ECCO IL PUNTO! di Milziade CapriliSARNO: IL DIARIO DI UNA ESPERIENZA di Ivana Esposito e Enzo SansoneGLI ELETTI COMUNISTI INCONTRANO I CITTADINI di Franco IachiniLA FEDERAZIONE DEL PRC DI CROTONE APRE NUOVI CIRCOLI di Giorgio De SantisIL PARTITO NEL MEZZOGIORNO di Enzo JorfidaSTUDENTI A PALERMO di Marco Assennato |
VERSO L'ASSEMBLEA DEI QUADRI MERIDIONALIGiovanni Russo SpenaA me pare che uno dei temi principali della Conferenza dei quadri
meridionali debba essere lattenzione puntigliosa, rigorosa che
dobbiamo portare alla costruzione del partito. E una priorità
che le compagne e i compagni hanno voluto giustamente sottolineare
anche nella lunga, articolata, processuale fase preparatoria. Ne
sono evidenti i motivi: da un lato, cresce disgregazione sociale,
il vero e proprio sfibramento del sociale, la sua sussunzione dentro
la politica istituzionale; dallaltro, perché nel Sud possente
è il portarsi dellelemento di coazione implicito nel meccanismo
dellaccumulazione capitalistica sul terreno diretto della politica
(la logica del mercato e dellimpresa tendono, insomma, a pervaderla
fino al tentativo di svuotarne ogni strumento democratico, di
controllo, di regolazione). Noi vogliamo rovesciare lordine del
discorso e delle cose: il Sud da retrivo luogo di disperanti contraddizioni,
tipico di un meridionalismo interclassista e piagnone a luogo privilegiato
di laboratorio progettuale. Stando attenti ad evitare lautoreferenzialità
e lautosufficienza. La nostra direzione di marcia è quella
di un partito di massa che si faccia società. Sottolineando
entrambi i concetti: partito di massa, che si costruisce, in realtà,
solo se sappiamo diffondere socialità, socializza-zione.
Io penso, cioè, a una identità meridionalista forte,
a una connotazione, a una specificità meridionalista molto
marcata, nel modo stesso di vivere il tempo, lo spazio, di agire
la ricchezza delle proprie culture, non a un partito meridionale
che sia mera ridotta, mero distaccamento passivo dellapplicazione
della linea nazionale; un partito, nel Mezzogiorno, che sappia rielaborare,
riarticolare (larticolazione è elemento culturale e di prassi
fondamentale); e, nello stesso tempo, che sappia incidere sulla linea
nazionale, alimentarla e pretendere presenza; cambiarla, se occorre.
Rifiuto, invece, le tendenze, presenti anche in famosi sindaci
del Sud, tese a identificare una sorta di patto meridionalista,
un partito meridionale di tipo trasversale, interclassista, che
mette allo stesso tavolo, in una sorta di sublimazione della concertazione,
industriali, enti locali, sindacati: il Mezzogiorno ha molti nemici,
io credo, al suo interno e il conflitto di classe non può
essere appannato dalla retorica di un generico ed indistinto sviluppo
del Mezzogiorno. Noi non ci stiamo a questa operazione che vuole
trasformare il Mezzogiorno in una enorme, indistinta, zona franca
di 20 milioni di persone, luogo di massima precarizzazione e di salari
molto al di sotto dei minimi contrattuali. Abbiamo proposto un
progetto altro, un conflitto che si articoli su proposte precise.
Occorre pensare al Sud dItalia come area centrale del Mediterraneo,
valorizzando il suo ruolo geopolitico, costruendo nuove relazioni
economiche tra paesi delle diverse sponde del Mediterraneo, alimentando
cooperazione e sviluppo, sconfiggendo la logica della zona franca
mediterranea imposta dal WTO alla Conferenza di Barcellona; restituendo
al Mezzogiorno dItalia la sua vocazione storica di tramite tra lEuropa
unificata e il Sud del mondo. Una funzione storica di cooperazione
e di pacificazione. Le 35 ore, allora, i lavori a valore duso sociale,
lAgenzia per loccupazione, sono un disegno unitario; alludono al
conflitto per imporre strategie industriali e anche la redistribuzione
produttiva sul territorio nazionale. Alludono alla costruzione di
reti formative qualificate, ai sistemi di ricerca integrata, alla
costruzione di acquedotti e ferrovie. E si accantoni, definitivamente,
presidente Prodi, quel devastante e micidiale mostro che è
il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina! Per noi, la nuova
questione meridionale significa lottare per politiche attive che
facciano del lavoro la variabile perseguita; un lavoro per uno sviluppo
di qualità, che sappia porsi anche il tema della metropoli
meridionale, della riqualificazione urbana. Io temo molto che
tanti quartieri delle nostre metropoli, tante periferie, stiano diventando
veri e propri deserti di socialità, privazioni di senso. Organizzare
il conflitto, progettare lalternativa, ricostruire una socializzazione;
questo è il compito che ci diamo come comuniste e comunisti!
Sono convinto che lAssemblea dei Quadri Meridionali di metà
giugno costituirà un importante primo momento di verifica
del lavoro che da un anno collettivamente svolgiamo e ci permetterà,
soprattutto, un salto di qualità nella costruzione di strutture
di movimento e di lotta. E una via obbligata per non vivere una
preoccupante involuzione da partito militante di massa a partito
che vive di rimessa rispetto allimmagine nazionale e rispetto al
solo, importante, insediamento istituzionale |
ECCO IL PUNTO!Milziade Caprili
Il 13 e 14 giugno a Napoli vedrà una prima conclusione il
percorso che abbiamo costruito attorno alla Assemblea dei quadri
meridionali. A Napoli, appunto, proprio mentre si sta sviluppando
un movimento con caratteristiche anche contraddittorie sui
temi del lavoro che non cè, che continua a non esserci connotando
così la vita di intere generazioni. Per la prima volta con
con queste modalità il quadro dirigente del partito
sarà chiamato a riflettere sui nodi strategici della nostra
presenza nella società meridionale. Con questa modalità
intendo precisamente il lungo e partecipato lavoro di predisposizione
del documento preparatorio; le riunioni degli organismi dirigenti
convocate per discutere del documento stesso; le iniziative
pubbliche che sono state organizzate in quasi tutte le regioni
meridionali. Con lespressione questa modalità intendo
soprattutto il lavoro che metteremo in campo dopo il 13/14
giugno, gli sviluppi che sapremo garantire allAssemblea. Non
è stata e non è cosa di poco conto. E perché
si determini una condizione tale da rendere possibile un qualche
avanzamento, dobbiamo partire dalle cose come realmente stanno
e non da come pensiamo sarebbe bene stessero. Intanto si dovrà
dire della indubbia vitalità delle nostre organizzazioni
meridionali che hanno visto tutte (o quasi: lunica eccezione
appare la Calabria) incrementata la loro forza organizzata.
Ciò è tanto più rilevante ove si considerino
le condizioni di partenza, le difficoltà materiali,
la struttura della società civile, la presenza di poteri
criminali ed il loro impasto con punti , personaggi, luoghi della
politica. Dei molti aspetti di cui si dovrà parlare a me interessa
qui richiamarne uno solo. E del resto, questo di cui voglio
parlare, materia viva nellimpegno quotidiano di molte nostre
compagne e molti nostri compagni a Napoli prima di tutto, in
Campania e nelle altre regioni meridionali. Dobbiamo liberarci
di certe modalità della politica, non cè dubbio.
Conosco alcune realtà dove attorno alla necessità
di costruire le zone come dimensione di aggregazione di circoli
altrimenti deboli perché troppo piccoli o come modalià
organizzativa in grado di renderci più capaci di far fronte
a tematiche particolarmente complesse di determinati comparti
territoriali o attorno alla volontà di aprire nuovi
circoli, attorno a tutto questo ho contato anche sei riunioni degli
organismi dirigenti preposti per poi, magari, non farne di nulla.
Oppure gli strascichi delle competizioni elettorali. Tutto questo
ho già avuto modo di dirlo entra, e per fortuna, sempre
più in collisione con il senso di una nuova militanza
di tante compagne e tanti compagni. Un partito che come il
nostro accresce il proprio radicamento, non può che patire
profondamente tutti i tentativi di portare le cose indietro, di vivere
di soli equilibri nei gruppi dirigenti. Quello che si chiede
è una ulteriore innovazione come condizione per non
regredire. Già abbiamo fatto ma dobbiamo ancora caricare
di più sul tema del lavoro. Lo abbiamo detto a Chianciano
e mi pare che possiamo dirci di nuovo oggi della drammatica
condizione della società meridionale. In particolare la
precarizzazione, la provvisorietà, la flessibilità
sono divenute categorie del quotidiano; la disoccupazione di
massa nel Mezzogiorno ha determinato un distacco tra paese
legale e paese reale; la sfiducia e la disperazione di intere
generazioni non trovano ascolto e rappresentanza nelle forme
tradizionali dorganizzazione sociale e politica della sinistra e
del movimento operaio, ecco il punto! Ancora oggi il partito
ha difficoltà a intercettare il fenomeno di massa più
dirompente di questa fase del capitalismo italiano: la disoccupazione
come elemento di massa e permanente. Nel Sud lofferta di manodopera
inoccupata ha raggiunto livelli non più tollerabili, nonostante
la flessibilità di fatto che permea il malcerto sistema produttivo
e riduce a lavoro nero gran parte delloccupazione non pubblica;
qui disoccupazione equivale a ricattabilità e questultima
non genera coscienza critica collettiva, ma passività
e adeguamenti. Il partito stesso appare qualche volta stretto
tra difficoltà oggettive, mancanza di strumentazione
culturale, abbondanza di beghe e di liti che ingessano liniziativa.
Da qui si dovrà partire, dunque, dalla materialità
delle condizioni del partito meridionale per capire meglio
dove andare.. Anche da questi punti di vista è servito
il percorso verso lAssemblea dei quadri meridionali e, ne sono
certo, servirà la discussione del 13 e 14 giugno. |
SARNO: IL DIARIO DI UNA ESPERIENZA
Il giorno 7 maggio, dopo più di ventiquattro ore dallalluvione,
un gruppo di Giovani comuniste e comunisti napoletani si è
dato appuntamento, di mattina presto, nei pressi della federazione
napoletana del Partito. Avevamo poche notizie: quelle via radio,
che parlavano ancora di una tragedia dalle dimensioni ridotte,
e quelle, ben più allarmanti, dateci da alcuni compagni dirigenti
regionali e provinciali che già dal giorno prima erano corsi
sul posto, memori di quella antica sciagura (il terremoto del 1980)
che ancora oggi resta indelebile nelle menti di chi lo ha vissuto.
Un piccolo autobus della fondazione Idis, messo a disposizione con
tempestività, ci ha portato nel paese di Sarno, provincia del
salernitano, in realtà molto vicina a Napoli, come il prefisso
telefonico, uguale a quello della provincia partenopea, dimostra.
E lo spettacolo offerto alle incredule viste, ancora adesso, è
difficile da spiegare a chi non è stato sul posto. E, soprattutto,
era ben differente da quanto gli organi di informazione, e
la stessa protezione civile, che continuava a parlare di situazione
sotto controllo, andavano dicendo in quelle frenetiche ore.
La realtà dei fatti superava, abbondantemente, ogni immaginazione:
Episcopio, la frazione di Sarno più prossima al monte e agli
squarci della terra, era completamente coperta dal fango. Una intera
compagine sociale sembrava di colpo cancellata, interi quartieri
non erano più visibili ad occhio nudo, ma solo immaginabili,
provando a ricostruire, mentalmente, quello che doveva esserci prima,
a partire da quelle tracce remote che per caso erano state risparmiate
dal disastro. E qualche container spazzato via, dove ancora viveva
chi aveva perso la propria abitazione il 23 novembre di diciassette
anni fa, ci aveva fatto capire, subito, quanto forte è stata,
in questi anni, lassenza dello Stato. Poi, oltre ai danni, quella
atmosfera imperante: silenziosa, come solo dopo una tempesta, e,
ancora, lodore pungente del fango, il totale stato di abbandono,
la mancanza di qualsiasi forma di aiuti. E ununica reale presenza,
quella di alcuni volontari dei vigili del fuoco. La scelta
di dare vita a quelle che poi abbiamo chiamato brigate di solidarietà
5 maggio è stata pressoché immediata, ed è
sembrata unesigenza non rinviabile proprio per quella visibile assenza
di aiuti alle popolazioni colpite. Da venerdì 8 maggio, dopo
innumerevoli lungaggini burocratiche, e per tutti i giorni successivi,
abbiamo organizzato le brigate raccogliendo ladesione dei Giovani
comunisti appartenenti a tutte le provincie della regione.
Dallinizio siamo stati presenti con la nostra identità, senza
rinunciare, come ci era stato incredibilmente chiesto da qualche
burocrate del volontariato, alle magliette con il Che Guevara.
Nei primi giorni lintento che ci ha guidati è stato quello di
salvare qualche vita umana. E ritrovare vivo Roberto, dopo quasi
settandue ore, è stato, forse, lunico momento di gioia. Venerdì,
il primo giorno, ancora non era stato istituito un centro operativo,
era ancora assente una qualunque forma organizzata di soccorso, ed
eravamo presenti soltanto noi volontari e le popolazioni disastrate.
Le forze dellordine del posto a cui ci siamo rivolti ci hanno indirizzato
al cimitero, coperto anchesso dal fango: abbiamo lavorato a turno,
alternandoci con le poche pale che eravamo riusciti a recuperare
qual e là, immersi nel fango quasi fino alla vita. E alcuni
compagni hanno sistemato i cadaveri nella bare. Nelle ore e nei giorni
successivi abbiamo proseguito scavando laddove ce lo chiedevano gli
stessi cittadini. Dopo il primo impatto abbiamo iniziato ad organizzarci
meglio, trovando noi stessi gli strumenti, messi a disposizione da
alcuni lavoratori dellAlisud, che hanno anche loro aderito alle
brigate, portando in questa nostra corsa la solidarietà delle
forze democratiche e produttive della regione. Come nel 1980, come
nel Polesine. Nei fine settimana compagne e compagni dei Giovani
Comunisti di diverse città italiane hanno partecipato alle
brigate. E, lavorando anche nelle abitazione dei cittadini, quelle
dei poveri del posto che non potevano, come hanno invece fatto i
ricchi, rivolgersi a ditte private, si è cominciato ad instaurare
con la popolazione anche un rapporto solidale. Ma quella frustrazione
di chi si è sentito abbandonato dallo Stato, colpevole non
solo per il mancato intervento dopo il disastro, ma anche per le
responsabilità pregresse, è rimasta, tutta intera.
Lassenza di una pianificazione e di un controllo urbanistico, la
costruzione selvaggia delle case laddove dovrebbe esserci la terra,
ma soprattutto questo modello di sviluppo sono i mandanti morali
di questa tragedia. Un modello di sviluppo che, in tutti questi anni,
ha messo il mercato, i profitti, e non i bisogni della gente in carne
ed ossa, al centro del proprio intervento. Al centro della propria
politica. Adesso potremmo dire che lavevamo detto in tempi non
sospetti. Che eravamo stati tra i pochi a denunciare questo stato
di cose. Adesso, diciamo, invece, unaltra volta, che bisogna cambiare
direzione, e sul serio, prima che sia troppo tardi.
Ivana Esposito
Coordinamento provinciale Giovani
Comunisti Napoli
Enzo Sansone
Coordinamento regionale Giovani
Comunisti Campania
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GLI ELETTI COMUNISTI INCONTRANO I CITTADINI
Gli eletti comunisti incontrano i cittadini: in tanti hanno partecipato
a questa iniziativa svoltasi nella sala del Consiglio della
X Circoscrizione. Rappresentanti di Comitati di quartiere,
centri anziani ed associazioni hanno preso la parola per avanzare
suggerimenti, critiche, proposte per affrontare insieme i problemi
grandi e piccoli del nostro territorio e delle 190 mila persone
che ci abitano. Altri cittadini hanno lasciato per iscritto le
loro osservazioni su una scheda predisposta. Questo
incontro pubblico è servito per lanciare una iniziativa permanente
del nostro circolo. Tutti i lunedì, dalle ore 18 alle
21, i compagni nelle istituzioni ai vari livelli (Parlamento,
Comune, Circoscrizione) sono presenti in sezione (Via G. Chiovenda,62
- tel. 7217789) per raccogliere sollecitazioni, notizie, problemi
dai cittadini, dalle associazioni, dai comitati e per fornire
loro il nostro punto di vista, risposte concrete, proposte
di iniziativa e di impegno. Sulle questioni di interesse più
generale si metteranno in piedi iniziative di lotta e vertenze.
Lattivazione di questa sorta di sportello, in un periodo
non elettorale, ha anche lintento politico di mostrare il modo di
agire degli eletti comunisti come parte integrante del Partito. Uno
sportello diverso dagli uffici che alcuni politici hanno aperto
nella nostra zona con lo scopo di assicurarsi una clientela per la
propria rielezione. Il bilancio di queste prime settimane è
incoraggiante: molti cittadini si sono rivolti a noi e decine
di schede ci sono pervenute sulle situazioni più disparate
che stiamo seguendo informando costantemente gli interessati.
Questa idea è nata dallesperienza positiva di questi anni
durante i quali il rapporto costante tra circolo e compagni
nelle istituzioni ha permesso di mettere in piedi diversi movimenti
di massa di cui il nostro Partito è stato parte fondamentale:
per la riapertura del Parco archeologico, contro la chiusura
del consultorio, per la difesa degli inquilini degli enti pubblici,
sulla viabilità. Esemplare è stato il caso
della battaglia contro la chiusura dei poliambulatori e la
privatizzazione dellex clinica Don Bosco. Questa battaglia
ha preso lo spunto da un progetto della ASL RMB di privatizzazione
dellex clinica Don Bosco di proprietà pubblica. Progetto
clandestino di cui sono venuti in possesso i nostri eletti in Circoscrizione
e su cui immediatamente tutto il Partito si è mobilitato
per contrastarlo. Il movimento messo in piedi ci ha permesso
di creare un Comitato che ha raccolto oltre cinquemila firme con
una media di tre - quattro banchetti a settimana. Qualche risultato
è già stato conseguito: il Tg regionale ha fatto un
servizio su questo movimento; il Consiglio circoscrizionale ha approvato
un ordine del giorno presentato dal nostro Partito; il presidente
della ASL si è affrettato a dichiarare pubblicamente
che si trattava solo di uno studio di fattibilità, ma che
tutto è ancora da decidere! Ma se non ci fosse stato
questo stretto rapporto tra compagni nelle istituzioni e Partito
il movimento sarebbe nato, lordine del giorno sarebbe stato
approvato, il presidente della ASL avrebbe fatto un primo passo
indietro? Crediamo anche che questo modo di lavorare
sia il vero antitodo allelettoralismo che talvolta investe
anche il nostro partito o al rischio di separatezza tra chi sta nelle
istituzioni, chi nelle sezioni e chi nei movimenti.
Franco Iachini
Segretario del circolo "Luigi Longo"
- X Circoscrizione di Roma
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LA FEDERAZIONE DEL PRC DI CROTONE APRE NUOVI CIRCOLI
Comincia a essere visibile il difficile ma costante lavoro
organizzativo e politico della federazione del PRC di Crotone.
Dopo il risultato positivo avuto nella competizione elettorale
amministrativa a Roccabernarda, dove il PRC ha raddoppiato i propri
voti, contribuendo in maniera determinante al successo della lista
presentata insieme al PDS, cominciano a concretizzarsi anche gli
sforzi organizzativi che sta producendo il nuovo gruppo dirigente
eletto dalla Conferenza di Organizzazione del 17 gennaio scorso.
Pur tra mille difficoltà, anche di natura economica, comunque
il Segretario della Federazione e il Responsabile dellOrganizzazione
stanno portando avanti il programma che prevede lapertura dei circoli
di Rifondazione Comunista nei comuni dove il partito è assente
e, dove è possibile, anche nei luoghi di lavoro con
la costituzione dei circoli aziendali. La presenza e il ruolo
del Partito della Rifondazione Comunista sono fondamentali
non solo per arginare un disegno politico che vorrebbe imporre
alla Calabria e a Crotone in particolare uno sviluppo basato sulla
flessibilità e sul precariato, ma soprattutto per una battaglia
di progresso civile, sociale ed economico della nostra provincia.
Non a caso il PRC di Crotone, anche se da solo, si è battuto
contro il contratto darea e ha denunciato il tentativo delle
forze padronali e conservatrici di scardinare, attraverso i
contratti darea e i patti territoriali, il Contratto Nazionale
e le tutele normative dei lavoratori dipendenti. Abbiamo ribadito
che il contratto darea (con altri contenuti) può essere
uno strumento utile allo sviluppo solo se viene limitato alle
sole aree per cui è stato previsto, perché altrimenti
diventa unaltra cosa, e per questo abbiamo proposto uno sviluppo
basato sulle infrastrutture e servizi, sulla difesa del tessuto
produttivo esistente, sul superamento della legge 442 per introdurre
il turn over nei cantieri forestali, utilizzando i lavoratori
nella difesa dei boschi e nella sistemazione idrogeologica del
territorio, sulla creazione di nuovi posti di lavoro attraverso la
riduzione dellorario di lavoro a 35 ore a parità di salario
e proponendo una fiscalità di vantaggio che renda conveniente
il trasferimento delle imprese a Crotone, senza toccare i diritti
e i salari. Abbiamo voluto collegare queste nostre iniziative
sui temi del lavoro e dellorganizzazione a un maggiore radicamento
del partito. Proprio in questa direzione nei giorni 8 e 9 giugno
si inaugureranno ben quattro circoli: CRUCOLI TORRETTA, CIRO
MARINA, BELVEDERE SPINELLO, GERENZIA
Giorgio De Santis
della Federazione del PRC di Crotone
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IL PARTITO NEL MEZZOGIORNOPremessaIl PRC aveva nel 1991 nelle 9 Regioni del Mezzogiorno 44 Federazioni mentre nel 1997 ne aveva 47. Questa differenza è determinata dal fatto che le Federazioni di Matera e Potenza si sono costituite nel 1993, mentre la Federazione della Gallura è nata nel 1996, ritagliandola dalla Federazione di Sassari. Sino al 1993, perciò, in Basilicata non avevamo iscritti, mentre nella Gallura alcune decine di iscritti erano organizzati dalla Federazione di Sassari.Il PRC nel Mezzogiorno e la dimensione NazionaleNel 1991, al 1° Congresso del Partito (quello costitutivo), il numero degli iscritti nel Mezzogiorno era di 42.701, pari al 37,8% del totale (112.835), che però scendono a 41.105 nel 1992 pari al 35,9% del totale (117.511), hanno un ulteriore calo nel 1993 a 40.778, pari al 33,7% del totale (120.911) e raggiungono il livello più basso nel 1994, con 38.426 iscritti pari al 33,8% del totale (113.495). E cioè mentre nei primi 3 anni il Partito a livello Nazionale cresceva di circa 8.000 iscritti, nel Mezzogiorno il calo era di circa 2.000 iscritti. Con il 1995 il Partito ha una svolta e a fine anno gli iscritti nel Mezzogiorno ritornano ai livelli del 1993 e cioè 40.818 iscritti, pari al 35,2% del totale (115.984), che salgono ulteriormente nel 1996 a 48.722, pari al 38,2% del totale (127.610) e alla fine del 1997 raggiungono i 50.668, pari al 38,8% del totale (130.509). Il partito nel Mezzogiorno è aumentato dal 1991 al 1997 di circa 8.000 iscritti, e cioè del 18% rispetto al 1991, mentre a livello nazionale la crescita totale è stata di circa 18.000 iscritti dal 91 al 97, pari a un + 15,6 % sui dati del 1991.Il Partito nel Mezzogiorno e la dimensione meridionaleDallatto costitutivo e sino agli inizi del 1995, il Partito nel Mezzogiorno ha avuto un calo di oltre 4.000 iscritti. Infatti il tesseramento del 1992 chiude con un 3,8% rispetto al 1991 (- 1.596 iscritti), quello del 1993 chiude con un 0,8% rispetto al 1992 (- 327 iscritti), nel 1994 chiude con un 5,8 % sul 1993 (- 2.352 iscritti). Con la fine del 1995 il Partito nel Mezzogiorno ricomincia a crescere passando a un + 6,2% sul 1994 (+ 2.392 iscritti), a un +19,5 nel 96 rispetto al 95 (+7.954 iscritti) e ad un + 3,8% nel 97 sul 96 (+ 1.876 iscritti). Il Molise è lunica Regione del Mezzogiorno che ha avuto sempre un andamento in crescita quasi triplicando gli iscritti (+ 263%), mentre la Calabria ha avuto il più alto numero di iscritti nel 1993 (7.168) non ancora recuperati completamente ed è quella che ancora mantiene, nel 1997, un numero di iscritti più basso rispetto al 1991 (- 4,6%). Naturalmente il computo degli iscritti a livello Regionale e il relativo andamento è derivato da quello delle singole Federazioni, che a livello di singole Regioni risentono di un andamento non omogeneo. Così, ad esempio, mentre vi sono Federazioni che raddoppiano gli iscritti fra il 1991 e il 1997 (Latina, Tivoli, Avezzano, Benevento, Campobasso, Lecce, Agrigento), vi sono Federazioni che diminuiscono di molto (Civitavecchia, Crotone) e altre che sono statiche (Rieti, Viterbo, LAquila, Teramo, Taranto, Reggio Calabria, Caltanissetta, Trapani).Dimensioni delle Federazioni nel Mezzogiorno1991 - 44 Federazioni
Le Federazioni sopra i 1000 iscritti nel MezzogiornoSono 20 le Federazioni con più di 1000 iscritti e sono il 42,5% del totale delle Federazioni del Mezzogiorno. Ad esse aderiscono 35.974 iscritti/e, rappresentano il 71% del totale degli/ delle iscritti/e nel Mezzogiorno, e sono il 27,5 % del totale degli aderenti al PRC.I Giovani Comunisti e il MezzogiornoNel 1997 risultavano iscritti al PRC nelle 9 Regioni del mezzogiorno 6.934 fra compagne e compagni, pari al 53,8% del totale dei Giovani Comunisti (12.891), al 13,7% del totale degli iscritti nel Mezzogiorno e al 5,3% del totale degli iscritti al PRC.Le Donne Comuniste nel Mezzogiorno8.574 erano le compagne che hanno aderito nel 1997 al PRC nelle 47 Federazioni del Mezzogiorno, e risultavano essere il 30,5% del totale nazionale delle iscritte al PRC, il 17% del totale degli iscritti nel Mezzogiorno e il 6,6% del totale degli iscritti al PRC.I Circoli nel MezzogiornoAbbiamo censito, nel 1997, 2.833 Circoli del PRC, sia in Italia che allEstero (15). Del totale, il 44,9% (1.272) sono quelli del Mezzogiorno. La Regione con il maggior numero di Circoli è stata, nel 1997, il Lazio con 241 Circoli, quella con il numero più basso il Molise, con 35 Circoli. Dei 1.272 Circoli del Mezzogiorno, 53 sono Aziendali, pari al 38,5% del totale dei 137 Circoli Aziendali censiti nel 1997.(*) Dipartimento Nazionale di Organizzazione
- maggio 1998
(a cura di E. Jorfida)
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(*) Nel numero su carta ci sono le tabelle con il dettaglio dell'andamento del tesseramento al Partito nel Meridone negli anni 1991 - 1997 |
STUDENTI A PALERMO
Non è facile essere studenti a Palermo: un ateneo da 60.000
iscritti, molti dei quali fuorisede, una cittadella universitaria
nella quale primeggiano le grandi incompiute (il numero delle opere
ultimate è pari al 3% di quelle finanziate), una percentuale
di laureati tra le più basse dItalia (circa il 25% degli
iscritti), servizi e strutture insufficienti se non assenti drammaticamente.
Un contesto governato dalla solita, caotica logica affaristica e
clientelare, dalle solite famiglie di baroni mafiosi. E come in un
gioco di scatole cinesi questo caos è immerso nellaltro caos,
la Regione Siciliana, che nellultimo anno ha tagliato i fondi per
più di 1.000 borse di studio utilizzando invece il gettito
ricavato dallistituzione della Tassa Regionale per il Diritto allo
Studio (applicata indiscriminatamente e senza nessun tipo di esenzione)
per coprire parte dei numerosi vuoti presenti in un bilancio
regionale ormai fallimentare. E in questa situazione, nella quale
i pulcini fascisti di Azione Giovani primeggiano avallando lo status
quo, che nasce il circolo Universitario di Rifondazione Comunista.
E un progetto ambizioso il nostro, almeno quanto necessario. Il
circolo nasce per raccogliere i messaggi forti di disagio della popolazione
universitaria, per catalizzare le energie e le intelligenze di quei
rappresentanti della cultura democratica presenti nella nostra realtà
al fine di costruire unazione politica riformatrice per lateneo,
partendo dallinterno di esso, partendo dagli studenti. Il modo di
stare dentro i movimenti, di muoversi da studenti tra gli studenti,
a Palermo non basta. Obiettivo del circolo è crearli i movimenti,
fare da trampolino per il rilancio di una stagione di riflessione,
analisi ed elaborazione politica complessa, per lorganizzazione
(in questo momento, a fronte delle proposte di riforma ministeriali)
di azioni conflittuali e costruttive. E, dicevo, un progetto ambizioso,
ma possibile. Questanno abbiamo costruito importanti momenti di
confronto con la realtà studentesca palermitana, basti pensare
allesperienza delloccupazione della Facoltà di Lettere,
momento in cui siamo riusciti a essere i principali interlocutori
del movimento, a riflettere assieme su contenuti e prospettive politiche.
O ancora al problema eterogeneo dei medici specializzandi con i quali
abbiamo iniziato una importante riflessione sulla connessione complessa
tra università e lavoro. Dobbiamo adesso fare un passo in
avanti che possa rendere lanalisi e la critica proposta politica.
Dobbiamo partire dalla questione del diritto allo studio (e questo
ha un immediato e preciso significato in una regione in cui esiste
una tassa e non una legge sul diritto allo studio), riprendere il
disegno di legge proposto allARS dal gruppo parlamentare del PRC
e migliorarlo alla luce del nuovo DPCM Berlinguer e il lavoro dei
compagni della commissione nazionale Diritto allo Studio dei Giovani
Comunisti per farne strumento e piattaforma di movimento, convinti
come siamo che le riflessioni sullUniversità debbano necessariamente
partire dai problemi legati al diritto allo studio. Su questo a Ottobre
lanceremo uniniziativa pubblica, un incontro con la città
che sappia legare la nostra critica dellesistente a un rilancio
su questi temi. Ma per creare radicamento stiamo lavorando a due
importanti inchieste: una sul caro fitti per gli studenti e laltra
sulle dichiarazioni di reddito degli studenti per accedere ai servizi
dellOpera Universitaria (momento questultimo in cui si registrano
brogli ed evasione fiscale). Dal mese di Ottobre il circolo Universitario
sarà presente nella cittadella universitaria di viale delle
Scienze con 2 tavolini la settimana, per distribuire materiale di
analisi critica e rilancio sulla riforma dellUniversità.
Accanto a questo lavoro cerchiamo di spingere per la formazione di
collettivi nelle singole facoltà (che possono costruire vertenze
legate alle diverse realtà), che si aggiungano a quelli già
presenti a Medicina, a Lettere, a Economia e a Giurisprudenza.
Marco Assennato
Segretario del circolo universitario
del PRC di Palermo
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dal 27-5-98 h 16.35
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