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Documento respinto dalla direzione nazionale del Partito della Rifondazione Comunista il 10 ottobre 2025
Il movimento contro il genocidio
La costruzione dell'alternativa sociale, politica, umana al sistema della guerra
Il contesto di guerra e la nascita del movimento contro il genocidio in Palestina
La Direzione Nazionale, nel salutare positivamente il cessate il fuoco a Gaza, sottolinea come questo risultato sia il frutto della eroica resistenza del popolo palestinese e quindi della mobilitazione internazionale.
Il cessate il fuoco non risolve per nulla la questione della liberazione della Palestina e di totale ingiustizia che caratterizza la situazione nell'area. Il Partito è quindi impegnato a proseguire il proprio impegno nella mobilitazione per la liberazione del popolo palestinese, contro la politica genocida dello stato di Israele e contro il progetto sionista di pulizia etnica della Palestina.
In queste ultime settimane in Italia è nato un movimento di massa contro il genocidio del popolo palestinese. Il movimento, animato in primo luogo dalla presenza di giovani, giovanissime e giovanissimi, costituisce un fatto di enorme rilevanza politica che parte da una rivolta morale, frutto dell'insopportabilità della situazione di Gaza, dove un popolo, da decenni sotto occupazione militare, viene da due anni sottoposto a pratiche di sterminio, tortura, privazioni simili a quelle che i nazisti praticavano contro gli ebrei nei campi di concentramento.
Un genocidio in mondovisione, che ha determinato una indignazione che ha travolto gli argini e si esprime oggi in una mobilitazione larga, consapevole, radicale. In un quadro di mobilitazione internazionale, la nascita di un movimento capace di coinvolgere moltissime persone di ogni età, molte delle quali non avevano mai partecipato ad un corteo o ad una manifestazione, ha spezzato il senso di impotenza che, a partire dalla fine del movimento altermondialista, ha costituito il principale ostacolo alla costruzione della mobilitazione sociale nel nostro paese.
La radicalità morale della difesa della vita contro la logica di morte del governo israeliano e dei governi occidentali suoi complici si è espressa direttamente, al di fuori della politica organizzata attorno al sistema bipolare dell'alternanza, senza deleghe ad alcuno per la definizione dei contenuti o delle forme di lotta, assumendo da questa posizione lo scontro diretto con il governo Meloni: la presa di parola collettiva di una soggettività sociale radicale nei contenuti quanto non violenta nelle pratiche, l'equipaggio di terra di una flottiglia carica di umanità solidale e coraggiosa.
Una radicalità che ha trovato la sua prima espressione nelle parole d'ordine "blocchiamo tutto", con cui i sindacati di base hanno convocato lo sciopero del 22 settembre scorso, innescando sul terreno politico e sindacale una risposta coerente con l'imperativo morale che ha portato milioni di persone in piazza su un piano del tutto asimmetrico rispetto al politicismo del bipolarismo.
Rifondazione Comunista fra spinte sociali e subalternità al "campo largo"
In questo contesto, il nostro partito, imprigionato in una linea politica moderata se non addirittura incomprensibile, largamente subalterna al centrosinistra, non ha giocato alcun ruolo politico nel movimento.
La scelta della Segreteria di non convocare gli organismi dirigenti, nel quadro nefasto di una gestione monocratica che esclude metà del partito (dopo il Congresso, la DN e il CPN sono stati convocati per discutere di politica una sola volta cadauno) ha impedito la definizione di qualsivoglia discussione, elaborazione, proposta. Per la prima volta da quando è nata Rifondazione Comunista, partecipiamo alle manifestazioni senza svolgere un ruolo politico riconosciuto e senza alcuna indicazione nazionale. Non fu così nel 1992 nel movimento contro il taglio della scala mobile, non fu così in quello di Genova e nei vari cicli di lotta per la pace. Mentre sta nascendo un movimento che si pone non solo fuori dal palazzo ma fuori dal politicismo imperante, il nostro partito è impegnato a cercare una internità al centrosinistra e al "campo largo", a quel bipolarismo che con ogni evidenza nessuna risposta è in grado di dare alla radicalità della domanda politica che il movimento pone.
Questo stato di cose rende quanto mai necessario che il partito modifichi il suo indirizzo politico, ponendosi in sintonia con il tempo presente, il contesto, i movimenti reali, operando per costruire quella coalizione contro la guerra, il genocidio, le spese militari, che può oggi rappresentare la sola proposta politica in grado di interloquire positivamente con la domanda sociale emersa con grande forza in questi giorni e di rilanciare il Partito della Rifondazione Comunista, il suo senso e il suo ruolo.
Il cambiamento dell'indirizzo politico è un passaggio necessario, indispensabile, per interagire positivamente con lo sviluppo delle mobilitazioni e con i processi di politicizzazione che vedono protagoniste le giovani generazioni. Un processo il cui sbocco non può essere piegato a logiche politiciste ma va ricercato nell'allargamento del movimento stesso, nella sua costruzione democratica e partecipata nelle forme più diffuse, oggi con l'obiettivo della fine del genocidio.
La potenza democratica del movimento contro i processi di involuzione autoritaria
L'estendersi del movimento ha obbligato i potentati occidentali a modificare le proprie posizioni, ha obbligato i complici di Netanyahu a prenderne le distanze. Questo potere popolare va esteso e l'eccedenza che si è determinata rispetto alla politica tradizionale e alle stesse organizzazioni che pure hanno avuto un ruolo nell'innesco della lotta di massa, può determinare la sua positiva sedimentazione in un reticolo di comitati locali, territoriali, di scuola, di luogo di lavoro. La strutturazione democratica e partecipata è la principale garanzia per un suo sviluppo, per la fine del genocidio e per sconfiggere l'involuzione antidemocratica che caratterizza tutto l'Occidente e che si nutre proprio della distruzione della partecipazione popolare.
È infatti evidente che la difesa della democrazia non può essere delegata a chi, con la pratica delle politiche liberiste, ne ha minato le basi materiali e formali, producendo
disillusione e astensionismo crescenti. La ricostruzione della democrazia - perché di questo si tratta - deve passare per la ripresa di un protagonismo popolare che ricostruisca quel bilanciamento dei poteri che – solo – può determinarne lo sviluppo: la democrazia o è progressiva o non è.
Occorre inoltre sottolineare come la difesa della vita e della dignità della vita di tutte e tutti, a qualsiasi latitudine, contro la logica di morte del governo sionista di Netanyahu e dei i suoi complici, colga la contraddizione fondamentale del capitalismo occidentale: un capitalismo barbarico che ha individuato nella guerra il proprio tratto distintivo e che si pone in contrasto con l'umanità in quanto tale. La messa al centro della difesa della vita, della dignità di tutti gli esseri viventi, dell'umanità nella sua ricchezza, è quindi oggi il punto fondamentale da cui operare una critica rivoluzionaria al capitalismo in crisi e su cui costruire una alterità morale e antropologica alle classi dominanti occidentali.
I compiti del partito nell'attuale fase di cambiamenti epocali
Consapevole di questa asimmetria, il Partito deve darsi come compito principale quello di far crescere questo movimento, quantitativamente e qualitativamente nella consapevolezza di dovere consolidare e ampliare, attraverso un lavoro di radicamento, organizzazione e proposta, una prospettiva di trasformazione reale.
Occorre il massimo impegno per:
- Moltiplicare i luoghi dove ci si mobilita per la Palestina libera, contro il genocidio e i suoi complici - a partire dal governo Meloni - in direzione della massima capillarità e con particolare attenzione alle scuole, alle università e ai luoghi frequentati dalle giovani generazioni. Qui in particolare occorre tendere all'internità delle/dei nostre/i iscritte/i agli organismi di massa e in ogni contesto di mobilitazione, con l'obiettivo di ampliare l'orizzonte della presa di coscienza dallo specifico dell'indignazione verso l'individuazione delle responsabilità e delle cause di fondo della tragedia in atto.
- Collegare le mobilitazioni contro il genocidio, le complicità dei governi europei e il sostegno del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese con la lotta contro la guerra e il riarmo. In questo quadro vanno denunciate le pesanti responsabilità del governo italiano, rivendicata la rottura delle relazioni diplomatiche e militari con Israele, ribadito il no all'invio di armi in Ucraina, alle politiche militariste e alle false narrazioni alla base del riarmo in Italia e in Europa. Va messo in luce il doppio standard dell'Occidente verso la Russia e Israele: misure durissime nei confronti della prima, dialogo ininterrotto, tolleranza e complicità col secondo, pur di fronte a crimini nazisti perpetrati sotto gli occhi di tutto il mondo. Vanno altresì messe in luce le responsabilità politiche di chi nell'ambito del centrosinistra, PD in testa, oltre che del centrodestra, ha confermato in queste ore il proprio sostegno nella plenaria del Parlamento europeo alla presidente guerrafondaia, iperliberista della Commissione europea Von der Leyen
- Rendere evidente che il genocidio del popolo palestinese, con l'imposizione armata del dominio israeliano nel Medio Oriente, e la spinta alla guerra e al riarmo in Europa rispondono allo stesso scopo: arginare la crisi del capitalismo occidentale e del modello imperiale a comando Usa impedendo la nascita di un mondo multipolare e rafforzando la tendenza alla divisione in blocchi contrapposti.
- Collegare la lotta contro il riarmo a quella in difesa dei diritti e dei redditi dei ceti popolari; mostrare come l'enorme aumento delle spese militari preteso dalla Nato e accettato dal governo italiano implichi tagli generalizzati al welfare, presentati come necessari con la menzogna delle mire aggressive russe verso l'Europa. Su questi terreni e con il contrasto alla diffusione di un clima di preparazione alla guerra, agito con una propaganda asfissiante portata perfino dentro le scuole, si gioca la sfida delle comuniste e dei comunisti, nei comitati contro il riarmo e la guerra, contribuendo alla loro costruzione e diffusione, contrastando l'affermazione in essi di linee guerrafondaie comunque mascherate.
- Partecipare attivamente a tutte le iniziative di movimento contro il genocidio, la guerra, il riarmo, le politiche di austerità. Costruire la nostra partecipazione organizzata alla marcia Perugia Assisi del 12 ottobre, alla manifestazione pro-Gaza e per la sospensione di Israele dalle competizioni calcistiche in programma a Udine il 14 ottobre. Lavorare a radicare la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro il colonialismo criminale di Israele, fare una campagna per la liberazione di Barghouti.
In conclusione, appare del tutto impensabile che il PRC possa interloquire, cooperare con questo movimento che nasce fuori dalla asfissia del sistema bipolare proseguendo sulla strada delle alleanze elettorali con il centrosinistra e con chi sostiene quelle politiche. Questa contraddizione si risolve solo costruendo il polo politico dell'alternativa al centrodestra e al centrosinistra, che metta al centro la lotta contro la guerra senza se e senza ma, la difesa dei diritti sociali a partire dal lavoro; che metta in discussione un sistema che vive dello sfruttamento dei nostri corpi, delle nostre vite e del pianeta stesso. Rifondazione Comunista può rafforzarsi e tornare ad essere credibile solo se collocata nello spazio politico dell'alternativa.
Le elezioni regionali
In questo quadro si inserisce il passaggio delle elezioni regionali, che ci consegna una pagina vergognosa nella storia della Rifondazione Comunista.
La proposta congressuale del primo documento, infarcita di proclami contro il PD, si è sciolta come neve al sole in una pratica politica che non ha precedenti nella storia del nostro partito.
- Nelle Marche siamo andati alle elezioni con una formula di "bicicletta" che appoggiava un presidente di regione favorevole al riarmo europeo. La possibilità di fare una lista con il PCI non è stata nemmeno presa in considerazione. Il risultato della nostra lista all'1,3%, e i nostri candidati agli ultimi posti nelle preferenze, bastano da soli a smontare la narrazione che "col centrosinistra si elegge"; la destra, sfidata sul suo stesso terreno, ha vinto tranquillamente le elezioni in quella che era una "regione rossa".
- In Calabria, dove pure il centrosinistra ha presentato il miglior presidente della tornata elettorale, un ex iscritto a Rifondazione Comunista che ha mantenuto un profilo politico incisivo, il livello di compromesso e di svalorizzazione del partito a cui siamo scesi è difficilmente descrivibile. Nell'unica circoscrizione elettorale in cui abbiamo proposto un candidato di Rifondazione Comunista – il segretario regionale – questo ci è stato rifiutato perché avrebbe dato un'immagine troppo spostata a sinistra del complesso della coalizione. Non solo abbiamo accettato
questa vergognosa esclusione ma nelle altre due circoscrizioni abbiamo sostenuto candidati in due liste diverse (in una quella del presidente, nell'altra quella di AVS) mentre il nostro simbolo scompariva anche nella coreografia delle manifestazioni, affidato unicamente alla presenza dei compagni in piazza. Difficile pensare ad una forma più vergognosa di subalternità.
- In Puglia abbiamo addirittura scelto di stare nella coalizione di centrosinistra guidata da Antonio Decaro, parlamentare europeo favorevole alla guerra e al riarmo contro la Russia, già sindaco di Bari a cui avevamo sempre fatto opposizione. Dopo questa scelta, che contraddice decenni di attività politica del partito in quella regione, la maggioranza del Comitato Regionale ha deciso di sostenere candidati non di Rifondazione Comunista, nella lista dei 5 stelle, ad oggi senza passaggi democratici formali per la loro designazione. A coronamento di questa brillante operazione politica, apprendiamo dagli organi di stampa che il segretario della federazione di Foggia è passato direttamente a Sinistra Italiana, evidentemente considerando che, se il nostro partito non ha alcuna linea politica da proporre e semplicemente insegue con il cappello in mano i vari spezzoni del centrosinistra, tanto vale passare direttamente in una formazione che nel centrosinistra ci sta con qualche efficacia.
- In Veneto abbiamo superato il ridicolo, perché la maggioranza del Comitato Politico Regionale ha deciso, rifiutando una lista comune proposta dal PCI, di chiedere di entrare nel centrosinistra, richiesta snobbata dal candidato presidente, al punto che sui giornali veniamo definiti "i rifiutati". A questo punto, dopo che il nostro segretario regionale si è pubblicamente lamentato sui giornali veneti del fatto che siamo stati rifiutati nonostante noi avessimo accettato tutti i punti avanzati dal PD, ha proposto e fatto approvare in Comitato Regionale la presentazione di una lista del partito. Ma pochi giorni dopo, senza che sia stata presa alcuna decisione dalla Segreteria Regionale o dal Comitato Politico Regionale, il segretario è tornato dal PCI per proporgli di fare una lista comune fuori dal centrosinistra. Il tutto senza che il partito sia messo nelle condizioni di sapere che cosa stava succedendo. Veniamo a conoscenza ora di un nuovo episodio di questa saga imbarazzante. Il CPR è stato messo di fronte ad un'ennesima incredibile giravolta: la proposta di votare il nostro ingresso nella coalizione del centrosinistra.
- Nelle seguenti tre regioni, dove il documento due ha avuto la maggioranza in Congresso, è stata praticata una linea diversa, ma è del tutto evidente che l'arlecchinata sopra descritta produce una situazione di sfarinamento di tutto il partito, che aggrava in modo molto preoccupante la sua crisi politica e inficia in modo imbarazzante la sua credibilità pubblica.
In Valle d'Aosta abbiamo costruito una lista con il Movimento 5 Stelle e i fuoriusciti da Sinistra Italiana e dal PD, finalizzata a costruire un'alternativa al blocco di potere che da decenni governa la vallata. Questa lista ha preso il 5,5 % ma per 80 voti non ha eletto a causa di uno sbarramento del 5,7%.
In Toscana abbiamo costruito con Potere al Popolo, Possibile e con varie espressioni del territorio la lista "Toscana Rossa", che, con candidata a presidente Antonella Bundu, si pone in concreta alternativa al bipolarismo degli affari, pur nella consapevolezza che l'assenza di un chiaro, coerente indirizzo nazionale rende tutto più difficile.
In Campania abbiamo cercato di costruire un ampio schieramento alternativo al sistema di potere di De Luca e concretamente abbiamo costruito una lista con gli unici che si sono sottratti al discreto fascino di De Luca e famiglia, dando vita a "Campania Popolare", con Potere al Popolo e con il PCI.
L'urgenza e la responsabilità di cambiare l'indirizzo politico
Inutile dire che questa disamina segnala un problema politico di inaudita gravità che la nascita del movimento di massa contro il genocidio del popolo palestinese sottolinea una volta di più: la pratica di una linea opportunista senza principi, invece di determinare il rilancio, come era stato indicato dal congresso, genera un processo di dissoluzione del partito, ne mina la ragion d'essere, rendendo incomprensibile agli/lle stessi/e militanti quale sia il ruolo politico che è chiamata a svolgere Rifondazione Comunista.
A fronte di questi danni, il cambio della linea e dell'indirizzo politico si pone come necessità immediata, come ineludibile responsabilità, a partire da questa Direzione Nazionale. Facciamo appello a tutte le compagne e a tutti i compagni del partito affinché, alla luce delle grandi mobilitazioni - una novità che cambia completamente lo scenario sociale e politico - si apra al nostro interno, a tutti i livelli, una discussione che ponga al centro il ruolo e la linea politica del nostro partito per lo sviluppo del movimento e la costruzione dell'alternativa nel contesto di cambiamenti epocali e della ripresa della mobilitazione popolare.
Daniela Alessandri, Valeria Allocati, Fabrizio Baggi, Nicola Candido, Giovanna Capelli, Alberto Deambrogio, Eliana Ferrari, Paolo Ferrero, Loredana Fraleone, Riccardo Gandini, Stefano Grondona, Tonia Guerra, Ezio Locatelli, Nando Mainardi, Vito Meloni, Dmitrij Palagi, Antonello Patta, Giulia Pezzella, Tania Poguish, Monica Sgherri, Silvia Stocchetti, Roberto Villani
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