PARTITO DI MASSA

Partito della Rifondazione Comunista - Direzione 
Dipartimento Organizzazione - Bollettino interno - NUMERO 17 - MARZO 1998
 

Nei luogi di lavoro (Aurelio Crippa)

Assemblea dei quadri meridiopnali (Milziade Caprili)

PERCORSO CONFERENZA DEI QUADRI MERIDIONALI

A che punto siamo con l'organizzazione del Partito nei luoghi di lavoro?

L'esperienza del circolo 24 marzo Alfa Acciai di Brescia

Mezzogiorno e lavoro precario

Il Partito alla Fiat Mirafiori

L'inchiesta per la conoscenza e il radicamento

Sicilia: tra importanti successi e limiti permanenti

L'inchiesta per l'organizzazione

La formazione: quale e come?

Calendario riunioni / iniziative centrali

NEI LUOGHI DI LAVORO

Aurelio Crippa
Sono attualmente 145 i circoli P.R.C. costituiti nei luoghi di lavoro, pubblici e privati. Un risultato positivo che segnala un notevole incremento rispetto all’anno passato ma che risulta ancora insufficiente se confrontato non solo con i nostri bisogni di radicamento del Partito ma con le crescenti nostre possibilità. Molto resta da fare e questo chiama il Partito a moltiplicare gli sforzi per allargare la nostra presenza organizzata nei luoghi di lavoro. Una scelta, la nostra, politica: portare la voce del Partito, le nostre idee, i nostri obiettivi, nel luogo in cui, più di ogni altro, si vivono quotidianamente contraddizioni e conflitti, le differenze di classe e di interessi. Portare la politica, quella vera, quella che è capace di porre al centro – come noi ci siamo sforzati di fare in questi anni - la tutela dei diritti e delle grandi opzioni politiche che riguardano le condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici. Se queste sono le ragioni – e lo sono – della nostra presenza organizzata nei luoghi di lavoro, questa stessa presenza va favorita, incentivata, sostenuta, ponendo fine anche ad una “diatriba” concorrenziale tra circolo territoriale e di luogo di lavoro: esistendo le condizioni – ma ove non vi fossero andrebbero costruite con grande determinazione – si sceglie come luogo di iscrizione quello di lavoro. Sappiamo bene del resto che è difficile organizzare la nostra presenza nei luoghi di lavoro. Sappiamo quanto questa presenza venga  ostacolata e molto spesso risulti esposta a discriminazioni per le nostre compagne e per i nostri compagni. Vorrebbero la fabbrica, i luoghi di lavoro, liberi da ogni presenza organizzata dei Partiti e massimamente di quello comunista: non si fa politica dicono, non ci vorrebbero consentire di praticare la nostra politica per poter fare meglio la loro. A questo ci contrapponiamo: la fabbrica, il luogo di lavoro, è territorio nazionale e proprio principalmente in questa parte del Paese i comunisti vogliono portare e far sentire la loro voce. La validità dell’obiettivo, il nostro impegno, riusciranno a superare difficoltà, ostacoli di varia natura, cogliendo il risultato di allargare e potenziare la nostra presenza organizzata nei luoghi di lavoro. E se a lor signori non piace, questo “suona” come conferma della validità di questa scelta.
 INDICE
 

ASSEMBLEA DEI QUADRI MERIDIONALI

Milziade Caprili
Abbiamo fissato il documento di base, il percorso (pubblicato nelle pagine seguenti), persino una possibile data (13-14 Giugno) della Assemblea dei quadri meridionali. Lo abbiamo fatto con riunioni ed incontri che intanto e doverosamente hanno messo al lavoro l’intelligenza e l’esperienza di molti nostri dirigenti delle organizzazioni meridionali. Un lavoro portato avanti dal Dipartimento Mezzogiorno sviluppando – per la prima volta  in modo così largo e continuativo – un raccordo con altri dipartimenti della Direzione. Su un punto siamo stati tutti molto chiari: l’Assemblea dovrà essere il risultato di un percorso che ci porti a fare i conti con nodi strategici della nostra politica meridionale, con la frantumazione di alcuni dei luoghi di questa politica (la fabbrica, i quartieri operai), con le proposte concrete con cui si dovrà sostenere questa politica, con i   movimenti che dovremo essere in grado   di suscitare o con cui dovremo stabilire   più forti legami (penso a quello che sta   accadendo per il lavoro in alcune   grandi città meridionali e alle   difficoltà ad intercettare il fenomeno   più dirompente di questa fase del   capitalismo italiano e cioè la   disoccupazione come elemento di massa e   permanente). Un’Assemblea di questo tipo   e non invece una pura accademia   magari di bei discorsi.   Certo, uno dei temi in discussione è   prima di tutto quello del Partito. Una discussione sul Partito che abbiamo per cambiarlo. E qui c’è un punto – come   dire? – che io considero dirimente. Deve andare avanti una riflessione sul  Partito, non vi è dubbio. Dobbiamo indagare i limiti persistenti. Stiamo addirittura pensando ad un Chianciano due particolarmente dedicato alla struttura del Partito. Ma, dobbiamo essere sinceri, sappiamo già tanto degli andamenti del Partito. Sappiamo che la costruzione concreta del Partito è andata avanti, che il suo radicamento si è esteso, che la consapevolezza dei suoi gruppi dirigenti è cresciuta. Sappiamo soprattutto le difficoltà che dobbiamo ancora affrontare e su queste converrà, partendo dalla preparazione dell’Assemblea dei quadri del Sud, concentrare la nostra attenzione. E’ il saper fare, il saper cambiare, quello su cui dobbiamo con maggiore forza lavorare. Risulta necessario proprio per le nostre organizzazioni meridionali partecipare attivamente al lavoro di inchiesta lanciato nazionalmente; per il Sud si pone però in termini particolarmente stringenti la necessità di una inchiesta circolo per circolo dei bisogni che nascono dal territorio che dovrebbero poi servire nel rapporto con le istituzioni perché non si disperda nel nostro lavoro istituzionale l’idea e la pratica del conflitto. Per il Sud abbiamo posto e poniamo la necessità di lavorare alla ricostruzione di un tessuto del Partito “aperto” a partire dai nostri circoli: vi sono esempi che vanno tenuti nella giusta considerazione di circoli divenuti insieme centro di organizzazione politica e poliambulatorio e doposcuola e centro sociale. Insistiamo nel ripresentare l’idea (di cui ha parlato il Segretario del Partito in un Comitato Politico Nazionale e che abbiamo ripreso a Chianciano) di sperimentare strutture intermedie tra il Partito e la società, che articolino quotidianamente la nostra pratica politica, che quotidianamente verifichino la rispondenza tra proposte, esigenze e risposte; in particolare dobbiamo pensare ad una nuova “casa del lavoro” – come abbiamo detto a Chianciano - che abbia al suo centro il diritto al lavoro e che organizzi insieme ai lavoratori occupati la gran massa di disoccupati; dobbiamo pensare ad una nuova “casa del popolo” come sede permanente di incontro e di confronto tra sensibilità, bisogni di socialità, forme della solidarietà che oggi si presentano come estranee l’una alle altre e che invece potrebbero costituire la sede per la riappropriazione collettiva dei grandi temi anche a partire dalla specificità delle questioni locali. Proponiamo, cioè, che il territorio diventi campo di sperimentazione e di “inchiesta”.

INDICE

  

PERCORSO CONFERENZA DEI QUADRI MERIDIONALI

Le iniziative del PERCORSO che ci porterà alla Conferenza dei quadri meridionali (Napoli) 13 e 14 giugno) dovranno avere un carattere ESSENZIALMENTE REGIONALE invitando eventualmente compagni/e e organizzazioni con particolare esperienza nel settore oggetto dell'iniziativa 
  • AGRICOLTURA (Matera - 21 marzo)
  • SEVIZI SOCIALI E SANITA' (Pescara - 4 aprile)
  • LAVORO MEZZOGIORNO (Bari - 29 marzo)
  • GIOVANI (Napoli - 24 aprile)
  • LAVORO AUTONOMO (Cosenza - 9 maggio)
  • 35 ORE NEL SUD (Potenza - 16 maggio)
  • LA GRANDE INDUSTRIA NEL SUD (Termoli - 17 maggio)
  • BICAMERALE, GIUSTIZIA, POTERI CRIMINALI (Palermo - 30 marzo)
  • LA RISORSA AMBIENTE (Olbia - 30 maggio)
 
  • Presentazione pubblica della proposta relativa all'Agenzia per l'occupazione per il Mezzogiorno e della proposta del Partito sulle 35 ore in tutte le Federazioni del Sud
  • Discussione del nostro documento preparatorio della Conferenza dei quadri meridionali nelle varie istanze del Partito
  

INDICE

A CHE PUNTO SIAMO CON L'ORGANIZZAZIONE DEL PARTITO NEI LUOGHI DI LAVORO?

Su questo importante problema politico organizzativo è cresciuta la consapevolezza nei gruppi dirigenti  delle nostre Federazioni.  Infatti nel corso del 1997 sono sorti nuovi Circoli Aziendali. Siamo arrivati ad oggi a oltre 140 Circoli  Aziendali censiti.  La presenza dei Circoli del Partito nei luoghi di lavoro è abbastanza diffusa nelle principali Provincie del  centro-nord della Campania, e, anche se in misura minore, in Sicilia e Puglia. Vi sono però Provincie industrializzate del settentrione dove è ancora forte il ritardo su questo terreno. Per fare un confronto definitivo sui dati organizzativi dovremo aspettare l’invio, da parte delle Federazioni, alla Direzione Nazionale, dell’elenco dei Circoli, di tutti i Circoli, con i singoli dati del tesseramento. Dati che tardano ad arrivare. Ma alcuni dati sono già di per sé significativi. Se togliamo gli 11 Circoli Aziendali dei quali ancora non abbiamo alcun dato, per tutti gli altri 132 Circoli vi è un tendenziale aumento del numero degli iscritti. Ma è interessante anche vedere settori e aziende nelle quali si è andata sviluppando e affermando la presenza organizzata dei comunisti. Sono 7 (sette) i Circoli Aziendali nel settore dell’energia, collocati a Torino, Milano, Roma, Palermo, La Spezia, Latina, per un totale di circa 150 iscritti (erano 100 nel 1996). Quello dei trasporti è un settore con 16 Circoli, con oltre 530 iscritti (erano 457 nel ’96). Nel settore assicurativo-previdenziale abbiamo censito 6 Circoli, con, ad oggi, 83 iscritti (idem nel 1996). Nel totale delle Istituzioni (Comuni, Provincie e Parlamento) registriamo una presenza di 12 Circoli con 247 iscritti (nel 1996 erano 227), mentre nel settore sanità contiamo 11 Circoli con 252 iscritti (erano 176 nel 1996). Sono 8 (otto) i Circoli nelle Aziende municipalizzate (esclusi i trasporti e gas) con 190 iscritti (erano 210 nel 1996) e 12 quelli che abbiamo nel complesso delle comunicazioni di massa (EPT, Telecom, Rai, radio private, poligrafici) con 266 iscritti (erano 294 nel 1996). Nel gruppo FIAT il Partito può contare su 9 (nove) Circoli: a Torino, Milano, Frosinone, Chieti, Napoli e Bari per un totale di 278 iscritti mancano però ancora i dati di 2 importanti Circoli. Nella multinazionale Wirpholl, con diversi stabilimenti in Italia, vi è la presenza di 2 Circoli, con 53 iscritti (erano 45 nel 1996) mentre il gruppo Italtel vede la presenza di 3 Circoli con 31 iscritti (erano 29 nel 1996). 10 (dieci) sono quelli nei porti e cantieri navali con 371 iscritti (nel 1996 erano 432), mentre negli aeroporti di Linate, Malpensa e Fiumicino contiamo 3 Circoli con 119 iscritti (erano 110 nel 1996). Sono 16 le aziende meccaniche (escluse FIAT, Wirpholl, cantieri navali e Italtel) dove vi è il Circolo di comunisti per un totale di 376 iscritti mentre vi sono altre 19 Aziende di vari settori merceologici con altrettanti Circoli, per un totale di 328 iscritti. Sono oltre 1000 i metalmeccanici (operai e impiegati) comunisti che hanno deciso di riportare la Politica nei luoghi di lavoro, nei luoghi cioè della produzione materiale e immateriale, nei luoghi del conflitto storico fra capitale e lavoro. Sono certamente il nucleo più numeroso, seguito da quelli dei trasporti (su gomma, su rotaia) portuali e aereo-portuali) con più di 800 iscritti, mentre fra i 260 e i 280 sono quelli iscritti ai Circoli Aziendali in ognuno dei settori delle comunicazioni, istituzioni e sanità. Vi è fra le altre, una doppia esperienza (Torino e Roma) di Circoli di lavoratori precari. E’ del tutto evidente che fra i nostri circa 131.000 iscritti del 1997 vi sono altre migliaia di compagne e compagni che sono lavoratrici e lavoratori dipendenti della FIAT, delle Poste, dell’ENEL, comunali, delle FFSS, di ospedali e ASL, di altre centinaia medie e grandi aziende. A questo scopo il tagliandino della Tessera 1998 contiene lo spazio per scrivere il nome dell’Azienda dove lavora il/la nostro/a iscritto/a se è un/a lavoratore/trice dipendente. Permette di portare a conoscenza del Circolo della Federazione e del Partito Nazionale, chi sono e dove lavorano i comunisti e le comuniste. Un pezzo dell’indagine promossa dal Partito passa anche da qui. Quindi la costruzione del Partito di massa passa inevitabilmente dalla costruzione del Partito nei luoghi di lavoro. Occorre però superare titubanze, ritardi, resistenze presenti anche al nostro interno. I compiti che il Partito ha di fronte sia nel breve che in quello medio rendono urgente questo salto di qualità. Di tutto questo vogliamo discutere nella 1° Assemblea Nazionale dei Segretari dei Circoli Aziendali che convocheremo nella seconda metà di marzo. Un lavoro enorme da fare. Veramente non c’è modo, per le comuniste e per i comunisti, di fermarsi, di stare fermi.
Enzo Jorfida
Dip. Nazionale Organizzazione

INDICE

  

L'ESPERIENZA DEL CIRCOLO 24 MARZO ALFA ACCIAI DI BRESCIA

La sezione di fabbrica “24 Marzo” del PCI nasce all’Alfa Acciai di Brescia nella primavera del 1985 richiamandosi alla grande manifestazione operaia che si era svolta a Roma l’anno precedente contro l’abolizione della scala mobile che appunto attraverso il referendum di quell’anno veniva messa in discussione. Tra i cinquecento lavoratori della ferriera alle porte di Brescia, venti militanti comunisti diedero vita alla Sezione anche per reagire con un segnale politico preciso all’arretramento del fronte di lotta che dura ancora oggi nel mondo politico e sindacale intaccando sempre più le prerogative politiche e le condizioni di vita della classe operaia. In breve tempo le adesioni sono arrivate ad essere sessanta ponendo così le basi perché la Sezione “24 Marzo” diventasse parte integrante non solo all’interno della fabbrica delle esperienze dei lavoratori, ma caratterizzandosi anche nel mondo sociale del quartiere assumendo ruoli sempre più ampi. Non a caso, grazie ad un ruolo d’avanguardia degli operai, è stata questa Alfa Acciai la prima fabbrica del settore siderurgico bresciano ad ottenere nel giugno ’88 la quattordicesima mensilità e successivamente a mettersi in regola con le norme per la salvaguardia ambientale fondamentali per la salute stessa dei lavoratori e per convivere con il tessuto urbano che cresceva intorno ad essa. Per poter continuare a svolgere questo ruolo i compagni, dopo la svolta della Bolognina hanno ritenuto indispensabile aderire all’unanimità al Movimento prima e poi al Partito della Rifondazione Comunista svolgendo funzione di traino e mobilitazione anche esternamente alla fabbrica con innumerevoli comizi volanti e volantinaggi. Impossibile dimenticare l’attività svolta in quegli anni dai compagni Gallillo, Cavedo e Spadetto tra tutti. Oggi dopo aver passato anche momenti critici gli iscritti a Rifondazione Comunista in questa fabbrica sono ottantadue in continuo aumento e ben di più di quelli che furono tesserati al PCI, nonostante che oggi la realtà sia molto cambiata sotto l’onda del riflusso e del disimpegno e nonostante il fatto che organizzandosi il lavoro in fabbrica con criteri del ciclo continuo su 21 turni settimanali (oltre il turno normale) persistano le difficoltà di consultazione e riunione simultanea di tutti i compagni. Noi sosteniamo che non sono dati casuali, la nostra coesione interna è in continua crescita così come l’impegno nel Partito e la visibilità nel lavoro militante pratico e politico, alle feste di Liberazione e nell’organizzare la partecipazione alle manifestazioni. Così i delegati Fiom iscritti al Circolo 24 Marzo sono undici sul totale di diciannove delegati divisi nelle tre confederazioni riuscendo anche a giocare un ruolo importante a livello sindacale. Se questa è la storia positiva di un impegno politico fruttuoso sappiamo che si tratta di non fermarsi qui e di far crescere con questo spirito e queste consapevolezze altre realtà tra le fabbriche di questo territorio con la Commissione Lavoro del Partito.
Michelangelo Maraglino 
Segretario del Circolo 
  

INDICE

MEZZOGIORNO E LAVORO PRECARIO

Il lavoro precarizzato, il lavoro che non c’è, sono aspetti drammatici di una realtà che nel Mezzogiorno  assume le forme più devastanti ed allarmanti. E’ quindi indispensabile progettare una autentica pratica politica comunista senza porli al centro delle nostre lotte e dei nostri progetti. La Federazione di Napoli, che sulle battaglie per il lavoro è da sempre in prima linea, si deve porre come protagonista e dare un impulso vero al rinnovato impegno del Partito a compiere un grande sforzo politico ed organizzativo affinché il mondo del lavoro e del non lavoro ridiventi, finalmente, il centro dal quale partire per concretizzare una idea vera del Partito di massa. Le trasformazioni che hanno interessato i processi lavorativi, con una sempre maggiore frammentazione e polverizzazione della classe dei lavoratori e delle lavoratrici e l’inesorabile loro precarizzazione, deve essere il punto dal quale partire per cercare di leggere i cambiamenti ed attrezzarci teoricamente e praticamente a ricomporre un quadro che sempre più assomiglia ad un puzzle. Gli approcci dominanti tendono con troppa disinvoltura a parlare di nuovi modelli organizzativi, sostitutivi tout court di quelli precedenti. Quando si parla, ad esempio, di modello post- fordista o toyotista non possiamo non sottolineare che il superamento del fordismo è intervenuto in settori specifici della produzione, vedi l’industria automobilistica, mentre in altri il modello taylorista si è appena affacciato ed è oggi attualissimo, vedi alcuni settori dei servizi come le poste. Non può sfuggirci, quindi, la necessità di dare un rinnovato vigore alla nostra analisi dei processi. Non può sfuggirci che la ricomposizione di classe avviene principalmente attraverso la conoscenza dei cambiamenti nella organizzazione del lavoro e quindi della percezione che ciascun lavoratore ha di sé e della propria condizione di sfruttato. Partire dai luoghi di lavoro vuol dire quindi concretamente capire cosa sia avvenuto e cosa stia avvenendo. Solo una pratica di inchiesta può farci comprendere quel cambiamento che di fatto rende più difficile la percezione di sé come sfruttato e quella del proprio simile nella ricostruzione della classe. E’ drammatico ad esempio constatare che su di un problema saliente quale quello delle 35 ore lavorative la voce dei lavoratori non sia che una voce fievole, è questo un allarme serio che sottolinea quanto sia urgente una ricomposizione di classe, che tenti di arginare questo smembramento violento che è avvenuto nella soggettività dei lavoratori e delle lavoratrici. Il problema sulle 35 ore rischia di restare un problema prettamente politico, in cui le parti restano Rifondazione Comunista da un lato e Confindustria dall’altro. Il problema è però sociale, se i lavoratori ed i disoccupati, i lavoratori a nero o chi un lavoro non lo ha mai avuto non scendono in campo per appropriarsi di questa battaglia che ha più di una valenza sociale, non avremmo raggiunto il nostro obiettivo. È questo il terreno di sfida su cui dovranno misurarsi i circoli di lavoro, riempiendo di contenuto le nostre battaglie, avendo la capacità di calare nelle singole realtà di lavoro la battaglia per le 35 ore e mettere in discussione così quel tipo di organizzazione del lavoro. Come dare voce a chi non riesce più a trovarsi? Come trovare l’unità in un sistema così fortemente frammentato? Solo una pratica politica che si incentri sulla ricerca e sulla capacità di analisi che si fa agire politico può aiutarci a dare delle risposte. Solo indagando il lavoro, le aspettative dei lavoratori e la percezione che essi hanno della propria condizione possiamo avere la capacità di dar vita a proposte e progetti. L’inchiesta quindi, come pratica politica e strumento capace di ricomporre ciò che ad uno sguardo superficiale non sembra più ricomponibile. Le iniziative che si stanno promuovendo sia a livello nazionale che a livello locale, aventi come protagonisti i circoli aziendali vanno, io credo, nella direzione giusta, per cercare di riportare al centro della nostra pratica politica il mondo del lavoro, e rendere esso il protagonista del conflitto. L’incontro avutosi a Napoli il 10/12/97 presieduto dal compagno Jorfida, con il coinvolgimento dei responsabili del Dipartimento organizzazione di Napoli e tutti i quadri attivi dei 15 circoli di lavoro presenti nella città ha avuto proprio il chiaro intento di dare la parola ai lavoratori e alle lavoratrici ma anche a chi un lavoro non lo ha più (lavoratori in mobilità o impegnati negli L.S.U. presenti anch’essi alla riunione), di ascoltare tutti i problemi e le fatiche che i compagni/e che militano nei luoghi di lavoro debbono per forza di cose sostenere. Molte iniziative da essi intraprese sono state diffusamente discusse. Molti hanno sottolineato i limiti di non avere una sede propria o di non potersi tra loro incontrare con molta facilità a causa dei turni di lavoro o a causa di una organizzazione del lavoro a rete, con più sedi sparse sul territorio. Sono venute fuori le contraddizioni e i limiti di un sindacato, nelle sue varie sigle, troppo spesso lontano dai bisogni reali dei lavoratori, anche se gli interventi succedutisi, da quello di Barbato (segretario del circolo dei comunali) a quello di Cimmino (circolo del Cardarelli) ad Antonio D’Alessandro (circolo Poste e Telecomunicazioni), hanno tutti sottolineato la necessità che la pratica politica nei luoghi di lavoro ritorni ad essere non solo quella vertenziale ma quella capace di affrontare i temi più svariati che di volta in volta investono i lavoratori come cittadini: dalla riforma della scuola, alle tematiche sull’occupazione. Si è sentita forte la necessità di organizzare riunioni periodiche dei circoli di lavoro, affinché le iniziative, come anche le discussioni interne ai luoghi di lavoro divengano patrimonio collettivo, condivisibile a cui dare grande ecco. A questo scopo l’obiettivo di creare piccoli giornali aziendali per dare voce e forza a chi spesso non ha gli spazi per dire la sua su più di un argomento ci è sembrato un buon segnale. Il giornale come strumento prezioso ai circoli di lavoro per superare anche le difficoltà strutturali di raggiungere tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, ad aprire così una discussione a cui tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici possano partecipare. Napoli non è una città però come tutte le altre, le sue contraddizioni sono tanto profonde e nascondono spesso un tale disagio, che si impongono naturalmente alla nostra attenzione. Non si poteva, quindi, parlare del lavoro a Napoli senza discutere del non lavoro, o della precarizzazione dello stesso, è quindi stato utilissimo e prezioso il contributo di alcuni compagni che militano nei movimenti di lotta per il lavoro. Essi hanno lanciato l’idea della costituzione di un vero e proprio circolo di precari, L.S.U., lavoratori in mobilità. È questa una idea interessante, che io stessa ho riproposto nell’iniziativa avutasi a Bologna il 20/12/97 con i compagni Caprili e Jorfida. In quella occasione ci è sembrato, anche soltanto ascoltando le esperienze e le realtà delle altre città, che una riorganizzazione profonda della pratica politica nei luoghi di lavoro non possa essere più rinviata.
Virginia De Robbio
Dipartimento Organizzazione di Napoli 

INDICE

  

IL PARTITO ALLA FIAT MIRAFIORI

Quando si dicute della Fiat Mirafiori  bisogna avere presente che si tratta del più grande stabilimento d’Italia in grado di condizionare le conquiste sociali del nostro paese, sia nel bene che nel male, e che ogni atteggiamento o azione che si compie alla Fiat Mirafiori, assume valenza politica nazionale. Per questo motivo tutti gli occhi dei mass media e non solo, sono puntati su Mirafiori; ma per i comunisti, spesso, l’accersario di classe non è solo la Fiat, cosa del tutto scontata, ma lo sono gli altri partiti di sinistra, con in testa il Pds per un problema di egemonia sulla classe operaia, altre volte ci troviamo a fronteggiare i sindacati perchè viene messo in discussione il loro ruolo o peggio per complicità. Alcune azioni ci portano a pensare ancora all’esistenza della gladio, infatti più volte abbiamo attaccato delle locandine nelle bacheche di una certa pesantezza contro la Fiat, e puntualmente dopo circa mezz’ora sono passati i delegati Fismic (ex Sida) a coprirle nonostante il resto della bacheca fosse vuoto. Nel ’90 quando Occhetto sentenziò la fine dei comunisti, alla Fiat Mirafiori ci fu una grande battaglia contro lo scioglimento del Pci e in due settori meccanica e presse vincemmo il congresso, e fu da questi due settori che in modo disorganizzato, perchè non ci conoscevamo neanche tra compagni, iniziammo la fondazione del Partito della Rifondazione Comunista. Per molti, come me ad esempio, che fino a quel momento mi ero impegnato solo a livello sindacale, ci fu la presa di coscienza che senza un partito comunista antagonista per i lavoratori ci sarebbe stato un progressivo arretramento dalle conquiste sociali. La nostra sola speranza di riuscita era che la Fiat ci sottovalutasse, infatti fu cisì, e quando la Fiat si rese conto che i comunisti si erano riorganizzati, dopo circa due anni, e che eravamo in grado di condizionare la fabbrica politicamente, cominciano le prime rappresaglie con spostamenti e trasferimenti di ogni genere, che continuano ancora oggi. Anche il sindacato fece la sua parte nel cercare di metterci in un angolo quasi riuscendici, e ogni volta abbiamo dovuto riorganizzarci da capo. Questi episodi ci indussero a cercare di darci una struttura a ridosso della fabbrica che ci permettesse di organizzarci meglio. Su questo progetto abbiamo fatto una serie di iniziative con sottoscrizioni contando solo sulle nostre forze forse perchè nel Partito non c’è la consapevolezza che i circoli di fabbrica sono circoli di 1° linea e per la Fiat lo è ancora di più. Fu così che il 21 settembre del ’97 siamo riusciti ad aprire la sede dei comunisti della Fiat Mirafiori. Eppure di cose in questi anni ne abbiamo fatte: 1) il 6 dicembre del ’93 ad una nostra iniziativa sull’occupazione a cui la federazione di Torino del Pds non aderì, come circolo della Fiat riuscimmo a costuire l’iniziativa davanti alla porta 2 con il Pds, i Verdi, la Rete, Alleanza democratica e Alleanza socialista. 2) La raccolta di circa 5.000 firme contro il licenziamento delle quattro lavoratrici di Nereto, facendolo diventare un caso nazionale. 3) La raccolta delle firme sill’articolo 19 e sulla scala mobile Per non parlare delle battaglie giornaliere nel sindacato perchè venga assunta la linea dei comunisti. Adesso però per il nostro partito arriva il periodo più difficile che è quello della costruzione del partito di massa in cui vedo due ostacoli difficili da superare. 1) Il nostro partito è formato da compagni che arrivano da svariate esperienze con formazione politica da piccole organizzazioni a cui manca la cultura del partito di massa. 2) E’ mia convinzione che la costruzione del partito di massa passa attraverso la ricostruzione della centarlità operaia, cosa che attualmente, a mio parere, ha una funzione del tutto marginale, impressione confortata dai seguenti fatti. Torino, città simbolo operaia, 50 consiglieri al Comune, di cui 8 dei nostri, ma non c’è un rappresentanza operaia, così anche alla Provincia, e al Parlamento. Ma scusate compagni, se gli operai nelle istituzioni non li mandiamo noi, chi volete che li mandi? Berlusconi? Da questo punto di vista è molto più operaista il Pds con la sua rappresentanza operaia a tutti i livelli istituzionali. Spero di sbagliarmi in questa mia analisi, ma penso proprio di no.
Cataldo Ballisteri
Segretario circolo Fiat Mirafiori
  

INDICE

L'INCHIESTA PER LA CONOSCENZA E PER IL RADICAMENTO

Toscana, Lombardia, Lazio, Umbria,  Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia,  Marche, Veneto, Campania, Puglia,  Calabria, Liguria, Friuli: queste le regioni (14) in cui, alla data della stesura di questa nota, si sono svolti incontri (di varia natura e composizione) per dare avvio all’inchiesta sulle condizioni di lavoro e non lavoro che il Prc sta cercando di realizzare a livello nazionale. 
GLI OBIETTIVI DI FONDO 
Potremmo schematicamente indicare 3 obiettivi generali: 
· Conoscenza delle situazioni specifiche in cui si opera quotidianamente; 
· Contribuire al radicamento di massa del Prc, attraverso una strategia articolata di ricerca 
· Contribuire al progetto di costruzione di una linea anticapitalistica adeguata alle nuove condizioni di oggi; cioè come agire in una logica di conflitto. 
L’inchiesta, quindi, non come semplice strumento di aggiornamento ed articolazione di una conoscenza e di una realtà già date ma strumento (non unico) per la costruzione di strategia ed analisi. E’ uno strumento indispensabile perchè il partito costruisca la “sua linea” insieme alle masse. 
I TEMI E GLI OBIETTIVI 
La definizione degli obiettivi politici dell’inchiesta non può che avvenire congiuntamente: scelgo su che cosa fare l’inchiesta se contemporaneamente ho definito in modo chiaro a cosa mi deve servire l’inchiesta. Gli obiettivi politici dell’inchiesta possono essere i più vari, immediati o a lungo termine, generali o molto circoscritti. Per fare alcuni esempi: 
· l’inchiesta può servire a costruire una presenza organizzata del partito in un quartiere o in una fabbrica; 
· può servire a costruire una mobilitazione sul terreno sindacale in una fabbrica o in un insieme di aziende; 
· può servire ad altre forme di mobilitazione “sociale”, ad esempio in un quartiere; · ma può anche avere come obiettivo quello di colmare delle “lacune conoscitive” che indeboliscono la capacità di elaborazione e iniziativa politica del partito, o – più in generale – di affrontare punti di debolezza politico – culturale del partito (pensiamo ad esempio alla “questione di genere”). 
E’ importante definire esplicitamente e in modo preciso gli obiettivi dell’inchiesta, per una duplice ragione: 
- è in rapporto ad essi che si può definire che cosa indagare (se vogliamo che l’inchiesta sia uno strumento politico e non un fatto “accademico” che risponde solo a generiche curiosità culturali); 
- la definizione preliminare degli obiettivi permette (e impone!) di verificare poi se l’inchiesta è stata utilizzata o no, se è servita o no rispetto agli obiettivi prefissati. 
E’ su questa base che si può definire che cosa indagare; il che significa due cose: definire il campo e definire i temi dell’inchiesta. 
IL CAMPO DI INDAGINE 
Può essere un luogo di lavoro (fabbrica, scuola, banca, ospedale, comune, ecc.), può essere un territorio (quartiere, “distretto industriale”, ecc.). Ma definire il “campo” significa anche definire altre cose: chi si va ad intervistare in quell’ambito, ad esempio tutti i lavoratori di una fabbrica, o i giovani, o solo gli operai; tutti gli abitanti di un quartiere, o solo i giovani, o solo gli anziani, a seconda del tipo di problemi che si vuole approfondire: 
I PROBLEMI CHE SI VOGLIONO INDAGARE 
Per fare solo alcuni esempi sparsi, possono essere le condizioni di lavoro, gli atteggiamenti verso il sindacato, e altri temi più “tradizionali” delle inchieste di fabbrica; ma possono essere anche i percorsi di lavoro e non-lavoro dei giovani, o i problemi degli anziani e le loro esigenze di servizi, o il funzionamento della famiglia come terreno di divisione sessuale del lavoro. Non si tratta ovviamente di fare qui una sorta di “catalogo” da cui “pescare” il tema preferito, ma solo di esempi che servono a mostrare come la discussione / decisione sul perchè fare l’inchiesta e quella su dove, come e su cosa farla vadano di pari passo. 
ALCUNE PRIME OSSERVAZIONI 
Da quanto sino ad oggi si sta realizzando emerge l’efficacia dell’inchiesta come momento di rafforzamento del nostro insediamento nei luoghi di lavoro e nel territorio, come occasione per attivare nel concreto di una iniziativa i circoli aziendali, come opportunità per la nascita di nuovi circoli, come terreno di iniziativa concreta comune dei nostri compagni ovunque collocati sindacalmente. L’inchiesta può rappresentare davvero una occasione, uno strumento, unitario di discussione e iniziativa. 
I TEMPI 
Nostro obiettivo è concludere entro aprile / maggio le fase di “avvio” per arrivare già prima dell’estate ad un primo bilancio generale che ci consenta entro l’anno di realizzare una sintesi e la presentazione del lavoro fatto. 
COME PROCEDERE 
Il lavoro dell’inchiesta è riassunto “passo per passo” dal bollettino nazionale che è a disposizione presso ogni federazione ed ogni regionale del Prc, così come il gruppo centrale di inchiesta, Vittorio Reiser, Paolo Cacciari, Marco Gelmini, e i responsabili regionali del lavoro, sono a disposizione per concordare incontri e iniziative locali. Per ogni informazione ci si può rivolgere c/o la Direzione nazionale, Dipartimento Lavoro tel. 06/441821 oppure 0335/6441990 (Marco Gelmini). L’inchiesta è anche su internet: http://www.rifondazione.it/inchiesta
Marco Gelmini
del Dip. Lavoro nazionale 

INDICE

  

SICILIA: TRA IMPORTANTI SUCCESSI E LIMITI PERMANENTI

Secondo i rilevamenti Istat del 1996 la popolazione siciliana è di 5.100.803 abitanti con 1.578.600 pensionati, 381.198 studenti (150.164 universitari) e 1.461.005 minori di 14 anni e casalinghe. Il tasso di disoccupazione calcolato su una forza lavoro che comprende i datori di lavoro è del 23,6%, ma cresce al 30,27% se il calcolo si riferisce al solo lavoro dipendente. Gli occupati nell’industria sono il 5,72%, nell’agricoltura il 2,78%, nel terziario il 19,4%. Bisogna partire da queste cifre che forniscono uno spaccato inquietante della disgregazione economica e sociale della Sicilia per comprendere le difficoltà, che furono anche del Pci, che si incontrano nel processo di costruzione del partito di massa. Il lavoro nero e le svariate forme di precariato, non rilevabili statisticamente, sono il terreno più fertile per l’insediamento della criminalità organizzata e per scorribande clientelari su cui si costruiscono le fortune elettorali dei candidati e perfino di interi partiti. Un bilancio certamente positivo quello del tesseramento in Sicilia. Positivo per la crescita della presenza giovanile e per quella dell’insediamento territoriale del Partito che dagli 88 circoli nel ’96 passa ai 155 del 1997. La composizione sociale degli iscritti è così articolata: dipendenti dell’industria 8,81%; dipendenti agricoltura il 5,05%, nel terziario il 34,91%; gli studenti il 13,38% ed i pensionati il 31,65%. La composizione per fasce di età vede: i giovani fino a 17 anni il 4,34%: dai 18 ai 29 il 25,3%: gli iscritti dai 30 ai 40 anni sono il 18,17%; dai 41 ai 50 il 17,36%; dai 51 ai 60 il 12,46 ed infine il 22,37% sono gli iscritti con età superiore ai 60. L’iniziativa e il lavoro politico, pur con non pochi ritardi e limiti, insieme a un nuovo modo di sentire non più come un fatto burocratico e contabile, il tema della costruzione del Partito, della sua organizzazione e della sua integrazione nella società, sono molto determinanti. Le feste di Liberazione, molte di più di quelle del ’96, che si sono svolte nella realtà siciliana e per la prima volta nel capoluogo siciliano, hanno visto un interesse, una grande partecipazione di cittadini, di giovani e di donne. Hanno rappresentato un grande evento di socialità, una formidabile occasione di propaganda e di informazione della nostra politica, una occasione del rafforzamento del Partito anche attraverso i banchetti del tesseramento, predisposti in ogni festa. Ma insieme a ciò non possono tacersi le difficoltà, le gravi inadeguatezze, le contraddizioni ancora molto presenti nel Partito siciliano che sono oggettivamente un ostacolo per la costruzione del Partito di massa. Prima di tutto si dovranno rapidamente assumere, con determinazione, tutte quelle iniziative politiche volte a superare alcune persistenti sacche di litigiosità, che non pochi compagni erroneamente assumono come un dato strutturale irremovibile; che rappresentano un deterrente per l’ingresso di tante nuove energie che pur manifestano entusiasmo e disponibilità nei confronti del Partito. Insomma rimuovere quello che il compagno Bertinotti ha indicato con il termine più appropriato di “settarismo”. Si dovranno assumere iniziative affinchè i 54 circoli che nel 1997 non hanno raggiunto i 20 iscritti, riescano a superarli nel 1998. Che i circoli delle città capoluogo, molto spesso allocati nelle sedi delle federazioni, abbiano proprie sedi in stretta correlazione con il territorio ed effettuino il tesseramento sulla base dell’appartenenza territoriale e non, come spesso ancora accade, su criteri strani e molto discutibili: che i circoli di “luogo di lavoro”, oggi presenti solo nella Federazione di Palermo, siano nel 1988 molti di più, almeno 1 per ogni federazione. E inoltre, dovrà porsi rimedio al deficit di informazione, di conoscenza e di pressapochismo che, in Sicilia, investe tutto il Partito ad ogni livello, sia nel merito che nel metodo del nostro fare politica esaltando il ruolo di “Liberazione”, della sua diffusione militante (aspetto questo largamente sottovalutato) e di “Rifondazione” insieme a quello della formazione, della comunicazione e della propaganda. A tale proposito l’iniziativa assunta qualche tempo fa con la pubblicazione e l’invio a tutti gli iscritti della pubblicazione “Sala Rossa” (organo del gruppo parlamentare di RC all’Assemblea Regionale Siciliana) dovrà essere ripresa per colmare una nostra lacuna sulle politiche regionali e sulle iniziative parlamentari dei nostri deputati regionali. I deludenti risultati della recente consultazione elettorale hanno fortemente attenuato la soddisfazione per il buon risultato del tesseramento. Si è aperta una importante discussione in tutte le Federazioni, ma in buona parte degli interventi l’analisi si è limitata a individuare, nel comportamento assunto dal Partito in occasione della crisi di governo e della sua conclusione, le cause dell’insuccesso. Ancora insufficiente l’analisi sullo stato del Partito, sui limiti dei nostri militanti in campagna elettorale, sulla scarsa conoscenza dei problemi presenti nei territori, sull’assenza che, in molti casi abbiamo constatato, di un nostro programma. Per queste ragioni è urgente avviare un lavoro che ci aiuti a superare questi limiti. L’inchiesta sociale, se progettata con intelligenza e con la necessaria chiarezza degli obiettivi che si intendono perseguire, può aiutarci molto a comprendere la eterogeneità sociale della nostra realtà e può contribuire fortemente ad adegtuare la nostra politica agli effettivi bisogni delle donne, dei giovani, dei disoccupati, degli anziani, degli ammalati che non possono avvalersi di una efficiente sanità, dei soggetti – sempre più numerosi – meno protetti della nostra società. La “formazione in autogestione” dei compagni nei circoli, attraverso la lettura, gli approfondimenti e la dialettica collettiva di documenti, giornali, delibere comunali, leggi regionali ecc. come complemento alle iniziative concrete ne territorio deve essere acquisita come prassi quotidiana nel nostro essere comunisti, del nostro fare politica. Su questi temi nel corso del mese di marzo il Comitato Regionale organizzerà, coinvolgendo i dirigenti delle Federazioni e dei Giovani Comunisti, un seminario di approfondimento sul tema “Potenzialità e problemi della costruzione del Partito di massa in Sicilia”.
Beppe Fazzese
della Segreteria reg. Sicilia
  

INDICE

L'INCHIESTA PER L'ORGANIZZAZIONE

Come dipartimento organizzazione del  Regionale piemontese abbiamo sentito  l'esigenza, essendo ancora in via di  strutturazione, di avere una mappatura  di quella che complessivamente è oggi  la realtà territoriale del partito nella  nostra regione. In questi ultimi anni si  è di molto allargata la base elettorale ed il peso politico del partito rispetto ad alcune realtà lavorative, con l'apertura di alcuni circoli aziendali; meno evidente è stata la crescita sul territorio con una stabilità abbastanza preoccupante dal punto di vista del numero di circoli territoriali, ovviamente con uno scarto molto grande tra Torino e la sua provincia ( dove oggi esiste la maggior concentrazioni di circoli territoriali e aziendali rispetto al territorio) e il resto della regione dove la situazione resta critica dal punto di vista della copertura operativa dei circoli rispetto alle province piemontesi. Sicuramente la morfologia del nostro territorio, con ampie zone montuose e di confine, non agevola uno sviluppo omogeneo dell'oganizzazione, ma, a mio giudizio, esiste ancora una sottovalutazione dell'importanza che riveste il progetto di allargamento e di strutturazione legato alla visibilità territoriale del Partito nella analisi che i gruppi dirigenti fanno rispetto a questa tematica. Ovviamente con il contributo e la collaborazione dei gruppi dirigenti delle Federazioni, come Regionale si è predisposto un progetto articolato in un consolidamento del lavoro organizzativo da attuarsi attraverso una sempre più stretta interazione tra le federazioni. Si è quindi decisa una riunione mensile dei responsabili federali dell'organizzazione, la creazione, sulla base delle competenze e dei risultati ottenuti dai circoli e dalle federazioni, di una commissione organizzazione del Comitato Regionale e si è distribuito ai responsabili di organizzazione l'inchiesta sullo stato del Partito in Piemonte. Questo strumento ha l'utilità non solo come dicevamo di mappare l'esistente, ma di individuarne i punti deboli su cui intervenire e di avere una prima e sintetica valutazione su aspetti della vita del Partito nazionali e locali, come ad esempio il rapporto con gli eletti da parte dei gruppi dirigenti e dei circoli, la predisposizione dei piani di insediamento del Partito e la sua attuazione, lo stato delle finanze e soprattutto le politiche per l'autofinaziamento, la stampa di partito locale, ecc.... La necessità di avere una quantità di informazioni da socializzare al corpo del partito, alle Federazioni ed ai Circoli nasce non solo dall'esigenza di avere il quadro dello stato del Partito in Piemonte, ma dall'importanza che si deve dare al miglioramento delle condizioni in cui le compagne ed i compagni si trovano ad operare nella militanza quotidiana. Per questo motivo uno degli obiettivi primari è quello di conoscere il quadro delle competenze che esistono nelle strutture territoriali per permettere un livello di interazione e di supporto nelle diverse realtà della nostra regione. Un principio di mutualità del sapere che possa servire come volano alla crescita del partito in Piemonte, che superi la scarsità di comunicazione che esiste ancora oggi tra federazioni che si trovano a pochi chilometri di distanza l'una dall'altra. Lo stesso ragionamento è valso per le strutture che sono a disposizione delle Federazioni. Ogni anno, ad esempio, crescono i costi per l'allestimento delle Feste o in generale degli appuntamenti pubblici del partito; in questi anni più o meno tutte le strutture territoriali si sono fornite di una qualche attrezzatura da utilizzare per gli allestimenti o per la gestione di questi appuntamenti. L'idea che sta alla base di questo censimento dell'esistente è quindi la razionalizzazione dei costi complessivi, quindi la possibilità di predisporre un calendario regionale delle feste per permettere la circolazione delle strutture attualmente a disposizione dei Circoli e delle Federazioni. Il nostro è un tentativo di attivare un livello di comunicazione che abbia nel Regionale una sorta di "server" ovvero uno strumento di coordinamento e di indirizzo generale, partendo dal quale si possa accedere alle informazioni ed agli strumenti utili allo sviluppo della iniziativa per la costruzione del partito di massa. L'organizzazione, quindi, vissuta come elemento propulsivo e di consolidamento del partito di massa, come settore politico in una evoluzione progressiva di supporto e di sviluppo alle politiche della nostra organizzazione.
Luca Robotti
della Segreteria reg. Piemonte
 

LA FORMAZIONE: QUALE E COME?

La necessità di "fare formazione", con  l'annessa constatazione che se ne fa  troppo poca, è una di quelle  affermazioni che nel nostro partito  trovano assolutamente tutti d'accordo,  anche se non sempre sui relativi  contenuti. Ma prima di parlare di contenuti è opportuno fermarsi un momento sul significato da attribuire a questa parola. Qui intendiamo per formazione una attività specifica, diversa sia dall'iniziativa politica immediata sia dal dibattito culturale (che naturalmente hanno anch'essi una valenza formativa) e rivolta in particolare ai nuovi iscritti e ai nuovi "quadri"; il che a sua volta implica l'esistenza di un certo patrimonio da comunicare e da discutere - certamente non solo da trasmettere, ma neanche solo da mettere insieme fra le "anime" dei diversi partecipanti - e una dichiarata finalità pedagogica. Va aggiunto che nessuna di queste affermazioni è oggi scontata, perché la pretesa pedagogica è estranea ai partiti di stampo liberale, mentre la cultura di ispirazione anarchica confida soprattutto nello spontaneo comporsi delle opinioni individuali; e d'altra parte la catastrofe del socialismo dell'Est ha fatto sì che non si possa più fare appello ad un unico "corpo" compatto (del resto i comunisti italiani non lo facevano da lungo tempo) di sapere condiviso da trasmettere. Che nonostante questo si possa e si debba “fare formazione” nel senso definito sopra, caratteristico della cultura del movimento operaio, deriva - almeno per chi scrive - da due convinzioni sostanziali. La prima è che malgrado quella catastrofe il capitalismo stia oggi, e più di ieri, scontrandosi con le sue contraddizioni di fondo, e quindi una reale soluzione dei problemi attuali si trovi al di là della sua logica; e la seconda è che il conflitto di classe, anche se celato dall’ideologia dominante e oggi indubbiamente più articolato, resti il veicolo fondamentale sia della contestazione di quell’ideologia sia della costruzione di un’alternativa. Premesso ciò vediamo rapidamente quali contenuti abbiamo individuato per questa formazione, o più esattamente quali temi proponiamo di affrontare in tutto il partito al di là delle iniziative che ogni federazione può decidere di prendere. Come punto di partenza abbiamo individuato una formazione di base costituita da tre iniziative il cui ordine, benché non sempre si riesca ad attuarlo, vuol avere anche un senso politico. Al primo posto c'è una "giornata per i nuovi iscritti" fondata sulla riscoperta del basilare conflitto di classe, sulla sua attualizzazione anche in relazione al tema dell'orario di lavoro e sul significato dell'iscrizione al partito, il tutto da mettere a punto a partire dalla campagna per il tesseramento e da trasformare via via in un’attività regolare in stretto collegamento con l'organizzazione. Segue un’iniziativa più impegnativa, di tipo residenziale anche su base regionale - tutti i particolari di questa come delle altre sono in possesso dei responsabili della formazione o possono essere richiesti all'ufficio nazionale - per la discussione di ipotesi per un'alternativa all'impresa e al mercato; e quindi, come esigenza che subito ne deriva, l’avvio di un diffuso "recupero della risorsa Marx", con l'ausilio di un libretto elementare (ma che tiene conto anche dei suoi scritti pubblicati solo nel nostro secolo, che contribuiscono molto ad attualizzarlo). . A queste iniziative possono collegarsene alcune su specifici argomenti di attualità, a cominciare da una riflessione seminariale - cioè più approfondita degli incontri che si stanno organizzando un po' dappertutto - sul significato strategico della riduzione d’orario a parità di salario; e altre di cui è stata avviata la sperimentazione sulla scienza, la democrazia, il rapporto con l’organizzazione degli enti locali, da sviluppare poi in collegamento con i rispettivi dipartimenti. E di qui può partire anche un insegnamento sulla storia dei comunisti e del movimento operaio che è già in corso in molte federazioni; e che ormai possiamo permetterci di sviluppare criticamente a partire dal comune impegno, che oggi riguarda ben più persone di quante si richiamano direttamente a quella storia, contro la regressione neo- liberista e per il superamento di un capitalismo sempre più barbarico. Parallelamente a questa attività più sistematica e rivolta a compagni (ma non solo) disposti a seguire con continuità una specifica iniziativa, stiamo avviando una “formazione all’agire politico” che fa più direttamente riferimento alla vita dei circoli e alla comunicazione fra questi e il resto della società; a partire dal ruolo insostituibile - con un sistema dell’informazione così schiacciato sull’ideologia delle classi dominanti - del “comunista in giro” che si trova ogni giorno a controbattere sul lavoro e al bar, in treno o in una fila, il senso comune televisivo, e che deve trovare adeguato supporto (e riconoscimento per questo ruolo che diventa centrale nei momenti di crisi) nell’organizzazione di partito. Di qui può svilupparsi una riflessione sulla comunicazione formale e informale, nel partito e verso l’esterno, che si saldi anche con l’esperienza appena avviata sul terreno dell’inchiesta; e all’insieme di queste sperimentazioni, qui appena accennate sotto il titolo un po' generico di formazione all’agire politico, intendiamo via via conferire dignità e importanza pari - né superiore né inferiore - a quelle dell’attività seminariale. Ma chi farà tutte queste cose? Una parte di coloro che le leggono riconosceranno qui iniziative in corso o in preparazione nella loro federazione o regione, in attuazione del programma presentato alla riunione di Chianciano dei responsabili organizzativi. Ma per molti altri che le leggono in un circolo esse giungeranno del tutto nuove, perché nella loro organizzazione non sono decollate, e nella maggior parte dei casi non perché qualcuno dissentisse: sono soprattutto altri i motivi che rendono difficile avviare un lavoro di formazione nel senso indicato sopra. Da una parte i ritmi imposti da una battaglia politica durissima, con una scadenza di lotta dopo l’altra intrecciate con continue campagne elettorali, che prevalgono fatalmente su un genere di lavoro per sua natura più sistematico (e più oscuro); e dall’altra un partito fatto quasi esclusivamente di volontari, per i quali è determinante il modo di utilizzare il limitato tempo a disposizione e non se ne può dedicare molto agli spostamenti. Cosa a cui spesso non si pensa quando viene in mente una scuola “tipo Frattocchie” - che ha avuto un storia straordinaria ma non era ossessionata dal problema di infilare il suo lavoro fra il sabato e il lunedì mattina - e che rende necessario diffondere anzitutto i seminari residenziali di fine settimana, regionali o di federazione, per conciliare spostamenti limitati con possibilità di lavoro sistematico e di socializzazione; anche se a loro volta, dovendo essere in buona parte autofinanziati, questi richiedono a chi li promuove un notevole sforzo organizzativo. Anche queste, in fondo, sono difficoltà politiche ma in un altro senso: quello degli enormi problemi che presenta oggi la costruzione di un partito comunista di massa, quasi privo sia di apparati che di adeguate risorse, spinto a decentrare anche dalla necessità ma che incontra poi difficoltà locali ancora maggiori, se non riesce a utilizzare bene il limitato tempo che un lavoro volontario può mettere a disposizione (per non parlare di quello delle donne). Questo è anzitutto un difficile problema di organizzazione del lavoro, di come riuscire a gestire insieme molti tematiche senza accantonarle a turno, di come dividersi i compiti ed essere insieme capace di integrarli: un volontario accetta la divisione se svolgere un solo compito non lo emargina, e se vi sono luoghi che consentono questa integrazione invece di assorbire il suo tempo nel ripetere congressini. Perché altrimenti si deve magari contare anche su incarichi multipli per partecipare alla vita dell’organizzazione, con il rischio di avere soprattutto un “partito virtuale”, nel quale l’impossibilità di svolgerli realmente produce frustrazioni e forse anche litigiosità. Circa le attività di formazione vi sono poi rischi più specifici, come quello ben noto di separare politica e cultura, che tendono così a diventare puro pragmatismo e ideologia sovrapposta; e soprattutto quello di un “accorciamento del tiro” proprio quando lo scontro si aggrava e investe aspetti di fondo dell’attuale società. E’ anche per questo che abbiamo puntato sul massimo di integrazione della formazione nell’organizzazione, del resto tradizionale nella storia dei comunisti e prevista dal nostro attuale ordinamento; che in concreto significa individuare nelle regioni e nelle federazioni un responsabile solo di questa che sia però strettamente collegato non solo con l’ufficio nazionale formazione, ma anzitutto con il proprio responsabile d’organizzazione. E lo ripetiamo qui anche nei confronti dei circoli, spesso portatori di una “domanda di formazione” che non può essere soddisfatta dal limitatissimo apparato nazionale; e che invece può svolgere un’utile funzione di stimolo affinché l’organizzazione locale si doti di una struttura di formazione nel senso qui illustrato, e ne venga apprezzato e valorizzato il lavoro.
Bruno Morandi

CALENDARIO RIUNIONI / INIZIATIVE CENTRALI

  • 13 marzo - Assemblea nazionale Lavoratori Comunisti ENEL ed energia
  • 14/15 marzo - (Ancona) 1° Conferenza nazionale delle elette
  • 21 marzo - Manifestazione sulle 35 ore
  • 24 marzo - Incontro pubblico con gli intellettuali al teatro Eliseo di Roma
  • 28 marzo - (Bologna) Riunione nazionale dei segretari dei circoli aziendali
  • Marzo - Incontro pubblico con l'associazionismo
  • 17/19 aprile - (Bellaria) Convegno nazionale Enti Locali
1° ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI COMUNISTI DELL'ENEL E DELLE AZIENDE ENERGETICHE
Venerdì 13 marzo 1998
dalle ore 10.00 alle ore 17.30

Milano

Circolo De Amicis - Via De Amicis 17 (MM verde - fermata S. Ambrogio o filobus 94)
  
3-3--98

archivio di Partito di massa


informazioni: Umberto Ilari

Home page www.rifondazione.it- Partito della Rifondazione Comunista