Partito di massa
Partito di massa - Febbraio 2001

Un voto utile socialmente e politicamente

Franco Giordano

Il voto a Rifondazione Comunista sarà l’unico in grado di rompere lo schema passivizzante e omologante della vicenda politica italiana. Sarà utile socialmente e politicamente. Un vero e proprio investimento sul futuro. Utile socialmente perché parla di interessi immediati che rischiano la cancellazione nella rappresentanza istituzionale. Utile politicamente perché tiene aperta la strada dell’alternativa e propone una rifondazione della politica e degli assetti della sinistra moderata. Ha l’ambizione di mutare i rapporti sociali e i rapporti politici, rompe una concezione statica e autoreferenziale degli stessi e ridà soggettività al conflitto. 

La nostra è una proposta di autonomia dal centro sinistra e definisce un’alternativa più efficace alla battaglia contro le destre. Per troppo tempo, infatti, le politiche di governo hanno incubato, con un corredo di liberismo, il minaccioso ritorno di culture e proposte aggressive, antisolidali, xenofobe e apertamente liberiste di cui sono portatori Berlusconi, Bossi e Fini. 

L’autonomia e la divaricazione strategica è stata sancita in passaggi cruciali: la guerra costituente nei Balcani, le privatizzazioni, il diffondersi di precarietà e discrezionalità nei rapporti di lavoro e persino in una caduta di tenuta sul terreno democratico su temi come quello della sicurezza, dei rapporti con gli immigrati, delle condizioni della popolazione carceraria. Senza una nostra affermazione, bisognerebbe farlo diventare senso comune, non ci sarebbe spazio neanche per una flebile politica redistributiva. E il dibattito della sinistra moderata finirebbe per essere di tipo esclusivamente aziendale, di mero tentativo di sostituzione al vecchio sistema di potere.
Per questo continuiamo per alcuni (i più indisponibili a cambiare rotta) ad essere un ingombro, un peso. 
È mancata nel paese una forza socialdemocratica. Una forza diversa dalla nostra. In Italia gli aumenti di produttività sono stati tutti appannaggio del sistema delle imprese e messi al servizio della valorizzazione dei profitti nella competizione globale. 

La concertazione, di cui le imprese vogliono disfarsi perché hanno ottenuto ciò che si poteva ottenere, ha infatti ridotto i salari, i rendimenti pensionistici e le tutele sociali, i diritti e le garanzie, accentuando il carattere di governo unilaterale dalla forza lavoro.
E l’assenza di spazio pubblico in economia ha avuto effetti sociali devastanti in settori come la scuola, la Telecom, le ferrovie, le poste, l’Enel. Non ha prodotto occupazione al Sud dove le dinamiche di mercato hanno alimentato una mera sostituzione e non aggiunta di forza lavoro. Sostituendo spesso lavoro buono con lavoro precario. 

Ma è attorno a questi settori, e a questi snodi che può svilupparsi una iniziativa efficace nostra e un consenso possibile in aree che hanno maturato e consolidato un giudizio negativo verso queste politiche di governo.
Dipenderà dunque molto dalla pratica sociale, dalle relazioni, dalla ricostruzione puntigliosa di soggettività la capacità di contrastare la devastazione culturale e sociale prevalente. E dipenderà anche e molto da come riusciremo a rendere vive le scelte culturali e di innovazione teorica prodotte a Livorno. 

Per ridare senso, ed emozioni ad una battaglia politica e ideale che agita l’animo di tanti nostri militanti e di una parte non irrilevante della società italiana.

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