Riunione Direzione del 28 gennaio 2004 Documento alternativo D'Angeli Turigliatto Siamo entrati in una nuova fase del processo di costruzione dell'Unione Europea: il fallimento della conferenza intergovernativa ha messo in luce le difficoltà del progetto di costruzione neoliberalista dell'Unione, mentre negli ultimi anni si sono andate moltiplicando le mobilitazioni di massa di resistenza ed è cresciuta tra cittadine/i e lavoratrici/tori la diffidenza verso una concezione di unificazione europea che evidenzia sempre più i suoi tratti antipopolari e antidemocratici. 1. Questo progetto ha avuto il suo centro nel Trattato di Maastricht e successivamente nel patto di stabilità siglato ad Amsterdam: entrambi definiscono un piano di rioganizzazione economica, politica e sociale del capitalismo europeo che presuppone un attacco senza precedenti alle condizioni del lavoro, una rimessa in discussione del Welfare State e degli equilibri sociali emersi dopo la seconda guerra mondiale e confermati dalla forza e dalle conquiste del movimento sindacale e sociale ottenuti nel corso degli anni ‘60 e ‘70. Il processo, spinto dai grandi gruppi industriali e finanziari, ha sempre avuto come asse trainante, al di là di temporanee tensioni, i due paesi principali, la Francia e la Germania che hanno poi di volta in volta ricercato il compromesso con la terza grande potenza europea, la Gran Bretagna. La realizzazione dell'euro ha costituito un passo importante di questo progetto, finalizzato a collocare la borghesia e il capitalismo europeo in posizioni di forza, capaci di reggere la concorrenza degli USA e del Giappone, dentro il quadro della mondializzazione. 2. La concezione della costruzione europea di tutti questi anni si basava sull'assioma secondo cui solo con una moneta forte il progetto dell'euro sarebbe andato in porto. Quello che si è verificato è l'inverso: se il paniere delle divise europee nel 1995 valeva 1,31 su dollaro, l'euro nel 2001 non varrà che 0,90 rispetto alla moneta statunitense. E' questo contesto che ha determinato un forte sviluppo tra il '99 e il 2001 delle esportazioni europee, una fase di espansione che ha permesso il consolidamento dell'euro, uno sviluppo parziale dell'occupazione e dei consumi in alcuni paesi d'Europa; la stessa applicazione delle politiche di austerità è avvenuta in forma contenuta in paesi come la Francia e la Germania. Ma l'inversione del ciclo della economia internazionale, la scelta degli USA di svalutare la moneta al fine di riconquistare una serie di mercati e di far fronte alla concorrenza europea e di altri paesi, hanno modificato profondamente questo quadro, mettendo in luce con i limiti del progetto, le contraddizioni tra le diverse potenze europee, la difficoltà a completare la costruzione di grandi gruppi europei, l'opposizione sociale crescente. Abbiamo così assistito al prodursi di crack borsistici, all'affondamento di grandi gruppi industriali e finanziari, di cui gli esempi italiani Cirio e Parmalat sono solo gli ultimi; sono infatti diverse decine le bancarotte che si sono prodotte nel corso dell'ultimo anno in Europa. E in questo contesto Francia e Germania hanno deciso di non rispettare i famosi parametri di Maastricht (in nome dei quali tanti sacrifici sono stati chiesti ed imposti ai lavoratori) e, grazie alla loro forza, hanno imposto il superamento dei divieti e delle sanzioni della commissione europea guidata da Prodi (che si ostina a una lettura stretta delle politiche neoliberiste), imponendo una interpretazione più flessibile del Patto di stabilità. 3. Questa crisi patente del progetto neoliberista non rappresenta l'apertura di una nuova fase da parte della grande borghesia. Anzi in tutti i paesi europei, la crisi economica è andata di pari passo con una nuova grande offensiva del capitale contro il mondo del lavoro e contro lo stato sociale: non solo in Italia ma anche nel cuore del capitalismo europeo, non solo nei paesi a guida conservatrice, ma anche in Germania che insieme alla Francia punta a pilotare il processo dell'Unione europea ma anche l'attacco senza precedenti al mondo del lavoro al sistema pensionistico, alla sanità o alla scuola. 4. La scelta degli Usa di scatenare una seconda guerra contro l'Iraq, e più in generale di adottare una compiuta strategia di dominio militare su scala globale, è dettata anche dalla volontà di mettere in difficoltà il processo di unificazione europea, che sconta la debolezza della propria politica estera, dell'assenza di un effettivo protostato europeo, dell'inadeguatezza dei propri strumenti militari. Ma il problema che ha di fronte il capitalismo europeo è duplice. Da una parte riuscire a fronteggiare almeno in parte la costante sfida statunitense, dall'altra, nonostante le denunce contro lo strapotere nordamericano, un ipocrita interesse a mantenere l'attuale assetto di sfruttamento del pianeta puntando a rafforzare un'autonoma politica in grado di tutelarne gli interessi. Di qui la discussione sull'opportunità o meno di partecipare alla guerra in Iraq; le scelte dell'Inghilterra e della Spagna e di molti dei paesi che stanno per entrare nell'Unione Europea, il conflitto e la continua riapertura delle trattative tra Francia e Germania da una parte e Stati Uniti dall'altra su come intervenire nel drammatico scenario apertosi in Iraq con l'occupazione militare. Di qui la scelta inequivocabile di procedere alla costruzione di un esercito europeo; di qui il tentativo dell'Europa di costituirsi in grande potenza economica, politica, militare, in fortezza chiusa all'interno, insensibile ai diritti dei migranti, regressiva sul piano sociale, imperialista nella sua volontà di preservare i propri interessi globali. 5. Ma l'Europa è attraversata anche da profonde contraddizioni interne evidenti nello scarto esistente tra l'unificazione economica e monetaria e la dimensione politica, la costruzione di una struttura statuale vera e propria. Tali contraddizioni sono venute allo scoperto nel processo di definizione del sistema istituzionale e nel suo momentaneo fallimento. A pagarne i prezzi, infatti, non sono solo le classi subalterne, ma anche settori delle classi dominanti. Il metodo intergovernativo con tutti gli stati su un apparente parità di diritti e di posizioni non può più funzionare, e tanto meno può funzionare con l'allargamento della Ue a molti paesi dell'Est. Gli interessi delle classi dominati europee, e in esse di quei settori che sono più dominanti di altri (leggi forze economiche francesi, tedesche, inglesi) impongono che certi stati siano più uguali di altri e pretendono la loro gerarchia di priorità. Francia e Germania, in particolare, sono state spinte a ricercare soluzioni più funzionali al loro progetto di fronte a tre dinamiche ritenuti avverse: il tentativo della Spagna di costruire un fronte del rifiuto con i piccoli paesi; l'atteggiamento di rottura della posizione comunitaria e di sostegno agli Usa da parte dell'Inghilterra; la crisi legata all'impossibilità di alcuni grandi paesi europei di rispettare i parametri di Maastricht. 6. Le divergenze che hanno portato al fallimento della Conferenza intergovernativa hanno riguardato queste contraddizioni "interne" senza però intaccare gli orientamenti sociali e politici di fondo. Tutti concordano infatti nel primato assoluto del mercato, nella rinuncia a qualsiasi intervento sulla proprietà privata, nel rifiuto di assumere le conquiste sociali ottenute a livello nazionale, nel rifiuto di sanzionare in termini costituzionali i contratti collettivi, i diritti sindacali, i diritti di sciopero ed associazione, i diritti sociali fondamentali. Combinato col patto di stabilità, il progetto di Costituzione prefigura così un minaccioso dispositivo liberista redatto in spregio dei criteri tradizionali con cui sempre si è operata la formazione di una carta costituzionale: la partecipazione democratica dei popoli e dei cittadini, un processo costituente costruito dal basso con mandati precisi per i costituenti. Siamo di fronte a una vera rottura democratica con quanto si è andato affermando con le rivoluzioni democratiche dal 17° secolo in poi. Per queste ragioni deve essere respinto. Non è possibile in alcun modo una politica emendataria, come invece sostenuto da diverse forze, non solo socialdemocratiche e verdi - che hanno già scelto di sostenerla - ma anche dalle organizzazioni sindacali e da associazioni che difendono la necessità di questo testo rispetto alla mancanza di qualsiasi riferimento costituzionale. Contro la Costituzione delle multinazionali e della globalizzazione capitalista, va invece costruita una vasta mobilitazione sociale, di massa per creare così le condizioni per un'altra Europea, per un'altra Costituzione, dei popoli, sociale, democratica e pacifica. Le elezioni europee devono diventare il terreno di una vasta campagna contro la costituzione reazionaria e regressiva, per difendere gli obiettivi e le prospettive dei movimenti di massa, per favorire l'unità e lo sviluppo dei movimenti, per costruire uno schieramento di forze che costituiscano una alternativa anticapitalista. 7. L'esistenza di un vasto movimento, sociale, politico, sindacale e di cittadinanza, che dal Forum europeo di Firenze, passando per quello di Parigi, si mobilita e si batte in nome di un'altra Europa, costituisce l'occasione preziosa per avanzare una progettualità alternativa. E' il movimento dei movimenti su scala continentale che può costituire il motore di un nuovo soggetto costituente che dia fondamento e prospettiva a una vera Costituzione europea. Senza la pretesa di definire un compiuto progetto istituzionale è l'esperienza del movimento che indica alcuni assi progettuali, e di lavoro politico, indispensabili per un'altra Europa. Un'Europa, innanzitutto, che abbia come caposaldo il rifiuto della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali e che, conseguentemente inizi a "disarmarsi", riducendo le spese militari, chiudendo le basi militari, a partire da quelle statunitensi, abolendo qualsiasi progetto di esercito europeo. A partire dal rifiuto della guerra l'Europa deve rigettare l'idea di costituirsi sulla base dell'esclusione etnica. Nella nostra Europa nessuno deve sentirsi straniero e la cittadinanza deve essere universale. Le mobilitazioni dei migranti, che dopo il Forum sociale di Parigi, cominciano a coordinarsi su scala continentale vanno perciò sostenute e unificate alle altre lotte. Così il terreno sociale può essere il vero tema mobilitante e unificante che, in nome di un'altra Europa, individui obiettivi parziali e comuni ottenibili e in grado di rafforzare le lotte stesse. Non esisterà un'altra Europa se prima non avremo realizzato uno sciopero europeo in difesa del Welfare, dei diritti sociali minimi, delle garanzie sindacali, ecc. Non esisterà un'altra Europa se prima i movimenti non avranno sperimentato relazioni stabili, reti e coordinamenti operativi, lotte in comune valorizzando il meglio dell'esperienza dei Forum sociali europei. In questo senso la stessa concezione della democrazia può e deve esserne arricchita. La Costituzione europea non è questione che si possa delegare ai governi o a isitutuzioni come la Convenzione. E' questione generale che deve fondare, nel corso della sua stessa discussione, una nuova democrazia sostanziale che raccolga l'esperienza dei movimenti, valorizzi il metodo partecipativo, individui strutture democratiche nuove, non astratte ma funzionali ai contenuti sociali e politici di un'altra Europa. 8. Il nostro congresso si era posto giustamente un "obiettivo ambizioso, ma necessario: costruire un nuovo soggetto politico, capace di unire, sulle discriminanti della lotta alla globalizzazione e alla guerra le forze della sinistra alternativa e antagonista". Questa costruzione di un soggetto politico europeo doveva andare in sintonia con la crescita del movimento antiglobalizzazione, pacifista ambientalista, dei lavoratori, dei precari, dei giovani, delle donne e intellettuali su scala continentale. Gli avvenimenti successivi al congresso hanno confermato la necessità di una nuova forza politica, che non sia calata dall'alto, né mimata solo sul piano istituzionale, ma che sia il frutto di un processo reale, che si costituisca nel vivo delle lotte sociali decise collettivamente sul piano sopranazionale. Una organizzazione che si formi per approssimazioni successive, ma che abbia da subito un'agenda di lavoro credibile. Un soggetto plurale, aperto, formato da diversi settori del movimento operaio e della sinistra di classe, che sappia agire, discutere, costruire un programma all'altezza della sfida capitalistica. Non una sommatoria più o meno diplomatica, ma un soggetto capace di compiere su scala continentale la "rifondazione" e quindi attrezzato per combattere nel modo più efficace le forze della destra e per aprire una battaglia di egemonia rispetto ai partiti socialdemocratici, alternativa a loro e ai loro governi. Dai movimenti e dalle forze presenti al Social Forum Europeo, per arrivare poi alle lotte sociali e lotte operaie e dei giovani precari che si manifestano nei diversi paesi, emerge quindi l'esigenza di una organizzazione anticapitalista europea capace di rappresentare identità e soggettività diverse: un soggetto anticapitalista e di lavoratrici e lavoratori, ma anche femminista, ecologista, internazionalista, di giovani. 9. Accanto alla presenza nel Gue, il gruppo parlamentare europeo costituito fondamentalmente dai partiti di "tradizione comunista", nel corso degli ultimi anni il partito si è impegnato seriamente nella partecipazione ai lavori della Sinistra Anticapitalista europea che ha svolto ogni sei mesi, in occasione dei vertici della Ue, un lavoro di approfondimento politico, di paziente convergenza tra le varie forze che la compongono, di partecipazione fin dal suo sorgere al nuovo movimento. La convergenza con queste forze, con il loro orientamento politico ed ideale era andata rafforzandosi e sviluppandosi con i nostri orientamenti congressuali in cui veniva data nuova centralità alla costruzione del conflitto sociale, dei movimenti, della democrazia dal basso e partecipata, alla ricerca di un nuovo progetto rivoluzionario di rottura col capitalismo e di transizione a una società alternativa, tanto è vero che nella introduzione congessuale si proponeva di rimettere a tema la rivoluzione. L'ipotesi della costruzione in un partito europeo stava dentro questa scelta radicale, dalla quale conseguiva un giudizio politico sulle diverse correnti della sinistra in Europa, in relazione non solo alle posizioni programmatiche ma anche alle scelte politiche concrete. Un giudizio, quindi, non solo sulle correnti socialdemocratiche ma anche sui partiti di chiara "tradizione comunista". La scelta congressuale spingeva così a un forte rapporto con le correnti anticapitaliste rispetto a quelle maggiormente segnate dalla continuità con un passato da rivedere o da posizioni compatibiliste o "governiste" di stampo socialdemocratico. Rifondazione si era giustamente assunta un ruolo cerniera tra le diverse forze coltivando una pluralità di rapporti, mettendo a valore in termini di proposta e di influenza la propria esperienza e la credibilità conquistata. Il partito è chiamato oggi ad operare una scelta politica chiara: può mettere a disposizione il suo ruolo e la sua politica su scala europea, la sua presenza nel movimento, per operare la costruzione della sinistra anticapitalista, forzando in questa direzione coerentemente col suo congresso, senza chiudere la porta a nessuno, mantenendo una pluralità di rapporti e favorendo il rinnovamento e la radicalizzazione dell'intera sinistra non socialdemocratica, oppure può costruire un partito europeo, con un baricentro molto più moderato, con contenuti generici e vaghi, in cui non appare evidente, e non a caso, un esplicito rifiuto della Costituzione europea e neppure un significativo riferimento al movimento dei movimenti. Può cioè costituire un asse con forze politicamente moderate, molte delle quali corresponsabili di politiche neoliberali insieme alle forze della sinistra di governo. Che questa scelta sia stata fatta per ora in ambiti del partito ristretti, senza un coinvolgimento adeguato degli organismi dirigenti e del partito, senza una riflessione approfondita delle implicazioni che le due opzioni possono avere sul futuro del nostro partito in Italia, ma anche e soprattutto sulla configurazione possibile di una sinistra di alternativa, che sappia reggere le sfide del processo capitalistico di unificazione europeo, ci pare un grave errore della segreteria che questa Direzione deve cominciare a superare. Che questa scelta poi, sia stata fatta senza neanche sentire il bisogno di invitare molte delle forze che costituiscono la Conferenza della sinistra anticapitalista, mettendole davanti a un fatto compiuto, non crediamo sia il modo migliore di procedere. 10. Per queste ragioni Rifondazione decide di riaprire in altri termini il processo di costituzione di un partito europeo, promuovendo un vero e proprio processo costituente che coinvolga tutti i soggetti interessati. Il punto di partenza non può che essere il giudizio sulle dinamiche e sui progetti dell'unificazione capitalista, la valutazione del significato della Convenzione europea, la valorizzazione delle diverse forme di resistenza e di lotta che si stanno producendo, la piena assunzione dell'internità al movimento contro la globalizzazione capitalistica, un lavoro per costruire le reti, i collegamenti, le piattaforme di lotta contro le politiche del capitale e dei governi che ne sono espressione. Tutto questo significa un giudizio severo rispetto alle politiche della socialdemocrazia del tutto interne alle scelte delle classi dominanti europee e di conseguenza la compiuta alternatività alle forze della sinistra liberale: non vanno escluse convergenze e iniziative comuni e unitarie là dove queste siano possibili e utili allo sviluppo dei movimenti; ma è l'orientamento politico generale, le pratiche politiche, la collocazione sociale che ci distingue strategicamente da queste forze. Una forza di alternativa, fortemente necessaria oggi per costruire una prospettiva per le lavoratrici e i lavoratori europei, o sarà coerentemente anticapitalista e quindi alternativa alla socialdemocrazia, oppure non sarà. E' su questa base di discussione processuale, ma avendo chiaro quale siano le finalità e le verifiche da operare, che dobbiamo riaprire i contatti, i collegamenti, le discussioni, con tutte le forze politiche che oggi sono disponibili a intraprenderlo. Solo al termine di questo processo si verificherà chi veramente oggi è interessato e disponibile a mettere tutto il suo impegno nella costruzione di un progetto europeo anticapitalistico, solidale, democratico e sociale. Flavia D'Angeli |