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Direzione nazionale 29 luglio 2025

Alberto Deambrogio

L'accordo sui dazi tra USA e UE va contestato in radice attraverso una critica puntuale, che non può non considerare in quale contesto di lungo periodo esso si attua. Le classi dirigenti europee arrivano a questa capitolazione dopo aver scelto la guerra, il riarmo, i tentennamenti sul genocidio palestinese e l'austerità strategica. A questa posizione ha dato forma anche il lato politico di centro sinistra, che, tanto per citare l'ultimo esempio, non è stato in grado con il PD di chiedere le dimissioni di Von der Leyen.

Abbiamo dunque bisogno di rompere questa linea non presentandoci come sinistra interna all'impero americano e occidentale, ma come soggettività in grado di orientare diversamente le scelte che avranno ricadute pesanti sulle classi popolari. Per stare in Piemonte, ad esempio, va segnalato il fatto che per rilanciare il settore della mobilità collettiva servirebbe guardare ad altri interlocutori internazionali e mercati, quello cinese in particolare. Se ci volgiamo alla nostra agricoltura di qualità poi, non possiamo che unire la nostra ferma opposizione all'accordo con chi, come l'Associazione Rurale Italiana, ne intravede gli esiti mortali. Ci sono tutti gli elementi affinchè, a partire anche da questo territorio, si sviluppi una campagna partecipata contro l'accordo USA UE e per il ritiro della firma su di esso da parte dell'Italia. Ciò che è accaduto a Milano con le vicende legate al suo sviluppo urbanistico deve essere analizzato al di là dei suoi aspetti eventualmente penali.

Quello che ci deve interessare è un modello complessivo, una idea di sviluppo economico, di governo del territorio, di speculazione, di estrazione di valore, di espulsione delle classi inferiori, di mortificazione della partecipazione. I riflessi di quel modello li troviamo riprodotti anche in Piemonte, a Torino dove il centro destra regionale ha approntato l'ennesimo assalto normativo a ciò che rimane di una buona legge urbanistica degli anni '70. A fronte di tutto ciò il centro sinistra alla guida del comune capoluogo ha espresso una sola vera critica: si tratterebbe di una scelta poco coraggiosa. Credo che queste tendenze culturali e politiche di fondo non siano un elemento secondario, ma indichino una significativa persistenza strategica con cui occorre fare i conti. Ribadire questi elementi materiali non significa proporre automaticamente una posizione critica.

Chiedo che su questo ci sia ascolto e si possa valutare senza girarsi da un'altra parte per sostenere la necessità di convergenze più o meno tattiche col centro sinistra. Un Sala che ripropone di andare avanti allo stesso modo, con tanto di solidarietà del PD, è o no un problema per chi dice di volere l'alternativa? Quello che sta succedendo a Milano, la sua potenza rivelatrice di un'impostazione valida nel Paese, merita davvero un nostro approfondito vaglio. Chi lo chiede lo fa non perché è incapace di dialettica, ma perché vede chiaro il pericolo di un'ulteriore slittamento a destra o nella muta passività di settori popolari divenuti trasparenti per le classi dirigenti di centro sinistra.

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