L’esito negativo per UP alle scorse elezioni non può essere riconducibile solo a limiti contingenti. Le cause della sconfitta sono molte e vanno indagate ad iniziare dal ritardo nel percorso di costruzione. In una condizione di questo tipo il disorientamento, il rischio di movimenti centrifughi, anche a fronte di dichiarazioni avventate di de Magistris su un congresso fondativo, vanno contrastati mettendo gli organismi dirigenti democratici del PRC in condizione di operare con tempismo e costanza. Proprio perché intendiamo investire in Unione Popolare dobbiamo tenerla al riparo da decisioni che minino la partecipazione; dobbiamo semmai elaborare una nostra visione di come far crescere UP attraverso pratiche territoriali inclusive e un coordinamento nazionale che le riconosca e dialoghi con esse. In questa dialettica anche la figura del portavoce può mettersi al servizio di una esperienza collettiva. Per rilanciare la nostra azione politica dobbiamo guardare prioritariamente all’area del non voto. Lì sta un magma sociale con cui fare i conti, spesso spoliticizzato, dove si agitano bisogni contraddittori. Il nostro sforzo, non avendo tribune parlamentari, dovrà essere quello di mettere a fuoco obiettivi e pratiche sociali riconoscibili nel medio lungo periodo; oggi si impone un doppio intervento su guerra e carovita. Non lasciamo nulla al caso, altrimenti i vuoti vengono riempiti da altri. E’ un cimento sia per la Rifondazione Comunista sia per UP. Concludere il percorso rigenerativo della nostra CdO deve avere anche il senso di una rinnovata e critica riproposizione dell’opzione comunista vivente, proprio oggi di fronte a un capitalismo così mortifero. L’intreccio dell’investimento su PRC e UP può dare risultati mettendo a valore gli scambi e le sovrapposizioni di lavoro, di elaborazione e di sperimentazione. Fin dalle settimane di fuoco della campagna elettorale, soprattutto nelle aree organizzativamente più deboli, questa possibilità ha dato indicazioni positive. Alberto Deambrogio
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