Trieste: case del popolo e inchiesta. La sperimentazione è in corso

Case dei popoli, camere dei lavori e dei non lavoro, strutture intermedie fra partito e società, mutualismo, comitati di scopo, socialità, comunità, inchiesta, associazionismo, vertenze territoriali: questioni che stanno attraversando ormai da alcuni anni la nostra discussione sulla crisi della politica e sulle nuove forme della partecipazione. Capita poi che ci si guardi dentro, come è accaduto recentemente a Chianciano, e ci si accorga che la pratica politica del partito non sia esattamente questa: nonostante il quarto congresso abbia definito questi temi come assi strategici per l’innovazione del lavoro politico di tutto il partito, la rappresentazione reale che emerge dalla maggior parte delle realtà territoriali descrive, con alcune eccezioni, una pratica tradizionale incentrata prevalentemente sulla contrapposizione politica dentro il quadro istituzionale e sullo sforzo di comunicare le posizioni del partito all’esterno.

Questo è emerso un anno fa anche durante il congresso della federazione di Trieste, dove è stata misurata la distanza fra l’enunciazione di una linea politica innovativa e la pratica quotidiana del partito: pur gestendo tre case del popolo (allo stato attuale la più grande di esse, collocata alle spalle della zona industriale nella periferia di uno dei quartieri più popolari della città, è divenuta politicamente inagibile per vertenza sulla proprietà con i Comunisti italiani, ancora lontana da una conclusione), è emersa l’inadeguatezza del loro uso politico, la difficoltà ad essere dei punti di riferimento per lavoratori e lavoratrici in produzione, per comitati di quartiere, luoghi di socialità per i giovani, spazi fruiti dagli immigrati, quelle camere del lavoro e del non lavoro e quelle case dei popoli che abbiamo individuato come strumenti per rilanciare la partecipazione dei soggetti sociali alla politica. Lo sforzo generoso di molti compagni e compagne nella gestione delle case del popolo costituisce un contributo fondamentale al mantenimento di una presenza visibile sul territorio del partito ed al suo autofinanziamento – con risultati in alcuni casi straordinari – ma non riesce a tradursi in un miglioramento qualitativo e quantitativo dell’azione politica sul territorio. Questo risulta anche dalla comparazione con i circoli che dispongono di una casa del popolo: non ci sono infatti differenze significative dal punto di vista della capacità di iniziativa esterna, nel rapporto con i comitati di scopo esistenti e nella capacità di crearne di nuovi, nella presenza di lavoratori e lavoratrici in produzione, nella capacità di attrazione delle donne e dei giovani, insomma, in nessuno di quelli che sono stati individuati come gli assi strategici della nostra pratica politica.

Da questo ragionamento è nata l’esigenza di ripensare l’uso delle case del popolo, cercando di svilupparne le potenzialità politiche. Iniziando dalla comprensione della natura dei limiti che fino ad ora ne hanno caratterizzato l’utilizzo, in modo da individuare le azione necessarie al loro superamento; ma cercando anche, contemporaneamente, di rilanciare un processo di radicamento del partito sul territorio.

Lo strumento di lavoro che abbiamo scelto è quello dell’inchiesta, provando ad utilizzarlo su due piani differenti: quello interno, per verificare collettivamente il funzionamento delle case del popolo ed i risultati della loro presenza sia in termini di radicamento sociale e di rapporto col territorio che dal punto di vista dei risultati di gestione; e sul piano dell’iniziativa esterna, proponendo ai circoli l’inchiesta come strumento di azione politica sul territorio. Facendo attenzione a non caratterizzarla come una indagine sociologica con maggiori o minori pretese di scientificità, ma impostandola innanzi tutto come strumento di contatto fra il circolo e i diversi soggetti sociali a partire dal confronto su un determinato problema.

Per quanto riguarda le case del popolo la prima fase del lavoro è stata la creazione di un gruppo di lavoro con lo scopo di costruire un questionario che facesse da traccia per l’inchiesta. Il questionario, che si compone di sei schede distinte che analizzano l’attività politica svolta dal circolo, il tipo di frequentatori ed i rapporti con l’esterno, il modo di lavorare, l’organizzazione degli spazi, le modalità di gestione e gli aspetti economici, viene utilizzato in queste settimane come griglia di discussione in una serie di riunioni con i compagni e le compagne che gestiscono l’attività delle case del popolo e i direttivi dei circoli. Ultimata questa fase il programma di lavoro prevede l’elaborazione dei dati raccolti nelle singole realtà e la stesura di un resoconto da sottoporre alla discussione di tutto il partito e degli organismi dirigenti, avviando il percorso per una Conferenza sulle case del popolo nella quale definire gli obiettivi di lavoro specifici e gli strumenti organizzativi.

La proposta ai circoli ed alle commissioni tematiche di utilizzare il lavoro di inchiesta è stata lanciata in una serie di attivi svolti in collaborazione con il Dipartimento Organizzazione ed il Gruppo Inchiesta. I pochi compagni e compagne che avevano già esperienza in materia hanno costruito un’inchiesta pilotata sugli affitti subito dopo l’aziendalizzazione dell’Istituto Autonomo Case Popolari da parte della Regione: in un questionario-volantino distribuito nei caseggiati degli IACP si fornivano gli strumenti tecnici per calcolare i nuovi canoni di locazione dopo la privatizzazione confrontandoli con quelli precedenti. Sul retro del questionario si invitavano gli abitanti ad assemblee pubbliche sul tema, convocate nelle case del popolo o in altre sale di quartiere. Fino ad ora la sperimentazione ha riguardato alcuni circoli ed ha dato già primi risultati importanti: se in alcuni casi, infatti, essi sono stati inferiori alle attese, in altri l’iniziativa ha prodotto una buona diffusione del materiale, alcune assemblee pubbliche particolarmente riuscite con una presenza significativa di non iscritti. Un indirizzario di inquilini disponibili ad organizzare la mobilitazione contro la Regione costruito nel corso delle assemblee, insomma, gli embrioni di Comitati di scopo potenzialmente in grado di coordinarsi in movimento cittadino e di aprire una vertenza nei confronti della Regione e della nuova azienda regionale.

In altri casi il lavoro di inchiesta è stato utilizzato dalle commissioni tematiche: è il caso della commissione lavoro e ambiente, che ha prodotto da un lato un questionario sul salario nel pubblico impiego; dall’altro un’inchiesta sulle condizioni ambientali e la sicurezza nella Ferriera di Servola.

La seconda fase richiede ora l’estensione della sperimentazione a tutti i circoli a partire dall’individuazione di tematiche territoriali specifiche, cercando di costruire una pluralità di esperienze diverse e di verificarne quindi l’efficacia sul terreno del radicamento del partito e della sua capacità di sviluppo dell’iniziativa esterna.

La sperimentazione è in corso ed è presto per un bilancio: sicuramente affronta temi e modalità di intervento che chiedono un confronto sul terreno della cultura politica più che su questioni di carattere strettamente organizzativo. Potrà dare dei risultati se riuscirà a crescere e a svilupparsi dal basso e se diverrà anche pratica politica di tutto il gruppo dirigente, a partire da un lavoro diretto nelle case del popolo e da un rapporto constante con i circoli territoriali.

Giulio Lauri
Responsabile organizzazione
Federazione di Trieste

 

partito di massa - home page