PARTITO DI MASSA

Partito della Rifondazione Comunista - Direzione 


Dipartimento Organizzazione - Bollettino interno - NUMERO 26 - febbraio 1999 


Democrazia autoritaria? NO, grazie. (Graziella Mascia)

Costruire l'innovazione (Milziade Caprili)

Il primo dente dei giovani (Peppe De Cristofaro)

A ciascuno il suo circolo (Franco Specchio)

Inchiesta e tesseramento (Luca Elena)

Patto sociale o pacco dono? (Sergio Casanova)

Lavori utili per il nostro giornale (Mauro Cimaschi)



Democrazia autoritaria? NO grazie.

di Graziella Mascia

Non è più il caso di riprendere gli argomenti che ci fanno esprimere seri dubbi sulla legittimità costituzionale del referendum. La Corte ha deciso e oggi il referendum va svolto.
Tuttavia va ribadito il carattere demagogico e truffaldino dello stesso.
Infatti non abolisce la quota proporzionale ma definisce una diversa attribuzione dei 155 seggi, assegnandoli a candidati che non hanno vinto nel loro collegio elettorale (i migliori perdenti delle singole circoscrizioni). Questa attribuzione di seggi in modo casuale accentua il rischio, già presente nel maggioritario, di dar luogo ad una maggioranza parlamentare diversa da quella elettorale. 
Inoltre, non è vero che (come sostengono i referendari):
1) il maggioritario garantisce stabilit�: la 1a legislatura con quel sistema è stata tra le più brevi (2 anni) e il governo che ne è scaturito � durato solo 7 mesi. Nel corso della XII legislatura il governo aveva la presenza di ministri ed era appoggiato da parlamentari eletti  nella coalizione contrapposta allo schieramento vincente.
2) Si darebbe luogo ad una semplificazione sistema: le coalizioni sarebbero il frutto di mere alleanze elettorali, accentuando la frammentazione. Infatti l’esperienza di questi anni conferma la nascita artificiosa di liste o aggregazioni costruite appositamente per giocare un ruolo determinante nelle coalizioni. 
Viceversa, se guardiamo i risultati elettorali, con un sistema proporzionale solo 7 partiti avrebbero superato la soglia di rappresentanza in Parlamento.
Tutto ciò determina che il maggioritario costringe ad alleanze elettorali artificiose senza che vi sia alla base un programma comune condiviso, mentre cancella la rappresentanza nelle istituzioni di quelle istanze sociali e politiche che rifiutano questa logica del sistema della alternanza.
Va sottolineato inoltre che la Costituzione recita nell’art. 49: “i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Questa norma verrebbe evidentemente svuotata di ogni significato.
Risultati del Referendum
Il Comitato per il NO costituito a livello nazionale presenta una vasta articolazione di forze politiche (PRC,PPI, Lega, PdCI, Verdi, SDI, UDR, Partito Sardo D’Azione, ecc.) che possono consentire di svolgere una seria campagna di informazione per le ragioni del NO.
Ogni forza politica svolgerà iniziative proprie a partire dalle argomentazioni condivise unitariamente. Ogni realtà locale si comporterà secondo le proprie specificità.
Rifondazione Comunista farà la sua parte fino i fondo, convinta  che un’eventuale vittoria del si rappresenterebbe un ulteriore e grave colpo alla democrazia nel nostro paese. Non a caso i referendari condurranno una vera e propria campagna contro i partiti. . La vittoria del si determinerebbe un ulteriore restringimento degli spazi democratici della rappresentanza, consolidando e aggravando un processo di democrazia autoritaria in atto nel nostro paese, i cui presupposti fondamentali sono il regime dell’alternanza, il ruolo degli esecutivi, la cancellazione del conflitto, l’assegnazione a “enti tecnici” internazionali di decisioni di grande rilevanza politica per il nostro paese. Parliamo naturalmente del fatto che da Maastricht in poi sempre più sono il FMI, la BCE, BCI a determinare le politiche sociali e la richiesta di tagli in tal senso. Così come la logica del patto sociale firmato in Italia presuppone, oltre ai processi di flessibilità e di finanziamenti alle imprese la cancellazione del conflitto, il restringimento del diritto di sciopero, un’accentuazione del ruolo degli esecutivi perché la politica non si basa più sul consenso reale, il restringimento degli spazi di rappresentanza sindacale. L’allarme democratico che non da oggi il nostro partito ha lanciato trova oggi una pericolosa conferma. La crisi della politica, evidenziata dall’astensionismo nel voto, subirebbe un ulteriore colpo, aggravando il processo di estraneità di milioni di cittadini, anche per l’impossibilità di essere rappresentati nelle istituzioni. Non è un caso che il più grande sponsor del fronte referendario sia Confindustria e che Segni-Di Pietro sostengano che il Parlamento può essere benissimo eletto da una stretta minoranza di popolazione, come avviene in America.
Oggi si aggiunge una ragione di allarme ancor più grave: la proposta del governo D’Alema ripercorre le stesse logiche referendarie del maggioritario per riprodurre s� stesso. Unico risultato certo sarebbe la cancellazione del PRC dal Parlamento.
La democrazia autoritaria è davvero alle porte.Link

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Costruire l'innovazione

di Milziade Caprili

Le difficoltà epocali che coinvolgono
le organizzazioni di massa ci impongono
di rendere concreto il lavoro di innovazione
del partito per produrre una risposta adeguata
alla crisi della partecipazione politica.

I dati del tesseramento del ’98 e i primi del ’99 ci dicono che le basi per la costruzione di un partito di massa esistono. Le difficoltà epocali che coinvolgono le organizzazioni di massa ci impongono un lavoro concreto capace di far diventare reale la pratica di un innovazione capace di rispondere alle difficoltà della politica.
Mentre stiamo per andare a congresso dobbiamo registrare il dato positivo, visto che siamo all’inizio dell’anno, dell’andamento del tesseramento. E’ chiaro che l’appuntamento congressuale è stato un volano che ha favorito l’avvio della campagna di tesseramento a partire da questi primi mesi del ’99. I dati non sono comunque omogenei e il congresso dovrà essere l’occasione per dare un ulteriore accelerata alla campagna di adesioni e, magari, per rendere uniforme il dato. Il dato del ’99 è cruciale, servirà a verificare la comprensione, da parte dei nostri compagni e delle persone a noi vicine, della scelta di collocare il partito all’opposizione. Servirà ad aiutarci nell’avvio di una seconda tappa della costruzione del nostro partito. Già, una seconda tappa, visto che una certezza possiamo averla: le fondamenta, l’esistenza del Prc, un suo radicamento, per quanto difficoltoso, non sono in discussione. Ma non pensiamo che il distacco dalla politica, la crisi dei partiti, squadernatasi con tanta forza davanti a noi con la vicenda dei Ds emiliani e con la nascita di quel partito di notabili e sindaci, possibile prodromo di un indistinto partito democratico, siano qualcosa che non ci riguarda. Il nostro compito � quello di ridare senso alla partecipazione, di batterci per ricostruire un tessuto democratico, luoghi di scambio di idee di incontro tra lavoratori e persino, laddove, come nelle grandi città, manchino luoghi di incontro, luoghi di socialità. E’ un ragionamento che, facendo forse un salto in avanti eccessivo dal punto dell’elaborazione, abbiamo fatto alla conferenza di Chianciano. Si tratta insomma di cominciare a praticare quel terreno dell’innovazione che abbiamo spesso evocato. Ma, appunto, è necessario cominciare a praticare, e non limitarsi ad evocare. E per fare questo occorre organizzare momenti di riflessione, poi, cominciare a lavorare a ciò che si è pensato.
Ecco allora che si rende necessario un lavoro di rilancio dell’intuizione di Chianciano, di verifica, per noi, della sua praticabilità, attraverso la sperimentazione. Ma come si avvia questo lavoro?
Penso che dovremmo il prima possibile, laddove ci si potr� giovare di un lavoro già fatto, già a partire dalla fase che porterà dai congressi di federazione a quello nazionale, riunire i comitati federali mettendo all’ordine del giorno un ragionamento sulla capacità di insediamento e radicamento del partito. Naturalmente un ragionamento, per essere tale, necessita di un lavoro preliminare, altrimenti daremmo luogo a appuntamenti rituali di cui non abbiamo certo bisogno. A partire da questi comitati federali si può cominciare a ragionare sull’innovazione pratica: in quel comune abbiamo le energie per aprire o rilanciare una Casa del popolo, il circolo di quel quartiere può avviare con le associazioni ambientaliste un lavoro per gli spazi verdi, in quella zona industriale molti operai ci sono vicini e si può pensare di costruire dei circoli aziendali, in quella zona esistono comitati che si battono contro il degrado del loro quartiere e occorre lavorare per fare da tramite tra questi e le istituzioni, c’è bisogno di nostri spazi per far riunire associazioni o gruppi di studenti della scuola locale che trovano terreni di convergenza con noi, quel territorio è caratterizzato da un problema specifico molto sentito e i diversi circoli della zona avviano un lavoro comune per contribuire a trovare soluzioni. 
Tutto questo e altro ancora, non enunciando ma ragionando sulle possibilit� reali, i contatti reali, il tessuto sociale concreto col quale ciascun circolo e ciascuna federazione si confrontano. Avviare un lavoro nei comitati federali, quindi, per poi, magari, avviare un ciclo di conferenze di organizzazione regionale per implementare questi piani di insediamento e radicamento. Con questi passaggi, operando concretamente, potremo poi pensare di arrivare a lavorare a un secondo appuntamento del tipo di quello di Chianciano dove verificare un lavoro fatto oltre che ragionare su quello da fare.

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Il primo dente dei giovani

A un anno dalla prima conferenza
dell’organizzazione giovanile,
alcune riflessioni su una capacit�
di insediamento che vede punti
di forza diversi da quelli del partito.

La lettura dei dati del tesseramento finale ai Giovani Comunisti del 1998 ci impone una serie di riflessioni, utili anche a comprendere come e dove, nel 1999, bisogner� investire e lavorare sull'organizzazione giovanile e quali strumenti possono essere utilizzati in una nuova campagna di adesione che dobbiamo considerare, un momento di iniziativa politica non disgiunta dall'attivit� e dall'intervento quotidiano.
Il tesseramento Gc segnala, anche in un anno di indubbie difficolt� per il partito, il raggiungimento dell'obiettivo del 100%. Le adesioni registrate rappresentano poco pi� del 10% delle tessere del partito tutto. Si tratta di un dato positivo, specialmente se raffrontato con le difficolt� enormi della quasi totalit� degli altri partiti italiani di dotarsi di una capillare e organizzata presenza giovanile (si ricorder�, in proposito, un recente intervento del segretario dei Ds Veltroni sul tesseramento dei giovani nel proprio partito, pari a meno del 3% degli iscritti, pure in forte calo), rafforzato da un altro importante elemento di indagine: quello che ha visto nei Giovani Comunisti una scissione praticamente inesistente, nei fatti limitata a poche e circoscritte realt� (Torino, qualche circolo di Roma, di Reggio Calabria) a fronte di una emblematica richiesta di iscrizione dopo la rottura autunnale con il centrosinistra. 
Ma, al di là di questi segnali incoraggianti, altre considerazioni si rendono necessarie al fine di una analisi pi� approfondita, che evidenzia invece come sia ancora lunga (e a tratti inesplorata) la strada da percorrere per una costruzione capillare dell'organizzazione giovanile. La differenza, profonda, tra il tesseramento del centro nord e quello del centro sud. Come negli scorsi anni, inversamente a quanto accade nel partito, che concentra la maggioranza delle proprie tessere, con una immaginaria linea di confine, dall'Umbria in su, ci troviamo di fronte ad una situazione che vede soltanto nelle regioni del centro sud (con l'eccezione del Trentino) una presenza di Giovani Comunisti pari a pi� del 10% degli iscritti complessivi al Prc, con punte particolarmente interessanti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna ( tra il 15 e il 25 %). Questo dato, se evidenzia nel mezzogiorno la composizione di un partito "giovane", con i pregi e le difficoltà che ne sono collegati, mette invece in luce un reale problema di insediamento giovanile nel centro nord, dove il tesseramento dei Gc in nessun caso raggiunge la stessa quota del 10% di quello generale, fino ai casi negativi dell'Emilia e della Toscana, ferma al 5% (circa 800 iscritti giovani sui sedicimila complessivi, sia pure con la significativa controtendenza della federazione di Pisa). E le ragioni di questa anomalia non sempre corrispondono all'iniziativa politica e al lavoro concreto sul territorio, che pure, naturalmente, hanno un peso - evidenziando una maggiore facilit� di intervento in regioni con alta disoccupazione e, quindi, con un tasso di maggiore scolarità - ma hanno a che fare con una disattenzione del partito, non sempre capace di capire a fondo le potenzialità di un intervento organizzato tra le giovani generazioni (e che si traduce in un'iscrizione diretta al partito, quasi mai politicamente motivata). Di questa disattenzione non emergono motivazioni valide. Se politiche necessitano di un chiarimento, se organizzative semplicemente di un maggiore lavoro. In ogni caso, a un anno dalla Conferenza Nazionale fondativa dei Gc, non possono restare insolute. La presenza di un notevole turn over, che non solo non si sottrae alla "norma" del partito, ma che anzi trova tra i più giovani una punta significativa, investendo soprattutto i nuovi iscritti che fanno la tessera per un anno senza poi rinnovarla. Questo dato segnala una forte richiesta che non sempre trova una adeguata risposta, e necessita una indagine profonda: a partire dai nostri circoli, che ancora non sono quei luoghi aperti ai territori, alle sperimentazioni e alle innovazioni anche culturali necessarie, fino alle modalit� e alla pratica politica della nostra iniziativa. E rappresenta, senza dubbio, una delle sfide pi� impegnative degli anni che verranno.
Una prima, poco approfondita lettura della composizione sociale degli iscritti, segnala ancora una netta prevalenza di studenti, medi e universitari. In questo senso, nonostante qualche timido ma significativo elemento di controtendenza (alcune federazioni del Veneto, della Liguria), permane una difficolt� di intervento tra i giovani lavoratori e i disoccupati, che ci impongono un ragionamento pi� avanzato a partire dalle periferie urbane e da un necessario e impegnato lavoro di inchiesta sui nuovi lavori.
Queste iniziali considerazioni segnalano come, pur in un giudizio globalmente positivo sullo sviluppo dell'organizzazione, ancora diverse questioni restano da affrontare. Anche su questo terreno si misurer� la capacit� dei Gc di offrire un contributo significativo alla rifondazione comunista.

Peppe De Cristofaro
Coordinatore nazionale Giovani Comunisti

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A ciascuno il suo circolo

Alcune idee sulle possibilit� di innovazione dell'organizzazione

Il lavoro che il partito napoletano ha tentato di fare a partire dall’ultimo congresso � stato quello di tentare di stare dentro i processi di trasformazione e le tendenze al conflitto che si sono presentati nella citt� e nella sua provincia, costruendo la nostra presenza nei territori e nei luoghi di produzione. Si � trattato di un lavoro che ha avuto il limite di essere di sperimentazione, limite che, credo, sia caratterizzante di molta parte del lavoro in tutto il Paese. Occorrer� insomma procedere su quella strada che separa politica e organizzazione, identificando la seconda con la parte burocratica del lavoro da fare. Per fare questo lavoro, occorre superare la modellistica statica e riuscire a costruire un partito di massa capace di stare dentro ai conflitti del terzo millennio, superando i frequenti eccessi di beghe interne ai circoli. Occorre mettere mano, concretamente, all’organizzazione dei comunisti, sapendo che nessuna ipotesi politica si fa strada per le sole ragioni interne. Sono dunque inutili le trasformazioni nominalistiche che le sinistre hanno messo in atto nell’ultimo decennio su questo terreno: Sezioni che diventano Circoli o, peggio, Unit� territoriali, ma che non cambiano nella sostanza. Allo stesso tempo occorre non procedere con sperimentazioni a casaccio: l’osservazione  e l’esperienza diretta, periodi e luoghi della sperimentazione che ci consentano di definire modelli organizzativi adatti al contesto sociale e politico. Ecco che l’inchiesta sui territori, nelle fabbriche e negli uffici, nelle reti di lavoro materiale e virtuale, nelle scuole e nelle universit�, nei luoghi del non lavoro e dell’esclusione, non possono essere intesi come un settore di lavoro “alti”, ma attivit� di tutti gli iscritti.
Ma le innovazioni non vanno solo enunciate, vanno anche praticate: ecco allora che spesso abbiamo rigidit� che vanno forse messe in discussione.
A Napoli stiamo ragionando su una sorta di geometria variabile dei Circoli, a partire dalle loro discussioni, dalla loro capacit� di radicamento. Nelle grandi metropoli il rapporto tra iscritti ed elettori � circa la met� di quello nazionale, un iscritto ogni 40 elettori: una cosa ridicola. C’� quindi un problema specifico relativo al Circolo della realt� metropolitana, c’� un dimensionamento per il quale bisognerebbe lavorare: non meno di cento iscritti per un bacino di 50 mila abitanti, una sede riconoscibile, possibilmente collocata in luoghi “centrali” per l’area in cui lavora, un bilancio consolidato e gruppi dirigenti autorevoli. Le realt� dei comuni al di sotto dei 15 mila abitanti hanno invece il problema di affrontare il rischio della formazione di nuove forme di notabilato di paese, specie nel Mezzogiorno: il Circolo come sede della lista e della compagine amministrativa. Occorre lavorare a funzioni intercomunali che, pur assicurando la visibilit� locale, diano ai compagni un orizzonte politico-culturale che travalichi la piccola gestione. Si pensi solo al riassetto idrogeologico o a zone a forte specializzazione produttiva: esempi in cui � necessario un lavoro di coordinamento intercomunale costante.
Poi occorrer� pensare alla costruzione di moderne case dei popoli, degli immigrati, degli studenti lavoratori, centri della conoscenza e dell’analisi delle nuove forme della comunicazione e dei relativi linguaggi (a Napoli siamo riusciti a mettere in piedi una critica di massa contro l’installazione delle antenne delle reti cellulari). Moderne casematte del proletariato urbano che dovranno assomigliare a fitte reti di sostegno sociale, raccogliere delegati della Rsu, genitori, insegnanti e alunni che si devono riunire, comitati, inquilini delle case popolari, comunit� di immigrati, ospitare cultura, dare fiato e visibilit� ai tanti che rifiutano una modernizzazione senza prospettiva.
E’ probabilmente nelle citt� medie che dobbiamo intrecciare la presenza organizzata del Partito con la sua capacit� di pervasione sociale. Trovare forme di coordinamento dei circoli, avviare la sperimentazione sul campo e superare alcune forme ripetitive per costruire un tessuto territoriale e di lavoro che si misuri con le difficili risposte che la modernit� che viviamo ci impone.

Franco Specchio
Responsabile Organizzazione della Federazione di Napoli

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Inchiesta e tesseramento

Ovvero come il lavoro di inchiesta si possa coniugare con quello del "fare le tessere" producendo risultati positivi. L'esperienza di Napoli

Per quasi due anni, a Napoli si � tentato un diverso approccio politico al tesseramento: da una pratica “burocratico-contabile” si � passati ad un tentativo di lettura politico sociale. Indagare il partito, cercare di comprenderne la composizione, le caratteristiche, i mutamenti � un lavoro essenziale di costruzione e strumento analitico indispensabile.
La pratica dell’analisi e della lettura del tesseramento, lungi dall’essere vezzo sociologico � strumento di conoscenza essenziale, base di partenza per la costruzione del partito di massa. Conoscere la composizione sociale, il livello dio scolarit�, l’et� media, il numero e le caratteristiche di uomini, donne e giovani ci permette da una parte di mettere in rete esperienze troppe volte isolate nei livelli territoriali, facendole interagire con l’intero partito, dall’altra misura il livello di corrispondenza del partito con la societ� ed � cartina di tornasole, verifica del lavoro che svolgiamo, delle campagne e delle battaglie che mettiamo in campo. Naturalmente l’inchiesta sociale � uno strumento che arricchisce il nostro bagaglio tanta pi� i compagni diventano vettori di un indagine della realt� nei luoghi dove vivono, lavorano, organizzano il conflitto. Ma indagare il partito non � pratica fine a se stessa, attraverso questa si riflette e assieme si coinvolgono i compagni e le compagne a partire dalle proprie specifiche competenze nel lavoro di costruzione del partito e del suo punto di vista sulla realt�. A questo proposito, indispensabile � il ruolo dei circoli: l’aver calendarizzato riunioni periodiche con i responsabili del tesseramento ha permesso una crescita del progetto di inchiesta, un impegno, un’attenzione che prima non c’erano. Resta ancora molto lavoro, ma qualche frutto gi� lo abbiamo.
La consapevolezza dell’importanza di recuperare i compagni che non rinnovano la tessera � ormai diffusa nei circoli, che si dotano di strumenti specifici (feste, elenchi dettagliati). L’attenzione verso i compagni appena iscritti, elemento importante per ridurre il fenomeno del turn over, comincia a concretizzarsi attraverso strumenti quali la giornata del nuovo iscritto. L'acquisizione del metodo d'analisi dei dati sul tesseramento ha consentito di coinvolgere i compagni in battaglie fondamentali: come prova abbiamo la nascita di nuovi circoli di lavoro, in particolar modo nella Sanit� (Cardarelli, Santobono, Ascalesi).
L’esempio migliore di come questo lavoro dia frutti � rappresentato dal Circolo delle comunicazioni, che raddoppia i tesserati e mantiene un rapporto costante con i lavoratori del settore iscritti in altri circoli, coinvolgendo questi e i cittadini nella battaglia per il miglioramento dei servizi.
Dai dati raccolti nella citt� di Napoli emergono riflessioni interessanti: i reclutati sono 479, pari al 31% degli iscritti, in aumento rispetto all’anno precedente, i giovani sono il 20% degli iscritti, le donne il 22%.
Il livello di scolarit� resta basso: solo il 50% degli iscritti supera la licanza media e diminuiscono i laureati (il 13% ha la licenza elementare, il 35 la media, il 37 la superiore e il 9 � laureato).
La condizione lavorativa: a fronte di un calo degli studenti emerge un aumento del numero degli occupati, indice di una difficolt� a impattare il mondo della disoccupazione in un contesto sociale frammentato (gli occupati sono il 53%, gli inoccupati il 22, i pensionati il 12 e gli studenti il 14). Nello specifico, nonostante le battaglie sulla scuola, gli insegnanti, 62, rappresentano solo il 4% del totale, mentre gli operai passano dal 12 al 16% del totale. Questo dato non � indice di una crescita degli occupati nel settore industriale ma di una capacit� attrattiva delle nostre battaglie. Ultimi dati sono relativi ad altre categorie: i lavoratori autonomi rappresentano il 14%, in leggero aumento, cos� come gli impiegati, che, nel ’98, sono il 19%, le casalinghe invece passano dal 7 al 6%.
Molto lavoro resta da fare, ma, mettendo nella nostra cassetta degli attrezzi il lavoro di tesseramento accanto all’inchiesta sociale, rendendo questo lavoro uno strumento politico, vitale, questo pu� e deve essere uno degli elementi fondanti della costruzione del partito di massa, oggi, in una situazione di attacco ai diritti sociali e democratici, necessario pi� che mai ai lavoratori e ai tanti esclusi che questa societ� produce.

Luca Elena
Responsabile tesseramento della Federazione di Napoli

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Patto sociale o pacco dono

Breve guida ai contenuti dell'accordo

Il 22 dicembre 1998 � stato firmato dal governo e dalle parti sociali un accordo pomposamente definito “Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione”. Sar� bene chiarire i contenuti di questo “pacco di natale” in maniera da avere argomenti e la capacit� di spiegarne i contenuti. Molte delle leggi che questo governo, come quelli precedenti, hanno varato, pur non avendo un carattere visibilmente controriformatore, introducono cambiamenti strutturali importanti. L’esempio principe di questo modo di introdurre cambiamenti sottobanco, senza che si veda troppo, sono i famosi decreti Bassanini.
Vediamo quindi il contenuto del “Patto sociale”
Finanziamento alle imprese 
a) Riduzione delle imposte sui profitti delle imprese pari a 6000 miliardi in 2 anni (pi� di quanto concesso da Tremonti ai tempi di Berlusconi), pari al 13,3% del gettito Irpeg. 
b) Riduzione graduale, entro il 2003 dei contributi versati dalle imprese nella misura del 3%, pari, a regime, a 9800 miliardi. Gli sgravi per quest’anno sono dello 0,82%, pari a 1100 miliardi, sgravi per il Mezzogiorno pari a un milione 400 mila lire per dipendente (fino a 60 dipendenti) e la totale esenzione dai versamenti contributivi per i nuovi assunti per tre anni.
Riduzione dell’Irpef. 
L’aliquota del 27%, che attualmente colpisce i redditi tra i 15 e i 30 milioni, sar� ridotta di un punto percentuale. Si parla di una revisione delle detrazioni e ci si pone l’obbiettivo di portare l’aliquota al 25%, ma non esiste alcuna assicurazione formale – il costo stimato, 4000 miliardi, pari all’1,9% del gettito Irpef, non lascia margini di manovra. Alle imprese, quindi, si restituisce il 13,3% di quanto versano, mentre alle famiglie solo l’1,9. Occorre inoltre ricordare che, con la revisione dell’Irpef introdotta da Visco nel ’98, un lavoratore con 35 milioni di reddito e senza familiari a carico ha subito un aumento di imposta pari a 218.00 lire. La riduzione dell’1% gli restituir� solo 150.000. In sostanza pagher� 68.000 in pi� dell’anno precedente.
Sistema contrattuale e salari
Resta sostanzialmente confermato l’accordo del luglio ’93, che continuer� a produrre i suoi effetti negativi sui salari reali. Vengono introdotti due nuovi elementi rivolti ad accentuare il secondo livello di contrattazione. 
a) L’inflazione programmata dovr� fare riferimento al tasso d’inflazione europeo, allontanandosi ancora da quella reale. b) Si introduce un punto percentuale decontribuzione per le imprese, pari a 250 miliardi, sugli aumenti retributivi previsti dal secondo livello di contrattazione.
Finanziamento del patto sociale.
La copertura della riduzione dell’Irpef � tutta affidata ai risultati della lotta all’evasione ed � quindi virtuale. Gli sgravi contributivi alle imprese saranno finanziati coi proventi della Carbon tax e pagati quindi da tutti. A questo proposito si sostiene invece che gli sgravi si autoalimentano grazie all’aumento degli investimenti. Vediamo: il costo del Patto sar� di 15,050 miliardi, il gettito della Carbon tax sar� di 11.500, di cui 2200 gi� impegnati per altre spese. 
Restano 9300 miliardi, ne mancano, cio�, 750. Il rischio � che, tra questo buco e l’aleatoriet� dei proclami sugli sgravi si vada ad un ulteriore taglio delle spese sociali.
Piano per la formazione.
Si tratta di un tema preoccupante, al crocevia tra scuola, formazione e lavoro: l’elevazione dell’obbligo a 18 anni viene associata all’idea che quest’obbligo possa essere svolto nella scuola, nella formazione o nell’apprendistato: Confindustria mette cos� un piede in pi� nel sistema formativo italiano – l’altro � quello dei finanziamenti alla scuola privata.
Riesce difficile trovare il “sociale” di questo Patto. L’indirizzo di politica economica resta il solito: affidare il meccanismo di sviluppo alle imprese, aumentando gli aiuti a queste rivolti. Tra l’81 e il ’98 sono stati regalati miliardi in misura quasi doppia rispetto alla media europea e, contemporaneamente, si sono praticate politiche di contenimento dei salari e di aumento della flessibilit�. Risulatato: un milione in pi� di disoccupati. La formula pi� profitti= pi� investimenti= pi� crescita = pi� occupazione, nonostante continui a essere usata, ha dimostrato la sua inefficacia. Se ci si propone di produrre politiche economiche che creino nuova occupazione occorre partire da una critica dei meccanismi di funzionamento del mercato e, al contempo, promuovere una riduzione dell’orario, rifiutare la moderazione salariale, che inoltre produce un calo dei consumi, riqualificare il ruolo dello Stato in economia e rilanciare lo Stato sociale come leva per il miglioramento della qualit� della vita e occupazionale. Su questa strada occorre muoversi anche a livello europeo per costruire un’Europa sociale capace di contrapporsi al dilagante modello americano.

Sergio Casanova

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Lavori utili per il nostro giornale

Dando seguito agli spunti apparsi in un precedente articolo sulla diffusione militante, entriamo nel merito di alcune iniziative che la direzione del giornale, in accordo con la Segreteria nazionale e il Dipartimento informazione e stampa, hanno pensato di avviare in un incontro dedicato alla diffusione e al rilancio di Liberazione.
La prima iniziativa, che da seguito ai molti risultati positivi ottenuti in quei luoghi dove la diffusione militante ha cominciato a diventare una pratica comune, � quella di organizzare un appuntamento fisso, l’ultima domenica del mese, dedicato alla diffusione del giornale. Oltre ad essere un utile strumento di autofinanziamento, quello della diffusione � un modo di incontrare simpatizzanti e iscritti, mantenere un rapporto costante con le persone che abitano il nostro quartiere, o il nostro paese, comunicare idee, attraverso Liberazione, che altrimenti fanno fatica a passare sui grandi mezzi di informazione. Federazioni e circoli dovranno fin da adesso cominciare a impegnarsi per predisporre gli strumenti adatti a ottenere i risultati migliori e una certa costanza – che non fa mai male.
La seconda iniziativa pensata � il rilancio della campagna abbonamenti: presto saranno mandati a tutte le federazioni i blocchetti per fare gli abbonamenti, i dati sui risultati raggiunti localmente, l’elenco degli abbonati, gli obbiettivi. Inoltre si � pensato all’invio di copie omaggio nei mesi della campagna congressuale a strutture (circoli Arci, bar, associazioni) dove ci siano potenziali lettori – per questo si aspettano le segnalazioni dei circoli e delle federazioni.
C’� poi la richiesta che il partito fa a tutti gli eletti nelle sue liste di sottoscrivere un abbonamento o facciano abbonare l’istituzione in cui lavorano.
Durante i congressi di alcune federazioni, poi, verr� dedicata una piccola porzione del dibattito ad approfondire la questione del rapporto tra giornale e partito; a queste porzioni di dibattito parteciperanno i redattori del giornale, in maniera da approfondire il rapporto tra il partito e il suo strumento di comunicazione con l’esterno.
Ultima, cruciale, iniziativa, � quella relativa al monitoraggio della diffusione: capire dove il giornale non arriva o va esaurito in alcune occasioni – magari la domenica, giorno in cui � pi� ricco e vende di pi� – � un elemento indispensabile per rendere efficiente la diffusione, ridurre il numero di copie laddove necessario e, soprattutto far arrivare una quantit� di copie adeguata dove il giornale va esaurito o non arriva. Per fare questo lavoro occorre che giungano il maggior numero di segnalazioni in proposito.

Mauro Cimaschi
Dipartimento Comunicazione e Informazione

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informazioni: Umberto Ilari

dal 27-5-98 h 16.35
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