Documento respinto con 21 voti a favore

La via maestra: pace, diritti uguali a nord e sud, Costituzione

La direzione nazionale del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra europea esprime grande soddisfazione per la riuscita della Festa nazionale e ringrazia tutte le compagne e i compagni che con il loro impegno l’hanno resa possibile.

Il successo della festa - partecipazione, qualità dei dibattiti, interlocuzioni e ospiti, attenzione mediatica - dimostra le potenzialità del nostro partito e la possibilità di tornare a essere un punto di riferimento nel paese.

I risultati finora raggiunti dalla raccolta firme per la legge di iniziativa popolare per il salario minimo rappresentano un altro dato positivo che è stato reso possibile dallo straordinario lavoro militante sui territori delle nostre compagne e dei nostri compagni.

Il nostro Partito è di fronte a grandi sfide nei prossimi mesi a partire dalla costruzione concreta dell’opposizione a un governo fascioleghista che non nasconde il suo profilo reazionario, classista e razzista.

La guerra ai poveri, dai percettori del reddito di cittadinanza ai migranti richiedenti asilo, caratterizza un esecutivo che non solo è culturalmente razzista, ma ha anche ha bisogno di capri espiatori e rilancia la “guerra culturale” per distrarre dalla sostanziale inefficacia delle sue ricette economiche e dalla mancata attuazione delle sue promesse sociali.

Le misure draconiane contro migranti e richiedenti asilo, più violente che in passato, ma in continuità con la chiusura identitaria dei governi che l’hanno preceduta e con le politiche proibizioniste europee, rappresentano la cartina di tornasole di come in questo Paese si intenda affrontare unicamente in chiave repressiva ogni questione che abbia origini e dimensioni sociali. Detenzione, deportazione, respingimenti e persino il contrasto ai soccorsi in mare, la criminalizzazione della solidarietà e di chi prova a forzare le frontiere, sono la cifra di un fallimentare approccio fondato sulla mancanza totale di soluzioni a lungo termine, come la definizione di canali di ingresso legali o la regolarizzazione a regime di chi è in Italia presente. Le cariche contro gli studenti a Torino non rappresentano una novità di questo governo, ma le dichiarazioni dei suoi esponenti invocano continuamente una ancora più dura criminalizzazione e la repressione della protesta sociale e legittimano gli abusi in divisa.

Il governo Meloni sta ampiamente dimostrando la natura reazionaria del “sovranismo” della destra, che agita strumentalmente l’interesse nazionale al solo fine di portare avanti, sul piano internazionale, una politica virulentemente guerrafondaia agli ordini degli USA e della NATO, e, sul piano interno, una plateale politica di acquiescenza alle logiche della Commissione Europea sui vincoli di bilancio, e anche alle multinazionali estere (come dimostra la scelta di non assumere il controllo dell’ex-Ilva di Taranto continuando a regalare soldi pubblici a Arcelor Mittal e quella di consegnare un’infrastruttura strategica come la rete Tim al fondo statunitense KKR).

La manovra del governo si muove nel quadro di ciò che impone la UE essendo parte di fatto della “maggioranza Ursula” che la governa e ne peggiora le conseguenze con politiche fiscali opposte al dettato costituzionale. In un quadro di inflazione da guerra e da profitti, di assurde politiche di alzamento del costo del denaro agite dalla BCE, di segnali di recessione nella stessa Germania, di innalzamento dello spread come condizione strutturale di aggressione della finanza al nostro Paese, di ripresa folle delle politiche di austerità le idee guida del governo stanno tra i condoni e i tagli, un neoliberismo condito di difesa di privilegi e rendite.

Il punto, drammatico e gravissimo, che riguarda non solo l’attuale governo ma tutti quelli che hanno gestito la fase pandemica e le cosiddette politiche espansive europee è che esse, per scelta europea e dei governi italiani, non hanno fatto altro che sostenere le vecchie scelte e i vecchi interessi. Come certifica Mediobanca che parla di profitti in crescita e di salari in arretramento.

Nessuna versione dei Pnrr ha tentato di invertire lo sciagurato trend pluridecennale.

Nessuna inversione verso il rilancio del pubblico, la reindustrializzazione di qualità, il risanamento ambientale, il Sud, l’occupazione.

Il nostro sistema produttivo continua a perdere colpi, ore lavorate, comparti subendo processi di internazionalizzazione passiva. Il sistema pubblico dei servizi è degradato, scarso, obsoleto, vecchio con operatori anziani, insufficienti e mal pagati.

I giovani non hanno prospettive e continuano ad emigrare o a star fuori dalla formazione e dal lavoro in percentuali le più alte in Europa. Per le pensioni, lungi dal mettere mano alla legge Fornero, se ne allarga la tragica fondamenta della aspettativa di vita come “colpa” preparando, come cinicamente suggerisce l’Inps, il taglio dei rendimenti a chi vive di più invece che mandare in pensione prima chi è più usurato, abolire la legge Fornero, alzare le pensioni basse, garantirle ai giovani, porre un tetto a quelle alte.

Ora la guerra militare ed economica in cui siamo stati arruolati dà un ulteriore colpo, accrescendo l’inflazione, colpendo il sistema produttivo, privilegiando le armi ai granai per citare Pertini.

Il governo Meloni si qualifica anche come nemico dell’ambiente e delle nuove generazioni collocandosi sulla linea di Trump e Bolsonaro e con i settori del capitale fossile. Al negazionismo climatico, alle dichiarazioni feroci contro il via libera dell’Europarlamento alla legge sul ripristino della natura e dalle spudorate fake news sul “maltempo” di questa terribile primavera-estate che ha visto morti e devastazione provocate dalle crisi climatica, allo stillicidio di misure e scelte antiecologiche, i progetti sviluppisti e predatori dei territori del Ponte sullo Stretto, la TAV in Val di Susa, i rigassificatori. Sono peraltro quasi tutti gli stessi provvedimenti dei governi precedenti e trovano il consenso di parte dell’attuale opposizione parlamentare mentre l’altra pratica un morbido “greenwashing”.

Questo governo condanna dunque il Paese alla crescita delle disuguaglianze e al declino; ma questo non implica una crisi immediata di consenso perché ha dalla sua la obiettiva paura sociale di larghe fasce della popolazione povera, la continuità sperimentata dei discorsi sui capri espiatori e la pressoché naturale saldatura di un blocco di consenso che va dai piani alti del capitale e del mondo affaristico fino alle piccole e medie imprese e ai settori più dinamici del lavoro autonomo.

L’alternativa alla destra non si costruisce invocando Ursula von der Leyen, i trattati europei, le bandiere a stelle e strisce o UE; tanto più che Giorgia Meloni e i (post)fascisti sono stati immediatamente sdoganati perché fedeli esecutori dei diktat. Né si costruisce una opposizione credibile sulla base della continuità con i governi precedenti, che hanno creato esattamente le condizioni sociali e politiche per la resistibile ascesa di Giorgia Meloni.

Senza un antifascismo popolare e l’impegno contro la guerra non è possibile contrastare un governo di ultradestra, reazionario, classista e guerrafondaio.

L’antifascismo popolare non può che essere sociale, conflittuale, solidale, antiliberista e pacifista. C’è bisogno di una opposizione sociale e politica che lotti con coerenza per i diritti di chi lavora, per la piena occupazione, per il diritto al reddito, alla salute, alla casa, allo studio, per tutte/i, per il drastico taglio alle spese militari. Solo così l’antifascismo ritrova le sue radici.

L’opposizione al governo va dunque condotta sulla base di un programma di difesa e attuazione della Costituzione. Il governo sta portando avanti non solo politiche sbagliate e antipopolari di smantellamento del welfare, e in particolare della sanità, ma un organico e definitivo attacco volto a scardinare l’assetto costituzionale. Il combinato disposto dell’autonomia differenziata del progetto Calderoli e delle proposte presidenzialiste sostanzialmente ci porta definitivamente fuori dal quadro della Costituzione nata dalla Resistenza. Non solo verrebbe meno l’unitarietà e l’esigibilità dei diritti nel territorio nazionale ma si imporrebbe anche una definitiva svolta autoritaria nel segno di meno stato sociale e maggiore verticalizzazione e accentramento del potere. Gli esiti, purtroppo preparati da tre decenni di riforme istituzionali condivise o promosse dal centrosinistra, sarebbero davvero devastanti per quanto riguarda la crescita delle disuguaglianze sociali, dello squilibrio tra regioni meridionali e nord del paese, e più in generale in termini di perdita di diritti e di spazi democratici per tutte/i.

Per queste ragioni riteniamo fondamentale la manifestazione nazionale LA VIA MAESTRA del 7 ottobre a Roma indetta dalla CGIL e più di 200 realtà associative su una piattaforma, rispetto alla quale si possono fare puntualizzazioni e anche distinzioni, ma il cui impianto complessivo è nettamente condivisibile, a partire dal no all’autonomia differenziata e al presidenzialismo fino alle questioni sociali più importanti. Condividiamo in particolare che la “via maestra” sia quella dell’attuazione della Costituzione. Ma questa indicazione implica un orientamento di netta opposizione alle politiche neoliberiste, alle politiche di guerra della NATO e ai trattati europei, nonché una piattaforma di netta rottura con le scelte dei governi di centrosinistra e gli anni della concertazione.

Auspichiamo che anche da parte della CGIL la continuità di una mobilitazione che segni l’apertura di una stagione di ripresa del conflitto sociale e di protagonismo della classe lavoratrice.

In questa fase rimane centrale e imprescindibile la questione della guerra e va rilanciata la mobilitazione per rivendicare la pace, il cessate il fuoco, il no all’invio di armi e all’aumento delle spese militari. Giorgia Meloni e il suo partito – come i governi di estrema destra in altri paesi europei - sono stati sdoganati dagli USA e dall’UE perché allineati con le scelte di guerra della NATO come i precedenti governi.

Il ripudio della guerra è stato da tempo cestinato anche dall’opposizione di centrosinistra. La nostra Costituzione è pacifista e imporrebbe che l’Italia assumesse un ruolo di mediazione per una soluzione pacifica del conflitto e che i nostri soldi venissero spesi per la sanità, la scuola, la solidarietà.

L’opposizione parlamentare fa finta che la guerra non ci sia. D’altronde il PD ha la stessa posizione del governo Meloni. L’Italia ha una Costituzione pacifista e un’opinione pubblica largamente contraria alla guerra; ma nello spazio della rappresentanza una posizione coerentemente contro la guerra non c’è.

Per queste ragioni, accanto alle mobilitazioni del 21 ottobre e del 4 novembre, assume un valore molto positivo la proposta di lista unitaria “per l’uscita dell’Italia dalla guerra”. lanciata con l’appello di Raniero La Valle e Michele Santoro e con l’assemblea del 30 settembre, è un fatto molto positivo perchè denuncia questa rimozione e ripropone la questione che abbiamo posto un anno fa come Unione Popolare: dare rappresentanza al no alla guerra. Si tratta di una proposta con cui interloquire, da corroborare, in cui portare i nostri contenuti e il nostro punto di vista per giungere a una lista plurale e capace di parlare alle tante e ai tanti che non hanno oggi rappresentanza politica e sociale. Il progetto di una lista più larga e in grado di avere maggiore visibilità che irrompa nella campagna delle europee dando centralità al tema della guerra in connessione con le emergenze sociali e ambientali rappresenta un’occasione di rafforzamento del fronte pacifista e antiliberista che Rifondazione Comunista e Unione Popolare hanno sempre auspicato. Una lista di convergenza pacifista con un profilo politico di massa e programmatico netto è anche utile per contenere la spinta fortemente bipolare che sarà fortissima nelle elezioni regionali e amministrative concomitanti alle europee nella scadenza di giugno prossimo.

Nella assemblea del 30, contemporaneamente si sono registrata una ampia confluenza di realtà sociali e culturali contro la guerra, e, insieme, un ruolo riconoscibile e riconosciuto di Unione popolare e del Prc, uniche forze politiche a cui è stata data la parola, con gli interventi rispettivamente del portavoce e del segretario nazionale.

La realizzazione di un progetto volto a dare forza, anche nel Parlamento europeo, alle ragioni della pace è il nostro progetto e non la mera adesione a una proposta di altri. E deve essere la bussola e l’elemento prevalente nel determinare le scelte nel prossimo futuro. Consideriamo fondamentale lavorare al coinvolgimento e alla partecipazione di tutta Up alla proposta lanciata il 30 settembre, nella consapevolezza, altresì, che non è mai stata decisa dagli organismi dirigenti alcuna cessione di sovranità del Prc, su scelte strategiche così come su quelle elettorali, né peraltro vi può essere in una fase in cui ancora non vi sono Statuto e organismi democraticamente eletti.

Lo sviluppo del progetto di Unione Popolare non è in contraddizione con la costruzione di una lista unitaria alle elezioni europee. Il documento del coordinamento di Unione Popolare per un’alleanza per la pace – frutto della mediazione tra sensibilità diverse - costituisce una base di confronto da cui partire. E comunque la partecipazione al progetto sarà oggetto di valutazione da parte del Comitato Politico Nazionale che - da convocare per il 14 e 15 ottobre come proposto dal segretario nazionale - dovrà esprimere un indirizzo di lavoro per la segreteria e la direzione per i prossimi mesi.

In questi mesi sarà indispensabile il contributo di elaborazione politica e programmatica, di cultura politica radicale ma non settaria e di capacità organizzativa di Rifondazione Comunista per rilanciare il progetto di Unione Popolare e per costruire uno schieramento più largo di alternativa e opposizione.

Lo scarso numero delle adesioni on line a UP fotografa una difficoltà politica del progetto che ha molte concause e non si risolve con l’arroccamento settario. Lo sforzo unitario deve caratterizzarci all’interno di UP come del partito, soprattutto nei confronti delle tante realtà esterne con cui è possibile costruire percorsi comuni.

In questo contesto dobbiamo porre al primo piano la cura del Partito. Il successo della festa, gli importanti risultati ottenuti nella raccolta delle firme sulla lip sul salario minimo, la mobilitazione garantita sui territori confermano l’essenzialità della presenza di una comunità politica che continua a garantire una battaglia nel Paese e che ha dimostrato, nonostante le proprie carenze, di costituire un riferimento apprezzato anche da soggetti sociali e politici esterni. Per queste ragioni va portato avanti con determinazione il lavoro di tesseramento, verso simpatizzanti e il recupero di iscritte/i e di concretizzazione delle innovazioni organizzative contenute nel nuovo statuto del partito.

Lo stesso progetto di Unione Popolare può diventare credibile se si lavora con impegno alla crescita delle adesioni esterne con l’obiettivo di superare almeno il numero di quelle delle organizzazioni promotrici.

Rimane impegno prioritario quello della campagna per la legge di iniziativa popolare per il salario minimo che va rilanciata con la raccolta firme direttamente con i banchetti, invitando le persone a firmare nei Comuni e a breve anche on line.

Confermiamo la nostra partecipazione alla raccolta firme per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e il lancio nei prossimi giorni della campagna on line contro la fine del servizio di maggior tutela per luce e gas.

La direzione nazionale impegna tutto il partito nelle prossime settimane al massimo impegno per la partecipazione ai prossimi appuntamenti di mobilitazione, dalla imminente manifestazione nazionale La via maestra di sabato 7 ottobre a Roma alle manifestazioni contro la guerra e le basi militari a Pisa il 21 ottobre e il 4 novembre a Roma, nella campagna di tesseramento al partito e per le adesioni on line a UP.

La direzione nazionale impegna la segreteria a proseguire nell’interlocuzione con La Valle e Santoro e nel confronto con le altre componenti di Unione Popolare sui prossimi passaggi.

Maurizio Acerbo

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