Riunione Direzione del 15 luglio 2004

Sintesi della relazione introduttiva di Francesco Ferrara

Calabria, perchè il commissariamento

Sulla situazione del Partito in Calabria, la segreteria nazionale ha svolto una discussione tanto lunga quanto complessa, che ha impegnato più di una riunione. Al termine di questo itinerario, la decisione assunta a maggioranza è quella di commissariare la struttura regionale e di proporre come commissario il compagno Stefano Zuccherini: presidente del Comitato politico nazionale e in quanto tale figura per eccellenza di garanzia, ma anche dirigente politico riconosciuto del Prc, dotato di un profilo di forte autonomia. Una decisione, quella sulla quale la Direzione nazionale dovrà pronunciarsi, certo autoritativa e dolorosa, ma anche necessaria. Per sua natura, del resto, ogni commissariamento è un atto estremo. Perché, dunque, ci siamo persuasi che questo è l'unico tentativo che dobbiamo mettere in atto?

Innanzi tutto, e prima di rispondere a questo legittimo interrogativo, una premessa. Il commissariamento non è, in nessun caso, rivolto contro un'area del Partito, quella che oggi è in maggioranza nella regione e alla quale fa riferimento il segretario Rocco Tassone. So bene che questa è l'interpretazione che una parte del Partito darà di questa decisione: ma davvero essa non è fondata. Se un obiettivo ci sta a cuore, esso è precisamente l'interesse generale del nostro
Partito: il nostro giudizio, in effetti, è che in Calabria, tutte le anime del partito sono attraversate da una pratica politica e una cultura politica discutibili. E' l'insieme del partito che ha bisogno di un rinnovamento radicale di pratiche politiche, di cultura politica profonda, di modalità di relazioni. Si tratta di ristabilire - ed è un compito di straordinaria difficoltà - la certezza di alcune regole basilari ed essenziali, come per esempio quella del tesseramento. Si tratta di sradicare non solo e non tanto una tendenza alla litigiosità interna, diffusa certo in altri luoghi del nostro partito, ma la riduzione dello scontro politico ad esclusione e marginalizzazione reciproche dei gruppi dirigenti e militanti. Quel che è avvenuto e continua ad avvenire in Calabria, insomma, configura una degenerazione che non può più essere tollerata a cuor leggero: per questo sarebbe bene che una scelta così impegnativa come il commissariamento fosse assunta unitariamente dal gruppo dirigente nazionale. Perché l'esito non è garantito - io stesso, l'anno scorso, ho operato a Reggio Calabria come commissario e sono riuscito a risolvere la crisi di quella Federazione soltanto provvisoriamente. Ma se ci provassimo insieme aumenterebbero le probabilità di successo.


Una scelta politica e statutaria
La proposta di commissariare la regione Calabria, dunque, ha una base statutaria, l'articolo 53 del nostro Statuto, secondo il quale è possibile procedere al commissariamento di una struttura per tre ragioni (il mancato rispetto della vita democratica del Partito e delle sue norme, l'inadempienza statutaria, l'esistenza di un «grave pregiudizio dell'immagine esterna del partito»). La verifica di queste condizioni è stata fatta, e infatti la Commissione nazionale di garanzia ha dato, a maggioranza, parere favorevole alla proposta di commissariamento. Non sarebbe giusto, però, nascondere il carattere politico, nel senso che mi sono sforzato di argomentare, della decisione.

Bastino alcuni fatti. Nella federazione di Reggio Calabria, lo scontro interno è arrivato al punto tale che sono state raccolte le firme per un congresso straordinario che hanno coinvolto oltre la metà, cioè la maggioranza assoluta degli iscritti alla Federazione. Il 21 febbraio scorso una riunione si è conclusa con l'intervento della polizia che è entrata nei locali della Federazione per sedare i tumulti. Nella Federazione di Crotone il Comitato politico federale non viene convocato da mesi e la stessa gestione della campagna elettorale amministrativa è stata condotta senza un esplicito mandato del comitato politico federale anche nella decisione che si è assunto sulla responsabilità di una presenza del partito nella giunta provinciale. In più sono stati allontanati con procedure discutibili alcuni compagni dal partito per due anni, sanzione, peraltro, non prevista dallo Statuto. A Cosenza, viene denunciata una modalità di gestione del rapporto tra circoli e federazione del tutto discutibile: e comunque, proprio qualche giorno fa, una riunione del Cpf si è conclusa, anch'essa, con l'intervento della polizia. In tutte le federazioni calabresi, inoltre, il tesseramento è gestito con criteri impropri: in concreto, le tessere vengono distribuite o negate ai circoli a seconda delle appartenenze. Non mi soffermo altrimenti sui fatti accaduti. Vi assicuro che esiste in proposito una documentazione ahimè ricchissima.

Che cosa vuol dire, tutto ciò? Che nel partito calabrese si è affermata una cultura politica personalistica e consociativa, ivi compreso l'uso delle risorse a fini di consenso e rafforzamento del proprio potere: la negazione del carattere collettivo della nostra impresa politica. Che chi è fuori dalla logica di fazione, non ha diritto di cittadinanza. Che l'organizzazione non ha alcun carattere "attrattivo" per tutti quei soggetti, singoli o aggregati, che vorrebbero far politica in termini diversi. Che tutto questo è "trasversale" rispetto alle aree o, se preferite, alle correnti. Che, in definitiva, il problema che ci troviamo di fronte è la natura del partito in Calabria, non chi attualmente la governa.


Altre scelte?

In queste condizioni, come è possibile pensare che si tenga un congresso vero e regolare agli inizi del 2005? Noi, prima di tutto, dobbiamo ripristinare le regole "minime": 1) la possibilità effettiva di accesso al partito; 2) la legittimità degli organismi dirigenti; 3) la nascita di un clima normale, oltre le risse e gli scontri, che consenta a tutti - e a tutte - la partecipazione. Questo è ciò che si può definire il «problema ambientale» del Prc della Calabria.

Proprio sulla base di queste considerazioni, abbiamo ritenuto di intervenire sulla struttura regionale anziché sulle singole federazioni: perché, prima di ogni altra cosa, è essenziale tentar di rimettere in moto un nuovo processo politico. E perché, appunto, i problemi non riguardano i singoli compagni, questo o quel dirigente, questa o quell'altra responsabilità, ma una situazione diffusa di «sospensione della democrazia» in quasi tutte le realtà federali. Il punto, insomma, non è l'attuale segretario regionale, eletto da poco più di due mesi. Il punto è, come dicevamo, la situazione ambientale che, in troppi luoghi, rende oggi oggettivamente impossibile risolvere i contenziosi che vengono posti.

In secondo luogo, non siamo intervenuti sulle singole federazioni proprio perché non volevamo dare adito a un intervento che prefigurasse uno stravolgimento degli equilibri interni visto che saranno i congressi di federazione a stabilire la platea del congresso nazionale.

Per tutte queste ragioni, domando alla Direzione di votare la proposta che vi presentiamo, completa di dispositivo. Essa è difficile, chiede tempi lunghi di realizzazione, ma è, come dicevo, necessaria.

Francesco Ferrara

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