ANCORA SULLE ELEZIONI
Milziade Caprili
Del risultato elettorale negativo si è già
discusso molto nel Partito. Una discussione, peraltro, ancora aperta e
tutta tesa a ricercare i motivi di questa sconfitta. Motivi, appunto e
non un solo elemento che rimosso potrebbe liberare la strada verso un recupero
e addirittura un incremento di elettorato. La cosa non funziona così
ed infatti la ricerca critica cerca di vedere tutte le sfaccettature di
questo risultato: condivisione tra gli elettori delle scelte che siamo
andati compiendo, riconoscibilità della nostra proposta, visibilità
delle nostre iniziative, efficacia della nostra linea, scissione/scissioni
e credibilità, fine di un ciclo della storia della politica italiana
e particolarmente del ruolo dei partiti.
Questi ed altri motivi ci hanno resi straordinariamente
permeabili tra laltro allastensionismo. Anche se presa con il beneficio
dinventario la quota del 56% di nostri elettori/elettrici del 1996 che
non sarebbero andati a votare, impressiona. La diffusa critica ai partiti
non ci diversifica e premia invece le novità, strutture elettorali
che non si presentano sotto specie di partiti (Bonino, i Democratici, e
per altri versi Forza Italia). Dovremmo capire anche meglio come la guerra
ha influito sul risultato elettorale. Noi, per esempio, abbiamo sviluppato
sulla guerra una fortissima quasi totalizzante per i nostri non numerosissimi
militanti iniziativa partecipando (eccome!) alle due grandi manifestazione
nazionali, articolando (cosa per noi non sempre semplice) sul territorio
molto lavoro contro la guerra favorendo la più larga partecipazione.
Come, per altri versi, dovremmo capire quanto può avere influito
lidea, ampiamente introiettata, del sistema bipolare. O come abbia influito
sul nostro risultato la valutazione, che in alcuni settori dellelettorato
di sinistra viene fatta, per cui se non stai nel cartello elettorale dei
Ds non sei utile a battere le destre. Capire, dunque. Ma capire con chi?,
intanto. Non credo che funzioni la tendenza, anche qui, a risolvere tutti
i problemi con una discussione prevalentemente interna. Cè unanalisi
del voto da fare comune per comune, paese per paese, su dove si è
maggiormente caricata la nostra perdita. E' vero che perdiamo di più
nelle grandi città e generalmente nelle periferie? Potremmo utilizzare
le Feste di Liberazione per dirne una per organizzare dibattiti con
allordine del giorno le ragioni di quanti non ci hanno votato più
o non sono andati a votare. Capire, ma per che cosa? Guardate: è
certo che la percezione dei mutamenti spesso ci trova in affanno e che
sono in numero maggiore le cose che ci sfuggono di quelle che riusciamo
ad intercettare. Degli errori e dei limiti ho parlato sopra. Pur tuttavia
alcune cose le avevamo sufficientemente chiare: i processi di americanizzazione
della politica e delle competizioni elettorali, la marginalizzazione del
conflitto sociale, la tendenza adattativa, la passivizzazione, una drammatica
frattura tra e nelle generazioni, nelle classi, nei gruppi sociali allinterno
delle stesse città, il cono dombra che viene proiettato su tutte
le forze che non accettano lalternanza. Come chiare ci erano alcune negatività
del nostro lavoro. Su tutte una e cioè lattitudine ad un lavoro
prevalentemente per linee interne. Marco Revelli con spregiudicatezza polemica
ha detto di noi a Liberazione: Questo partito soffre, terribilmente, quasi
patologicamente, di autoreferenzialità chiunque non sia malato
di politica, credimi, tende a fuggirsene via. Esagerato, forse ma indicativo
di una tendenza presente. Una tendenza che non si inverte solo a dirlo.
Le nostre aperture, il divenire sempre più luogo di attrazione,
dipendono dalle scelte politiche, prima di tutto, e dal grado del rapporto
con la società, con le realtà sociali, con i pezzi di società
a cui ti vuoi riferire. Dobbiamo pensare ad una sorta di tela di
ragno come abbiamo detto a Chianciano nella quale il circolo sta dentro
un sistema di relazioni perché - senza esagerare o si muove in
quel contesto oppure non ce la fa. Ancora lì siamo. |