Numero 49/50 -
Aprile Maggio 2001
Spazio Donne
Un club di uomini
LE ancora questo Parlamento italiano: un club di uomini, un luogo separato la maschile. Le femministe, negli anni settanta, alla critica che veniva fatta al separatismo femminile, cioè alla pratica politica del vedersi tra donne, che quella tumultuosa stagione di lotte aveva inaugurato, così rispondevano: pensate al vostro separatismo, perché i luoghi della vostra politica sono tutti luoghi di separatismo maschile.
E ancora vero, soprattutto dopo i risultati delle ultime elezioni politiche, che vedono ulteriormente ridotta la già sparuta pattuglia di parlamentari di sesso femminile. Dall11 per cento si passa la 9 per cento e lItalia va a occupare meglio, a rioccupare più decisamente uno degli ultimissimi posti nella classifica europea in materia. La cosiddetta Casa delle Libertà ha ovviamente fatto il pieno di esponenti maschili: le donne in quella parte dellaula si contano veramente sulle dita di poche mani e bisogna fare uno sforzo della vista per individuarne qualcuna nel compatto e uniforme schieramento di corpi maschili. Dallaltra parte dellemiciclo il fenomeno dellincombenza maschile appare leggermente meno opprimente e inquietante ma se si pensa a quanto le lotte di emancipazione delle donne, il femminismo, le pratiche politiche delle donne siano state contigue ala sinistra, in qualche modo connesse alla grande storia del movimento operaio, cè poco da stare allegre anche lì. Anche da quella parte infatti manca con tutta evidenza il senso della gravità storico-politica dellassenza femminile dai luoghi della rappresentanza democratica e della decisionalità politica, e la maggiore presenza delle donne appare per lo più il frutto di accomodamenti interni ai partiti, uno storia di difficili e sofferti negoziati, piuttosto che il risultato di unassunzione piena di responsabilità politica rispetto a un problema di prima grandezza come è questo.
Lo spirito e i meccanismi del sistema maggioritario hanno ridotto la possibilità di partecipazione delle donne, accentuando fortemente il potere di decisione autoreferenziale dei gruppi maschili che guidano i partiti politici. Da questo punto di vista la mancanza di democrazia che caratterizza i rapporti di genere sul terreno della rappresentanza è metafora come tutto quello che riguarda le donne di una più generale questione democratica, di un più generale vulnus che riduce sempre più la qualità della rappresentanza democratica. La critica al maggioritario, chiamando in causa la qualità della democrazia, deve per questo misurarsi con il problema della democrazia di genere altrimenti perde qualsiasi connotato generale, e continua a parlare di una democrazia dimidiata. La mancanza di donne nei luoghi della rappresentanza non è insomma una questione che riguarda soltanto le donne ma un deficit di fondo che inerisce la natura stessa del patto democratico posta a fondamento della cittadinanza.
Alcune candidate, nel corso della campagna elettorale, hanno sottoscritto un patto per il riequilibrio della presenza di donne e di uomini nella rappresentanza. Il patto si articola su quattro punti che dovrebbero dar luogo a provvedimenti di legge nel corso della XVI legislatura. Il primo punto, in particolare, riguarda la modifica dellarticolo 51 della Costituzione, il quale, prevedendo, sulla base di un concetto astratto di uguaglianza, che tutti i cittadini possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, ha dato modo alla Corte Costituzionale nel 1995 di dichiarare illegittima le disposizione di legge che riservava dei posti alle donne nelle liste elettorali. Si chiede inoltre che sia riformata la legge elettorale, attribuendo ai partito lobbligo del riequilibrio della rappresentanza, cosicché nessuno dei due sessi abbia una presenza inferiore del 50 per centro nelle candidature e si ponga fine allo scandalo di liste tutte al maschile come è successo in molti casi nelle ultime elezioni, per lo più con quelle della Casa delle Libertà. Gli altri due punti del patto riguardano la modifica della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, in modo da sanzionare quei partiti che non destinano il 5 per cento di tale finanziamento alla promozione del riequilibrio della rappresentanza, e lattuazione dellarticolo 49 della Costituzione relativo alla regolamentazione democratica dei partiti.
Gli impegni presi, come si vede, sono rilevantissimi. Vedremo che cosa succederà. Per quello che ci riguarda passa anche da qui, e non certo secondariamente, il rilancio di una grande battaglia per la democrazia.
E ancora questo Parlamento italiano: un club di uomini, un luogo separato la maschile. Le femministe, negli anni settanta, alla critica che veniva fatta al separatismo femminile, cioè alla pratica politica del vedersi tra donne, che quella tumultuosa stagione di lotte aveva inaugurato, così rispondevano: pensate al vostro separatismo, perché i luoghi della vostra politica sono tutti luoghi di separatismo maschile.
E ancora vero, soprattutto dopo i risultati delle ultime elezioni politiche, che vedono ulteriormente ridotta la già sparuta pattuglia di parlamentari di sesso femminile. Dall11 per cento si passa la 9 per cento e lItalia va a occupare meglio, a rioccupare più decisamente uno degli ultimissimi posti nella classifica europea in materia. La cosiddetta Casa delle Libertà ha ovviamente fatto il pieno di esponenti maschili: le donne in quella parte dellaula si contano veramente sulle dita di poche mani e bisogna fare uno sforzo della vista per individuarne qualcuna nel compatto e uniforme schieramento di corpi maschili. Dallaltra parte dellemiciclo il fenomeno dellincombenza maschile appare leggermente meno opprimente e inquietante ma se si pensa a quanto le lotte di emancipazione delle donne, il femminismo, le pratiche politiche delle donne siano state contigue ala sinistra, in qualche modo connesse alla grande storia del movimento operaio, cè poco da stare allegre anche lì. Anche da quella parte infatti manca con tutta evidenza il senso della gravità storico-politica dellassenza femminile dai luoghi della rappresentanza democratica e della decisionalità politica, e la maggiore presenza delle donne appare per lo più il frutto di accomodamenti interni ai partiti, uno storia di difficili e sofferti negoziati, piuttosto che il risultato di unassunzione piena di responsabilità politica rispetto a un problema di prima grandezza come è questo.
Lo spirito e i meccanismi del sistema maggioritario hanno ridotto la possibilità di partecipazione delle donne, accentuando fortemente il potere di decisione autoreferenziale dei gruppi maschili che guidano i partiti politici. Da questo punto di vista la mancanza di democrazia che caratterizza i rapporti di genere sul terreno della rappresentanza è metafora come tutto quello che riguarda le donne di una più generale questione democratica, di un più generale vulnus che riduce sempre più la qualità della rappresentanza democratica. La critica al maggioritario, chiamando in causa la qualità della democrazia, deve per questo misurarsi con il problema della democrazia di genere altrimenti perde qualsiasi connotato generale, e continua a parlare di una democrazia dimidiata. La mancanza di donne nei luoghi della rappresentanza non è insomma una questione che riguarda soltanto le donne ma un deficit di fondo che inerisce la natura stessa del patto democratico posta a fondamento della cittadinanza.
Alcune candidate, nel corso della campagna elettorale, hanno sottoscritto un patto per il riequilibrio della presenza di donne e di uomini nella rappresentanza. Il patto si articola su quattro punti che dovrebbero dar luogo a provvedimenti di legge nel corso della XVI legislatura. Il primo punto, in particolare, riguarda la modifica dellarticolo 51 della Costituzione, il quale, prevedendo, sulla base di un concetto astratto di uguaglianza, che tutti i cittadini possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, ha dato modo alla Corte Costituzionale nel 1995 di dichiarare illegittima le disposizione di legge che riservava dei posti alle donne nelle liste elettorali. Si chiede inoltre che sia riformata la legge elettorale, attribuendo ai partito lobbligo del riequilibrio della rappresentanza, cosicché nessuno dei due sessi abbia una presenza inferiore del 50 per centro nelle candidature e si ponga fine allo scandalo di liste tutte al maschile come è successo in molti casi nelle ultime elezioni, per lo più con quelle della Casa delle Libertà. Gli altri due punti del patto riguardano la modifica della legge sul finanziamento pubblico dei partiti, in modo da sanzionare quei partiti che non destinano il 5 per cento di tale finanziamento alla promozione del riequilibrio della rappresentanza, e lattuazione dellarticolo 49 della Costituzione relativo alla regolamentazione democratica dei partiti.
Gli impegni presi, come si vede, sono rilevantissimi. Vedremo che cosa succederà. Per quello che ci riguarda passa anche da qui, e non certo secondariamente, il rilancio di una grande battaglia per la democrazia.
Elettra Deiana
indietro
|