PARTITO DI MASSA

Partito della Rifondazione Comunista - Direzione 
Dipartimento Organizzazione - Bollettino interno - NUMERO 22 - novembre 1998
 



COMUNISTI

Aurelio Crippa
La più grande manifestazione della  storia del Partito della Rifondazione  Comunista.  Denigrato, presentato allo sbando e  puramente elettoralistico, il Partito  ha dimostrato di esistere, di essere  un Partito di massa, cosciente del  molto fatto e del moltissimo che deve  fare.  Con i Comunisti, in piazza,  elettorato, popolo di sinistra, parte  di quel Paese reale con il quale si  era prodotta una rottura per una  politica che disattendeva attese e  speranze sucitate.  Una condivisione, un sostegno, alla  svolta riformatrice, obiettivo che  resta d’attualità anche nei confronti  del governo D’Alema.  Che triste spettacolo la formazione  del nuovo governo: “mai con Gladio”  si era urlato subito dopo  l’accettazione supina di tutti e  tutto, un accordicchio per le  poltrone ministeriali e di  sottogoverno.  I Comunisti hanno dichiarato: faremo  opposizione costruttiva. Così sarà.  La nostra battaglia politica prosegue  ora nel territorio, nei luoghi di  lavoro e di studio, nei vari livelli  istituzionali, Comuni, Province,  Regioni. Vogliono oscurare la nostra  presenza, eliminare la nostra voce:  il ricatto posto e subito, con il voto  determinante di due “cossuttiani”, ha  determinato la non costituzione del  gruppo alla Camera.  Uno sfregio alla democrazia, un  connotato significativo del nuovo  soggetto politico (Comunisti italiani)  sul modo di intendere democrazia e  pluralismo.  Uniamo alla battaglia politica,  l’azione per il potenziamento ed  allargamento della nostra presenza  organizzata.  Nuove adesioni al Partito in questi  giorni: un riconoscimento per le  scelte politiche adottate, la  dimostrazione di un potenziale da cui  poter “trarre” nuove forze ed  energia per la nostra battaglia  politica.  Inizia la campagna di tesseramento  per il 1999: un impegno politico per  l’insieme del Partito, un’occasione  per un grande rapporto di massa.  Al lavoro, compagne e compagni:  ancora una volta all’altezza del  compito per fare più grande il  Partito della Rifondazione Comunista
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UN PASSO IN PIU'

Milziade Caprili
Dal gigantesco risanamento alla  questione sociale (nel frattempo,  se possibile, aggravatasi). I dati  sono troppo noti e troppe volte  squadernati, per doverli  riprendere. E’ stato un  liberaldemocratico come Scalfari  recentemente a scrivere “il vero  punto di crisi del sistema è dunque  questo: i profitti e  l’accumulazione del capitale non  determina più - come nel modello  classico - un ciclo espansivo; il  benessere ricade su una parte  soltanto della popolazione senza  espandersi; i dislivelli sociali  aumentano e si solidificano”.  Eppure è lì, è in questi dati  riassuntivi della condizione sociale  del Paese, sono i fatti che, come  si dice, hanno la testa dura, che  reclamavano e ancora reclamano  una svolta. Una svolta significa un  insieme di iniziative pratiche e  una cultura di governo in grado  di indicare un percorso e intanto  di incidere su alcuni dei problemi  che più acutamente si pongono. C’è  stata questa svolta? Noi diciamo  che non c’è stata. E aggiungiamo  che proprio per questo non  abbiamo potuto mantenere il nostro  apporto al governo Prodi. Può un  partito ragionare in un modo così  lineare? Certo che può. Anzi:  deve. E d’altra parte questo del  partito è stato un tema di  confronto anche nel recente  dibattito. Ho letto e ascoltato in  queste settimane le fantasie più  sfrenate in tema di partito, dei  processi di costruzione del partito  di massa. Ho sentito segnalare che  abbiamo pochi circoli rispetto al  numero dei Comuni di cui è ricco  il nostro Paese. E’ vero e stiamo  lavorando al radicamento del  partito non sfuggendoci le  difficoltà, persino quelle  materiali. Ma, vorrei molto  sommessamente notare,  l’organizzazione di un partito  dipende anche (si può dire?)  dalle politiche che fai, dalla  cultura politica di cui sei  portatore, dalla pratica politica  che sei in grado di far vivere.  Nel cielo del politicismo non si  costruisce un partito e tanto meno  un partito di massa. Considero un  contributo serio alla costruzione  del Partito comunista di massa sottolineare il rischio di  autonomizzazione della nostra  presenza nelle istituzioni e di  nuova separatezza della politica  - per usare una espressione di  Bertinotti al Convegno di  Chianciano - dalla lotta sociale,  dall’organizzazione del partito,  dall’organizzazione del  movimento. “Per questa via si  corre persino il rischio che la  centralità della questione sociale,  cioè della questione di classe, sia  la cifra di un partito comunista  quando è astro nascente e che poi  la condanna di un partito  comunista nella maturità sia il  ritorno alla divisione del lavoro  tradizionale della politica”.  Vedere questo rischio, il rischio  di un partito comandato da quelli  che stanno nelle istituzioni e di un  partito trascinato a essere una  macchina elettorale è, mi pare,  indicativo di un’attenzione  necessaria ai problemi che  abbiamo e che potremmo sempre più  avere e insieme l’indicazione  della barra, della rotta, (la  centralità del conflitto di classe,  la centralità della condizione  sociale) che si dovrà tenere per  la costruzione del partito  comunista di massa. Anche noi,  anche noi nel nostro piccolo, ci  siamo interrogati, abbiamo  cercato di lavorare attorno alla  configurazione oggi di un nuovo  partito comunista di massa: quali  politiche praticare, a quali  soggetti parlare, da quali  elementi partire per rappresentare  la società nella fase della  scomposizione del conflitto. Ad un  accumulo così pesante di novità  intervenute proprio anche nel  tessuto (sino a dilacerarlo) che  aveva permesso - e concorso a  motivare - la costruzione dei  partiti di massa, contrapponiamo  ancora riflessioni ed esperienze  pratiche incerte. Non c’è dubbio  che il partito nostro appare spesso  stretto tra difficoltà oggettive,  mancanza di strumentazione  culturale, abbondanza di beghe e  di liti che ne ingessano  l’iniziativa. Qualche volta  rischiamo utilizzando categorie  tradizionali di non incontrare più  le esigenze laddove esse vivono.  Tutto questo è e dovrà essere il  terreno di iniziativa per la  costruzione del partito di massa.  Ritorniamo al III° Congresso. Alla  politica perchè è quella - non le  chiacchiere - che dispone se  potremo fare (dopo quelli già  accumulati) passi in avanti o meno  nella costruzione del partito di  massa.  Del resto un partito come una  alternativa non è capace di  vivere senza un progetto e noi ce  lo siamo dati al Congresso. Io sono  convinto che avevamo visto bene  quando abbiamo ragionato attorno  al superamento del carattere  monosessuato del partito  (ricordate: un partito di massa  che sappia leggere la realtà  anche attraverso l’esperienza e il  pensiero critico delle donne) o  sull’elemento nuovo e innovatore  rappresentato dall’attenzione delle  giovani generazioni verso  Rifondazione e dalla conseguente  necessità di approfondire lo  specifico giovanile a partire  dalla esperienza concreta di  giovani compagne e compagni,  senza però perdere di vista la  necessità di un intervento che deve  vedere tutto il partito farsene  carico. Certo so bene che il dire  e il fare non sono la stessa cosa.  So però che una direzione di  marcia anche da questo punto di  vista ce la siamo data e che  esperienze come quella del  recente Campeggio dei giovani  comunisti per esempio non sono il  frutto di pura casualità. La  direzione di marcia - ecco la mia  opinione - non si può  interrompere.  La sfida è alta e sentiamo - in  contrasto con il parere di molti  profeti di sventura - che cresce  attenzione intorno a noi, interesse  verso questo moderno partito  comunista che ha evitato, può  evitare la tagliola  dell’omologazione e della chiusura  settaria. La manifestazione del  17 ottobre a Roma ha segnalato  insieme rapporti già concretamente  costruiti e l’enorme lavoro che  ancora ci aspetta. Non è una  riduzione organizzativistica se  concludo dicendo che un primo  grande appuntamento è quello  della Campagna tesseramento e  proselitismo del 1999. Dobbiamo  proporre a tutti / tutte coloro  che ci hanno seguiti con  partecipazione, persino con  affetto di fare un passo in più con  la tessera di Rifondazione  Comunista.

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RINNOVARE LA TESSERA

Il PRC attraversa una fase di grande  interesse: la difficile scelta di non  sostenere più il governo Prodi, la  scissione operata da coloro che non  hanno condiviso quella scelta, la  grave decisione dell’Ufficio di  Presidenza della Camera di non  concederci la possibilità di costituire  un gruppo parlamentare, sono fatti  che porranno il nostro partito di  fronte a nuove sfide. Accanto a  queste, i terreni su cui da sempre  siamo impegnati e su cui di più e  meglio vogliamo fare. Lavoro, Stato  sociale, tutela dell’ambiente, uno  sviluppo avanzato e compatibile:  tutte questioni cruciali alle quali è  possibile mettere mano e sulle quali  si può far progredire la  trasformazione. Se poi guardiamo a  questo in una prospettiva europea,  la svolta a sinistra, di cui i  comunisti e le forze antagoniste sono  parte fondante, è il terreno che  consente di dare forza a un processo  riformatore che abbia carattere  strutturale. Ma, senza la  partecipazione, il nostro paese  rischia di essere l’ultimo a vedere  quella svolta a sinistra che in  Francia e Germania sta producendo  effetti tangibili. In quei paesi le  forze imprenditoriali osteggiano i  governi di sinistra, da noi chiedono  a gran voce l’approvazione della  legge Finanziaria e la  marginalizzazione del Prc. In  Francia le masse popolari sono state  protagoniste della svolta e, poi  hanno incalzato il governo. Da noi,  la riforma del sistema elettorale in  senso maggioritario ha incoraggiato  l’abbandono della politica e, senza  il contributo determinante del Prc,  il governo Prodi ci avrebbe portato  in Europa perseguendo una logica  corporativa e colpendo più duramente  le fasce più deboli. Rinnovare la tessera oggi significa dunque essere  parte attiva nella costruzione di un  parttito di massa capace di stare  attivamente dentro questi processi,  impegnarsi a combattere la deriva  plebiscitaria della politica italiana  e l’abbandono della partecipazione  da parte delle masse popolari del  nostro paese. Un partito forte e  radicato, capace di parlare a tutto  il mondo del lavoro, è necessario per  la costruzione, anche in Italia, di  una svolta riformatrice, per spostare  a sinistra una scena politica nella  quale tutte le forze rischiano di  assomigliarsi, per rimettere al  lavoro intelligenze che  contribuiscano alla ricerca  collettiva capace di dare risposte ai  bisogni vecchi e nuovi che il  pensiero unico neoliberista non ha  fatto che accrescere.

Martino Mazzonis

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LA PRESENZA DEL PARTITO: I CIRCOLI PRESENTI E GLI OBIETTIVI POSSIBILI

La pratica e il progetto”. Così diceva lo “slogan” del Convegno  di Chianciano che il Dipartimento Nazionale di Organizzazione  ha tenuto il 14 e 15 Giugno ’97.  Vediamo ora di fare il punto a poco più di un anno di distanza  da quell’impegnativo appuntamento.  A metà ’98 registriamo un aumento di 105 Circoli di cui 39  Aziendali, rispetto alla stessa data del 1997.  È certamente un dato positivo nel lavoro di costruzione e  insediamento del Partito sia nel territorio che nei luoghi di  lavoro e di studio.  Siamo passati infatti dai 2.737 Circoli che avevano censito in  preparazione del Convegno di Chianciano, ai 2.840 di questa  prima metà del ’98.  Occorre però anche leggere “dentro” i numeri.  Sono 8.191 i Comuni in Italia e migliaia le aziende pubbliche e  private che occupano più di 300/400 lavoratrici e lavoratori.  635 sono i Comuni con più di 15.000 abitanti e oltre 4.000 le  aziende private con più di 500 dipendenti (dati ISTAT).  Eppure la presenza organizzata dei comunisti nel territorio e  nei luoghi di lavoro e studio è ancora insufficiente. Vi sono, in  alcuni di questi 635 Comuni, vere e proprie assenze  organizzative che le Federazioni devono mettere al centro del  proprio lavoro.  Se dai 2.840 Circoli costituiti togliamo i Circoli Aziendali (150)  abbiamo 2.690 Circoli territoriali (e sono ancora numerosi  quelli che non superano i 20 iscritti).  386 sono i Circoli territoriali insediati nei 49 Comuni medio/ grandi (11 a Torino città, 25 a Milano città, 9 a Brescia città, 17 a  Venezia e Firenze città, 4 a Verona e Padova città, 10 a Bologna  città, 12 a Genova città, 6 a Savona, 9 a Reggio Emilia, 7 a  Parma, 8 a Rimini, 12 a Livorno, 11 a Massa e Pistoia città, 66 a  Roma, 9 a Terni, 13 a Napoli, 8 a Reggio Calabria, 4 a  Catanzaro, 3 a Cagliari e Sassari città, solo per citarne alcune).  Abbiamo quindi 2.404 Comuni d’Italia dove esiste la presenza  organizzata del Partito.  Il lavoro da fare è ancora molto. Occorre procedere con  decisione da parte dei Regionali e delle Federazioni a  predisporre piani di lavoro per l’insediamento del Partito nel  territorio e nei luoghi di lavoro.  È possibile porci, con gradualità s’intende, due traguardi:  1) arrivare ad avere la presenza organizzata del Partito nei  635 Comuni sopra i 15.000 abitanti;  2) è un obiettivo ambizioso quello di stabilire una presenza  del Partito nella metà dei comuni italiani. Ambizioso ma  indispensabile se si vuole parlare a buona ragione di  radicamento del Partito nel territorio  3) raddoppiare il numero dei circoli nei luoghi di lavoro nel  prossimo anno, tenendo presente che in questi giorni  abbiamo registrato numerosissime nuove adesioni  soprattutto fra lavoratrici e lavoratori dipendenti.

Enzo Jorfida
del Dipartimento Nazionale  Organizzazione

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RIPARTIAMO DAI CIRCOLI

La grande manifestazione del 17  ottobre scorso ci dice, soprattutto  due cose. La prima è che il nostro  partito ha dimostrato una grande  reattività in un momento in cui questo  non era scontato. La seconda, per  noi particolarmente importante, è  che in quel corteo si è dispegata  massicciamente una soggettività  giovanile mai prima d’ora così  visibile e fortemente  caratterizzata.  In questo senso il segnale di una  crescita politica e dunque  organizzativa dell’organizzazione  giovanile arriva forte e chiaro ma  arriva anche e soprattutto  l’indicazione di una attenzione delle  giovani generazioni per il nostro  partito che spesso travalica i confini  di una appartenenza consolidata e  pienamente consapevole.  Mi pare di poter dire che sui  contenuti, sulle posizioni che  esprimiamo sui temi più direttamente  inerenti alle condizioni materiali di  vita dei giovani e delle giovani di  questo paese, si concentra più  direttamente questo interesse.  Ancora molta strada dobbiamo invece  fare sulle pratiche del nostro  agire, sugli strumenti e sulle forme  con cui conduciamo concretamente la  nostra battaglia politica. E’ un  tema questo che investe un grande  spettro di questioni, prima fra tutte  quella della partecipazione,  centrale per l’essenza stessa della  nostra scommessa politica, la  ricostruzione di un forte partito di  massa.  Questo tema, che è giustamente  divenuto centrale nella nostra  elaborazione, riassume una battaglia  contro la passività, contro la  frammentazione per riaffermare una  opportunità differente, la possibilità  di trovare nella dimensione collettiva  una speranza di trasformazione della  realtà.  E’ quindi, nel quadro appena  descritto di un ampio spazio di  iniziativa tra i giovani e le  giovani, che si colloca il tema  della campagna di adesione ai  Giovani Comunisti per il 1999.  Tradurre questo ragionamento, queste  intuizioni in una iniziativa politica  e sociale, in una serie di  appuntamenti in cui intercettare  nuovi potenziali iscritti è il compito  immediato che abbiamo di fronte  come Giovani Comunisti. Abbiamo detto  partecipazione. Ricominciamo - ad  esempio - dai circoli e da quel  ragionamento svolto nella Conferenza  d’organizzazione di Chianciano di  quasi due anni fa, e facciamolo a  partire dalla nostra specificità, dai  nostri bisogni. Facciamo dei circoli,  a partire dall’occasione che ci  viene dall’importante appuntamento  del tesseramento, luoghi aperti  attraverso l’organizzazione di feste,  di momenti di (ri)aggregazione e di  socialità non mercificata mettendo al  centro della nostra stessa propaganda  nuovi e diversi rapporti sociali. E  costruiamo queste iniziative  rendendone partecipi tutti i compagni  e le compagne a partire dalla  valorizzazione delle loro esperienze  come dei loro interessi per le  possibilità di arricchimento che  possono rappresentare nella  determinazione di risposte ma anche e  soprattutto di domande. Così come  dobbiamo andare nelle scuole e nelle  università, nei centri sociali e  anche nelle discoteche a discutere in  un caso di riforma, in un altro di  spazi aggregativi e in un altro  ancora di gratuità dei profilattici  e di antiproibizionismo. Dobbiamo  insomma, far sì che l’appuntamento  del tesseramento passi da pratica  amministrativa di contabilità interna  a momento di forte iniziativa  politica esterna, di maggiore  penetrazione nella società.  Costruiamo insomma la nostra campagna  di adesione partendo da noi, dalla  affermazione della nostra alterità a  questo modello che ci viene  presentato come l’unico possibile, ma  anche andando oltre noi, alla  ricerca di interlocuzioni che nella  differenza di esperienze, culture,  punti di vista sappiano mettere al  centro quell’alterità culturale e  politica che vogliamo rappresentare,  perchè - e questo è il nostro punto  di partenza - non c’è nulla di  scontato, mai.

Nicola Fratoianni
Responsabile organizzazione Giovani Comunisti

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IL PARTITO DESCRITTO DALLA MANIFESTAZIONE DEL 17 OTTOBRE

La manifestazione del 17 ottobre a  Roma ci ha descritto una comunità di  donne e di uomini che non solo voleva,  una volta di più, “riconoscersi”, ma  anche rimettersi in gioco. Un’esperienza  collettiva dunque, una rete di  culture, di intelligenze e di energie  da cui traspariva con forza l’esigenza  di un superamento in positivo di una  fase dominata dalla politica politicante  e dall’amarezza di un’assurda scissione.  Il ritorno sul territorio impegna tutte/ i a declinare quel nucleo di intenzioni  in un rilancio del processo di  rifondazione, cercando di abbandonare  ogni tratto volontaristico, valorizzando  invece capacità, differenze, dialogo,  fantasia. Sarebbe un grave errore non  rendere protagonista una soggettività  ricca e complessa che vuole costruire  la propria identità contro un’idea  deterministica della storia, ma fuori  dall’ingenuità di un percorso progressivo  lineare.  In questa prospettiva la stessa campagna  di adesioni al Partito della  Rifondazione Comunista per il 1999 si  presenta come terreno fertile per farci  fare un salto di qualità. Naturalmente  occorre da subito sgombrare il campo  dall’idea, purtroppo a volte fondata su  elementi di verità, che il tesseramento  sia solo “fredda tecnica”, quasi una  consuetudine burocratica da dover  sbrigare avendo come massimo elemento  di stimolo la “gara” sui numeri con  questo o quel circolo, con questa o  quella federazione. In realtà questi  atteggiamenti hanno spesso depotenziato  un’occasione permanente di apertura e  sperimentazione, spersonalizzando sia chi  lavora al tesseramento sia chi si  accingeva all’adesione, magari per la  prima volta.  Se l’idea di ritessere equilibri più  avanzati socialmente, stimolando per  questo le forze di sinistra e  democratiche, deve essere per tutti un  orizzonte a cui tendere nel medio  periodo, diventa altresì determinante  attrezzarsi per un’interpretazione e  un’azione a livello decentrato, su un  territorio diventato strategico per la  messa a valore, da parte liberista, di  ogni interstizio vitale. E’ proprio a  questo livello che le persone sono in  “presa diretta” con i grandi guasti e  le sempre più grandi debolezze del  modello dominante, ne vivono gli  aggiustamenti e le varianti locali come  devastazione del legame sociale in un  crescendo di conflitti orizzontali:  questa azienda contro quella, quel  lavoratore contro quell’altro, quel  giovane contro quell’anziano, etc..  La radicalità di tali fenomeni  attraversa figure e inetri ceti: sono i  luoghi d’elezione di una sinistra  antagonista a essere frammentati e  recalcitranti a una “lettura” agevole.  Architettare azione e movimento politico  di ampio respiro non è semplice, implica  una serie di passaggi e tappe che non  accettano scorciatoie. D’altro canto  per noi non è neanche possibile  eliminare un “qui e ora”, un mettere  le mani dentro i problemi per dislocare  delle linee di resistenza, degli  embrioni di progetto che si sappiano  organicamente legare con un senso più  complessivo, di alternativa appunto.  Siamo quindi chiamati a un duplice  sforzo per contemperare una riflessione/ azione culturale e strategica con la  necessità incomprimibile di stare nella  società e nelle sue aspre  contraddizioni. Per portare avanti  questo impianto non bisogna perdere mai  di vista il nesso tra i due livelli del  ragionamento, occorre anzi farli  interagire, far sì che uno travasi  nell’altro e viceversa. Così come  occorre valorizzare al massimo il  rapporto con le soggettività e le  aggregazioni di una sinistra sociale che  vuole, sulla base di un’interazione  autentica, mettere alla prova l’idea  di antagonismo diffuso. Deve essere una  prova e una possibilità anche per una  Rifondazione interessata ad annodare  mille fili con chi ricostruiscelegame  sociale, con le geometrie variabili di  chi pratica tentativi di autogestione e  di contrasto all’eterodirezione delle  forme di mercato.  L’apertura di una nuova stagione di  tesseramento non può che farsi  “attraversare” da tutti questi temi. Con  la tessera si deve muovere un’idea di  Partito e quindi la sua capacità di  insediamento di massa.  Nulla di scontato, dunque, e invece  massima attenzione all’articolazione  sociale in cui siamo immersi. Uscire dai  circoli, dalle federazioni per  trasformare la campagna di tesseramento  in una preziosissima azione politica.  L’andare con le tessere e un banchetto  all’interno di un quartiere può e deve  essere occasione per imbastire un nuovo  lavoro d’inchiesta, così come il  tesseramento di un disoccupato può e  deve diventare il tentativo di  costituire un coordinamento di chi si  trova senza lavoro.  L’adesione al Partito della Rifondazione  Comunista, così concepito, saprà parlare  a molti con un linguaggio diretto,  sostanziato da un reale e condiviso  interesse per problemi e soluzioni. Sarà  un’adesione che potrà contribuire, in  modo determinante, a una ricomposizione  di classe che continua a essere uno  degli obiettivi prioritari per costruire  l’alternativa.

Alberto Deambrogio
Segretario Federazione di Alessandria

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QUELLI CHE SI DIFENDONO LE PENSIONI, QUELLI CHE SI BATTONO PER IL LAVORO, QUELLI DELLE 35 ORE

Quelli che difendono le pensioni. Quelli che si battono per il  lavoro.  Quelli delle 35 ore.  Così, fino a oggi, Rifondazione Comunista si è caratterizzata  agli occhi dell’opinione pubblica. E su questi temi, di carattere  generale, è cresciuto il consenso. Una crescita di consenso,  anche elettorale, cui però non è corrisposto un aumento del  numero di iscritti. In Liguria, dal 1992 il numero degli iscritti è  sempre uguale. Anche se il fenomeno del turn over ha  interessato circa 2.500 compagni (918 solo negli ultimi due  anni). Un mancato incremento di tessere da attribuire, è vero,  a deficienze organizzative; all’assenza - nel caso del turn over -  di un rapporto reale tra circolo e i propri iscritti. Ma è pur vero  che il grande limite che registriamo è la difficoltà di articolare  iniziative nel territorio, che non siano di propaganda, su  questioni che riguardano la vita quotidiana della gente:  trasporti, casa, salute, assistenza, scuola. Una difficoltà che  deriva da un insediamento sociale ancora troppo debole, da  una scarsità sempre maggiore di quadri, da una sempre più  errata impostazione del ruolo istituzionale. Tutto ciò alimenta,  in un circolo virtuoso, autoreferenzialità, tendenza a un  partito d’opinione e ripiegato nella sua vita inetrna,  “separatezza” dei quadri e delle figure istituzionali.  Laddove si sono fatti passi in avanti è perchè si sono impostate  e costruite delle vere e proprie vertenze territoriali. Sulle  questioni del lavoro, della deregolamentazione del territorio,  dell’ambiente. E’ soprattutto un risultato del partito se “Alta  Voracità” in Liguria non corre più, se il pasticciaccio della linea  ad Alta Velocità Milano Genova è stato fermato. Una vittoria  costruita sulla capacità di coinvolgere le popolazioni, di  interloquire con la realtà sociale, di essere motori e  organizzatori del conflitto sociale. E sulla strada delle vertenze  territoriali occorre insistere. Tutta la Liguria è interessata da  proposte di Patti Territoriali; a La Spezia incombe un contratto  d’area. Flessibilità del lavoro, deregolamentazione del  territorio. Su queste proposte segnaliamo un forte ritardo del  partito, spesso anche per una mancanza di comunicazione con  i nostri gruppi istituzionali troppo rinchiusi nelle loro “stanze  sugherate”. Così come segnaliamo un forte ritardo di iniziativa  politica sulla riorganizzazione dei trasporti locali. Tagli dei  servizi, privatizzazione e subconcessioni delle linee, tutto in  funzione delle logiche di mercato: questa è la legge che la  giunta ligure di centrosinistra sta per approvare. I cui effetti  colpiranno, in maniera pesante, le popolazioni già disagiate  delle nostre periferie.  E’ questo il cammino che il comitato regionale ligure sta  cercando di intraprendere: portare le questioni nazionali nelle  situazioni locali, legare il tema del lavoro, della salute, dei  trasporti, dell’ambiente, della casa, della scuola, a specifiche  vertenze territoriali. Per ricostruire il protagonismo dei circoli,  delle federazioni. Per rafforzare le strutture territoriali e per  formare quadri capaci. Un percorso non facile, ma il solo  percorribile, nel difficile cammino della costruzione del partito  di massa.

Giacomo Conti
Segreteria regionale Liguria.

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FEDERAZIONE DELL'UNIONE EUROPEA: E' NATO UN NUOVO CIRCOLO DEL PRC

Il 1° luglio 1998, in occasione di  una permanenza a Bruxelles del  Segretario Nazionale del Partito,  Fausto Bertinotti, si è tenuta una  affollata assemblea di simpatizzanti di  Rifondazione Comunista residenti in  Belgio. In quell’occasione da parte di  alcuni nostri iscritti presenti  all’assemblea, si è assunto l’impegno di  far nascere un circolo del Prc anche in  Belgio. Ad oggi gli iscritti sono già  19 e a metà settembre si è tenuto il  Congresso fondativo del Circolo, che  prenderà il nome di Liberazione 2000.  Pubblichiamo il testo dell’introduzione  all’Assemblea del 1° luglio, svolta dal  compagno Umberto Misto, operaio della  Ford di Genk e Segretario del Circolo.

“Cari compagni e amici, innanzitutto  voglio ringraziarvi tutti per la vostra  presenza. Oggi per noi, compagni di  Rifondazione, è un grande giorno. E’  da un paio di anni che cerchiamo di  costruire il nostro Partito in Belgio.  Sappiamo che alcuni compagni si sono  lamentati per la nostra assenza sul  territorio, ma riprendere i contatti con  gli emigrati è stato un lavoro non  facile, lento e laborioso. Ma ora che  abbiamo riallacciato, non molleremo  più. Ripeto, oggi, per noi è un gran  giorno perchè finalmente possiamo dire  che esistiamo anche in Belgio. Abbiamo  dato vita al nostro circolo Liberazione  2000.  Da questo momento siamo lieti di  collaborare con tutte le altre  Associazioni e tutti gli altri circoli  presenti in Belgio per migliorare le  condizioni degli emigrati, per  apportare la nostra sensibilità sociale e  mettere a disposizione le nostre forze  ed esperienze per cercare di cambiare  questa società e di renderla più giusta  nei confronti degli operai, dei  giovani, delle donne.  Come prima attività abbiamo scelto un  dibattito sulla cittadinanza degli  italiani in Europa, appunto “Cittadino  italiano, cittadino europeo?”. Qual’è  il rapporto tra italiani all’estero e  l’Italia, diritti e doveri di tutti. Noi  emigrati siamo cittadini europei?  Riceveremo il diritto di voto? Quale  può essere il nostro ruolo in questa  Europa dove la moneta unica è una  realtà ma si trascura l’aspetto sociale  che dovrebbe crescere, svilupparsi  almeno come gli altri aspetti in  Europa? La disoccupazione, ad esempio,  è un enorme problema, aumentano i  ritmi di produzione e diminuiscono i  posti di lavoro, abbiamo bisogno di un  miglioramento della qualità della vita  e della qualità del lavoro, pensiamo,  per esempio, alla riduzione dell’orario  di lavoro a parità di salario. Siamo  certi che riusciremo a lavorare bene  soprattutto con i circoli e i partiti di  sinistra ma anche con tutti coloro che  più condividono il nostro modo di sentire  e vedere le ingiustizie; lavoreremo  insieme su tutte le politiche che ci  accomunano, dando così più forza alle  nostre richieste. Ci impegneremo con  serietà anche nella preparazione delle  prossime elezioni europee del 1999. E’  nostra intenzione instaurare contatti  anche con i partiti belgi così i  compagni e gli emigrati della seconda  generazione potranno seguire politiche  più vicine a loro e saranno motivati a  una militanza più attiva. La politica e  la coerenza del nostro Partito la  conoscete già. Da sempre difendiamo  tenacemente i lavoratori e le fasce  sociali più povere. Sappiamo  perfettamente che in questa Europa  capitalista, completamente presa dal  vortice economico che l’Unione europea  ha voluto promuovere a discapito delle  politiche sociali, c’è gente più  povera, famiglie intere che subiscono  le conseguenze di queste scelte, quindi  siamo convinti che oggi più che mai i  comunisti siano necessari in Italia e in  Europa. Appoggiando il governo o  all’opposizione il Partito della  Rifondazione Comunista resta il partito  che più difende gli interessi dei  lavoratori e lotta affinchè le  richieste legittime dei giovani ad un  posto di lavoro siano esaurite. C’è  gente ha bisogno di questo Partito, che  dà loro la forza di credere che non  combattono da soli” 

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archivio di Partito di massa

Partito di massa - Ultimo numero

informazioni: Umberto Ilari
dal 27-5-98 h 16.35
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