Il Paese esce dalle elezioni, anche a causa dell’astensionismo, mostrando di essere imbevuto di una cultura di destra dominante. I voti ricevuti da alcune forze ne sono solo parziale riprova. Nelle scelte elettorali hanno pesato: richiesta di cambiamento, rassegnazione, paura del futuro. Il fattore “guerra” non ha inciso in assenza di un movimento pacifista. Il timore per il peggioramento delle condizioni sociali non ha trovato sponda mancando forme di conflitto diffuso e senza spinte dei sindacati. Il parlamento non da decenni il luogo in cui far emergere gli interessi di classe. Da comuniste/i non dobbiamo rassegnarci ma ricostruire un movimento politico e sociale e che nelle istituzioni dovrà esserci per stravolgerle. UP, non è riuscita ad attrarre sufficienti consensi, tanto per limiti oggettivi (i tempi golpisti della crisi), quanto soggettivi, (non c’è l’addensamento di forze necessarie a creare soggettività plurale e radicata). Se non si sprecano, per timori identitari, per difficoltà a relazionarsi con soggettività diverse, per i mille mali che ci affliggono tutte/i, UP può divenire un punto di partenza. Inutile definire oggi come. Si tratta di istruire un percorso faticoso, senza alcuna rinuncia alle proprie prerogative e autonomie, capace di allargarsi e di definire modalità di azione comune, che non precipitino in forme organizzative cristallizzate. Molte delle persone che ci hanno votato, come le/i candidate indipendenti, chiedono di andare avanti, si stanno già incontrando nei territori, vogliono fare e partecipare. E tutte le risorse che hanno partecipato in questa prima fase, da de Magistris, a PaP a ManifestA, sono indispensabili come noi. Questa energia non va imbrigliata o rallentata e il nostro Partito, molto più debole rispetto a 4 anni fa, deve esserne motore, consapevole che pluralismo significa anche mettersi in gioco in campo aperto. Da ultimo va ristabilito in Rifondazione il clima necessario per lavorare bene nello spazio apertosi con UP. Meno recriminazioni, più tempo da dedicare alla ricerca e all’agire politico. Anche i nostri saperi oggi a volte difettano, nel rapporto col presente. Teniamone conto. Stefano Galieni
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