PARTITO DI MASSA
numero 29 - maggio 1999

EUROPA - L'ALTERNATIVA DA COSTRUIRE

Fausto Bertinotti
Eleggeremo il parlamento europeo dopo una guerra. Una guerra che ha visto in prima fila, impegnati nelle azioni militari, i governi socialisti e socialdemocratici del vecchio continente, una guerra nella quale l’Europa tutta l’Europa ha mostrato la propria inesistenza come soggetto politico autonomo, la propria incapacità di intervenire nella complessa e tragica vicenda dei Balcani con una sua proposta politica. 
L’Europa che noi vogliamo è invece una Europa di pace, un continente che sappia far vivere al suo interno popoli, razze, etnie diverse, che metta al primo posto il dialogo, la tolleranza, la convivenza. Dobbiamo dirlo forte questo, dobbiamo dirlo forte perché  siamo stati fra i pochi in queste durissime settimane di bombardamenti e di aggressioni a sostenere che la via del negoziato era la sola possibile, che la Nato non doveva intervenire, che l’Onu era il solo organismo sovranazionale in grado di  collocarsi fra i contendenti e di risolvere un conflitto altrimenti insanabile. Siamo stati fra i pochi a criticare quei governi socialisti che hanno abbracciato la guerra come unico strumento di risoluzione dei conflitti.
 La pace quindi è al primo posto nel nostro programma per le elezioni europee. E’ il primo punto indispensabile, da raggiungere per chi non vuole adeguarsi a quel modello americano che mette la guerra fra gli strumenti “normali” di risoluzione delle controversie internazionali.
Per noi dire no alla guerra, dire no a quel modello americano che la sinistra moderata europea  pare voler acriticamente accogliere significa riproporre un modello sociale europeo autonomo e diverso. Le grandi questioni sociali che affliggono il vecchio continente sono tutt’altro che risolte. La guerra le ha semmai aggravate. Il vento della recessione economica è ormai minaccioso, la sperata crescita non c’è, il prodotto interno lordo e la produzione industriale subiscono ogni mese pesanti contrazioni. L’Europa della guerra è purtroppo anche l’Europa della disoccupazione a cui nessun governo a saputo fornire una via d’uscita. Il lavoro è ormai un’emergenza. Le teorie e le pratiche del libero mercato, dell’assoluta priorità dell’impresa, hanno già dimostrato tutta la loro impraticabilità. Gli europei devono scegliere: o il libero mercato o un governo europeo dell’economia che intervenga e cominci a risolvere i grandi problemi della disoccupazione, della povertà, dello stato sociale.
O un sistema politico autoritario, indispensabile per soffocare la protesta sociale, reggere le spinte dell’emarginazione, o un insieme di Stati che non rinunciano alle loro tradizioni e al loro futuro democratico. O un rilancio della spesa pubblica indirizzata alla ricerca alla scuola, alla creazione di nuovi posti di lavoro, al mantenimento dello stato sociale oppure l’autoritario potere delle banche centrali. O un modello di solidarietà o un modello di selvaggia competizione. 
Non è retorico e di maniera dire che il 13 giugno siamo di fronte ad un bivio, un bivio che l’orribile guerra dei Balcani i bombardamenti Nato hanno messo ancora di più in evidenza.
L’Europa della pace è anche l’Europa dell’occupazione e di una nuova crescita, della democrazia e di un nuovo protagonismo dei lavoratori. Per ottenere questi obiettivi, per mettere un prima pietra nella costruzione di un’Europa sociale occorre innanzitutto battere la sfiducia che in questi ultimi anni è cresciuta e che la guerra ha probabilmente radicato bloccando la crescita dell’astensionismo e chiedendo a tutti un voto per una Europa dei cittadini europei.
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