Numero 53 - Settembre 2001

Genova e i suoi movimenti

Nel frontespizio del bel libro di Naomi Klein "No Logo" è riportato un pensiero di Y. B. Mangunwijaja: "Puoi non vedere ancora nulla in superficie, ma sotto terra il fuoco già divampa"
Rimanda al nostro dibattito e alla nostra analisi, a quando abbiamo parlato di disgelo e delle iniziative di movimento che iniziavano ad esprimersi.
Ora, sotto gli occhi di tutti, è il momento dell'esplosione. Non certo mediatica ma del tutto reale che sa di nuove consapevolezze e anima nuove passioni.
Il movimento come già a Seattle, Nizza, Praga, Amsterdam e prima ancora contro la guerra, e ora a Genova è divampato con una forza e radicalità non sopprimibili.
Ci dà ragione e dà ragione a tanti e tante che in questi lunghi - troppi - anni di tempesta neo liberista che sembrava travolgere stili di vita, comportamenti, culture, verso una omologazione mercantile hanno intrapreso il lungo percorso di costruzione di un'opposizione sociale partendo dalla critica al liberismo ed hanno provato anche - certo con parzialità e qualche ingenuità - ad inverarla. Penso ai numerosi comitati ambientalisti sorti per contrastare l'impianto di un inceneritore o contro l'inquinamento da elettrosmog, oppure ancora alle tante esperienze di alimentazione sicura contro il bio-tech; ma anche alle attività autogestite dei centri sociali per occupare e vivere spazi pubblici contro le derive privatistiche delle grandi e piccole città ed anche alle iniziative "resistenziali" degli insegnanti contro la scuola azienda o alle lotte dei metalmeccanici.
Un movimento, dunque, non sorto dal nulla.
E' singolare che qualcuno - vedi il dibattito nei Ds- sembra essersene accorto solo ora che le acque non sono più immobili.
Genova - si è detto ed io concordo - è stato, però uno spartiacque. Ora non è più possibile ignorare questo movimento né subirlo magari con fastidio.
O si ricerca il suo annientamento (la repressione come sta provando Berlusconi ed il suo apparato di governo) o lo si incontra incrociando soggettività diverse in una sempre più larga e profonda relazione e connessione di esperienze.
Per molto tempo noi del PRC siamo stati additati come i rappresentanti fastidiosi di realtà residuali. Eravamo gli "antimodernizzatori" quando la modernizzazione veniva considerata il bene supremo e l'economia globalizzata una oggettività incontrovertibile.
Anche le scissioni che abbiamo subito ci parlano di questo. Per difendere la nostra autonomia, la possibilità di sopravvivere in uno schema politico sempre più omologato, "bipartisan" - oggi si direbbe - abbiamo investito sulla possibilità di indicare una alternativa puntando sui nuovi soggetti e suoi nuovi conflitti, perciò abbiamo incontrato Marcos e gli zapatisti, Tarso Genro e le esperienze di democrazia partecipativa, le donne della marcia mondiale e i Sem Terra.
Per ciò abbiamo forzato anche il nostro dibattito interno parlando di americanizzazione e di nuovo dominio imperiale cui opporre un'idea di politica da svolgere oltre i confini del Paese e abbiamo indicato la necessità di una nuova Europa,
E ora che il movimento irrompe la nostra internità ad esso ci restituisce speranza e nuovo vigore.
E' l'internità ad esso che ci fa autorevoli, è la condizione di essere pari tra pari a darci possibilità di far maturare ulteriormente e crescere le esperienze di lotta.
Non è questo il tempo dei modelli precostituiti né quello della riproposizione della "lotta di classe fatta con il manuale". Mi piace pensare a questo nostro tempo come il tempo dell'"eresia", quello che costruisce il futuro, che lo prefigura attraverso la sperimentazione e pratica sociale.
Contro la globalizzazione capitalistica c'è bisogno di una nuova soggettività capace di ricostruire senso, dignità, solidarietà.
A Genova abbiamo incontrato ancora una volta la morte in piazza, la repressione violenta ma anche la determinazione e l'entusiasmo convinto di tanti giovani e di tante donne tornate alla politica, alla piazza da percorsi tutt'affatto diversi da quelli intrapresi da molti di noi. Qualcuno ha scelto i partiti - indispensabili organizzatori di conflitto e di mediazioni politiche - ma altre e tanto diverse sono state le pratiche e le esperienze agite da molti.
Ricordo - qualche anno fa - a settembre una grande e importante manifestazione a Venezia. Si provò con chi era disponibile, con chi sperimentava autogestioni e esperienze di movimento a manifestare insieme. Anche tra noi si levò qualche voce critica. Dicevano di troppe anime non sufficientemente coese.
Eppure lì vi erano già gli embrioni, i soggetti nuovi del movimento di oggi.
Si esprimeva un diverso metodo nel confronto, quello dello scambio e del rispetto reciproco non quello della riduzione ad uno che non mette al riparo da contraddizioni o da litigi ma che certo invita ed impegna a relazioni feconde. E' questa una significativa tappa anche per la riforma del partito.
Riforma che da tempo stiamo invocando come indispensabile per la rifondazione comunista, ma che ancora stenta a decollare. Ritengo utile praticare cambiamenti radicali su noi stessi procedendo via via nelle esperienze di pratica politica e sociale.
Penso a circoli che si cimentano in iniziative di autogoverno del territorio (Porto Alegre indica ed insegna) oppure a un raggruppamento di più circoli per lanciare esperienze di economia riterritorializzata contro la globalizzazione così come ad un impegno di più strutture volto ad animare vertenze per la chiusura locale dei cicli dell'acqua, energetici, dei rifiuti o ancora ad esperienze di nuove produzioni con al centro il valore d'uso.
Gli esempi possono continuare. Ciò che mi interessa sottolineare è l'importanza di fare società.
Il nuovo movimento che irrompe porta con sé simbolicamente e materialmente nuove domande alte, altissime quelle di libertà di autodeterminazione, di cittadinanza universale. Perciò questo è un momento straordinario e non va immiserito volando basso.
Siamo impegnati a costruire insieme a tante altre organizzazioni e forme plurali di esperienza sociale i Social Forum in ogni realtà territoriale valorizzando l'incontro, e il confronto, gli appuntamenti di lotta così come i tavoli di approfondimento tematico e le articolazioni per far decollare i progetti locali. Siamo impegnati nel movimento per la sua espansione e il suo allargamento.
La manifestazione del 29 settembre a conclusione della festa nazionale di Liberazione sta dentro questo quadro.
Dovremo essere in tanti e capaci di arricchirla con tante presenze ed espressioni di movimento.

Patrizia Sentinelli

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