Documento di indirizzo per la Conferenza di Organizzazione Premessa Quando, 7 mesi fa, al nostro XI Congresso decidemmo che avremmo tenuto una Conferenza di Organizzazione del ns Partito tra luglio e settembre, non potevamo certo immaginare quanto sarebbe accaduto nei mesi successivi nel pianeta. Abbiamo costruito una nuova segreteria nazionale, finalmente unitaria, e avviato un rilancio delle iniziative del partito in un clima di collaborazione. Nel frattempo l’aver stabilito o ristabilito relazioni con i mondi a noi vicini, in nome all’imperativo congressuale che ci siamo dati, quello dell’essere “colla” della sinistra di alternativa, ha dato i primi frutti. Grazie al costante lavoro di molte/i, si è costituita l’8 febbraio la componente parlamentare ManifestA, composta da quattro deputate espulse dal M5S in quanto avevano rifiutato di appoggiare il governo Draghi. La componente consente a Rifondazione Comunista e a Potere al Popolo di portare in parlamento le posizioni delle nostre organizzazioni e di dare voce a lotte e vertenze. Parallelamente si è sviluppata l’interlocuzione avviata già al congresso con l’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, reduce dall’ottimo risultato delle elezioni regionali in Calabria, con l’idea di costruire uno spazio comune non solo in chiave elettorale ma per ridefinire un campo politico di alternativa. Da Torino, dopo la dura battaglia politica condotta per le elezioni comunali, anche lo storico gramsciano Angelo d’Orsi, lanciava, condividendolo con noi, un appello di grande spessore politico. Da Transform Italia, prendeva vita un “appello rosso / verde” per rilanciare i temi ambientali declinati con forte impronta antiliberista e anticapitalista. Il dipartimento lavoro ha elaborato un altro appello di lavoratrici e lavoratori. Le campagne fatte in questi mesi hanno riportato molte compagne e compagni a riconnettersi con i danni provocati dalla pandemia e dalla sua gestione dissennata che ha permesso a pochi di arricchire e che ha causato un ulteriore impoverimento della società italiana. Le nostre bandiere e i nostri contenuti, nonostante l’oscuramento mediatico, hanno riacquistato visibilità e senso per molte/i. Sanità, scuola, ambiente, giustizia, difesa della Costituzione, antifascismo e antirazzismo, lotta al patriarcato dominante, ci hanno rivisto agire. Abbiamo lavorato per la convergenza dei movimenti, dalla Società della cura alla GKN e in tante campagne. Cominciamo a respirare nel nostro impegno quotidiano il clima positivo di un parziale superamento di logiche correntizie che spesso hanno avvelenato il nostro dibattito e indebolito la nostra efficacia. L’irrompere della guerra, con l’invasione russa dell’Ucraina, il coinvolgimento diretto dell’Italia in quanto paese NATO, ha visto deflagrare in maniera ancora più evidente la tendenza a produrre catastrofi del capitalismo globale. Ci sono state e ci sono ancora manifestazioni contro la guerra, contro Putin e contro la NATO, in cui siamo riusciti a far emergere una posizione chiara che è stata largamente condivisa nei movimenti, nell’ANPI, nella sinistra. È riemersa una connessione sentimentale col nostro popolo, anche con una parte di quello che ci aveva dimenticato e questo è un patrimonio prezioso da coltivare. Stiamo affrontando una drammatica emergenza derivante dalla ingiusta
esclusione dall’accesso al 2X1000 che ci impone un impegno straordinario
nell’autofinanziamento. I congressi regionali hanno richiesto tempo
e dobbiamo ancora avviare su gran parte dei territori le innovazioni
previste dal nuovo statuto approvato al congresso nazionale. Dobbiamo avere chiaro che le nostre difficoltà organizzative nascono in primo luogo dalla sconfitta politica e sociale che abbiamo subito. L’organizzazione nella storia del nostro movimento è sempre stata prima di tutto un prodotto delle lotte che rigenerano forme, idee, energie. Il riaprire una prospettiva politica è condizione indispensabile anche per restituire fiducia e capacità di attrazione al partito come strumento utile di lotta e cambiamento. Nei prossimi mesi il lavoro sul partito e sulla coalizione sociale e politica non potranno che andare di pari passo. Una conferenza di organizzazione straordinaria Il lavoro che ci ha portato a questo risultato è stato lungo e complesso
(otto mesi di lavoro della Commissione Statuto, un seminario nazionale,
il dibatto congressuale) ma questo lavoro ha avuto di necessità (anche
per via del covid) un limite: non ha attraversato i circoli. Non si tratta di discutere di cosa fare ma di FARE le cose che il congresso ha deciso. Tutte le precedenti conferenze di organizzazione sono, di fatto, fallite nell’incapacità di apportare modifiche consistenti alla vita del partito proprio perché prive della possibilità giuridica di incidere sulle forme organizzate del partito (Statuto) e sugli organigrammi. Oggi il nuovo statuto consente di fare entrambe le cose rimettendo il partito integralmente nelle mani degli iscritti, dal basso e con il metodo del consenso. La prima parte di una vera riorganizzazione del partito non può che essere l’impegno di tutto il gruppo dirigente diffuso a realizzare lo Statuto e le assemblee territoriali in esso previste. Un progetto di trasformazione e verifica Con il congresso che si è concluso il 24 ottobre a Chianciano, con
l’approvazione del nuovo Statuto, con i congressi regionali la cui realizzazione
è stata ritardata da vari eventi, con gli organismi regionali ancora
in fase di assestamento, abbiamo completato le fondamenta di quello
che è un necessario lavoro di riforma del Partito. Ora si tratta di
realizzare, come stabilito dal Congresso, una Conferenza di organizzazione
che cambi il modo di essere e di funzionare del Partito stesso e che
si ponga l’obiettivo di una rigenerazione dei gruppi dirigenti, diffusa
e capillare. La conferenza di organizzazione deve nascere da questo lavoro assumendo, a livello in prima istanza territoriale e regionale, tutte le questioni che, durante il Congresso sono state evidenziate, acuite dal fatto che ci troviamo nel bel mezzo di un conflitto di cui è oggi impossibile prevedere l’esito ma che ci sta riportando, con posizioni condivise e non da soli, nelle piazze e nel dibattito pubblico. Nel documento di indirizzo sulle modifiche statutarie approvato al C.P.N. del 19-20 giugno 2021 per l’ XI Congresso del P.R.C. – S.E. abbiamo scritto: “In particolare, pensando alla presenza e alle strutture del partito, intendiamo fornire ai gruppi dirigenti – nell’ambito di una struttura organizzativa unitaria e di regole condivise -una “cassetta degli attrezzi”, ovvero una pluralità di soluzioni organizzative del partito, da adottare, utilizzare e modulare in base al contesto, alla funzionalità. Si tratterà di decidere ai corrispondenti livelli, anche sperimentando, la forma organizzativa più funzionale all’azione politica e poi di verificare i risultati conseguiti. Questo, anche tenendo conto dell’eterogeneità che caratterizza la nostra presenza nei diversi territori. La scelta fondante è proprio quella di riconoscere ai territori la possibilità di definire percorsi di impostazione organizzativa che partano dal basso, circolo per circolo, e che coinvolgano il corpo del partito nel connettere analisi, pratiche e forme della propria organizzazione.” Non possiamo che attenerci a quanto deliberato. La Conferenza nazionale sarà dunque momento di confronto e verifica, sempre per citare la CdO del 2015: “introdurre la parola-chiave di tutto il nostro lavoro politico: la verifica. Bisogna decidere insieme i momenti per verificare ogni progetto, accompagnando con questi momenti di verifica tutte le sue eventuali fasi. Sarà quello il momento in cui si potrà verificare non tanto l’adeguatezza dei compagni incaricati del progetto quanto le difficoltà incontrate nella realizzazione, così rafforzando il progetto stesso, o ridimensionandolo o correggendolo o perfino se necessario abbandonandolo (ma con motivate ragioni e non – come attualmente accade – per mera trascuratezza o stanchezza). In questa logica infatti, anche l’abbandono motivato di un progetto che si rivelasse irrealizzabile rappresenterebbe un momento di rafforzamento del Partito, perché farebbe aumentare la sua coscienza della situazione reale. La verifica permette inoltre di far emergere – dal concreto del lavoro politico – nuove capacità, spesso impreviste e sconosciute, e di valorizzarle.” La rigenerazione dei gruppi dirigenti non può che essere in questo
quadro, a tutti i livelli sia periferici che centrali. Strategicamente al centro del processo va posto il superamento del carattere monosessuato del Partito, tanto nei gruppi dirigenti quanto nelle iniziative, soprattutto pubbliche. In alcune realtà questo processo si è concretizzato, ma si tratta ancora di casi sporadici. Non si tratta solo di avere co-segreterie (auspicabili ovunque e ad ogni livello) ma della costruzione di modelli di discussione nella vita di base del Partito, capaci di tenere conto dei tempi di vita e di lavoro sia delle compagne che dei compagni. Non modifiche estetiche di facciata ma cambiamenti strutturali che rendano le diverse istanze del nostro partito realmente più inclusive, tenendo conto che nel XXI secolo i tempi e le modalità di organizzarci la vita non possono più quelli, imbevuti di patriarcato, del secolo passato. È necessario dirlo onestamente, il nostro partito, invece di proporre una diversità comunista di visione e di costruzione della società, ripete sovente al proprio interno le stesse dinamiche di maschilismo dominante che governano il sistema neoliberista che intendiamo abbattere. Si tratta di un tema profondo, che investe l’antropologia della cultura politica, che introduce il concetto ancora troppo poco esplorato dell’intersezionalità. Un tema a cui alcune compagne (raramente gli uomini) si sono interessate e che costituiscono un patrimonio da mettere in gioco per modificare da dentro il modo di vivere e di funzionare del partito. In questo senso va valorizzata e favorita la crescita della esperienza di CollettivA Lidia Menapace, la nuova modalità di autorganizzazione femminista di compagne del PRC. Non è un evento catartico che può determinare queste modifiche né lo sono reiterate esortazioni ma una azione prolungata nel tempo che ci veda tutte/i protagoniste/i. In tal senso va anche la necessità che il ns Partito acquisti consapevolmente la prospettiva meticcia che è oggi specchio del Paese. Ma anche tale percorso, che solo in alcune positive realtà si è realizzato, non va evocato ma costruito facendo divenire ogni nostra sede luogo di “cittadinanza sociale” per coloro che, non essendo ancora “italiani” non godono di quella politica. Questo sarà possibile non soltanto lavorando “per” (ovvero offrendo solidarietà) ma anche e soprattutto lavorando “con”, ovvero praticando il mutualismo e il conflitto. Circolo per circolo: dell’evocare al fare Tale applicazione dello Statuto (che non costituisce un fatto burocratico ma è politico e organizzativo nel suo insieme) va realizzata ovunque possibile e deve essere luogo di discussione anche del fatto che, almeno per l’anno in corso, in assenza del 2X1000 costituirà un elemento di criticità nella vita del Partito in ogni ambito. La ripresa di una campagna di tesseramento, la realizzazione di iniziative di sottoscrizione straordinaria per provvedere all’autofinanziamento del Partito stesso, in ogni sua istanza, devono divenire tema fondamentale per ogni compagna/o che sceglie di stare in un partito comunista come il nostro. Anche a partire da tale ambito deve procedere la digitalizzazione dell’organizzazione della vita del Partito. E’ in cantiere il nuovo sito ma, continuando a considerare l’incontro
delle/gli iscritte/i e simpatizzanti come centrale e fondamentale, dobbiamo
implementare tanto la possibilità di potersi iscrivere per via telematica
quanto quella di poter partecipare alla vita del Partito anche quando
si hanno difficoltà alla partecipazione diretta. Ci sono province e
regioni così vaste che la semplice convocazione di un organismo dirigente
è problematica e viene, in contemporanea con la frammentarietà della
vita di tutti i giorni, messa in difficoltà. Trovare le forme per garantire
a tutte/i una reale partecipazione è necessario, anche per ricostruire
attivismo fra compagne/i che spesso sono in condizioni di difficoltà.
Abitare i luoghi del disagio e del conflitto sociale: i Circoli funzionali Sempre nel documento CdO 2015 scrivevamo: È questo il problema fondamentale che è alla radice della nostra proposta del “partito sociale”, cioè di un Partito capace di “fare società” … I Circoli, che sono la base della nostra presenza e la forza territoriale che ci ha permesso di resistere e di non essere travolti dalla crisi della politica, sono anche il luogo da dove cominciare la nostra trasformazione. Il salto di qualità che ci proponiamo è affrontare il tema del radicamento, evocato in tutte le nostre passate CdO, ma perennemente rimasto nella sfera del dover essere, perché a monte non abbiamo riflettuto abbastanza sul fatto che la nostra organizzazione per Circoli è contemporaneamente punto di forza (perché luogo di resistenza e di militanza generosa) ma anche punto di fragilità rispetto alla capacità di “fare società” e di radicamento nei luoghi del nuovo lavoro capitalistico.” E nel rapporto con i movimenti una anticipazione di quello che oggi lo Statuto consente di fare con i Gruppi di lavoro: “L’immersione e il sostegno alle lotte nei territori va accompagnata col coordinamento dei compagni e delle compagne presenti nelle varie reti, lo scambio costante di esperienze e informazioni, la formazione per militanti e eletti, il coinvolgimento di competenze e intelligenze. Un partito che non mitizza ma fa e vive nei movimenti sociali deve acquisire il costume dell’attenzione alle battaglie concrete e anche alla verifica e alla discussione del lavoro che porta avanti, dentro ai circoli e alle federazioni come nei gruppi dirigenti a tutti i livelli. Un partito rosso-verde non solo sostiene le lotte e la costruzione di alternative ma può e deve esserne elemento propulsivo e propositivo. Lo stesso progetto di una soggettività unitaria della sinistra e di una coalizione sociale antiliberista non può che passare anche attraverso un lavoro paziente nei “comitatini” e dentro vertenze e campagne.” Non occorre aggiungere altro, si tratta di impegnarsi a fondo, dal
basso verso l’alto, in questo progetto di trasformazione con gli strumenti
che ci siamo dati al Congresso. La straordinaria conferenza è questo:
per la prima volta impegna il gruppo dirigente diffuso in una fase di
realizzazione concreta della trasformazione, da porre poi a verifica
per analizzarne successi e difficoltà. Fare comunità, ampliare la partecipazione. Nonostante i documenti della Direzione nazionale e del CPN siano sempre rapidamente pubblicati sul sito del Partito, nonostante le compagne e i compagni degli organismi dirigenti continuino a muoversi, spesso a proprie spese, per informare i territori, si lamenta, a volte con ragione una scarsa conoscenza diffusa di quanto si sta operando. Fermo restando la fluidità del periodo in corso, la definizione ancora parziale del processo politico che stiamo avviando, nelle sedi prima citate (direzione e CPN) questi temi sono stati sempre affrontati. Diventa indispensabile il ruolo delle compagne e dei compagni che ne fanno parte per diffondere, in maniera più approfondita, le discussioni in atto. Anche questo sarebbe sintomo di una profonda riforma del Partito. Non ci interessa un partito “liquido”, vogliamo costruire un partito solido ma al passo con i tempi. La partenza della Conferenza di Organizzazione dai Circoli, deve anche rappresentare l’occasione per rendere ancora più radicato uno dei risultati positivi ottenuti con l’XI Congresso, il raggiungimento di una posizione unitaria e di un lavoro condiviso, che rappresenta l’intero Partito anche negli organismi dirigenti ad ogni livello. Pur nell’articolazione e nella dialettica delle posizioni, che riguardano tanto le diversità dei territori, quanto culture e sensibilità politiche diverse presenti nel Partito, la pratica e la gestione unitaria vanno preservate come risorsa fondamentale del Partito soprattutto se si intende realmente svolgere quel ruolo di “collante” politico, in una sinistra di alternativa, comunista e non, ancora estremamente frammentata. Questo a maggior ragione se si considera il ruolo “costituente” assunto
dalla guerra in corso e dalle ricadute in termini di peggioramento delle
condizioni di vita dei nostri referenti di classe nel Paese e in Europa.
La capacità che abbiamo mostrato, grazie al faticoso lavoro svolto da
tutte/i in questi mesi di saldare la lotta contro la guerra a quella
per le esigenze popolari di welfare, sanità, scuola, salari, occupazione,
diritto all’abitare, riconversione ecologica reale ecc…ci offre oggi
importanti opportunità che dobbiamo cogliere in quanto comuniste/i. Aspetti fondamentali per il presente e il futuro di questo partito come l’attività mutualistica, la capacità di riconnettersi con le mille periferie, l’internità ai conflitti, le pratiche sociali, la formazione, la sua stessa necessità di non restare perennemente maschio e bianco ma divenire capace di introiettare i cambiamenti epocali che sono avvenuti nella nostra società, devono sperimentarsi, agire, mostrare gli aspetti positivi e anche le criticità e contribuire a rendere visibile il piano di ricostruzione di cui, l’attuazione a livello regionale, costituisce un architrave. L’ambizione è quella di realizzare, non di sognare, un’organizzazione in cui i diversi ambiti, (circoli territoriali, funzionali, federazioni, regioni, Giovani Comunisti) possano contribuire collegialmente, mantenendo i propri ambiti di autonomia ma rispettando le linee guida comunemente condivise in fase congressuale. Il congresso resta sovrano. Un riferimento alla nostra organizzazione “giovanile” è necessario. A breve le/i Gc dovrebbero tenere la propria conferenza. Quale momento migliore per uno scambio tale da garantire anche quelle pratiche di reale rigenerazione, anche in termini generazionali, di cui il Partito tutto ha bisogno? Anche questa deve rappresentare una tappa per far si che la conferenza del Partito sia realmente in grado di apportare modifiche strutturali e non di semplice organigramma. La Conferenza delle/dei Giovani Comuniste/i è un passaggio fondamentale per una riflessione che riguarda il partito tutto chiamato all’impegno per una maggiore presenza e capacità di interlocuzione con le giovani generazioni. La comunicazione esterna è un altro tema su cui dovremmo, in ogni ambito, mettere in pratica una profonda mutazione capace di coinvolgere non solo il Partito tutto ma anche l’area di soggettività che ha ripreso a guardarci con interesse e quella per cui abbiamo mantenuto credibilità. In tal senso va evidenziato come, seppur in maniera non ancora sufficiente, compagne e compagni, in una relazione intergenerazionale, stiano mettendo a disposizione esperienze maturate anche nei gruppi dirigenti, competenze, elaborando proposte che rafforzano tale approccio necessario a superare l’epoca in cui le modalità comunicative erano artigianali. Ad oggi abbiamo una rivista di approfondimento come Su la testa, la cui circolazione riguarda un ambito ristretto di compagne/i, un sito rigido nella sua struttura, una pagina fb seguita da quasi 83 mila compagne/i ma gestita senza una struttura professionale e alcune confortanti esperienze con gli altri social media. Esistono poi, nei territori, piccole ma valide esperienze editoriali, pagine fb locali e/o regionali e, a livello nazionale, pagine fb tematiche. Porsi l’obiettivo di mettere in sinergia le diverse forze porterebbe già ad un miglioramento della comunicazione, tanto interna che verso l’esterno. Darci regole condivise da rispettare, tempi e modalità coerenti, ci renderebbe distinguibili maggiormente dal resto del panorama politico. La storia del nostro Partito possiede una vastità di contenuti, competenze accumulate, specificità, che ci rende forse unici almeno in Italia. Stante il fatto che, nonostante timidi segnali di miglioramento, continuiamo ad essere esclusi dal circuito mainstream televisivo, quello che più impatta soprattutto nelle classi popolari, come in quello dei quotidiani, oggi importante in una cerchia ristretta di coloro che fanno parte del sistema politico, una riorganizzazione del partito passa per una ridefinizione dell’uso dei propri canali comunicativi. Uno spunto interessante lo offre il lavoro fatto dai Gc che non andrebbero semplicemente cooptati né utilizzati come “manodopera” ma con cui si dovrebbero mettere in atto vere e proprie sinergie. La riorganizzazione di cui abbiamo urgenza in ambito comunicativo passa per il fatto che una parte consistente delle energie intellettuali e delle poche risorse economiche disponibili, vengano utilizzate in tale ambito. Da ultimo è ora di rendere effettiva la possibilità di dar vita ad un periodico (possibilmente quotidiano) online, che magari in occasioni particolari (manifestazioni nazionali, giornate significative, momenti chiave), possa essere anche stampato, diffuso e, perché no, venduto, in maniera tale da non gravare sul magro bilancio del partito ma, anzi di portare, piccole risorse ed estendere il ns mondo di relazioni e di interlocuzioni. Capita sovente di scoprire che, magari ignorate, ci siano competenze da valorizzare e da cui apprendere. La Direzione Nazionale da mandato alla Segreteria: Creazione di un gruppo di lavoro, sotto la responsabilità diretta del responsabile organizzazione, per stimolare i passaggi territoriali elencati all’inizio per l’applicazione dello Statuto ed elaborare una proposta di Conferenza nazionale, coinvolgendo compagne e compagni che hanno elaborato la proposta di Statuto approvata al congresso. Al momento sono nella fase finale del percorso statutario le regioni Molise, Abruzzo e Marche ed in fase iniziale la Toscana. Individuiamo nel mese di settembre il termine del percorso e la data per l’assise nazionale di verifica. Il percorso deve portare alle Assemblee regionali possibilmente entro il mese di luglio. Creazione di un gruppo di lavoro, sotto la responsabilità del tesoriere,
per far si che l’intero Partito partecipi alla urgente campagna di autofinanziamento
che si deve rivolgere soprattutto verso l’esterno e che deve vedere
avere una propria impronta di carattere strategico. In altri termini,
dovremmo arrivare al punto che il 2X1000, che dovremmo riottenere il
prossimo anno, non resti la sola fonte, insieme al tesseramento e agli
sforzi delle/i singoli, a garantire stabilità economica al Partito Creazione di un gruppo di lavoro (decidiamo a chi affidarne la responsabilità)
che si incarichi di elaborare un progetto per affinare il processo di
digitalizzazione del Partito. Al gruppo di lavoro che definirà lo svolgimento della Conferenza di organizzazione nazionale, come assise finale, va dato il compito di elaborare una proposta di Regolamento che definisca una platea di delegati, garantendo la massima partecipazione. La rigenerazione del partito e dei gruppi dirigenti non può essere vista come questione di organigramma – che non compete statutariamente alla conferenza – ma come processo che valorizza le energie, le competenze, le esperienze, le generazioni più giovani. La Direzione Nazionale da mandato alla segreteria di costruire sulla base di questo indirizzo la proposta e il calendario delle attività come sopra delineate.
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