Riunione Direzione del 25 settembre 2003 SINTESI DELLA RELAZIONE DI FAUSTO BERTINOTTI L'alternativa in cammino Il bilancio che noi possiamo trarre da queste ultime settimane non può essere più favorevole. Anche chi si oppone alla nostra prospettiva non può non constatare un cambiamento politico avvenuto nel paese per quanto riguarda l'atteggiamento nei confronti delle destre. C'è una nuova partecipazione, un nuovo protagonismo del popolo di sinistra. In sostanza assistiamo a un cambiamento di clima. Si è verificata concretamente quella disponibilità a collegare unità a radicalità che era la bussola del nostro intervento, anche se siamo ancora lontani da una sua traduzione in un programma e in uno schieramento preciso. Le nostre feste, ma anche quelle dell'Ulivo, hanno manifestato in modo evidente questa tendenza. Si è aperto un nuovo terreno di confronto con noi che parte dal riconoscimento del nostro ruolo. Il movimento conosce una nuova interlocuzione con la sfera della politica e delle forze di opposizione. Si è venuto allargando il nostro rapporto con il paese reale. Si è realizzata persino la riapertura di un'attenzione nei nostri confronti da parte del sistema di comunicazioni di massa. Si sta producendo uno spostamento in avanti nel fronte politico delle opposizioni che può consentire a sua volta la crescita e la qualificazione dei movimenti per quel che riguarda un nuovo rapporto con la politica. E' indubitabile che siamo di fronte ad una crescita dell'opposizione a Berlusconi, sia per la determinazione di nuovi assi critici, sia per la disponibilità alla mobilitazione. Lo si vede assai bene nell'atteggiamento verso la nostra proposta di manifestazione nazionale e in generale di mobilitazione. I sindacati, dal canto loro, che prima consideravano persino avventuriste le scelte della Fiom, oggi cominciano a parlare di sciopero contro il governo seppure in termini cauti.
Vediamo più nel dettaglio le obiezioni che vengono rivolte. Ce ne è una interna, che muove da una critica al percorso che vogliamo intraprendere e si preoccupa soprattutto della prospettiva di darci uno sbocco di alternativa al governo. Questa critica si integra con la preoccupazione di un nostro sbilanciamento perché verrebbe meno la centralità della costruzione di una sinistra d'alternativa. Secondo questa critica, una volta chiusa la battaglia referendaria non avremmo privilegiato il rapporto con quelle forze che le avevano dato vita. A me pare che non sia così. Noi abbiamo continuato a lavorare sulle tre direttrici che ci siamo dati, cioè quella della costruzione dell'opposizione, quella del rafforzamento di una proposta di alternativa all'attuale quadro politico, quella della costruzione della sinistra di alternativa. In realtà ciò che è avvenuto è un'anticipazione temporale della precipitazione della questione dell'alternativa di governo. Non dimentichiamo d'altro canto, che subito dopo il referendum forze importanti che vi avevano contribuito si sono dichiarate indisponibili a porre quell'alleanza sul terreno della soggettività politica. La seconda osservazione critica è che in questo modo verremmo meno alla nostra attenzione verso i movimenti. Questa davvero mi sembra del tutto inconsistente. Abbiamo preparato e partecipato all'appuntamento di Riva del Garda. Abbiamo rinunciato al nostro tradizionale corteo di fine settembre per rafforzare l'appuntamento del 4 ottobre. Stiamo lavorando all'appuntamento del Forum sociale europeo di Saint Denis. In ogni caso abbiamo cercato di rispondere con puntualità a obiezioni di questa natura, come quelle avanzateci dalle colonne del settimanale "Carta". Secondo me comportandoci così abbiamo in realtà contribuito a fornire grandi chanche alla crescita dei movimenti. La terza obiezione è più radicale, e si fonda sulla convinzione che saremo di fronte ad uno spostamento dell'ispirazione congressuale. E' il contrario invece, siamo di fronte alla pratica di quella ispirazione congressuale. Per questo penso che dovremmo metterci il dovuto entusiasmo. Si aprono infatti spazi enormi e possiamo cimentarci concretamente con il governo dei processi.
Proprio per questo penso che sia sbagliato porsi il problema pregiudiziale
di cosa sia cambiato nelle proposte del centro sinistra, oppure, il
che è l'altra faccia della medaglia, di porre pregiudizialmente
obiettivi insormontabili. Abbiamo invece scelto e praticato di tentare
uno spostamento dell'orizzonte complessivo delle opposizioni. Su questo
abbiamo cercato di costruire una problematica comune. Facciamo pure
un esempio: quello della questione salariale. Abbiamo provato diverse
volte a imporla nel paese ma siamo rimasti soli a cercare di farlo.
Ora per la prima volta otteniamo che la questione salariale venga posta
al centro dell'attenzione. Le stesse organizzazioni sindacali dicono
che non è più possibile pensare a un'inflazione programmata.
Il fatto che i partiti del centro sinistra si pongano questo problema
è un fatto nuovo, come il ribadimento che uno dei temi centrali
della manifestazione che abbiamo proposto deve essere appunto la tutela
e l'innalzamento dei salari e delle retribuzioni. Il confronto che si
è aperto tra noi e il centro sinistra nei gruppi di lavoro dedicati
all'ambiente e all'occupazione muove nella stessa direzione. Abbiamo fatto bene a chiedere una caduta anticipata del governo, che però non significa pensare ad una spallata. Questa non può essere un'operazione propagandistica, ma invece deve indicare la necessità e la possibilità di realizzare questo obiettivo. Nello stesso tempo non possiamo trascurare le capacità di reazione del governo. Le uscite sul fascismo, sui magistrati, sulle droghe, sui limiti di competitività del nostro sistema economico, non sono fatte a caso. Con esse le forze dominanti cercano di arginare la crisi del blocco sociale di riferimento con una supplenza ideologica, con uno scontro politico aprioristico. Naturalmente ciò avviene con disastri molto grandi per gli assetti sociali ed istituzionali del nostro paese. Ma tutto questo rappresenta appunto la risposta estrema alla crisi profonda del governo delle destre. Si è rivelata fallimentare l'idea che flessibilizzando e precarizzando il lavoro e riducendo le tasse si sarebbe potuto rilanciare lo sviluppo. Naturalmente questo è accaduto anche per l'intreccio con la crisi economica mondiale. Tutto questo ha portato ad uno scollamento drammatico nel blocco di maggioranza. Mi riferisco in particolare all'atteggiamento di forze sociali che non si rendono cooptabili in un sistema corporativo di distribuzione della ricchezza. Ma mi riferisco anche a forze ed a coscienze organizzate. La critica del cardinale Ruini è indicativa di come quella parte della Chiesa che aveva di buon grado sostenuto la prospettiva delle destre decida di prendere le distanze. La Cisl che aveva investito tutto in un patto neocorporativo, il patto per l'Italia appunto, sente un'insofferenza e cerca altre soluzioni. Ma assistiamo anche ad una turbolenza negli apparati politici del centro destra. In Lombardia, ad esempio, forze si riposizionano su un'ipotesi neocentrista. Il governatore della banca d'Italia Fazio approfondisce la sua critica alle scelte di politica economica del governo. Siamo di fronte ad una crisi più generale e più profonda delle classi dirigenti del Paese, che a sua volta è alimentata dalla crisi della globalizzazione e delle politiche di guerra, della stessa incapacità americana di governare gli effetti della guerra da loro voluta in Iraq. Siamo di fronte ad un totale sbandamento dei ceti borghesi. E' stato da più parti analizzato il declino dell'apparato produttivo italiano, che è giunto ad un livello drammatico. Un tempo il fulcro dello sviluppo del paese era garantito dalla grande impresa e dalle partecipazioni statali. Poi si è cercato di sostituire questo con l'illusione di una crescita fondata sul sistema delle piccole e medie imprese e sospinta dalla precarietà e dalla liberalizzazione. In realtà ci si trova oggi di fronte alla crisi economica mondiale e in più alla concorrenza della Cina.
Per questo dobbiamo immettere grande impegno nella costruzione della nostra manifestazione del 28 settembre e contemporaneamente lavorare ai grandi appuntamenti del 4 ottobre a Roma, del 12 ottobre con la marcia Perugia-Assisi, del 17 ottobre con lo sciopero della Fiom a Roma. Sono impegni rilevanti organizzativamente e politicamente. Quello del 4 ottobre deve costituire una tappa fondamentale nella lotta per un'altra Europa anche in vista del Forum sociale europeo di Saint Denis. Il terreno è appunto quello della critica alla costituzione europea che va al di là dell'immediato perché riguarda un'idea complessiva di società. Così è importante l'appuntamento del 17 ottobre perché lo sciopero dei metalmeccanici è un momento di insostituibile e necessaria qualificazione dell'opposizione sociale a questo governo. Contemporaneamente dobbiamo condurre la lotta contro il condono edilizio e sulla scuola su cui vi sono importanti convergenze con le altre forze d'opposizione. Ma naturalmente dobbiamo condurre sul tema dell'informazione e della democrazia iniziative che siano all'altezza per contrastare la legge Gasparri. Dobbiamo contribuire a sollecitare un impegno del mondo della cultura e dell'intellettualità diffusa. Tutto questo ci può e ci deve condurre a concretizzare la nostra proposta di una grande manifestazione dell'opposizione, mi auguro nel corso della discussione della legge finanziaria. Questo a sua volta ci può porre nelle migliori condizioni per le prossime elezioni amministrative ed europee. Nello stesso tempo si riattualizza la prospettiva di uno sciopero generale. Insomma, e ho finito, torna l'acqua in cui immergersi. Per questo abbiamo bisogno di un dibattito largo, attento alle critiche, ma capace di concludersi con delle scelte precise e necessarie per affermare concretamente il nostro protagonismo politico. |