Numero 51/52 - Giugno Luglio 2001

Contro i potenti del mondo

Il G8 è il nucleo del nuovo governo reale del mondo, del nuovo ordine unipolare fondato sul capitalismo delle multinazionali. Prima c’era il G7, composto dai sette paesi con il più alto Prodotto Interno Lordo, che discuteva di economia, poi la Russia è stata invitata pur non essendo l’ottava potenza economica. Abbiamo, dunque, un organismo politico, nel senso più pieno del termine, che non a caso è stato la sede dove si è deciso di por fine ai bombardamenti della Jugoslavia da parte della NATO. Un organismo per nulla democratico, delegato da nessuno a prendere decisioni che riguardano l’intero pianeta, tendenzialmente alternativo e sostitutivo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Si tratta, appunto, del tentativo, in parte già riuscito, di costituire una guida politica al “governo di fatto”, composto dai molti altri organismi che accompagnano e promuovono la globalizzazione capitalistica. Protestare contro il G8 significa battersi contro il capitalismo contemporaneo, significa rivendicare per i popoli, per le sedi istituzionali internazionali (ONU, Unione Europea ecc), il diritto a decidere del proprio futuro, singolarmente e collettivamente. Non è, il G8, riformabile o correggibile e qualsiasi proposta, come quella avanzata da Veltroni, di allargarlo a qualche paese del terzo mondo, è in realtà un ulteriore attacco all’ONU, e segnatamente alle agenzie dell’ONU. Nel G8, fra i paesi membri del G8, vi sono molte contraddizioni e competizioni, ma sarebbe totalmente sbagliato illudersi che tali contraddizioni possano produrre, in quella sede, un qualsiasi spiraglio per la lotta anticapitalistica o per gli interessi dei popoli. Il G8 è esattamente la sede nella quale le contraddizioni vengono risolte, o comunque discusse magari senza successo, ma sempre in un ambito nel quale le multinazionali e l’ideologia neoliberista hanno piena egemonia e nel quale gli USA possono far pesare la propria potenza politico-militare. Il principale collante della protesta, e del Genoa Social Forum (l’organismo unitario che raggruppa cantinaia di organizzazioni, associazioni e partiti) del quale il PRC è parte integrante fin dalla nascita, è proprio l’antagonismo nei confronti del G8 e della globalizzazione. Si possono trovare, su singole questioni di cui discuterà il G8 a Genova, e sulle stesse forme della protesta, molte sfumature e diversità nel campo del movimento antiglobalizzazione.
Ma sulla questione essenziale c’è accordo pieno. I tentativi, del governo e dei mass media, di dividere il movimento in “buoni e cattivi” in “partito e antipartito” sono falliti. Ci sono quindi le condizioni affinché il movimento antiglobalizzazione a Genova faccia un passo avanti. Non si tratta, infatti, di dire: “esistiamo” e di ricercare visibilità. Ciò è stato già ampiamente ottenuto da Seattle in poi. Si tratta di crescere in ampiezza di settori sociali, a cominciare da quelli del mondo del lavoro, e in quantità. A Genova ci dovranno essere le mobilitazioni più ampie e più numerose. E’ possibile. E il PRC farà la sua parte mobilitando decine di migliaia di compagne e compagni.

Ramon Mantovani

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