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Direzione 24 maggio 2023
Intervento di Gianluigi Pegolo
A proposito delle recenti elezioni amministrative, sulle liste di cui faceva parte il PRC, mi pare si possano trarre le seguenti considerazioni: I migliori risultati si hanno laddove le liste vedono la convergenza di più forze, con candidati conosciuti e apprezzati. La rappresentatività è maggiore se si tratta di realtà nelle quali vi è stato in passato un impegno consistente sulle problematiche locali. In questi casi si tratta quasi sempre di liste civiche di sinistra. Nei casi in cui le liste facciano riferimento esclusivamente a Unione Popolare i risultati sono modesti.
Certo vi sono anche delle eccezioni, ma si tratta per l’appunto di eccezioni. Questi risultati hanno per noi il valore di una indicazione politica. Ci dicono che nei livelli locali, Unione Popolare, in quanto tale, non esercita una spinta propulsiva. Le ragioni sono diverse , ma io credo che alla fine ciò dipenda sia da un profilo politico evanescente, sia da una massa critica inadeguata. Questo dato deve farci riflettere perché pone almeno due problemi. Il primo riguarda una previsione circa le capacità di consolidamento di questa esperienza in vista delle elezioni europee. Ritengo che sia irrealistico pensare in così breve tempo di riuscire a produrre una crescita qualitativa e quantitativa sufficiente a superare il quorum del 4%, per cui è gioco forza lavorare per costruire una presenza elettorale più ampia, intorno ad alcuni contenuti, come: la pace, il reddito e il lavoro.
Il secondo problema attiene al motivo per cui Unione Popolare non decolla. Certo vi sono stati limiti soggettivi, uno scarso impegno, ecc. Ma la mia opinione è che vi sia all’origine una problema strutturale e cioè la compresenza in Unione Popolare di progetti politici diversi che determinano di volta in volta rotture, paralisi o scarsa attività. In particolare, occorre affrontare il nodo della presenza di posizioni settarie che determinano l’impossibilità di costruire alleanze adeguate o che limitano la nostra possibilità di dialogo con le organizzazioni di massa, o ancora che spingono ad assumere atteggiamenti isolazionisti e minoritari. Se le cose stanno in questi termini ne deriva la necessità di affrontare con intelligenza i prossimi compiti. Per quanto riguarda i coordinamenti provinciali di UP a me pare che in questa situazione sia controproducente scegliere delle modalità uguali in tutti i luoghi, credo per esempio che non abbia alcun senso che i compagni di Rifondazione, laddove non esistono altri soggetti che fanno riferimento a UP, si auto rappresentino come UP. In questi casi ha senso che diano visibilità al partito. Laddove esistono altre forze, i rapporti vanno modulati potendosi configurare coordinamenti veri e propri o semplici strutture di contatto. Questa situazione di UP si riverbera inevitabilmente anche sull’ìniziativa politica.
Abbiamo oggi in campo diversi terreni di iniziativa: dalle questioni sociali, come la legge di iniziativa popolare sul salario minimo, alla battaglia contro l’autonomia differenziata e il presidenzialismo, alla iniziativa antifascista, all’iniziativa sulla pace. Credo che il PRC debba affrontare questi terreni con un’impostazione non settaria. Abbiamo bisogno di interloquire con il sindacato, e non solo i sindacati di base ma anche la CGIL, abbiamo bisogno di costruire un movimento unitario sulle questioni istituzionali, e in tal senso il rapporto con il CDC va ripreso, e sull’antifascismo e la pace, dove il lavoro comune con l’ANPI e’ essenziale. Se il nostro obiettivo è la costruzione di un’opposizione di massa, dobbiamo saper interloquire, costruire convergenze, non rinchiuderci in collocazioni testimoniali. Ciò può determinare tensioni con alcuni settori di UP, ma in tal caso va difesa la nostra autonomia, che diventa condizione essenziale per un’iniziativa politica efficace.