Direzione
del 15 novembre 2011 - Documento respinto
Documento presentato da Alessandro
Giardiello e Claudio Bellotti
La caduta del governo Berlusconi
non è un fulmine a ciel sereno, ma il compimento di un processo
di logoramento già emerso con piena evidenza nella giornata del
14 dicembre 2010. Le basi di consenso della maggioranza sono state erose
da due anni di mobilitazioni sociali, dalle lotte per il lavoro, ai
referendum, fino allo scorso 15 ottobre. È stato un anno segnato
anche dalle sconfitte nelle elezioni amministrative, che hanno evidenziato
la crisi di consenso del premier e della sua coalizione, compresa la
Lega nord.
Solo la inettitudine e la pusillanimità delle opposizioni parlamentari
ha permesso che il governo trascinasse la sua agonia per quasi un altro
anno, aprendo così uno spazio di manovra nel quale si sono inserite
le pressioni del grande capitale, nazionale ed internazionale, che ha
potuto così preparare la svolta. Ancora una volta quindi i frutti
di una mobilitazione di massa vengono raccolti da chi, socialmente e
politicamente, rappresenta l’esatto opposto delle istanze che
hanno animato due anni e più di lotte contro questo governo.
La crisi della destra è profonda, la frattura fra Lega e Pdl
non sarà facile da ricomporre; nello stesso Pdl si allargano
le contraddizioni. L’indebolimento della destra e la supina acquiescenza
del Pd, oltre all’entusiastico sostegno dei centristi, aprono
uno spazio considerevole al governo Monti-Napolitano: seppure non è
ancora escluso che il tentativo possa naufragare sul nascere per l’opposizione
di settori importanti del centrodestra, la prospettiva più probabile
è che tale governo possa insediarsi e godere di un relativo margine
di autonomia nei confronti dello stesso parlamento chiamato a sostenerlo.
Il programma del governo Monti è già stato scritto nei
mesi scorsi: i numeri sono quelli del patto europlus (pareggio di bilancio
entro il 2013, riduzione dello stock del debito pubblico, ecc.) mentre
le modalità sono elencate fin nei dettagli nelle 39 “raccomandazioni”
che la Bce ha rivolto al precedente governo. L’urgenza del momento
è quindi quella di costruire un fronte di resistenza che si opponga
con mobilitazioni non testimoniali al tentativo di colpire una volta
di più salari, pensioni, diritti, scuola, welfare, beni pubblici.
Abbiamo il compito innanzitutto di chiarire con una vasta e incisiva
campagna di massa la vera natura di questo governo, del suo programma,
dei suoi referenti sociali, e dare l’allarme sul pericolo incombente;
dobbiamo investire tutte le organizzazioni sociali e politiche della
sinistra di questa campagna, a partire da una Cgil che si troverà
una volta di più spinta all’angolo e messa nel mirino se
non accetterà di adeguarsi alle esigenze dell’“emergenza
nazionale” e del “risanamento”.
L’opposizione sociale deve trovare una chiara espressione politica.
Il Prc si propone di costituire, fuori e contro gli schieramenti che
sostengono il governo di unità nazionale, un polo della sinistra
di classe che sia riferimento per l’opposizione sociale al governo
Monti e che fin da subito lavori anche sul piano elettorale alla costruzione
di uno schieramento alternativo. Deve emergere con chiarezza l’esistenza
di una netta alternativa a sinistra, per l’oggi e per il domani.
Tale necessità non può essere subordinata a considerazioni
tattiche legate al possibile cambiamento della legge elettorale o alle
scadenze delle elezioni stesse, peraltro terreni sui quali oggi non
abbiamo alcuna possibilità di influire.
La richiesta di elezioni anticipate si lega quindi non solo a una generale
rivendicazione democratica, ma deve essere legata a una prospettiva
concreta: rivendichiamo elezioni perché oggi nel parlamento,
al di là delle divisioni di schieramento, esiste di fatto una
voce sola: quella delle banche, quella del capitale; rivendichiamo elezioni
affinché anche col voto si possa esprimere ciò che si
è espresso nelle piazze di questi anni. Questo è possibile
solo se la sinistra, a partire dal nostro partito, rompe ogni ambiguità
rispetto al Pd e al centrosinistra, oggi elemento portante dell’operazione
Monti-Napolitano. Non si tratta quindi di una tattica destinata a mutare
una volta che cambi il quadro politico e si ritorni a una “normale”
dialettica fra centrodestra e centrosinistra; si tratta invece di una
impostazione che assumiamo come strategica.
Il voto con il quale il Pd ha permesso senza colpo ferire l’approvazione
della legge di stabilità costituisce uno schiaffo alle ragioni
dei lavoratori e dei movimenti, a partire dalla liberalizzazione forzata
dei servizi pubblici locali che calpesta l’esito referendario.
Ogni ipotesi di fronte democratico col centrosinistra viene sepolta
dai fatti.
La nostra proposta deve quindi partire da noi stessi e dal ruolo che
intendiamo svolgere nei confronti dei lavoratori e dei nostri referenti
sociali.
Tale impostazione va immediatamente messa a tema anche nella Federazione
della sinistra, della quale rileviamo la crescente spinta centrifuga
derivante dalle decisioni assunte dalle forze in essa presenti. Nessuna
ambiguità può essere tollerata non solo riguardo al governo
Monti, ma anche e soprattutto rispetto agli sbocchi che intendiamo perseguire
con la nostra opposizione a tale governo.
Su questi temi l’imminente congresso nazionale del Prc dovrà
dibattere e deliberare: la svolta in atto deve precipitare nel nostro
dibattito congressuale per farne scaturire proposte all’altezza.