Direzione
ed esecutivo del 4 Giugno – Conclusioni di Franco Giordano
Dobbiamo sfuggire
dalla tentazione, che qui qualcuno ha riproposto, di fronte alle difficoltà
attuali ed all’esito di questo voto amministrativo che abbiamo
giudicato particolarmente negativo per noi e per l’intera sinistra,
di riproporre esattamente le rispettive posizioni congressuali. Esse
non ci aiutano a capire la sfida che abbiamo di fronte, mi riferisco
in particolare a chi ha di nuovo ribadito che aveva ragione chi diceva
che non bisognava partecipare alla coalizione di governo.
Il Congresso lo faremo, sarà un congresso ordinario e lo svolgeremo
prima delle amministrative del 2008, e sarà lì che svolgeremo
tutte le verifiche necessarie.
Non voglio qui riproporre le considerazioni svolte in apertura della
discussione, arricchite dalla relazione di Michele De Palma, mi limiterò
ad interloquire con le osservazioni che mi sembrano più significative
rispetto alla definizione del percorso da intraprendere.
Quindi provo con la necessaria semplificazione a mettere insieme i due
corni del problema, apparentemente così distanti, e proposti
negli interventi di Ramon Mantovani e Peppe De Cristofaro.
Non appiattirci
sul tema del governo
L’affermazione di Ramon,
“sta venendo meno il modello di società alternativo che
ha caratterizzato il profilo di Rifondazione in questi anni. Rischiamo
di rimanere appiattiti in un profilo tutto di governo”, e dall’altro
l’intervento di Peppe che evidenzia, in particolare nel Sud ma
non solo, il proliferare delle liste civiche, come effetto della stessa
crisi della politica che sottrae spazio alle forze tradizionali e che
investe le modalità dell’organizzazione e dell’articolazione
della politica nei territori. Questo sottrae spazio e consensi sia al
Partito Democratico che a noi, da Reggio Calabria a Gorizia e prefigura
in realtà una tendenza che potrebbe essere ancora più
larga nel prossimo futuro.
Sembrano due cose così distanti, la grande politica e i processi
globali da un lato, la politica concreta, nei territori dall’altro.
Credo che queste due considerazioni siano vere entrambi e non vadano
contrapposte, qui c’è il problema politico vero e vanno
tenute insieme nelle nostre considerazioni.
C’è un problema che riguarda il nostro profilo politico
culturale complessivo, il tema dell’alternativa di società,
che nel sistema mediatico stenta ad emergere, perchè il meccanismo
vede solo la questione del governo, accedi ai riflettori mediatici solo
se accetti quel terreno e quel tema. Lo stesso Partito Democratico assume
una forza maggiore proprio in virtù di questa identificazione
con il tema del governo, di una identificazione tra tattica e strategia.
Noi non ci possiamo sottrarre a questo tema, ma dobbiamo fare attenzione
a non farci sovrastare, per noi la politica non è il governo,
la sua guida, le relazioni tra le forze politiche.
Viviamo un passaggio politico assolutamente decisivo, è in base
alle scelte che ci sono di fronte che oggi questo governo determina
il suo profilo politico sociale.
Il tutto avviene in una dimensione sociale complessa, abbiamo una spinta
delle organizzazioni sindacali e sociali di cui noi ci facciamo interpreti,
e contemporaneamente abbiamo costruito una dimensione e una piattaforma
unitaria, che abbiamo addirittura scandito temporalmente, con la riunione
del 7 giugno prima con le organizzazioni sindacali e poi con i gruppi
parlamentari.
E poniamo al centro, da un lato, la distribuzione dell’extra-gettito,
dall’altro, la richiesta di collegialità sul prossimo Dpef.
E’ importante ora confermare nelle prossime riunioni questa piattaforma
programmatica, per arrivare quindi a questo passaggio decisivo, forti
sia della spinta sociale e sindacale, sia di una nuova presa di posizione
unitaria: qui è la novità rispetto al passato.
Questo deve essere un passaggio irreversibile, un passo in avanti per
noi acquisito, ma non scontato per tutti .
Perché
è necessario accelerare sul processo unitario
Dobbiamo sapere che una cosa
è il processo unitario a sinistra, altra cosa è il soggetto
unitario, naturalmente per noi c’è un nesso, ma non per
tutti questo processo dovrà portare al soggetto unitario.
Con il governo siamo ad un conflitto vero, alla fine di questo conflitto
decideremo cosa fare, non c’entra nulla il ’98, ma il conflitto
vero c’è.
Qui si misura davvero la nostra efficacia. Ma dobbiamo anche dire che
questo conflitto da noi aperto sul risarcimento sociale avviene mentre
il governo è attaccato ancora in maniera più decisa dai
poteri forti, addirittura in modo inverosimile.
Cos’è l’operazione su Visco? Vogliono colpire colui
che in questi anni, dentro un’impostazione economica per noi non
sempre condivisibile, ha messo in discussione i santuari dell’evasione
fiscale consentendo oggi anche la possibilità di redistribuzione
delle risorse.
E cos’è Montezemolo?
Un’operazione che ridefinisce un programma di compatibilità
cavalcando ed utilizzando l’antipolitica per un programma che
prevede una ristrutturazione della politica stessa.
Questo è il quadro complicato che abbiamo di fronte, anche per
questo affrontarlo dentro un processo unitario in atto è decisivo
e determinante per condizionarne l’esito.
Siccome conosco lo sforzo che ci è costato tenere insieme questo
quadro unitario a sinistra, so bene che se non dicessi che ciascuno
è dentro questo processo con la propria identità, noi
il nuovo soggetto non lo faremmo mai. Noi rispetto a questo processo,
seppure ci facciano apparire a volte come i più resistenti, siamo
i più decisi, altri spesso proclamano l’urgenza e poi non
sono altrettanto conseguenti.
E noi siamo i più avanti in particolare sul terreno del rinnovamento
della cultura politica, fondamentale per noi è stato il processo
e il modello della Sinistra Europea, il suo profondo carattere di apertura
politica.
Noi con le altre forze della sinistra non facciamo una discussione identitaria,
al centro mettiamo l’ispirazione comune pacifista, antiliberista
e laica. Mettiamo insieme le diverse identità e costruiamo una
nuova cultura politica senza anteporre logiche di scioglimento.
Non ci possiamo permettere una discussione astratta del nuovo soggetto
politico a sinistra, è questa la condizione per riuscire a tenere
tutti dentro a questo processo politico, importante per la prospettiva
politica, decisivo per vincere il passaggio politico attuale che riguarda
il cambiamento che si deve determinare nelle politiche del governo.
La forza
della destra populista oggi in Europa
Certo, ha ragione chi dice
che non basta il processo unitario per riprendere il rapporto con la
società. Certo non basta questo, se non hai in testa un’idea
di società, se non hai la prospettiva di una dimensione europea,
ma noi dobbiamo mettere questo processo con i piedi per terra e lavorare,
tutti, alla sua crescita, alla sua lievitazione.
E’ stata posta l’esigenza della caratterizzazione europea
della nuova soggettività politica, tra l’altro quello che
avviene sullo scenario europeo è particolarmente drammatico e
dovremmo trovare tempi e modi per approfondirlo in una discussione specifica;
a me sembra paradossale che sia la Merkel a fare la battaglia contro
Bush sulle politiche ambientali.
Non c’è un soggetto nostro in campo sullo scenario europeo,
c’è al contrario una destra populista particolarmente efficace,
che parla ai soggetti sociali in carne ed ossa, che alimenta la costruzione
del nemico, che evoca paure ed angosce per poi proporsi in maniera autoritaria
come colei che risponde alle richieste securitarie.
La destra ricostruisce un Dio, Patria e Famiglia, un modello culturale
forte ed efficace con una capacità di parlare al popolo attraverso
operazioni populiste.
E poi hai, invece, da un lato una sinistra elitaria e tecnocratica che
non ha un’idea alternativa di società, oppure, dall’altro
hai una sinistra che ripiega sulla ricostruzione delle vecchie certezze
ed identità.
Noi qui dobbiamo collocare la riflessione sulla nuova soggettività,
come risposta a questa dimensione della crisi.
Ma non partiamo da zero, noi non solo l’avevamo intuito per primi,
ma abbiamo anticipato questa necessità attraverso la costruzione
della Sinistra Europea, ed oggi dobbiamo accelerare, altrimenti rischiamo
la dissoluzione della sinistra.
Alcuni compagni hanno chiesto una riflessione approfondita su quello
che è accaduto al Nord. Mi sembra una cosa utile. Voglio solo
dire che so bene che la questione del nord non è solo la questione
operaia, ma inviterei a riflettere su cosa produce una disaffezione
così grande di settori del mondo del lavoro dipendente pubblico
e privato, e quali effetti di pervasività ha sulla coesione sociale,
è un pilastro che viene meno. E’ però certo che
il problema non è quello che ci hanno raccontato tutti i giorni,
sulle megastrutture, le grandi opere, la Pedemontana, su quel terreno
vincono le destre, il problema è la rottura del legame sociale.
Quando abbiamo recuperato noi? Quando abbiamo ricostruito un rapporto
con il mondo del lavoro e le loro aspettative. Il problema è
che per noi oggi non basta neppure il risarcimento sociale che chiediamo
a questo governo, appunto perchè si è rotto un legame
sociale, un rapporto di fiducia.
Il Dpef
sarà un passaggio cruciale
Dobbiamo da domani provare
a lavorare in queste direzioni:
ricostruire un profilo culturale nostro alternativo di società
e su questo accelerare il processo di unità a sinistra che diventa
decisivo nel rapporto con il governo. Un processo che non deve avere
come luogo privilegiato le istituzioni, al contrario i risultati li
vediamo quando questo avviene a partire dalla società. Dobbiamo
rispondere alle aspettative reali.
Per questo è venuto il momento di avviare un processo di consultazione
di massa, sia sul soggetto unitario a sinistra, sia sulle priorità
da definire sul terreno programmatico.
La stagione delle feste ci aiuta in questa operazione che riguarda la
necessità di ricostruire elementi di partecipazione diffusa e
di massa.
Contemporaneamente dobbiamo imporre una diversa collegialità
all’azione di governo, il Dpef non ci può essere presentato
già pronto lasciandoci il solo ruolo di emendarlo, dobbiamo invece
essere in grado di definirne le gerarchie e le priorità.
E’ venuta meno quell’impostazione che avevamo posto nel
programma che riguardava il nesso anche temporale del risanamento e
della redistribuzione. Per questo il risarcimento diventa obbligato
e la collegialità un passaggio indispensabile per determinare
una nuova fase dell’azione di governo.