Numero 53 - Settembre 2001

La nostra posizione sul referendum del 7 ottobre

Il sette ottobre i cittadini italiani saranno chiamati a pronunciarsi, attraverso il referendum, sul testo licenziato a suo tempo dal Parlamento sulla modifica della seconda parte della Costituzione, per ciò che attiene l’ordinamento dello stato. Com’è noto, questo provvedimento è il punto d’arrivo di un lungo dibattito sviluppatosi nelle commissioni bicamerali, intorno all’esigenza di riforma del sistema istituzionale. A parere dei sostenitori dello stesso, e cioè le forze del centro sinistra, attraverso le scelte ivi contenute sarebbe stato possibile superare i vizi centralistici del nostro ordinamento dando vita ad un modello istituzionale ispirato al “federalismo cooperativo e solidale”.
Nella realtà, quel provvedimento ha recepito una serie di proposte avanzate nel corso di questi anni dai diversi schieramenti, in risposta ad una crescente spinta secessionista e in conformità con l’affermarsi d’impostazioni liberiste. Infatti, basta scorrere il testo per accertarsene. In primo luogo, lo stato è considerato al rango delle regioni e degli enti locali. La scelta non è casuale: essa tende a legittimare il progressivo indebolimento delle funzioni statali non riconoscendo a queste una valenza superiore a quella attribuita agli altri livelli istituzionali. Ciò, ovviamente, comporta che l’unitarietà degli indirizzi politici tende a venir meno e con essa anche la garanzia di diritti universali valevoli su tutto il territorio nazionale. Che questo sia un rischio concreto lo dimostra un’altra disposizione contenuta nel provvedimento, laddove si sostiene che vanno garantite le prestazioni “essenziali” (e cioè minime) concernenti diritti civili e sociali. E’ evidente che con tale disposizione si considera possibile che al di sopra dei livelli minimi si producano ampie differenziazioni.
Inoltre, nel provvedimento per la prima volta viene inserito il principio della “sussidiarietà orizzontale”, il che costituisce un fatto di per sé gravissimo. Per sussidiarietà orizzontale si intende, infatti, la possibilità che funzioni finora pubbliche vengano gestite dai privati. Questa disposizione, che rappresenta una concessione alle posizioni più moderate e conservatrici in seno al Parlamento, costituisce la premessa di uno smantellamento delle funzioni pubbliche nel campo dei servizi. Infine, molto discutibili appaiono le disposizioni che riguardano la suddivisione delle competenze fra stato e regioni. Non solo vi sono alcune materie per le quali l’attribuzione delle competenze alle regioni è molto pericolosa, ma in altri casi la distinzione delle stesse competenze appare confusa e contraddittoria, creando, quindi, un possibile contenzioso con le istituzioni locali sull’interpretazione delle norme.
Nel complesso, il provvedimento sottoposto a referendum costituisce un passo in avanti nella direzione dell’indebolimento delle funzioni statali, della disarticolazione territoriale, del ridimensionamento delle funzioni pubbliche e del superamento dell’universalità dei diritti. Per questo a suo tempo, in sede parlamentare, esprimemmo il nostro dissenso sul provvedimento in questione. Il punto essenziale è che, a differenza di quanto illustri esponenti del centro sinistra vorrebbero dimostrare, non esiste una netta distinzione fra questa impostazione e quella sostenuta dalle destre. Certo la proposta di “devolution” avanzata da Bossi costituisce una soluzione inaccettabile e pericolosissima in quanto su materie fondamentali (come sanità, scuola e ordine pubblico), eliminando le competenze dello stato e attribuendo alla regioni una competenza esclusiva, viene meno la possibilità di gararantire diritti uguali per tutti i cittadini, tuttavia, il testo approvato dall’Ulivo non rappresenta una soluzione dichiaratamente alternativa. Esso, infatti, si caratterizza per una maggiore moderazione nelle scelte ma sulla base di una impostazione qualitativamente non molto diversa.
E’ per questo, fra l’altro, che la destra ha buon gioco nel rilanciare la proposta della “devolution”, in quanto all’Ulivo si contesta l’insufficenza delle proposte avanzate rispetto all’obiettivo di rafforzare le autonomie locali. Questo elemento di ambiguità fra le due impostazioni è peraltro ravvisabile anche alla luce delle dichiarazioni di alcuni presidenti di regioni di destra che, comunque, dichiarano di voler votare a favore del testo sottoposto a referendum. Per tutte queste ragioni, l’unica posizione politicamente limpida è quella di pronunciarsi per il NO. Questa scelta consente di potere affrontare la battaglia successiva contro le proposte istituzionali avanzate dalla destra in maniera coerente. Non solo, tale scelta è ulteriormente giustificata dal fatto che per questo referendum non è previsto un quorum di validità, pertanto qualsiasi sia il numero di elettori che si recheranno alle urne il risultato sarà valido. Per questo l’astensione diventa di fatto un assenso indiretto alla proposta e pertanto non è proponibile.

Gianluigi Pegolo

indietro