Riunione Direzione del 13 giugno 2005 Ordine del giorno a firma Salvatore Cannavò e Franco Turigliatto La fase politica è attraversata da evidenti contraddizioni: da un lato, la vittoria del no al referendum sulla Costituzione europea in Francia e Olanda, mostra le potenzialità di una posizione antiliberista e contro l’Europa di Maastricht; dall’altra, la pesante sconfitta del referendum sulla legge 40 in Italia mostra quanto grande sia ancora il peso di vecchi e nuovi conservatorismi, gli elementi retrivi delle società a capitalismo avanzato, quanto ancora permanga una situazione di “fragilità sociale” e di stasi delle lotte con una evidente difficoltà dei movimenti. La sconfitta del referendum ha tagliato trasversalmente tutti gli schieramenti, ma ha visto un importante attore decisivo: la Chiesa cattolica che ha mostrato la forza del proprio controllo sociale e che si candida a rifornire, sul piano valoriale e morale, le società occidentali oggi in preda a una crisi di consenso. Il ritorno del protagonismo politico e morale della Chiesa, cifra del papato Ratzinger, costituisce la novità più rilevante, specialmente nella sua connessione con spezzoni del mondo politico che pregustano la possibilità di una riedizione del neocentrismo. Nella sconfitta, pesa ovviamente la debolezza attuale dei movimenti in cui si inscrive la fragilità del movimento femminista, all’interno di un quadro complessivo dei rapporti di forza tra le classi ancora sfavorevole con un movimento operaio sulla difensiva e i movimenti antiliberisti in una fase di difficoltà. La sconfitta referendaria apre la strada quindi a ulteriori attacchi contro le donne e i diritti civili e sociali in generale; su questo il nostro partito deve realizzare una forte iniziativa con un vero e proprio piano di emergenza. Allo stesso tempo, questo risultato non mancherà di farsi sentire sul piano politico, rafforzando i progetti neocentristi e indebolendo i soggetti del bipolarismo tra cui lo stesso Prodi, il quale perde due volte: anche la sconfitta in Francia e Olanda, infatti, costituisce una sconfitta della sua linea politica europea. 1. La vittoria del No al referendum francese e olandese sulla Costituzione europea mostra quanto grande sia la crisi di legittimità e consenso delle politiche neoliberiste e dei gruppi dirigenti politici che a esse si richiamano, sia essi di centrodestra o di centrosinistra. La sconfitta della Costituzione europea in Francia chiama direttamente in causa il partito socialista attraversato da una lacerazione profonda così come la sconfitta di Schroeder in Nordreno Westfalia chiama in causa il ruolo di gestore degli interessi del liberismo che la Spd ha as- L sunto in Germania e che, fortunatamente, produce un nuovo spazio politico a sinistra per una sinistra antiliberista e potenzialmente anticapitalista. 2. Il quadro politico europeo, dunque, è contrassegnato ancora da due tendenze contrastanti: una spinta, popolare, dal basso, fatta spesso di lotte operaie e antiliberiste, a rimettere in discussione i dettami liberisti che hanno regolato la costruzione europea, anche se in assenza di una chiara alternativa politica e sociale; il tentativo, sempre più fallimentare, di perpetuare quei dettami dotandosi di governi sempre più distanti dagli interessi dei lavoratori e delle masse popolari. Questa seconda tendenza riguarda, è importante sottolinearlo, sia i partiti conservatori, come è ovvio, sia i partiti socialdemocratici. Lo stesso successo di Zapatero in Spagna è profondamente legato a una profonda innovazione nel campo dei diritti civili e delle libertà individuali ma non tocca il cuore delle politiche economiche e sociali, come dimostra il Sì convinto con cui la Spagna ha approvato la costituzione europea. 3. Per la sinistra antiliberista e anticapitalista, dunque, è tuttora aperto un grande spazio di iniziativa e di costruzione: lo dimostrano le convergenze francesi sul No di sinistra come anche il tentativo di Lafontaine e della Pds tedesca di costruire un’alternativa alla Spd o, ancora, i recenti successi del Bloco de Esquerda in Portogallo e di Respect in Gran Bretagna. Tutti questi tentativi ed esperienze – attraversati comunque da contraddizioni – esprimono il massimo della loro potenzialità quando sono coniugati in diretta competizione e alternativa alle sinistre moderate; soffrono e subiscono un riassorbimento nel sistema quando pensano, o si illudono, di poter condizionare l’attuale socialdemocrazia europea o gli schieramenti di centrosinistra cui questa dà vita, come in Italia. Una campagna europea per un’altra Europa è dunque la prima delle nostre urgenze politiche. 4. Di questa sottovalutazione, ma anche di una vera e propria illusione, è intriso il caso italiano e la politica attuale del nostro partito. Rifondazione ha puntato, con il suo ultimo congresso, al rilancio delle potenzialità antiliberiste della coalizione di centrosinistra, confidando in particolare sulle potenzialità dei meccanismi di democrazia partecipativa. Ebbene, quella ipotesi si è rivelata oggi una chimera. Il quadro politico del centrosinistra è dominato dalle schermaglie centriste, senza peraltro particolari divergenze politiche sulle questioni di fondo, che vedono protagonisti Rutelli, D’Alema e Prodi in aperta interlocuzione con la crisi che continua ad attraversare il centrodestra. Il dibattito è dominato dal tentativo di assorbire quello spazio politico occupato negli ultimi dieci anni da Forza Italia e da Berlusconi la cui crisi lascia intravedere un rimescolamento generale della politica italiana, come dimostrano le convulsioni di An, gli attacchi propagandistici della Lega, i ripetuti contrasti che agitano entrambi gli schieramenti. L’esito del referendum aggraverà questa dinamica. Di tutto si discuterà, meno dei temi principali del Prc la cui crisi di iniziativa politica lascia particolarmente preoccupati. 5. La recessione economica e lo stato dei conti pubblici, del resto, dicono invece che il cuore del dibattito politico dovrebbe essere concentrato su un altro terreno. E’ evidente che in questa discussione si nasconde un tentativo, piuttosto trasversale agli schieramenti, di rieditare sotto nuova forma una vecchia politica dei sacrifici che colpisca innanzitutto diritti e interessi del mondo del lavoro e del non lavoro. E’ a questo che punta la Confindustria di Montezemolo con i ripetuti appelli “bipartisan”, ed è questo che si nasconde sotto i reiterati tentativi di riesumare una concertazione – battuta da destra negli anni scorsi e che oggi la crisi del berlusconismo potrebbe far tornare in auge. In realtà, al di là del politichese, il cuore del neocentrismo oggi in Italia risiede nel tentativo di rianimare l’industria italiana, schiacciata dalla competizione globale, sia essa cinese o nordamericana, di recuperare margini di competitività attraverso la riduzione del costo del lavoro e l’aumento della produttività. Il rischio neocentrista, dunque, passa anche per il ritorno, possibile, della concertazione e dei tavoli di confronto tra imprenditori e sindacati cui aspirano Cisl e Uil e che iniziano a tentare anche la Cgil. Per questo va giudicato negativamente – al contrario di quanto curiosamente ha fatto il nostro partito – il recente accordo del Pubblico impiego che ha ampiamente recepito le direttive impartite da Confindustria con l’esplicita volontà di influenzare il contratto dei metalmeccanici che oggi, dopo la firma di quell’accordo, rischiano di restare più soli. 6. Le difficoltà del mondo del lavoro, del resto, si intrecciano a una difficoltà più profonda e generalizzata dei movimenti sociali che hanno perduto la tonicità degli anni passati e che oggi vivono una profonda fase di stanchezza se non di riflusso. Le ragioni di questo arretramento sono complesse e sono da noi state indagate nel corso del dibattito congressuale. All’assenza di vittorie sufficienti a motivare il prosieguo delle lotte, alla carenza di forme di democrazia dal basso non possono però non essere aggiunte le trasformazioni del quadro politico, anche con la scelta del nostro partito di dare vita, a scatola chiusa, a un accordo di governo che ha prodotto un meccanismo di delega da parte del fronte sociale, evidentemente ritenutosi più fragile e arretrato di quanto non sia il quadro politico. Questa trasformazione ha intaccato l’autonomia del movimento – sempre più interessato in molti suoi gruppi dirigenti a stabilire tavoli di confronto con Prodi e l’Unione piuttosto che organizzare lotte e conflitto – dando vita a più di un conflitto tra le istanze di movimento esistenti e il quadro politico attuale del centrosinistra. Il caso di Bologna e dell’azione di Cofferati è esemplare ma oltre Bologna altri sono ormai i casi in cui si conferma questa analisi. 7. Nel quadro fin qui delineato si avverte profondamente il vuoto di un’iniziativa sia sul lato politico che sociale capace di contrastare il neocentrismo economico e sociale ma anche di ristabilire un protagonismo della sinistra antiliberista e radicale sempre più schiacciata e oscurata dalle forze maggioritarie del centrosinistra. Un cambio di linea e di impostazione politica del Prc si impone quindi con la massima urgenza essendo fallita l’ipotesi che ha animato il sesto congresso, quella cioè di stare “dentro” l’alleanza, l’Unione, per costruire uno spazio che dia sostanza alla riforma della politica e della società, la Grande Riforma. Di quello spazio non si vede traccia e, anzi, l’Unione è dilaniata da uno scontro che si gioca tutto dentro all’Ulivo che costituisce, anche per Prodi, lo strumento prioritario della sinistra riformista per arrivare alla gestione del capitalismo italiano. Rifondazione deve rompere l’alleanza pregiudiziale con la sinistra riformista, dilaniata oggi da uno scontro interno di dubbio gusto, e ridare fiato a un percorso che punti al rilancio dell’iniziativa di movimento e al rafforzamento di una Sinistra alternativa sia al centrodestra che al centrosinistra. Le tattiche elettorali che dovranno animare i rapporti con il centrosinistra sono secondarie rispetto all’obiettivo principale: riconquistare il massimo dell’autonomia politica dal resto dell’Unione. 8. In questa direzione, Rifondazione deve lavorare a una proposta programmatica autonoma – in stretta connessione con il resto della sinistra antiliberista e senza deleghe all’Unione - capace di avanzare una risposta alla crisi che attraversa l’Italia e l’Europa. Una proposta programmatica che sfoci in una vera e propria Conferenza di Programma del nostro partito aperta alle forze politiche, sociali e ai movimenti che hanno l’interesse e la volontà a cimentarsi con un progetto di alternativa. 9 Accanto a questa va ripresa l’iniziativa sociale: a) in primo luogo il fronte delle lotte sociali con il sostegno più ampio possibile alla vertenza dei metalmeccanici. La campagna contro la precarietà deve riuscire a legarsi alle dinamiche di conflitto che animano il mondo del lavoro per provare a ricomporre quello che il capitale globale divide; b) una campagna sull’Europa che faccia tesoro del referendum francese e rimetta in discussione l’impianto complessivo su cui si regge l’Unione europea senza lasciare alla propaganda nazionalista della Lega l’unica voce di contrasto e di critica; c) riprendere la lotta contro la guerra e contro l’utilizzo di soldati italiani all’estero a cominciare dal ritiro dall’Iraq. Battaglia che deve tenere fermo il punto, sancito dalle lotte di questi anni, del no alla guerra, “senza se e senza ma, con o senza l’Onu”. d) un’offensiva in tutte le giunte regionali in cui il Prc è al governo per realizzare dei piani di governo sociali a partire dal boicottaggio della legge 30, della logge Bossi-Fini, della legge Moratti sulla scuola, per la difesa dei beni comuni; e) una messa a tema della questione dei diritti sociali e civili delle donne, ma non solo, per una controffensiva immediata alla restaurazione civile prodotta dal referendum sulla legge 40. 10. In questo senso proponiamo che il Partito della Rifondazione comunista si faccia promotrice di una proposta aperta a tutte le forze di movimento e della sinistra antiliberista: la realizzazione di una grande manifestazione sociale, plurale e di massa, per il prossimo autunno con all’ordine del giorno l’opposizione ai nuovi sacrifici che saranno imposti con la prossima Finanziaria, la difesa dei beni comuni contro ogni tentativo di ulteriori privatizzazioni e liberalizzazioni, la difesa dei salari e dello stato sociale, il no alla guerra. Manifestazione, Conferenza programmatica, iniziativa sociale sono gli strumenti che possono dar luogo a un reale confronto della sinistra antiliberista, fuori dal politicismo e dai soliti convegni, nel vivo delle lotte e del conflitto. |