Partito di massa
Partito di massa - Marzo 2001

Il circolo istanza fondamentale di un partito di massa

Pubblichiamo uno stralcio della relazione introduttiva della compagna Bianca Bracci Torsi alla riunione del 17 febbraio 2001 della Commissione problemi del partito.

I circoli: istanza fondamentale di un partito di massa sono forse il più significativo ed illuminante luogo delle nostre contraddizioni. In essi sono presenti tutti gli elementi negativi (litigiosità, arroccamenti, scarsa conoscenza del proprio territorio) assieme a molti esempi di vitalità politica ed aggregazione sociale, creatività, sperimentazioni innovative anche in ambiti non strettamente politici come l’assistenza, il tempo libero, ecc. Vi sono differenze legate non solo alla capacità e all’impegno dei gruppi dirigenti e all’impulso dato dalla Federazione ma da condizioni ambientali. 

È indubbiamente più facile fare politica in un quartiere o in comune aggregato di media dimensione che non su un territorio vasto e disgregato geograficamente e socialmente, o in un quartiere nuovo vissuto solo come dormitorio. Vi sono poi zone con antiche tradizioni di lotta non dimenticate, o in cui sono presenti associazioni e gruppi assai vivaci impegnati su tematiche culturali, ambientali e sociali. E infine alcuni circoli possono contare su compagni esperti, conosciuti e stimati. Esistono, però, alcuni problemi più generali. Perché tanti giovani si avvicinano al Partito nelle manifestazioni e nelle feste di Liberazione ma non entrano nelle nostre sedi o, peggio, si iscrivono per un breve periodo? Ambienti accoglienti, facilmente raggiungibili, costantemente aperti sono il primo requisito di un circolo del Prc, ma non basta.

Esistono situazioni di chiusura che respingono più che attrarre anche i meglio intenzionati. Non è solo una questione generazionale, mi sembra che in molti casi si tratti della volontà di preservare un equilibrio politico interno, non necessariamente ricalcato su posizioni nazionali che nuovi ingressi rischiano di mettere in discussione. Spesso ci sono anche dei modi di vita di un circolo in sé respingenti, come il continuo dibattito senza verifiche esterne, l’appiattirsi sull’ente locale, o non voler uscire da vecchi schemi di lavoro. Che interesse può trovare un giovane o una ragazza in una sede politica dove non può portare le sue esigenze e la sua voglia di fare e dove non riceve elementi di arricchimento politico e pratico se non attraverso un dibattito, quasi sempre acceso e spesso espresso con formule criptiche scarsamente comprensibili ai non iniziati?

In molte occasioni abbiamo discusso le modalità del nostro rapporto con compagni e compagne non iscritti: non credo nella utilità di una nuova struttura con o senza una diversa tessera ma piuttosto in una soluzione che attenga alla pratica politica dei circoli e delle Federazioni. Un circolo attivo può offrire ad esterni interessati alle nostre iniziative molte possibilità di incontro e di coinvolgimento: dai seminari di formazione alla partecipazione a progetti culturali e sociali (come gli sportelli sulla casa, il lavoro, le pensioni o corsi di recupero scolastico e di italiano per stranieri), vertenze territoriali. Qualora il circolo non fosse in grado di fornire queste occasioni di impegno da solo, può indirizzare le persone contattate alle commissioni della Federazione, che di norma sono aperte agli indipendenti o prendere spunto per la creazione di un gruppo di lavoro intercircolo.

I circoli di luogo di lavoro e di studio sono insostituibili ma ancora troppo pochi: pesano le difficoltà oggettive di fare politica nel proprio luogo di lavoro per le discriminazioni pesanti operate soprattutto, ma non solo, contro i lavoratori precari, pesa anche la carenza dei sindacati che spesso fa sì che l’istanza di partito sia costretta a svolgere un ruolo parasindacale. 

Lo sciopero Fiat ci dà un importante segnale di come possa crearsi un rapporto di solidarietà operante fra lavoratori cosiddetti garantiti e giovani precari, ma ci sono altri esempi di questo rapporto come quello dell’aeroporto di Fiumicino. Si tratta di continuare ed ampliare i coordinamenti fra i lavoratori comunisti dipendenti della stessa azienda o dello stesso settore, ma anche di sollecitare iniziative comuni fra circoli di luogo di lavoro e territoriali: gli esempi in questo senso hanno dimostrato come questo rapporto arricchisca entrambi non solo per il maggior numero delle forze da mettere in campo, ma anche per lo scambio delle esperienze e di punti di vista diversi. A questo proposito mi sembra interessante la proposta degli operai comunisti della Fiat abruzzese di una doppia militanza sul luogo di lavoro e territoriale.

Penso che proprio dai circoli bisogna partire per verificare le possibilità e i limiti del nostro partito, dai circoli nella loro varietà estrema, nei loro rapporti con ambiti territoriali o di lavoro, con altre istanze, con altre forze sociali e politiche; dalle invenzioni dei circoli - ci sono e non sono poche - che possono darci spunti di grande interesse per sperimentare nuove forme organizzative o rinnovare quelle esistenti. Quei circoli dai quali debbono essere selezionati e formati nuovi gruppi dirigenti, per recuperare i ritardi, per costruire un partito di massa attrezzato per i difficili anni che ci aspettano. Con un’analisi marxista della realtà, a partire dalla nostra.

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