a partire dall’idea ben presto rientrata di fare effettuare il summit su una nave, per finire alla suddivisione della città in zone); il crescere dell’attenzione dell’opinione pubblica per le tesi del “movimento dei movimenti”; la sostanziale convergenza fra Polo e Ulivo in sede parlamentare con le reciproche astensioni sull’altrui mozione per sottolineare la convergenza su una serie di affermazioni; tutti questi momenti vengono descritti o ricordati con efficacia.

Ma poi, con rigoroso riferimento a dati certi, vengono ricostruite in una cronistoria serena le difficili giornate genovesi. Del resto qui non si tratta di espreimere opinioni perché parlano i fatti. Se si sono riscontrati impreparazione e mancanza di coordinamento nelle forze dell’ordine con riferimento a ciò che è avvenuto nell’area di sicurezza definita “zona gialla” e in altre parti della città (nella “zona rossa” di massima sorveglianza tutto è andato come previsto, unico obiettivo raggiunto fra quelli che gli organi responsabili della sicurezza si erano dati), ciò non può giustificare una serie di fatti che la relazione ricorda: non solo, ovviamente, quelli prima elencati (la relazione si sofferma su tempi e luoghi degli avvenimenti, e descrive i comportamenti dei protagonisti in modo oggettivo, senza farsi condizionare da impressioni o opinioni), ma ad esempio anche l’atteggiamento assunto dalle forze dell’ordine a fronte delle violenze dei black bloc, un migliaio di persone i cui modi di intervento e la cui pericolosità era stata segnalata dalle polizie di altri paesi, che fin dal mattino di venerdì 20 luglio hanno potuto compiere in varie parti della città, praticamente indisturbate, gli atti di vandalismo che tutti hanno visto nei filmati televisivi.

Tutto ciò significa che è in atto, all’interno del nostro paese e a livello internazionale, un mutamento dello stesso concetto di ordine pubblico come si chiede Mascia nella parte conclusiva? E’ un campo di riflessione che indubbiamente si è aperto.
E appunto le conclusioni della relazione, e le riflessioni che sollecitano, sono pacate e serie. Certo, è difficile immaginaire che vengano prese in seria considerazione da coloro che dei fatti di Genova propongono una lettura del tutto diversa. Ciò nonostante la diffusione di questa relazione è importante, non solo come testimonianza di verità ma anche perché può servire a sventare il pericolo di cui si diceva all’inizio, quello cioè del successo di una colossale mistificazione.

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