Numero 54 - Ottobre 2001

Sciopero generale dei metalmeccanici

Giorgio Cremaschi

Lo sciopero generale dei metalmeccanici con manifestazione a Roma può rappresentare un punto di svolta per tutto il movimento sindacale.

La decisione è stata presa in un momento difficile, mentre si avvicina una recessione economica e pesa su tutti la guerra con le sue conseguenze politiche e sociali. Vi sono state improvvise incertezze, che hanno condotto il Comitato Centrale dell’organizzazione a votare a maggioranza (contraria la sinistra sindacale) lo spostamento di una settimana dell’appuntamento, dal 9 al 16 novembre. Nonostante tutte queste difficoltà e contraddizioni l’appuntamento è comunque senza precedenti, non solo per il movimento sindacale, ma per tutta la sinistra.

E’ la prima volta nella storia del paese che i metalmeccanici vanno a Roma con una manifestazione nazionale organizzata da un solo sindacato. E’ evidente che questo fatto da solo può indicare una via di uscita dalla concertazione opposta a quella che vogliono imporre il governo e la Confindustria.
Il merito della piattaforma, l’aumento salariale scippato, con l’accordo separato, di una parte della copertura del potere d’acquisto, è importante, ma non è tutto. Conta ancora di più il furto di democrazia ai danni dei metalmeccanici che con quella intesa separata è avvenuto. Furto al quale ha risposto intanto una imponente raccolta di firme. Conta di più il segnale di lotta contro la politica aggressiva del padronato, oggi guidata dalla Fiat e da tutte le grandi imprese, che tocca tutti gli aspetti della condizione di lavoro.

Il Libro bianco di Maroni, le scelte delle Confindustria, le disponibilità della CISL a un drastico ridimensionamento della contrattazione nazionale, costituiscono il definitivo segnale che la concertazione degli anni ’90 si è conclusa. Da essa si esce o con una svolta moderata, aziendalista, di frantumazione territoriale, sull’onda del “federalismo”, dei diritti e dei contratti, oppure a sinistra, con la riaffermazione dell’autonomia rivendicativa del sindacato, della centralità del contratto nazionale, della necessità del conflitto.

Fermi non si può stare. Purtroppo invece l’immobilismo è ciò che prevale ancora nella maggioranza della Cgil. Che non propone un’alternativa di contenuti e di lotta all’attacco dei padroni e che invece continua a rispondere a quell’attacco semplicemente in maniera difensiva, cercando di evitare o limitare i danni.

Rispetto a questo quadro lo sciopero dei metalmeccanici è allo stesso tempo una sfida ed una cartina di tornasole. Se la vertenza continuerà, necessariamente sarà tutta la Cgil a dover cambiare per sostenerla. Se invece nella confederazione dovessero rimanere le ambiguità e le incertezze di questi mesi, sarebbero i metalmeccanici a dover rallentare e fermarsi.
Per questo la riuscita dello sciopero è una condizione indispensabile affinché il cambiamento di linea e di pratica contrattuale del sindacato possa andare avanti.
Questa lotta interroga tutta la sinistra politica e sociale sulla necessità di un allargamento del movimento contro il liberismo e l’autoritarismo padronale. Lo sciopero dei metalmeccanici deve diventare un appuntamento di tutti, fuori e dentro il sindacato, dei movimenti che contestano questa globalizzazione, del movimento pacifista. A quello sciopero va accompagnata un’iniziativa politica ed istituzionale sul salario e sulla democrazia sindacale, che può diventare il nucleo di un’alternativa programmatica al Libro bianco di Maroni.
In definitiva lo scontro in atto nella principale categoria industriale diventa un punto di passaggio decisivo per la costruzione di un nuovo movimento operaio nel nostro paese.

indietro