Partito di Massa
Ottobre 2000 - n° 43

Quali iniziative per il tesseramento delle donne

Vogliamo aprire un grande confronto sulle questioni economiche con la società delle donne, con le giovani, con le lavoratrici stabili e con le precarie, interinali, part time; con le disoccupate in cerca di lavoro, con le casalinghe. Con quante si arrabattano tra lavoro in casa e lavoro fuori casa. Con quante devono tirar su qualche figlio e quante vorrebbero mettere al mondo un figlio ma non possono, perché le cose, così come sono messe, non lo consentono.
La voce, l'iniziativa sociale e politica delle donne, la loro responsabilità pubblica sono stati e continuano a essere, in tutte le parti del mondo, fattori fondamentali di civiltà e di civilizzazione delle relazioni sociali.
Oggi ce n'è proprio necessità.
Un bilancio delle politiche economiche sostenute in questi anni dai governi di centro-sinistra, una riflessione intorno alle proposte che il centro-destra agita in questa fase di già aperta campagna elettorale per le elezioni politiche del 2001: tutto questo si rende quanto mai urgente. Se le donne se ne occuperanno in prima persona, le cose andranno sicuramente molto meglio.
C'è un forte tratto in comune - tra quelle politiche - che riguarda proprio le donne. Entrambi gli schieramenti sostengono infatti la centralità della famiglia, intesa più o meno nello stesso modo: non come luogo degli affetti, delle relazioni, dell'arricchimento esistenziale delle persone; come luogo invece di erogazione di servizi in sostituzione dello stato sociale e di mascheramento dei disagi sociali provocati dalle strategie neo-liberiste. Infatti sia il centro-sinistra sia, con più virulenza ideologica, il centro-destra vogliono trasformare lo stato sociale in un mercato dei servizi e in un affare privato delle persone, con la famiglia al centro. Il centro-sinistra ha fatto scelte molto nette in questa direzione. Chi ha soldi i servizi se li comprerà, come qualsiasi altra merce. Chi non li ha mendicherà l'assistenza pubblica. Lo Stato dovrà limitarsi a intervenire con un ruolo minimo e sussidiario, dal basso (Comuni e Regioni), senza più obblighi centrali, in aiuto di chi proprio non ce la fa. La famiglia è aiutata - con sussidi, bonus, esenzioni fiscali - a far fronte ai propri bisogni economici.
È rotto così il patto di cittadinanza stabilito dalla Costituzione del '48, che proprio nel ruolo sociale dello Stato, nei diritti sociali della cittadinanza, uguali per tutti ed da tutti esigibili, aveva il suo perno di civiltà e di avanzamento per tutti e tutte. Ed è rotto la possibilità di una nuova più ricca e articolata idea di cittadinanza, che tenga conto dei diritti delle donne e degli uomini dell'immigrazione.
Le donne hanno molto da perdere - e già molto hanno perso - a causa dell'imperversante familismo che si afferma sul piano pratico e deborda su quello ideologico.
Un familismo che nasconde la realtà della famiglia, dove i compiti dell'assicurare il bene collettivo ricadono in modo iniquo e in misura strabocchevole sulle spalle delle donne, senza che ciò venga neanche nominato, come se si trattasse di una loro "funzione" naturale.
Un familismo che perpetua a danno delle donne un'ingiustizia secolare, che proprio nella famiglia è radicata e che, introiettata fin da quando si nasce, concorre a far accettare a donne e uomini l'ineguaglianza dei diritti e dei doveri nell'intera società.
Un familismo che rende più difficile per le donne l'accesso al lavoro; che le rende "soggetto debole" e più ricattabile sul mercato del lavoro poiché le obbliga - per dover fra fronte ai compiti familiari - ad accettare più degli uomini flessibilità, part time, precarietà del lavoro; e che mette sotto tiro per tutti questi motivi la loro autonomia economica.
Rifondazione comunista è nettamente contraria alla distruzione dello stato sociale e alle politiche familistiche.
Si batte per il pieno e incondizionato diritto al lavoro delle donne a partire dal corpo che hanno, e quindi dal loro diritto a scegliere liberamente la maternità; per un nuovo welfare state, fondato sull'obbligo giuridico di una responsabilità integralmente pubblica e statale nella garanzia dei diritti sociali per tutte e tutti, nativi e migranti; per una forte ridistribuzione in senso sociale delle risorse già a partire dalla finanziaria del 2001.
Rifondazione comunista, facendo propria la richiesta della Conferenza delle donne organizzata dall'ONU a Pechino nel '95, propone che il lavoro di riproduzione sociale in ambito familiare - cioè il lavoro domestico delle donne - venga attentamente contabilizzato e entri a far parte del Prodotto interno lordo, come indicatore essenziale del modo come si produce e si accumula la ricchezza sociale nel nostro Paese - e in tutti i Paesi del mondo - e dell'obbligo che ne deriva di nuovi criteri per la sua ridistribuzione e il suo uso.
A partire da queste nostre idee e proposte invitiamo tutte le donne al confronto, alla discussione, alla ricerca in comune di una strada che metta insieme le forze, per un vivere sociale più solidale, giusto e felice, per un futuro che abbia senso e offra sicurezza e voglia di vivere insieme alle nuove generazioni.

Elettra Deiana

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