I PIFFERI DI MONTAGNA
Milziade Caprili
Non cè alcun dubbio: il risultato del referendum
ha contribuito a riaprire una situazione politica ed un dibattito istituzionale
che apparivano malamente bloccati. Alcuni pensavano che una partecipazione
larghissima al voto referendario e di conseguenza una valanga di si
avrebbero tra laltro (o principalmente?) relegato il Partito della Rifondazione
Comunista in una sorta di riserva. Faceva un certo effetto il 18 aprile,
durante la lunga e surreale trasmissione sul primo canale (quella con i
risultati Abacus, per intenderci) vedere Walter Veltroni rivolgersi a
Bertinotti garantendogli, con qualche sussiego, il diritto di tribuna.
No, noi non vogliamo quel diritto ma invece quello democratico di poter
avere una rappresentanza parlamentare pari, in proporzione ai voti che
otteniamo. Se e quando le donne e gli uomini di questo Paese decideranno
di non votarci più, allora e solo allora chiuderemo i battenti.
Ci pare francamente segno di una democrazia non solo malata ma addirittura
in coma quello di voler imporre per via elettorale, per via di sistema
elettorale, la scomparsa o quanto meno il drastico ridimensionamento delle
forze antagoniste non riducibili ad uno dei due schieramenti quello di
centro sinistra e quello di destra daltra parte sempre più simili
tra loro. Non ci si vuole rendere conto che già i sistemi elettorali
operanti nel nostro Paese contribuiscono a disincentivare la partecipazione
al voto, a frammentare oltre misura la rappresentanza parlamentare. Anche
il fenomeno cresciuto in questi anni che va sotto il nome di assenteismo
elettorale ci dovrebbe confortare nel portare avanti una forte iniziativa
che tenda a cambiare in senso proporzionalistico gli attuali sistemi elettorali.
Cè spazio per mettere in campo, senza timidezze, una grande battaglia
per la riforma della politica, per creare luoghi, percorsi di vera partecipazione
e per ripristinare un sistema sostanzialmente proporzionale.
Il voto del 13 giugno per lEuropa, per alcune provincie
e per centinaia e centinaia di comuni, può rappresentare anche una
irripetibile occasione per segnalare questa volontà, per indicare
con forza una strada in contro tendenza. Quel voto può dire che
cè un altro modo per pensare alla società e alla politica:
che tutto può anche non coincidere fatalmente con il mercato e che
la politica può parlare un linguaggio alto, può mettere al
centro della propria agenda il tema della pace nei rapporti tra popoli
e allinterno degli stessi Stati e quello del lavoro come nuovo paradigma
della modernità di una società. Ce lo meritiamo il voto,
il consenso elettorale che chiediamo? Anche per chi conosca limiti e difetti
nostri, la risposta non può che essere affermativa. Siamo stati
nella maggioranza, nello schieramento che abbiamo contribuito a far vincere
con dignità e con responsabilità (per usare unespressione
cara a tanti nostri critici). Abbiamo per tempo avvertito che in assenza
di una svolta nelle politiche del governo Prodi, avrebbe prevalso come
in effetti è successo una deriva di destra. Queste valutazioni
non ci hanno impedito di partecipare con programmi concordati al governo
di regioni, provincie e città grandi e piccole. Come gli attuali
forti contrasti con i Ds e i Popolari, per esempio, non ci hanno impedito
di proporre, su programmi concordati, alleanze che altri hanno invece il
più delle volte rifiutato. Intendiamoci: ci sarà sicuramente
chi potrà giudicare non completamente positivo questo o quel passaggio,
queste o quelle scelte da noi compiute. Discutiamone. Ma andiamo al cuore
del problema: il 13 giugno molti di lor signori andranno a vedere il
risultato del Partito della Rifondazione Comunista e se, come ci auguriamo
e come speriamo e come ci pare che potrebbe essere, questo risultato dimostrerà
di uno scatto in avanti, allora sapranno anche per via di pratica, matematica
dimostrazione che la vita è più complessa, ha più
risorse di un sistema elettorale e che qualche volta può capitare
come ai pifferi di montagna di andare per suonare ed invece essere suonati. |