Riunione Direzione del 21 settembre 2004

Il documento respinto

La vicenda politica dell'ultima fase conferma e aggrava profondamente i costi politici della svolta di governo con l'Ulivo che la maggioranza dirigente del nostro partito ha intrapreso. Primarie, vincolo di maggioranza, coalizione democratica, slittamento della centralità del ritiro delle truppe sullo sfondo dell'unità nazionale umanitaria con Berlusconi sono "errori", per quanto gravi: sono le credenziali che il nostro partito deve esibire già oggi al Centro liberale dell'Ulivo per incassare la certezza di un accordo di governo di legislatura. Il commento entusiasta di Prodi, D'Alema, della grande stampa borghese e ulivista alla "svolta di Bertinotti" non è casuale né si basa su un equivoco: è la registrazione soddisfatta della disponibilità annunciata dal Segretario del partito a rimuovere l'opposizione comunista in Italia e a coprire il ritorno della concertazione. Il dissenso profondo di larghissima parte del nostro corpo militante e di vasti settori di movimento è il riflesso speculare dello strappo che si sta operando.


Primarie e vincolo di maggioranza: l'ingresso nella gabbia del centrosinistra
La rivendicazione delle primarie programmatiche congiunta con l'accettazione preventiva di Romano Prodi a capo del futuro eventuale governo e del relativo "vincolo di maggioranza" (persino sul tema delle missioni militari), è privo di qualsiasi base di principio e di classe. Non solo non risponde ad un principio di democrazia operaia e sindacale - ben poco rispecchiata da assemblee composte in modo soverchiante dagli stati maggiori del Centro ulivista, dei suoi parlamentari, governatori, sindaci, e delle relative truppe di supporto con una riserva prestabilita della sinistra - ma sancisce l'esatto opposto: il principio di subordinazione della sinistra e della sua base sociale e di movimento al primato di forze e interessi ad essi estranei ed aversi. Nei fatti l'unico vero significato delle primarie è il segnale di sponda con Romano Prodi in un gioco di reciproca legittimazione: l'accettazione da parte nostra della sua leadership e del suo programma liberale in cambio dell'accettazione da parte sua del nostro "primato" a sinistra. Dentro una comune "Coalizione democratica" che altro non è che la ridefinizione del Centrosinistra: quella gabbia che si doveva "rompere" e in cui oggi si entra, cambiandole il nome. Presentare tutto questo come rifiuto del politicismo è francamente singolare.


Convergenze umanitarie con un governo di guerra?
La partecipazione, a fianco dell'Ulivo, all'incontro con Berlusconi entro la logica dell'unità nazionale contro il terrorismo, ha rappresentato un fatto molto grave. La cosiddetta valenza e finalità umanitaria dell'iniziativa non trova fondamento alcuno: ogni convergenza, fosse pure temporanea, con un governo reazionario e di guerra, partecipe di un'occupazione coloniale, e per di più nel momento della nuova escalation criminale dei bombardamenti americani sul popolo irakeno, non solo non aiuta la liberazione sacrosanta delle due compagne pacifiste ma aggrava addirittura i rischi per la loro sorte. Tanto meno trova giustificazione la tesi della priorità umanitaria rispetto al ritiro delle truppe: là dove proprio il ritiro delle truppe d'occupazione e la fine dei loro crimini coloniali è il primo atto "umanitario" che giustamente il grosso del movimento oggi richiede. La verità è che la convergenza prodottasi con il governo Berlusconi e con l'Ulivo attorno al caso delle due Simone obbedisce a ben altra logica: valorizzare la cultura istituzionale del Prc agli occhi del Centro ulivista e delle Presidenza della Repubblica, dimostrare la propria capacità di sfidare lo stesso senso comune della propria base di movimento, al fine di acquisire un riconoscimento di maturo partito di governo. Risultato indubbiamente ottenuto.


Il centro dell'Ulivo agevola Berlusconi. Rompere col centroè una necessità per i lavoratori e i movimenti
Questa accelerazione filoulivista della segreteria è inoltre irresponsabile non solo verso il partito ma verso le esigenze più complessive del movimento operaio e dei movimenti di lotta sullo stesso terreno dell'opposizione a Berlusconi. Grazie alla totale latitanza di qualsiasi reale indicazione di lotta, un governo Berlusconi che a giugno e luglio appariva moribondo ha trovato tempo e modo di ricomporre le proprie contraddizioni e a rilanciare la propria offensiva. La ripresa del negoziato concertativo tra CGIL e Confindustria di Montezemolo - ben sperimentata nella vicenda Alitalia contro i lavoratori - non solo disperde quel potenziale prezioso di lotta emerso nelle lotte di Melfi ma paralizza l'opposizione vera a Berlusconi dandogli fiato prezioso. L'incontro delle "opposizioni" con il governo sul caso irakeno è stato un ulteriore clamoroso regalo a Berlusconi e alla sua campagna propagandistica, a tutto danno del movimento e dei suoi livelli di mobilitazione.

La verità è che il Centro dell'Ulivo a partire da Prodi si augura che Berlusconi resti fino al 2006 per continuare a fare il "lavoro sporco" e consentire così al futuro eventuale governo Prodi un maggiore spazio di manovra a fronte di un movimento operaio sconfitto.

Il nostro partito dovrebbe denunciare questo scandalo; rivendicare la rottura della sinistra e dei movimenti col Centro Liberale; assumersi la responsabilità di una proposta di polo autonomo di classe rivolta unitariamente a tutta la sinistra sociale e politica e a tutte le espressioni di movimento che liberi opposizione reale a Berlusconi per la sua cacciata nel nome di un'alternativa vera. Ciò che significa lottare nel movimento operaio per un'altra direzione politica e sindacale, autonoma da Prodi e dall'alternanza liberale. Viceversa la nostra politica di intesa col Centro dell'Ulivo non solo disarma i movimenti ma contribuisce di fatto a rafforzare Berlusconi.


Una proposta unitaria per un documento congressuale alternativo
Così non si può andare avanti. Il partito è disorientato e scosso, alla perenne rincorsa dell'ultima intervista del segretario lungo una china che appare tanto annunciata tanto demotivante.

Tanto più in questo contesto il VI Congresso del Partito si annuncia di fatto come un congresso davvero straordinario. In gioco non c'è questo o quell'altro interesse di mozione, ma, in prospettiva, la stessa ragione di classe del nostro partito che un ingresso nel governo Prodi, o un sostegno ad esso, obiettivamente dissolverebbe.

Per questo, fuori da ogni logica di componente, facciamo appello a tutti i compagni e le compagne del partito quale che sia loro vecchia collocazione congressuale, per unire tutte le forze disponibili attorno ad un testo realmente alternativo alla linea e alla prospettiva attuale del Prc.

Al centro di questa proposta unitaria poniamo con nettezza due assi di merito che riteniamo indispensabili per la chiarezza stessa di un testo alternativo.

1) La rottura del Prc con Prodi col Centro liberale ulivo (Margherita, maggioranza Ds, Sdi, Udeaur), con gli interessi del grande capitale che li sostengono, assieme alla proposta di un polo autonomo di classe e anticapitalistico, rivolta all'insieme delle forze del movimento operaio, dei movimenti di lotta, della cosiddetta "sinistra d'alternativa".

2) Il carattere irrinunciabile dell'opposizione comunista di classe a fronte di un governo liberale dell'Ulivo, contro ogni ipotesi di sostegno esterno al governo Prodi, oggi avanzata dai dirigenti dell'Ernesto, e quindi di riproposizione del vecchio accordo politico-elettorale del '96. Accordi esclusivamente tecnici con altre forze della sinistra politica e sociale al fine di battere Berlusconi, non hanno nulla a che vedere con la riproposizione di qualsivoglia appoggio ad un governo della grande industria e delle banche.

Fuori da questi due assi di fondo ogni unità congressuale sarebbe un pasticcio opportunistico senza futuro. Su questi assi - certo non esaustivi ma centrali - un'unità di tutti i compagni e le compagne disponibili, sarebbe un fatto politico molto rilevante per il nostro partito e il suo futuro.

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