Direzione
del 26 gennaio 2008 – Relazione di Franco Giordano
Con il voto al Senato si
è determinata la fine all'esperienza di governo. La crisi, maturata
nel ventre molle del centro moderato, si è proposta tramite una
volgare e repentina operazione di puro trasformismo. L'Udeur di Mastella
nell'arco di 24 ore e senza aprire alcun confronto con il resto della
coalizione, è passato dal sostegno al governo al suo appoggio
esterno ed, infine, addirittura all'opposizione.
E' evidente che il centro è stato un luogo di permeabilità
dei poteri forti: sistematicamente questa parte della coalizione ha
boicottato il programma dell'Unione ed ha incrinato il rapporto di tutto
il governo con aree sociali rilavanti.
Mentre su di noi si accendevano i riflettori nei momenti di instabilità
della coalizione, il centro è stato ripetutamente coccolato e,
così, ha potuto incidere anche nelle scelte più importanti
del governo. Alla fine i nodi sono venuti al pettine e, con manifesta
inaffidabilità, questo centro moderato ha determinato la crisi
di governo senza tanti complimenti e mentre era aperto un confronto
fra lo stesso governo e le forze della sinistra.
Penso che mai come ora sia necessaria una riforma morale ed intellettuale
del paese: dobbiamo ricostruire un'etica pubblica ridando centralità
alla questione morale che ha grande rilevanza politica.
Il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di fine anno, ha valorizzato
la tenuta della nostra economia, respingendo le critiche di chi sostiene
che essa sia in fase di declino. Tutto ciò è vero, ma
è evidente anche che siamo di fronte ad un declino morale e culturale
che si impasta con una crisi sociale drammatica e che accentua le difficoltà
della politica nel dare risposte individuali e collettive.
Tutto ciò determina uno spaesamento nella società italiana
con il dilagare di logiche competitive, lo sgretolarsi delle forme di
solidarietà ed un distacco drammatico della politica dalle persone.
La politica si riduce all'autoriproduzione di sé, del ceto politico
e dei suoi privilegi.
Ieri a Palermo ho partecipato ad una bellissima iniziativa sulla questione
morale, con l'obiettivo di chiedere di dimissioni del presidente della
regione. E, proprio in queste ore, sull'onda di una grande protesta
popolare di massa indetta da noi, dalle associazioni anti-racket ed
antimafia che ho avuto il piacere di incontrare, si sta riunendo il
parlamento siciliano in seduta straordinaria e convocata dallo stesso
Cuffaro, per discutere delle sue dimissioni. Questa vittoria sarebbe
un primo segnale concreto di una nostra battaglia portata avanti a viso
aperto e condotta con successo insieme alle forze pulite e democratiche
del nostro paese.
Se così non fosse, allora chiediamo al Presidente Prodi che con
un decreto, un DPCM, sospenda Cuffaro condannato a 5 anni ed interdetto
dai pubblici uffici per un'evidente incompatibilità con il suo
ruolo, così come avviene in tutto il resto d'Europa.
Su questo terreno abbiamo trovato grande sostegno e su questa strada
dobbiamo continuare ricostruendo un circuito virtuoso fra società
e politica. La vicenda morale attuale è il sintomo della presenza
di una miscela pericolosa fra vecchio notabilato e forme di modernizzazione
sul modello americano che si propone quale antidoto contro tutte le
forme di protagonismo sociale e di partecipazione.
Abbiamo condiviso la scelta di portare la crisi in Parlamento, al quale
è stata così restituita la sua centralità, nonostante
l'osceno spettacolo andato in onda al Senato.
Questa scelta è condivisibile anche perchè l'utilizzo
di leggi delega, decreti, regolamenti, ecc. negli ultimi anni aveva
determinato una divaricazione netta fra parlamento ed esecutivo.
Proprio oggi, nel 60mo anniversario della Costituzione repubblicana
dobbiamo rilanciare un "patriottismo costituzionale" così
come sostenuto dal Presidente Napolitano. che, in questa occasione,
ha rilanciato l'importanza della centralità delle Camere ed ha
criticato il presidenzialismo.
Ritengo che la scelta di portare la crisi in parlamento abbia fatto
emergere chiaramente tutte le responsabilità del ventre molle
del centro moderato, dove hanno vegetato liste individuali ed interessi
particolari del tutto permeabili ad interessi esterni: queste forze
politiche rappresentano una zavorra per il rinnovamento e la modernizzazione
del paese. Penso che mai più possano essere coinvolte in un governo
che abbia intenzione di cambiare realmente il paese. Mai più
con i vari Dini e Mastella!
La scelta di Mastella è incomprensibile salvo che non sia intesa
come un'operazione di accreditamento verso la coalizione di centro-destra.
Non c'è stata dignità politica in questa operazione: si
tratta dell'opposto di quanto accaduto nel ‘98 quando noi, senza
vincolo di programma comune e senza la nostra presenza al governo, rompemmo
sui contenuti. Ora loro hanno sabotato il programma, rotto il vincolo
di mandato elettorale e non hanno discusso di contenuti ma hanno generato
la crisi solo per dinamiche di potere: è l'esatto rovescio del
'98.
E fino a poco prima Mastella sosteneva apertamente il governo anche
in virtù dei risultati economici raggiunti: con il rapporto deficit/pil
in calo e con la diminuzione, oltre ogni previsione, del debito pubblico
pur se all'interno di un quadro sociale molto preoccupante, come da
noi de tempo sostenuto.
In virtù di questi dati macroeconomici e a causa del ricorso
ad una sistematica sottostima della crescita che ha fatto emergere di
tanto in tanto i cosiddetti "tesoretti", adesso disponiamo
di una somma pari a 12-14 miliardi di euro di extragettito da poter
utilizzare nell'immediato.
Grazie a queste risorse potevamo attuare una politica di redistribuzione
reale, peraltro già concordata dalle forze della sinistra: ma
da subito si è determinato un intervento dei poteri forti, finanziari
e confindustriali al fine di bloccare queste decisioni.
Si era aperto anche uno spiraglio con lo sblocco dei contratti dei metalmeccanici,
grazie a cui sono state sconfitte le posizioni più retrive delle
componenti datoriali, si è salvaguardato il contratto collettivo
nazionale di lavoro e si è ottenuta, dopo anni di lotte, l'equiparazione
fra operai ed impiegati, risultato forse più importante fra tutti.
La piattaforma unitaria della sinistra prevedeva detrazioni fiscali
per i lavoratori dipendenti e per i pensionati, contrastava la precarietà
e rilevava che il calo della disoccupazione è dettato solo da
processi di precarizzazione del lavoro, evidenziando il progressivo
e costante indebolimento dei salari, che ci colloca al penultimo posto
in Europa come potere d'acquisto.
Eravamo anche prossimi all'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie
ed a nuovi investimenti per il Mezzogiorno, ma tutto ciò è
stato bloccato dall'intervento delle forze neocentriste sostenute da
quei poteri forti a cui accennavo prima.
Anche le gerarchie ecclesiastiche, puntualmente, sono scese in campo
su temi importanti come la 194 ed il riconoscimento delle coppie di
fatto, dando il via ad una battaglia sul terreno dell'egemonia culturale
che ha trovato terreno fertile in alcuni settori della coalizione, totalmente
incapaci di mediare gli interessi del Vaticano come avveniva in passato
con la DC: Questa offensiva ci ha visto lanciare l'allarme sulla questione
della difesa della laicità, fondamento della nostra stessa Carta
Costituzionale.
I centristi, del tutto permeabili alle influenze vaticane, hanno costantemente
difeso la sacralità della famiglia. Oggi rileviamo, dati alla
mano, che è proprio la famiglia il centro degli omicidi e della
violenza sulle donne: 181 donne sono morte nel 2006 per atti di violenza
subiti in famiglia, molto più delle vittime per mafia o microcriminalità.
Nonostante avessimo svolto un lavoro comune basato sulla nostra cultura
giuridica garantista, la crisi politica si è sviluppata anche
sul tema delicato della giustizia, con il ritorno del dibattito sul
conflitto aperto fra politica e magistratura. Questo tema è stato
cavalcato dalle destre alla ricerca di un'autoassoluzione ex-post ed
una legittimazione per coloro che sono stati già giudicati in
passato nei tribunali e dall'elettorato, riproponendo un'idea drammatica
della giustizia: clemente e garantista con i potenti e spietata con
gli ultimi, i poveri, i migranti.
Noi difendiamo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura come
valori inviolabili.
La crisi è di difficile soluzione, le destre vogliono capitalizzare
rapidamente il vantaggio offerto loro dal centro moderato. Per questa
ragione, propongo di determinare le condizioni per un governo di scopo
e a termine che, in tempo breve e determinato, sia in grado di dar vita
ad una legge elettorale che riparta dalla bozza Bianco. La legge elettorale
è fondamentale, poiché il sistema attuale alimenta la
frammentazione e spinge verso coalizioni coatte. In più, con
il rischio del referendum si potrebbe solo accentuare questo processo.
Un governo di scopo non può fare altro, non è un inganno,
non si tratta di una strategia per campare un po' di più o per
stemperare l'aggressività delle destre.
Al massimo, in questo frangente, il governo potrebbe impegnarsi nel
destinare le risorse dell'extragettito al lavoro dipendente, come già
previsto nell'art.1 comma 4 della legge finanziaria, da noi fortemente
voluto. Ciò rappresenterebbe un pezzo della nostra battaglia
contro il degrado della politica e per la moralità.
Con questa legge elettorale la sinistra non godrebbe di autonomia, in
quanto sarebbe confinata ad una scelta coatta della coalizione: dobbiamo
lavorare per costruire le condizioni per una scelta libera. Veltroni
non mi spaventa quando sostiene di voler andare al voto da solo, noi
verificheremo le condizioni per dar vita ad un eventuale programma comune.
La possibilità di riproporre l'Unione non esiste adesso: essa
si è frantumata. Per superare questa fase bisogna prendere atto
di questa sconfitta, si deve creare un scatto in avanti ed investire
nella costruzione della soggettività politica a sinistra, radicarsi
nella società e non ostinarsi nella partecipazione al governo
a tutti i costi.
Su questo abbiamo basato la verifica e su questo rilanciamo la nostra
sfida strategica col PD.
La bozza Chiti era sostenuta da chi voleva andare da solo alle elezioni
oppure, in caso di lista unitaria con tutta la sinistra, avrebbe voluto
solo preservare il ceto politico senza includere pezzi di società
e movimenti.
Con il sistema tedesco l'autonomia delle forze politiche è limpida:
non obbliga ad una collocazione ex ante, ma lascia libera la possibilità
di scegliere se collocarsi al governo o all'opposizione.
Il PD punta sul modello tedesco perché vuole correre da solo,
ciò non mi spaventa, noi valuteremo serenamente le differenti
opzioni. Confindustria appoggia questo modello poiché immagina
un quadro delle compatibilità dove non vi sia la sinistra che
possa influire nelle scelte di governo.
Forse il modello tedesco favorisce il centro, ma con il sistema elettorale
attuale, le forze di centro divengono determinanti, anche nelle forme
più personali ed individualistiche, come accaduto nei giorni
scorsi.
La nostra opzione strategica resta quella del processo unitario: perciò
contesto chi pensa ad una soglia di sbarramento molto bassa solo per
mantenere aperta la possibilità di correre da soli e non con
gli altri partiti della sinistra.
Questo progetto non può ridursi alla riunione dei comunisti:
abbiamo lavorato per anni all'innovazione culturale e per il coinvolgimento
dei movimenti. La mera riaggregazione dei comunisti è sideralmente
diversa dagli obiettivi di innovazione che si propone la Sinistra Europea
e dal progetto alternativo di società che elaboriamo quotidianamente
con i movimenti.
Dobbiamo accelerare, ridare al paese un'idea di sinistra unita, plurale,
viva che non includa solo partiti, ma anche associazioni, comunità,
movimenti e che continui nel processo di rinnovamento politico-culturale
in questo momento di crisi profonda della credibilità della politica.
C'è un ritrarsi della sinistra nella società che crea
danni enormi: c'è una mancanza di soggettività politica
e lo si vede negli orientamenti culturali, nel degrado morale. Il ritrarsi
della sinistra apre spazi che nel sud, ad esempio, vengono spesso colmati
dalla criminalità. Ma anche la chiesa nelle sue forme più
integraliste avanza e con essa la cultura del mercato, le logiche competitive
con una perdita di socialità che viene accentuata dalla cosiddetta
"fabbrica della paura", che mette i penultimi contro ultimi
in una logica di contrapposizione nella società.
Nel partito, ed in tutta la sinistra, dobbiamo avviare una campagna
di discussione e di mobilitazione: a partire dal 9 febbraio a Torino,
giorno in cui terremo una grande assemblea operaia che metterà
al centro il lavoro con gli orari, la precarietà, i ritmi, la
democrazia interna, le retribuzioni e che faccia emergere una sinistra
radicata nel mondo del lavoro, non equidistante fra impresa e lavoro,
non schiacciata nella dinamica produzione-consumo, come ci propone il
PD, dove l'unico referente sociale diviene un indistinto cittadino-consumatore.
Difendo la nostra scelta di votare il protocollo sul welfare: oggi saremmo
in grande difficoltà in quanto non avremmo mai potuto aprire
la verifica col governo ed avremmo avuto i lavoratori contro di noi
poiché, pur contestando la natura del protocollo, avrebbero subito
come una mannaia gli effetti dello scalone della riforma Maroni.
In questi giorni terremo un incontro per discutere delle prossime elezioni
amministrative, in occasione delle quali puntiamo a fare un investimento
comune con le altre forze della sinistra.
Siamo di fronte a passaggi complessi dove è indispensabile allargare
la direzione anche alle realtà decentrate: tutti abbiamo una
responsabilità collettiva e dobbiamo avere una tenuta nel dibattito
nazionale e nell'orientamento generale di tutto il partito. Sta a noi
esserne all'altezza.