PARTITO DI MASSA

Partito della Rifondazione Comunista - Direzione 
Dipartimento Organizzazione - Bollettino interno - NUMERO 25 - gennaio 1999
 



Per un nuovo corso della politica

di Aurelio Crippa
Si è avviato, a partire dai circoli, il dibattito congressuale che coinvolgerà l’insieme del partito. Si dovrà scegliere la linea politica e operare un impegnativo approfondimento sui grandi mutamenti che stanno intervenendo in Italia, in Europa e nel mondo.
Le compagne e i compagni hanno la possibilità di partecipare alla definizione della politica del nostro partito – dopo la rottura con Prodi e l’apertura di una nuova stagione politica sancita dalla nascita del governo D’Alema – in una fase che vede Rifondazione comunista come unica forza di opposizione di sinistra.
Il congresso dovrà essere il primo momento di un impegno e di una iniziativa di più ampio respiro, capaci di rispondere alla forte esigenza di un lavoro tecnico e culturale, di una riflessione di fondo sul Partito e sulle forme di organizzazione della politica, della definizione di un programma.
Un’alternativa di società è l’obbiettivo che ci siamo dati e per il quale operiamo, un obbiettivo motivato e d’attualità.
Avanza il tentativo di instaurare un “regime bianco” attraverso il soffocamento delle voci in dissenso, l’offuscamento e l’isolamento dei suoi protagonisti, il restringimento della democrazia; con il venir meno della democrazia, la rimessa in discussione dei diritti e delle conquiste, l’accelerazione della privatizzazione dello stato sociale e, cosa simbolicamente più forte, con lo scandalo del finanziamento pubblico alla scuola privata. Un “politica” questa che fa crescere il disagio e la disaffezione sino a tramutarli in rassegnazione.
I comunisti, Rifondazione comunista, sentono che il paese non può continuare così: c’è bisogno di un rinnovamento. Il rinnovamento potrà essere tale se vi sarà una politica economica e sociale alternativa a quella presente, capace di porre fine al degrado crescente nella nostra società.
Alla politica e solo a questa ci atteniamo: ci battiamo per un nuiovo coreso della politica italiana.
Proprio per questo obiettivo ambizioso che ci siamo posti, discussione e azione politica debbono rappresentare, nel loro insieme, il nostro agire quotidiano. Al contempo dobbiamo avere la capacità di potenziare e allargare la nostra presenza organizzata sul territorio e nei luoghi di lavoro e di studio.
I primi dati del tesseramento 1999 confermano l’interesse nei confronti del nostro partito, la voglia di contribuire alla sua azione politica con un impegno più diretto, anche attraverso l’adesione.
E’ un motivo in più per essere protagonisti della politica del partito, che trova, nella realtà quotidiana, conferma della sua giustezza.

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Organizzarsi nella società

di Milziade Caprili
Rendere l'organizzazione del partito capace di interagire con l'Italia che cambia è uno dei compiti difficili che ci attendono

Quando questo bollettino sarà nei nostri circoli saremo in piena fase congressuale. Sarà quindi utile ragionare sui temi dell’organizzazione, della costruzione del partito e assieme verificare lo stato del tesseramento.
I risultati (quelli che abbiamo a disposizione, non completi, vista una certa difficoltà a raccoglierli) ci dicono che la campagna di tesseramento, condotta, come quest’anno è avvenuto più che in passato, assieme all’iniziativa politica, dà i suoi frutti. La percentuale degli iscritti ai primi giorni di gennaio è infatti già al 26%. Non è un caso che più alta è la percentuale di tessere fatte dove si è dovuto “fare politica”, si sono tenute aperte le sedi, si è parlato con i compagni, le iscrizioni sono arrivate. Cosa vuol dire questo? Che quello del tesseramento non deve essere momento separato, che quando si fa politica con costanza occuparsi delle tessere è un fatto parallelo all’attività, non qualcosa che paralizza tutto il resto (lo stesso deve valere per il congresso che stiamo facendo). Tesseramento non separato dalla pratica politica dunque. Il che ci dice che tutta la pratica dell’organizzazione non debba essere intesa come elemento autonomo, indipendente dalla mobilitazione. Proprio per questo, le forme dell’organizzazione debbono essere costantemente ripensate in rapporto ai grandi mutamenti sociali e ai problemi di costruzione di una linea, non è possibile separare la ricerca sul partito di massa da una riflessione sulla crisi della democrazia moderna e sulle strategie di risposta, sulla stessa crisi delle forme in cui si è venuta organizzando la vita politica.
Non c’è dubbio comunque che una nuova fase ed una maggiore consapevolezza ci impongono la sperimentazione di forme organizzative innovative. Partendo dalle differenze ed anzi facendo delle differenze (sociali, economiche, territoriali, di cultura, di insediamento) una ricchezza, si possono sperimentare circoli-doposcuola, circoli-di aggregazioni sociale, circoli-ambulatori, si può lavorare alla creazione di case dei lavori e case dei popoli così come le abbiamo pensate a Chianciano. Quello che proponiamo è l’inchiesta e la sperimentazione come modalità anche della innovazione organizzativa. Il metodo dell’inchiesta andrebbe utilizzato anche per garantirci una adeguata conoscenza dei problemi che sul territorio del circolo esistono e potrebbe fornire un insieme di motivi per rivendicazioni – su cui innestare movimenti reali – nei confronti anche dei vari poteri istituzionali.
Si tratta con tutta evidenza dei necessari sviluppi, di alcuni necessari sviluppi da innestare sul lavoro già sbozzato a Chianciano. A proposito di Chianciano ci si è posti – e da più parti – il problema di un’attenta ricerca circa i motivi che ne hanno impedito un generale concreto sviluppo. E’ sostanzialmente un problema di cultura politica, di condivisione piena non dirò di una linea politica ma almeno di un percorso, perché innovare nella struttura organizzativa risulta complicato, tende a rompere equilibri, dovrebbe rendere anacronistica l’idea di un “corpo solidale che sta a sé”, dovrebbe garantire una salutare reazione contro lo spirito di consuetudine. C’è questo ed altro, ovviamente. C’è il modo un po’ altalenante con cui noi stessi ne abbiamo seguito gli sviluppi. Ci aspetta dunque un lavoro complesso, che andrà fatto in diverse direzioni e da soggetti diversi. Il Congresso, il documento congressuale può essere la sede, la sede certo più autorevole, per precisare un percorso organizzativo condiviso e finalmente, pur scontando tutte le difficoltà del caso, gradualmente attuato.

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Per un congresso partecipato

Lavorare affinchè le assemblee dei circoli siano un luogo di dibattito aperto agli iscritti e anche ai simpatizzanti, far circolare le informazioni sul congresso a una platea ampia, sono obiettivi che ciascun circolo si dovrebbe porre.

Nelle prossime settimane i circa 3000 circoli (per un totale di circa 120 mila iscritti nel 1998) convocheranno le assemblee per decidere la linea politica nazionale del nostro partito. Congressi obbligatori, quindi.
Occorrerà che tutti  i circoli facciano un lavoro imponente di comunicazione per distribuire i documenti sui quali si discute e per convocare tutti i compagni alle assemblee congressuali con almeno cinque giorni di anticipo. Sarebbe opportuno che ciascun circolo organizzasse attivi per contribuire alla più larga diffusione dei documenti, anche in forma di diffusione esterna.
E’ questo uno dei modi per contribuire a una maggiore partecipazione dei nostri iscritti e delle nostre iscritte.
Il clima politico culturale che sta montando non favorisce certo la partecipazione democratica decisionale dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani. Basta guardare ai dati sull’astensionismo elettorale delle ultime tornate che hanno colpito anche la sinistra, anche noi. Per questo occorre lavorare a fare del congresso un’occasione di partecipazione.
Starà poi a ciascuno/a di noi valutare e decidere quale dovrà essere la linea più giusta per il nostro partito. Ma se non partecipa come può decidere? Compito del gruppo dirigente e di tutti gli attivisti è quindi favorire la partecipazione al fine di migliorare il dato del III congresso nazionale. Anche la partecipazione di non iscritti va favorita. Proponiamo soluzioni a grandi problemi che meritano di essere ascoltate e condivise anche da chi non è comunista e che sarà difficile che le possa leggere su altri giornali che non siano Liberazione. Ma potrà anche dire la sua, darci una mano, crescere insieme e, magari, iscriversi o mantenere un contatto più stretto con il nostro partito. Dobbiamo prevedere che in ciascuno dei congressi di crcolo ci sia un compagno che curi questo aspetto.
Gli orari delle convocazioni dei congressi dovranno essere curati in maniera tale da favorire la partecipazione dei lavoratori, dipendenti e autonomi, di chi deve curare la casa e degli anziani (né troppo presto, né troppo tardi, quindi). Una possibilità può essere quella di tenere le assemblee congressuali in più di un giorno, formando magari la presidenza e le commissioni, presentando i documenti e facendo una relazione delle attività svolte, il venerdì sera, per poi riconvocarsi al sabato mattina in modo da dare la parola a chi non potrà esserci nel pomeriggio e per arrivare a un ora accettabile per tutti al voto, alla nomina dei delegati e all’elezione dei gruppi dirigenti. Infine, la domenica, si potrebbe tenere un’assemblea pubblica su temi cruciali come la scuola, la sanità, l’occupazione, l’ambiente) o organizzare una diffusione straordinaria di Liberazione, per sensibilizzare, preparare il terreno a vertenze, lotte locali e partecipazione di cittadini e lavoratori nostri simpatizzanti.
Sarebbe importantissimo e bello che, alla fine, tanti nostri circoli ci comunicassero, anche con i verbali congressuali, che ha partecipato più del 50 per cento degli iscritti. Si tratta insomma di un’occasione per dare un nostro contributo a far guarire la democrazia malata,  e per costruire un’alternativa a questa società.

Enzo Jorfida

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Permette una domanda

Un questionario ai delegati dei congressi, per capire chi sono, che rapporto hanno con il partito e pensare a dare corpo alle idee di Chianciano

Il dipartimento organizzazione ha preparato un questionario che verrà sottoposto alla platea congressuale di ciascuna federazione durante il IV° congresso nazionale del Prc. Si tratta di uno strumento pensato per conoscere meglio i nostri delegati, chi sono, che lavoro fanno, che rapporto hanno con il partito, in che modo svolgono il loro lavoro militante se e come praticano altre forme di impegno.
Non si tratta di uno studio statistico e tantomeno di una ricerca sociologica. Il tentativo è quello di fare una parte dell’inchiesta nella quale il partito si è impegnato in tanti luoghi di lavoro e tra i giovani durante lo scorso anno, di indagare la nostra realtà per poi utilizzare i risultati, metterli al servizio del lavoro di costruzione di un moderno partito comunista di massa.
Il convegno tenuto a Chianciano nel giugno 1998, l’analisi sulla trasformazione sociale e sulla necessità di costruire una presenza territoriale adeguata, l’idea delle case dei lavori e quella di moderne case del popolo, può essere resa viva anche a partire dalla conoscenza di quali competenze e forme di attività il Partito della rifondazione comunista dispone. L’utilizzo, la messa al lavoro delle nostre intelligenze e dei nostri saperi, la costruzione di nostri luoghi nei quali lavorare con altri soggetti, sperimentare forme innovative che siano il nostro contributo alla ricostruzione del tessuto sociale.
Qual è la disposizione territoriale di tali competenze? Cambia a seconda dell’area geografica o si tratta di dati omogenei su tutto il territorio nazionale? Con quali forme organizzate locali i nostri iscritti hanno rapporti, fanno politica, fuori dalle sedi di partito? Dove e come costruire i circoli sui luoghi di lavoro? Queste e altre sono le domande che poniamo ai delegati che rappresenteranno i circoli ai congressi di federazione.
Il questionario è diviso in tre parti: la prima relativa alla condizione professionale, la seconda relativa alla militanza e al rapporto con il partito e la terza e ultima centrata sulle forme diverse di impegno dei nostri compagni. Il dipartimento curerà la distribuzione in un campione di federazioni (grandi e piccole, del nord, del centro e del sud, della città e della provincia) in maniera da avere un quadro accettabile e un ritorno di dati certo. Non si tratta di un numero eccessivo di domande ma, se tutti faranno lo sforzo – non eccessivo a dire il vero – di compilare il questionario e restituirlo avranno dato un piccolo contributo a una maggiore conoscenza e, quindi, a una maggiore capacità di lavorare meglio alla costruzione del partito di massa.

Martino Mazzonis

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Tesseramento e politica

La federazione di Campobasso raggiunge dei risultati positivi nel tesseramento legandolo alla iniziativa politica

La campagna del tesseramento 1999 della federazione di Campobasso è iniziata sullo slancio del rinnovato impegno dei compagni in risposta alla fase difficile che questo ha attraversato a ridosso e, poi, con la scissione; altro elemento di partecipazione è poi lo svolgimento della campagna congressuale.
La riuscita delle ultime iniziative prese dalla nostra federazione (il presidio ai cancelli Fiat di Termoli, le assemblee in difesa della scuola pubblica e dei servizi, la partecipazione e i contributi apportati allo sciopero regionale per il lavoro) ha dato ulteriore slancio alla campagna tesseramento (come voglia di fare c’è l’ha data la manifestazione del 17 ottobre). La gente ha raccolto i nostri volantini, si è avvicinata per parlare con i nostri militanti e, così, accompagnando l’iniziativa politica al tesseramento e viceversa, si è dimostrata l’utilità di allestire un banchetto per fare le tessere durante le uscite pubbliche. Si tratta insomma di ricordarsi del fatto che fare le tessere al partito non è un adempimento esclusivamente burocratico, ma momento di interlocuzione con  le persone a noi vicine.
L’attenzione rivolta al nostro partito ci ha permesso di rendere chiare le nostre ragioni e, spesso al mero consenso o alla solidarietà che ci veniva espressa, si è aggiunta la richiesta della tessera del Prc. L’impressione che abbiamo potuto ricavare in questo periodo è che il tesseramento ’99 abbia riavvicinato compagni che stavano vivendo la politica con maggior distacco e che hanno sentito il bisogno di tornare a partecipare e dare il loro contributo al partito. I risultati finora conseguiti (il 100 per cento delle tessere in 4 circoli ed il 38 per cento del totale già a dicembre 1998) ci aiuteranno a fare un buon congresso, aperto a tutte le istanze della base.

Antonio De Cristofaro, 
resp. organizzazione
Elio Spadaccini, 
segretario della federazione

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USATE LE BACHECHE

Qualche tempo fa, su questo bollettino, è comparso il racconto di come l’uso delle bacheche a Sesto San Giovanni continuasse ad essere uno strumento di grande utilità per comunicare le iniziative e le proposte del Prc a livello locale come a livello nazionale. Tra l’altro, visto il numero impressionante di multe che il partito è spesso costretto a pagare per le affissioni, e vista la concorrenza, nelle grandi città, degli attacchini a pagamento, ormai usati da tutti i partiti, quello delle bacheche è un modo tanto più utile di avere uno spazio fisso per il circolo, un punto di riferimento per il quartiere o per il paese, dove avere informazioni, denunciare, far leggere il nostro giornale anche a chi non lo compra.
Il costo delle bacheche è molto basso e le procedure sono piuttosto semplici. Basta presentare la domanda per occupazione di suolo pubblico all’ufficio preposto per poi, una volta ottenuta l’autorizzazione, pagare la tassa prevista (a Sesto, quando abbiamo pubblicato quella notizia, era di 36 mila lire l’anno). Per le bacheche davanti al circolo, poi, forse si può fare a meno dell’autorizzazione (e magari la si rimette dentro la notte). Naturalmente avere delle bacheche non basta, occorre comunque ricordarsi di attaccare il giornale tutti i giorni e produrre iniziativa in maniera da avere cose utili e importanti per la gente che le legge.

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Due miliardi per il cambiamento

Il PRC ha lanciato una campagna di sottoscrizione per dotare le strutture di base degli strumenti adeguati a condurre l'intervento territoriale

Lo avete già letto su Liberazione, o avrete visto i manifesti in “stile Enalotto” che la promuovono, il Prc ha lanciato una grande campagna di sottoscrizione a partire dal mese di gennaio. La campagna proseguirà durante tutta la fase congressuale.
L’obiettivo è ambizioso: raccogliere due miliardi da mettere a disposizione delle nostre attività. Non si tratta solo di una sfida alla nostra organizzazione, si tratta di una questione cruciale: quella di rafforzare di l’autofinanziamento. Riforme istituzionali, ribaltoni regionali e comunali, l’attacco all’idea stessa di partito come strumento della partecipazione democratica (guardate la demagogia contro il finanziamento pubblico o quella di Di Pietro), sono tutti campanelli d’allarme. Lavorare a darci strumenti finanziari che consentano anche a un partito senza miliardari alle spalle di sviluppare l’iniziativa è quindi, oltre alla difesa del finanziamento pubblico, una priorità collettiva.
La cosa importante da sottolineare di questa campagna è relativa alla distribuzione dei fondi raccolti: il sistema adottato sarà analogo a quello delle quote tessera (15 per cento al comitato regionale, 40% alle federazioni, 45 per cento ai circoli). Ecco dunque che è proprio l’attività del partito a essere favorita: le strutture che più si impegneranno nel raccogliere fondi, ne avranno di più a disposizione. C’è un’altra cosa importante da sottolineare, l’obbiettivo dei due miliardi, vuole essere un obbiettivo reale, non lanciato e poi lasciato correre; per questo si è deciso di stampare dei blocchetti numerati, di registrarne la consegna e di stabilire che le matrici debbano essere restituite alla Direzione alla fine della campagna. Sapere chi ha sottoscritto ci è necessario infatti per poter pubblicare i dati su Liberazione e per valutare la nostra capacità di mobilitazione.
Lavorare a questa sottoscrizione durante i congressi di circolo, ma anche durante le iniziative pubbliche, è quindi uno degli impegni che ci aspettano, uno tra i tanti modi di garantire al nostro partito di poter portare avanti le proprie battaglie avendo gli strumenti adeguati per farlo.

Mauro Cimaschi

VINCIAMO INSIEME 2 MILIARDI

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Torino riparte dai luoghi di lavoro

Con le pre-tessere e con un lavoro di presenza costante sul territorio, la federazione piemontese sta ovviando al colpo subito con la scissione

La difficile situazione interna al nostro partito nel corso dei mesi che hanno preceduto la scissione ha avuto serie ripercussioni sul tesseramento della federazione di Torino (900 iscritti in meno nel ’98 rispetto al ’97).
Dopo le vicende di ottobre, in cui la nostra federazione è stata duramente colpita nei suoi organismi dirigenti (8 su 9 membri della segreteria, 2/3 della Direzione, metà del Cpf hanno lasciato il Prc), la situazione politico organizzativa si presentava con tutte le difficoltà del caso. Il quadro era ed è fosco anche sul piano logistico: molte sedi e circoli e la stessa federazione sono state occupate e gestite dagli scissionisti.
In questo quadro non esaltante hanno prevalso in tutti noi le grandi risorse che i comunisti portano con sé da sempre e che sanno trasferire nella loro azione. Il lavoro è quindi immediatamente ripartito, si è ricominciato a tessere una serie di attività e contatti che hanno consentito di ricostruire il tessuto organizzativo del Prc. Già in occasione della grande assemblea svoltasi alla Camera del lavoro svoltasi a ridosso della scissione con la presenza di Paolo Ferrero e di 400 compagni e compagne che testimoniavano la risposta della base del partito alla scelta degli scissionisti.
Poi, subito dopo il corteo del 17 ottobre, abbiamo fatto il lavoro di pretesseramento per il 1999 che ci ha dato, nel giro di poche settimane, dei risultati incoraggianti, un numero di adesioni notevole anche in quelle zone e in quei circoli dove la presenza scissionista era molto forte.
Quei risultati ci hanno consentito di sviluppare la nostra presenza sul territorio con un gran numero di assemblee nei circoli e nei luoghi di lavoro per discutere le scelte assunte dal partito con gli iscritti, gli elettori e i simpatizzanti. Da tutto questo sono scaturiti un impegno, una mobilitazione e una presenza giovanile, soprattutto nella scuola, che lascia ben sperare per il prossimo futuro.
La federazione torinese ha iniziato con slancio il tesseramento per l’anno in corso, per arrivare a fine ’98 con quasi 2000 iscritti con la tessera del 1999. I reclutati sono già 200 e una parte importante di questi ha preso la tessera nei circoli nei luoghi di lavoro (il circolo Pt è al 175%, quello della Fiat Mirafiori al 100%), molti di nuovi iscritti sono giovani. Tante sono anche state le feste del tesseramento che hanno consentito un contatto diretto con gli iscritti e, di grande importanza, il riavvicinamento di compagne e compagni che tornavano nei circoli dopo una lunga assenza o addirittura dopo una fase di abbandono del partito.
Detto tutto questo non dobbiamo nasconderci le difficoltà derivanti da situazioni particolari in alcune aree, soprattutto di provincia, che hanno causato vuoti di presenza politica e che ci devono vedere impegnati in una pronta ricostruzione del partito. L’occasione del congresso sarà sicuramente un valido motivo in tal senso. Forti della acquisizione dei locali della nostra federazione, di una presenza costante di compagne e compagni volontari che, ora, si sentono pienamente nella casa dei comunisti e di un nuovo gruppo dirigente molto impegnato, possiamo aspirare a obbiettivi ambiziosi per quanto riguarda il tesseramento e nel reclutamento di forze nuove per lo sviluppo del nostro partito. Sia perciò il 1999 un anno di rilancio e di sviluppo dell’azione politica del partito, a Torino come dappertutto in Italia, del suo consenso sociale e ideale tali da consentire il consolidamento di un processo di massa sempre più necessario alla nostra società.

Delfo Rafaschieri
Resp. organizzazione 
federazione di Torino

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Informazione vendesi

Il mondo della carta stampata è alle soglie di una pericolosa trasformazione. Basta aprire dei giornali italiani per comprendere che la logica della comunicazione subisce il diktat della quantità da un lato e della pubblicità dall'altro. L'informazione, cioè, è  ridotta a semplice "merce" e l'importante è solo "vendere" il prodotto. Altra sarebbe la sorte dei giornali se il sistema dell'informazione mirasse ad una differenziazione qualitativa del prodotto: maggiore pluralità di organi di informazione tra cui il cittadino può scegliere, diversità rispetto alla televisione, con spazi di riflessione, di ragionamento e di interpretazione della realtà. 
Occorre riaffermare un'altra idea della comunicazione, che rimetta al centro in primo luogo i diritti democratici degni di una civiltà avanzata.
Per fare questo sarebbe necessario aprire una fase del tutto nuova, in discontinuità con le logiche e le tendenze degli ultimi anni e non affidarsi, come sembra fare il governo D'Alema, alla solita ricetta liberista di lasciar fare alle imprese. Le imprese da sole costruiscono tutt'al più un mercato, casomai oligopolistico, non certo una democrazia. Per questo la Costituzione pone il diritto a comunicare nella sua prima parte e sarebbe sufficiente ripartire da quell'articolo 21, che dovrebbe garantire il pluralismo come valore. Qui sta il punto. La dicotomia tra cittadino e mezzi di comunicazione non riguarda la distribuzione quantitativa dell'informazione ma la qualità e la molteplicità del prodotto. In altre parole di un effettivo pluralismo democratico basato sulla pluralità culturale e politica e non solo imprenditoriale, in particolare quando tutto ciò, come nel nostro Paese, si trasforma in una lotta tra due o tre soggetti forti.
Il governo ha fatto approvate, in questi giorni alla Camera dei Deputati, il disegno di legge sulla liberalizzazione dei punti vendita di quotidiani e periodici aprendo ad essi, le porte di supermercati, tabaccai, benzinai e librerie. Se passasse in via definitiva la proposta (già avanzata, quasi negli stessi termini, dal Polo e voluta dalla Federazione degli Editori), produrrebbe da un lato una grave crisi degli edicolanti ed al tempo stesso si realizzerebbe lo strano paradosso di allargare la rete distributiva, in presenza di una concentrazione delle proprietà dei mezzi di comunicazione. 
Gli spazi comunicativi di soggetti e forze politiche "fuori dal coro" si ridurrebbero ad un semplice "diritto di tribuna". Proprio quel diritto di tribuna a cui vorrebbero ridurre sul piano istituzionale le forze politiche non omogenee ai processi di modernizzazione capitalistica. Rifondazione Comunista ha espresso il proprio voto contrario perché ha ritenuto inaccettabile una proposta che porterebbe ad una ulteriore oggettiva concentrazione in poche mani dei mezzi di informazione e ad un loro intreccio con le strutture imprenditoriali della grande distribuzione. Il dibattito sulla liberalizzazione dei punti vendita sembra orientato solo sugli interessi dei bilanci di poche aziende editoriali (le più grandi) a danno di tutte le altre. Così non si rende più efficiente un sistema, si uccide una libertà fondamentale della democrazia.
Nessun piccolo giornale e tra questi il nostro Liberazione, avrebbe la possibilità di triplicare o quadruplicare la propria tiratura per garantirsi di essere presente in ogni punto vendita. In gioco c'è, quindi, la stessa libertà di stampa, il pluralismo ed i principi inalienabili della democrazia. Anche per questi motivi il lavoro politico intorno al sostegno economico, la diffusione e la  circolazione del nostro giornale, deve vivere una forte stagione di rilancio. Riforme elettorali, riforme istituzionali, scuola privata, processi di privatizzazione dei settori strategici ed annullamento delle capacità comunicative sono gli elementi di un unico processo che va ostacolato con una mobilitazione straordinaria di tutte le forze democratiche.

Sergio Bellucci

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