Direzione del 17 febbraio 2023 - Stefano Galieni
Parto da una contraddizione di cui non ho ancora compreso la portata. Durante la campagna elettorale ho sostenuto, soprattutto da ufficio stampa, le nostre candidate Mara Ghidorzi e Rosa Rinaldi, con cui ritengo di aver lavorato in maniera positiva. Come non accadeva da anni, anche se in maniera imparagonabile, rispetto ai candidati delle maggiori forze politiche, abbiamo avuto una visibilità mediatica rilevante. Di questo va ringraziato de Magistris e il suo ufficio stampa, per averci messo in contatto con le segreterie di redazione dei programmi radio televisivi.
Ma di fronte a tale esposizione è inutile nascondere che il risultato è stato, soprattutto nel Lazio, deludente e non per responsabilità delle compagne che si sono rese generosamente disponibili. Un segnale, nel Lazio, era giunto durante la raccolta firme. È capitato a molte/i di noi di chiedere a compagne/i, anche intellettuali, che ci avevano sostenuto durante alle elezioni politiche di settembre, di aiutarci per la nostra presentazione autonoma. Se nei giorni di agosto, quelle/i di noi rimasti in città trovavano entusiasmo anche inaspettato, questa volta abbiamo incontrato diffidenza, scarsa disponibilità, critiche perché la nostra lista non aveva possibilità reale di incidere.
Avevamo ottimi programmi ma da isolati. Ed è sconfortante sentire per l’ennesima volta che le responsabilità andavano ricondotte al segretario che non avrebbe garantito i tempi per poterci presentare in tutti i collegi. Le trattative sono partite in ritardo per l’opposizione di una parte di UP (PaP e ManifestA), ma anche per la posizione inizialmente contraria del CPR del Lazio. Soltanto quando un emendamento che proponeva l’apertura di un’interlocuzione col M5S è stato approvato, si proceduto ad un incontro, che ha visto impegnati la segretaria regionale del Lazio e il segretario nazionale.
Ma a quel punto lo spazio politico apertosi, era già stato occupato da Fassina e dai “dissidenti” da Fratoianni. Reputando inaccettabile la confluenza in unica lista, rinunciando al simbolo di UP, ci si è trovati da soli. Le compagne/i di tutte le federazioni – non concordo con quanto detto dalla segretaria regionale del Lazio – si sono impegnati al massimo ma è mancata la spinta propulsiva di un entusiasmo nato fuori dalla nostra bolla e che va recuperato per l’immediato futuro.
In Lombardia solo la federazione di Lodi ha fatto la scelta, per un partito inconcepibile, di rifiutarsi di presentare anche il simbolo, per ragioni note ma che non pare si possano affrontare. Se la contraddizione di partenza: grande visibilità / risultati non adeguati, è valida, non sarebbe il caso di dedicarsi all’analisi delle ragioni politiche che ne derivano, piuttosto che al perpetuo tentativo di accusare sempre gli stessi capri espiatori? Se a mancare, nel trionfo dell’astensionismo – su cui va fatta ricerca approfondita – sono state soprattutto le persone che ci sostenevano, non è il caso di interrogarsi in maniera seria? A questo dovremmo dedicarci per non rischiare di cadere in un settarismo sterile che metterebbe a rischio la nostra esistenza.
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