Boicottiamo i referendum antisociali e antidemocratici

Pubblichiamo la seconda parte dell'articolo sulle tematiche poste dai referendum trattando quelli a carattere antidemocratico

Referendum sull’abrogazione della quota proporzionale.

Significa cancellare definitivamente un pezzo rilevantissimo della democrazia nel nostro Paese!
Abolizione di numerosi articoli del DPR 30 marzo ’57 n° 361 così come modificato in particolare dalla legge 4 agosto ’93 n° 277 e dal D.L. gvo 20 dicembre ’93 n° 534.

La legge elettorale della Camera attuale seguita al referendum antiproporzionale di qualche anno fa, ha una quota proporzionale del 25%. Con la sua abrogazione si avrebbe l’eliminazione sostanzialmente del pluralismo politico e in particolare delle forze che per la loro diversità non si omologano alla concorrenza tra i poli.
Per di più il risultato del referendum farebbe si che il 25% verrebbe distribuito tra i secondi arrivati, rendendo del tutto arbitrario il risultato finale e persino contraddittorio rispetto alla logica dei confronti uninominali in quanto ripescherebbe anche gli sconfitti.

In questi anni abbiamo misurato tutti i danni del maggioritario. Altro che stabilità: si è impoverita la democrazia, si è alimentata l’astensione, si sono omologate le forze politiche, è dilagato il trasformismo, si è moltiplicata la frammentazione con il proliferare di aggregazioni senza identità.
Il potere di interdizione dei piccoli gruppi risulta moltiplicato proprio dalla logica maggioritaria che li rende indispensabili per vincere e ne accresce la capacità di condizionamento, tanto più quanto c’è una sostanziale omologazione nei programmi.
Il rilancio della logica maggioritaria ha solo il senso dunque di impoverire ulteriormente la democrazia cercando di porre fuori gioco le forze alternative come il PRC.
Escludere le forze alternative è indispensabile per perseguire le controriforme sociali degli altri referendum.
Noi da tempo abbiamo proposto una alternativa reale che è quella del modello tedesco, proporzionale con sbarramento.

 

Referendum sull’abolizione della nuova legge sul finanziamento pubblico.

Ovvero come lasciar fare la politica solo ai ricchi.
Si tratta dell’abrogazione della legge 3 giugno ’99 n° 157. Questa legge consente un rimborso elettorale alle forze politiche che si presentano alle elezioni, rimborso rapportato al numero dei voti percepiti.
L’attacco demagogico e qualunquistico al finanziamento della politica copre in realtà la volontà di rendere la politica stessa appannaggio esclusivo di chi può permettersela: lobbies, portatori di poteri forti, partiti-azienda.
È l’americanizzazione della politica che esclude le masse, gli antagonisti, i soggetti più deboli. Dalle stesse elezioni vengono sempre più esclusi ad esempio, i lavoratori.
In tal modo non si esce da tangentopoli, che fu sostanzialmente la realizzazione di un blocco di potere tra interessi economici e determinati partiti, ma si sancisce la prevalenza degli interessi economici stessi sui partiti e la politica.

Tutti i referendum sulla giustizia si mostrano come uno strumento non adatto rispetto all’esigenza di riforme legislative.

 

Referendum sugli incarichi extragiudiziali

Riguarda cose che hanno caratteristiche diverse. Noi siamo stati sempre contrari agli incarichi ai magistrati per gli arbitrati perché fonte di notevole lucro e di pericolosi collegamenti con settori amministrativi ed economici. Diverso è però privare il ministero di Grazia e Giustizia, la Corte Costituzionale della collaborazione dei magistrati.

 

Referendum sulla distinzione delle funzioni dei magistrati

Il referendum non tende, come è stato erroneamente affermato, alla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti (tant’è che la Corte Costituzionale ha " bacchettato" nella sentenza di ammissibilità del quesito la Corte di Cassazione per aver imposto al referendum un titolo eccedente la sua portata oggettiva). Piuttosto, mira ad impedire il passaggio da una funzione all’altra in alcune circostanze; in particolare, in occasione dei trasferimenti dei magistrati su loro richiesta e, nel caso di ricollocamento in ruolo di magistrati precedentemente distaccati presso il Ministero della Giustizia.

Il referendum non riguarda le altre, numerose, norme che regolano i criteri di assegnazione di funzioni ed in alcuni casi il passaggio dei magistrati da una funzione all’altra, che sono sparse in diverse leggi. Paradossalmente, però, in caso di successo del quesito si determinerà un effetto boomerang per i promotori; vale a dire, che l’eventuale caducazione delle norme oggetto del referendum faciliterà il passaggio indiscriminato e senza controllo dei magistrati da una funzione all’altra, nei casi previsti dalle altre disposizioni non toccate dal referendum e, probabilmente – a causa del "buco" legislativo derivante – anche nei casi di passaggio di funzioni all’interno della stessa sede giudiziaria (una delle norme di cui si richiede l’abrogazione è quella che prevede, in caso di passaggio dall’una all’altra funzione, il controllo della sussistenza delle attitudini alla nuova funzione da parte del C.S.M.). Completamente irrisolto sarebbe, dunque, il problema dell’eccessiva "promiscuità" dei magistrati quanto al disinvolto passaggio da una funzione all’altra; anzi, la questione sarebbe destinata a peggiorare. Il risultato, irrazionale rispetto al fine, che ne scaturirebbe, lascia ritenere che sia più opportuna una soluzione legislativa, peraltro il Prc ha già presentato una proposta di legge sulla distinzione tra magistratura requirente e giudicante nel 1996.

 

Referendum sul sistema elettorale della componente togata del CSM

Le elezioni della componente togata del C.S.M. si svolgono in un collegio nazionale ed in quattro collegi territoriali. Nel collegio nazionale si esprime un voto per uno solo dei candidati; nei collegi territoriali si vota su liste contrapposte ed il voto è quello di lista con una eventuale preferenza; i seggi vengono ripartiti con metodo proporzionale. Il referendum punta ad abolire la possibilità di esprimere il voto di lista nei quattro collegi territoriali, la ripartizione proporzionale dei seggi e le modalità di sostituzione in caso di cessazione della carica prima della scadenza del consiglio. In caso di vittoria del referendum, si voterebbe per i singoli candidati, senza liste, con preferenza unica, ed i seggi verrebbero attribuiti in base ai voti riportati da ogni singolo candidato. Si tratta di un sistema elettorale uninominale in cui diventa preminente la scelta della persona da eleggere. Le sedi giudiziarie maggiori (Milano, Roma, Napoli) potrebbero essere favorite nell’eleggere propri esponenti a discapito di altre sedi giudiziarie minori. D’altro canto il C.S.M. quale organo costituzionale non ha la funzione di garantire equilibri politici, di talché un sistema elettorale basato sulla scelta delle persone potrebbe essere giustificato.

Roberto Musacchio

 

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